martedì 14 aprile 2020

Emergenza Coronavirus, Gratteri su aiuti economici: "Evitare che vadano in mano alla mafie".

Nicola Gratteri: «La 'ndrangheta punta a diventare il supermarket ...


Catanzaro - "Bisogna fare in fretta, ma c'è il pericolo che i soldi degli aiuti vadano in mano alle mafie, certamente. Per questo, per quanto riguarda i lavoratori in nero, ho parlato con l'Anci, e per lo meno l'Anci calabrese è d'accordo: consegneranno gli elenchi ai Prefetti, che li distribuiranno alle forze dell'ordine che li visioneranno per evitare che evasori totali, gente ricca che sulla carta risulta nullatenente, incassi questi soldi". Lo ha detto a Sky TG24 il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri. "Per quanto riguarda le aziende - ha aggiunto Gratteri - è necessario, anche in questo caso, questo tipo di controllo. Noi abbiamo le forze dell'ordine che sul territorio hanno un controllo capillare, abbastanza diffuso. Possiamo utilizzare questa grande conoscenza per interagire con chi deve distribuire questi soldi, con chi va a fare gli elenchi per vedere chi ha bisogno e chi no".
"In paesi di 5000 abitanti - ha proseguito Gratteri -, di cui ad esempio è piena la Calabria o la Sicilia, a una stazione dei carabinieri bastano 48 o 24 ore per controllare. Non si ritarda di molto, al massimo di 48 ore. In paesi più grandi ci sono le Compagnie, la Guardia di Finanza, la Questura. È più il parlare che il fare. Intanto mandate questi soldi, nel contempo mandate questi elenchi alla Prefettura e in 48 ore si è in grado di stabilire chi è evasore totale e avrebbe la possibilità. Sarebbe una grande occasione di controllo, per far emergere il lavoro nero, finirla con questo sfruttamento che dura da secoli. Questo è un momento importante, consideriamolo uno spartiacque, però è ovvio che per fare queste cose ci vuole volontà, coraggio, libertà, non è una cosa semplice". "Sono molto vicino alle persone che hanno bisogno e ai poveri - ha detto ancora il Procuratore di Catanzaro - soffro quando li vedo ma al contempo mi arrabbio perché non è possibile che nel 2020 ancora succedano questi sfruttamenti, ma soprattutto perché non incominciamo a discutere anche il mercato. Non è possibile che le arance della Calabria vengano pagate trenta centesimi e poi al mercato di Milano costino due euro e cinquanta".
"Non ho avuto nessuna interlocuzione con il Governo, mi chiamano parlamentari di tutte le ideologie politiche, mi confronto con tutti e sono, per quello che posso e per quelle che sono le mie conoscenze, il consulente gratuito di tutti" così ha proseguito il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri sui rischi di influenza della criminalità organizzata per quanto riguarda la distribuzione degli aiuti economici in seguito alla crisi economica dovuta all'epidemia di coronavirus.
“Le mafie sono un fenomeno mondiale, non più solo europeo, anche se l’Europa fa finta di non capire, perché in Germania arrivano milioni di Euro provenienti dal traffico di cocaina e sono i grandi ristoratori che riciclano per conto della ‘ndrangheta in Germania". Lo sottolinea il procuratore di catanzaro, Nicola Gratteri, riferendosi, tra l'altro a un articolo comparso in un quotidiano tedesco. "Non si devono permettere di dire quelle cose sull’Italia - aggiunge - sono cose che conosco bene, per quante rogatorie internazionali ho fatto con la Germania già dieci anni prima della strage di Duisburg. So io quante volte li abbiamo pregati di cambiare le norme, di contrastare le mafie in Germania, di cambiare il loro Codice e non siamo stati ascoltati”.

Commissariateli - di Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano del 14 APRILE 2020

L'immagine può contenere: una o più persone

Sarebbe bello uscirne tutti insieme, ma più passano i giorni e più si comprende che sarà impossibile: non uscirne, ma farlo tutti contemporaneamente. È sempre più difficile convincere un cittadino del Molise o del Veneto che deve restare ai domiciliari chissà fino a quando perché in Lombardia e in Piemonte i contagi e i morti, anziché scendere, salgono. O meglio, si potrebbe convincerlo se, dopo i disastri fatti nei primi due mesi, le giunte lombarda e piemontese mostrassero uno straccio di strategia per aggredire il virus. Invece continuano a subirlo, inerti e in balia degli eventi, senza un orizzonte né una linea d’azione chiara. Passano il tempo a chiacchierare, a lodarsi, imbrodarsi e scaricare barile su “Roma”.

Esemplare l’assessore forzista lombardo Mattinzoli che, mentre le destre accusano Conte di rompere l’unità nazionale, lo insulta dandogli del “pezzo di merda”, minacciandolo di “riempirlo di botte”: ed è ancora al suo posto.
Indimenticabile l’assessore forzista Gallera, così garrulo fino all’altroieri malgrado il record mondiale di morti nella sua regione, e ora silente dopo la scoperta dello scandalo di Alzano (i suoi fedelissimi che vietano la chiusura dell’ospedale dopo i primi focolai) e dell’ordinanza che riversa nelle Rsa i malati Covid dimessi dagli ospedali, ma ancora infetti. Leggendario lo sgovernatore leghista Fontana, che accusa il governo di negare la cassa integrazione a 1 milione di lombardi senz’averla mai chiesta. Poi si dice stupito perché “ero convinto che la curva rallentasse più velocemente”, ma fa poco o nulla per frenarla: scarsa mappatura dei contagi, nessuna campagna aggressiva di tamponi, niente sorveglianza attiva sui contagiati, nessun piano di test sierologici, ignorata la medicina territoriale, isolamento tutto da dimostrare nelle Rsa fra reparti con sani e con malati Covid. Nulla di ciò che fa il Veneto di Zaia, leghista anche lui, ma con la testa sul collo. Solo chiacchiere e propaganda, incluso il Bertolaso Hospital che doveva creare alla Fiera “600 posti letto” e, a due settimane dall’inaugurazione e a una dall’apertura, ospita 10-12 malati con 50 medici e infermieri rubati agli ospedali pubblici. Per questo gli Ordini dei medici di tutta la Lombardia hanno lanciato un j’accuse che fa a pezzi la politica sanitaria per il passato remoto, per il passato prossimo e per il presente. E denunce simili fanno, anche in sede penale, i medici piemontesi contro le analoghe politiche (su Rsa e zero strategie) della giunta gemella del forzista Cirio, con un comitato di crisi (vedi pag. 2) che definire imbarazzante è un eufemismo.

Provate per un attimo a immaginare se la Lombardia e il Piemonte, o Milano e Bergamo, maglie nere dell’emergenza Coronavirus in Italia, fossero governate non dai “competenti” di destra&Pd, ma da “incompetenti” dei 5Stelle, tipo Appendino e Raggi. In tv e sui giornali non si parlerebbe d’altro e tutti invocherebbero le dimissioni delle due grilline, fino alla loro impiccagione sulla Mole Antonelliana e sulla Madunina. Invece non solo nessuno chiede la testa di Fontana, Cirio, Gallera, Mattinzoli, Sala, Gori e di tutta la fallimentare classe politica lombardo-piemontese. Ma i giornaloni continuano a menarla con l’“incompetenza” dei 5Stelle, che almeno stavolta non c’entrano. Su Repubblica, Francesco Merlo arriva a sostenere che la task force nominata dal premier, con “Vittorio Colao, 17 manager e professori, prima del Covid sarebbe stata derisa e calunniata dagli asini saputi che, cacciando i competenti dalla politica e dalle professioni, hanno instaurato la Cretinocrazia”: primi della lista “Grillo e Casaleggio” (che ospitano da sempre sul blog e ai V-Day premi Nobel come Stiglitz e Krugman, scienziati, esperti di nuove tecnologie ecc.).

E così, mentre tutti parlano d’altro per fare propaganda e/o non doversi smentire, si perdono di vista due Regioni totalmente fuori controllo che, non certo per colpa dei cittadini, rischiano di prolungare il lockdown di tutt’Italia anche dopo il 4 maggio. È vero, il virus nei primi giorni è stato sottovalutato in tutto il mondo. Ma sono trascorsi quasi due mesi e non si può più accettare che Fontana si trinceri ancora dietro “il virus particolarmente violento in Lombardia”, perché la sua violenza è stata direttamente proporzionale a vari fattori, in primis gli errori dei vertici sanitari della sua Regione: all’inizio (sull’ospedale di Alzano e la mancata zona rossa in Bassa Val Seriana), in seguito (con le Rsa e la rincorsa all’ospedalizzazione selvaggia) e oggi (zero strategie per aggredire l’emergenza). Né si può lasciare il Piemonte in balìa di una giunta di inetti che si ispirano all’unico modello da non seguire: quello lombardo. Non lo diciamo noi: lo dicono i medici, con denunce documentate a cui nessuno ha neppure tentato di replicare (se non col decisivo argomento che gli Ordini dei medici sono “al servizio del Pd”). La politica non c’entra nulla: c’entra la pelle dei lombardi e dei piemontesi e anche la sorte di un intero Paese ancora bloccato per i numeri spaventosi di quelle due regioni. Il governo, se può, pensi seriamente a commissariare le due Regioni, o almeno le loro Sanità allo sbando. Per il bene di tutti.


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Coronavirus, in Lombardia gli ospiti delle residenze per anziani non vengono portati in pronto soccorso per delibera della giunta. - Gaia Scacciavillani

Coronavirus, in Lombardia gli ospiti delle residenze per anziani non vengono portati in pronto soccorso per delibera della giunta

L'obiettivo di un alleggerimento del peso sugli ospedali difeso a spada tratta dalla Regione, non è avvenuto solo agendo sui flussi in uscita, ma anche su quelli in entrata. E il mezzo, in entrambe le direzioni, sono sempre le Rsa. Leggere delibere per credere. Inclusi gli allegati dove si relegano le "buone prassi" per il fine vita.

“Le cose le abbiamo scritte in atti ufficiali che non possono essere travisati”. Dice bene l’assessore lombardo alla Sanità, Giulio Gallera, quando parla delle decisioni prese dalla Giunta regionale in merito all’invio di pazienti covid nelle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa). Cioè le strutture per anziani malati cronici che erogano assistenza sanitaria condivisa tra più persone, prevalentemente in convenzione con il pubblico, sulla base di parametri che vengono definiti dalle regioni stesse. Quegli stessi parametri, come già sottolineato da ilfattoquotidiano.it, però, rendono davvero difficile, se non impossibile, reperire le strutture che secondo la regione sarebbero titolate ad accogliere i pazienti covid. Almeno in base alla definizione della deliberazione di giunta dell’8 marzo scorso ricordata da Gallera lunedì 6 aprile nel suo punto quotidiano.

Le residenze sanitarie non hanno personale in più, anzi – L’assessore ricorda: “Abbiamo detto che le Rsa che avevano strutture autonome dal punto di vista strutturale, cioè padiglioni separati o strutture fisicamente indipendenti, cioè con aree che non entravano in contatto con altri pazienti e autonome anche dal punto di vista organizzativo, cioè con personale da dedicare esclusivamente a questi pazienti, cioè con luoghi totalmente separati e personale dedicato, se potevano e volevano”…ospitare i pazienti covid meno gravi. Peccato che in base ai cosiddetti minutaggi, cioè il tempo minimo che una struttura per convenzione con il pubblico, deve dedicare a un ospite, le Rsa abbiano delle enormi difficoltà a coprire il normale carico di lavoro (che non prevede la gestione di epidemie, ma neanche di polmoniti delle quali normalmente si occupano gli ospedali).
Non a caso non appena ci sono dei concorsi pubblici, il personale delle strutture private corre attratto dall’idea che per lo Stato si lavora molto meno e si prende di più. Figuriamoci avere personale doppio. Quindi, anche senza entrare nel merito delle strutture fisiche separate, resta il nodo del personale e non si capisce quali siano le Rsa lombarde che sono state ritenute idonee a sgravare gli ospedali dai pazienti covid senza mettere a rischio i propri ospiti, com’era nei desiderata di chi ha scritto la delibera. Ilfattoquotidiano.it ha provato a chiederlo a più riprese, quotidianamente all’assessore nelle ultime tre settimane, ma non ha mai avuto risposta.
La decisione della Lombardia del 30 marzo – Il comprensibile obiettivo di un alleggerimento del peso sugli ospedali, in ogni caso, non è avvenuto solo agendo sui flussi in uscita, ma anche su quelli in entrata. E il mezzo, che giustifica il fine, sono sempre le Rsa. Lo si legge neanche troppo tra le righe di un’altra deliberazione della Giunta di Palazzo Lombardia, la numero XI/3018 del 30 marzo scorso, che è stata presa poche ore dopo il primo incontro dall’inizio dell’emergenza tra l’assessorato di Gallera e gli operatori del settore, i gestori delle Rsa, che hanno chiesto di essere almeno posti nelle condizioni di gestire i pazienti covid. Detto fatto.
Nel testo della deliberazione che è seguita all’incontro, è scritto che visto che “per gli ospiti delle Rsa e delle Rsd, in quanto pazienti fragili, l’emergenza da Covid-19 può rappresentare problematica particolarmente significativa”, e che grazie alla delibera di giunta dell’8 marzo scorso, “le Rsa possono accogliere pazienti dimessi da strutture ospedaliere inviati dalla centrale unica regionale dimissione post ospedaliera”, la giunta Fontana ha ritenuto “opportuno fornire alle Rsa e Rsd indicazioni per la gestione operativa degli ospiti e del personale, al fine di contenere le infezioni correlate all’assistenza nell’ambito dell’emergenza da Covid-19”. Seguono quindi “indicazioni per la gestione clinica di eventuali casi di Covid 19. Con particolare riguardo all’ossigenoterapia e alla sedazione palliativa”.
Così la giunta non manda in ospedale gli ospiti delle Rsa – La delibera include vari allegati. Uno dei quali contiene le indicazioni operative per la gestione degli ospiti che presentano sintomi “similinfluenzali” o covid positivi. Con una distinzione. I maggiori di 75 anni che presentano dei valori anomali di saturazione dell’ossigeno e sono in “discrete condizioni di salute”, vengono dirottati sul circuito ospedaliero tramite il 112. Per gli ultrasettantacinquenni che hanno una “situazione di precedente fragilità nonché più comorbilità”, invece, “è opportuno che le cure vengano prestate presso la stessa struttura per evitare ulteriori rischi di peggioramento dovuti al trasporto e all’attesa in Pronto Soccorso”.
In altre parole, considerato che le Residenze sanitarie assistite per definizione ospitano persone di età media superiore ai 75 anni con malattie croniche e, quindi, situazioni di fragilità, come per altro si ammette in testa alla delibera, la giunta Fontana esclude a priori dall’accesso ospedaliero gli ospiti delle Residenze sanitarie che pure fino a un mese e mezzo erano in grado di tollerare il trasporto in ospedale in caso di necessità. A loro, secondo le istruzioni dello stesso allegato, viene misurata la saturazione periferica dell’ossigeno e, in caso di necessità, somministrata l’ossigenoterapia. La terza strada è indicata in meno di due righe dallo stesso allegato dove si legge che “se il paziente è terminale si allegano le linee guida per ‘protocollo di sedazione terminale/sedazione palliativa“.
Le istruzioni sul fine vita in un allegato – Quest’ultimo capitolo è trattato in un ulteriore allegato che definisce asetticamente scopi della sedazione terminale, ambiti di applicazione e modalità di gestione della stessa, raccomandando come “un’attenta e corretta gestione dell’intero processo, decisionale ed attuativo, è importante per realizzare un efficace controllo dei sintomi e per minimizzare lo stress emozionale dei parenti (lutto patologico) e dei sanitari (burn-out dell’equipe)”. La decisione, sottolinea quindi l’allegato, “deve arrivare al termine di un processo decisionale che vede coinvolti l’equipe curante, il malato (se possibile) e i familiari o le persone a lui care”. Resta da capire al termine di quale processo sono invece state prese delle decisioni così importanti e delicate, che riguardano l’etica, l’universalità della sanità e il fine vita e che pure, in Lombardia nel 2020, vengono relegate all’interno di una serie di allegati in coda a una delibera varata in silenzio.

Coronavirus, “omicidio ed epidemia colposa”: indagato il dg del Pio Albergo Trivulzio per le oltre 100 morti nella residenza per anziani.

Coronavirus, “omicidio ed epidemia colposa”: indagato il dg del Pio Albergo Trivulzio per le oltre 100 morti nella residenza per anziani

Giuseppe Calicchio iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Milano nell'inchiesta che dovrà accertare eventuali negligenze nella gestione durante l'epidemia. Sotto indagine per gli stessi reati risultano anche i legali rappresentanti e della Sacra Famiglia di Cesano Boscone e 3 persone ai vertici del Don Gnocchi.
Il direttore generale del Pio Albergo Trivulzio, Giuseppe Calicchio, è indagato dalla procura di Milano nell’inchiesta sulle oltre 100 morti nella residenza per anziani dell’istituto che si sono verificate dall’inizio dell’epidemia di coronavirus. I reati ipotizzati – come anticipato dal Corriere della Sera – sono epidemia colposa e omicidio colposo.
Il fascicolo è uno dei tanti, quasi una quindicina in tutto, che la procura milanese ha aperto sulla gestione delle Rsa milanesi e nati da denunce di lavoratori e familiari di anziani morti. In tutte queste indagini gli inquirenti stanno iscrivendo nel registro degli indagati i nomi dei vertici. Sotto inchiesta per gli stessi reati risultano anche i legali rappresentanti della Sacra Famiglia di Cesano Boscone e i vertici del Don Gnocchi. In particolare, in quest’ultimo istituto geriatrico risultano indagati direttore Antonio Dennis Troisi, la direttrice sanitaria Federica Tartarone e l’amministratore della coop Ampast, Papa Waly Ndiaye.
Nell’inchiesta sul Pio Albergo Trivulzio, come nelle altre sulle case di riposo, si dovranno verificare soprattutto eventuali carenze nei protocolli interni e dei dispositivi di sicurezza, come le mascherine – alcuni dipendenti hanno raccontato che veniva impedito loro di usarle nei primi giorni dell’epidemia – e la gestione di pazienti trasferiti dagli ospedali nelle residenze.
Il pool guidato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano – e che vede tutti i pm impegnati nelle indagini sulle case di riposo – ha iniziato in questi ultimi giorni a iscrivere i vertici delle varie strutture nel registro degli indagati. Un passaggio ovviamente “dovuto, tecnico e formale”, come viene precisato, per dare il via a interrogatori e alla raccolta di testimonianze. “Come chiarito dagli stessi inquirenti, si tratta di un atto dovuto per procedere nelle indagini”, puntualizzano dalla Fondazione Don Gnocchi.
Sul caso del Pio Albergo Trivulzio, affidato ai pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, dovrà comprendere se e quante delle oltre 100 morti – si parla di 150 ospiti deceduti – sia collegabili all’epidemia e ad eventuali negligenze della struttura. Una cifra simile anche al Don Gnocchi, struttura che ha sempre ribadito, però, che non c’è stata alcuna “negligenza” in relazione ai casi di contagi.
Tra i casi al centro delle indagini anche quelli della Rsa Virgilio Ferrari nel quartiere Corvetto di Milano, della ‘Anni Azzurri’ in zona Lambrate, di una casa famiglia nel quartiere Affori e di diverse altre, i cui legali rappresentanti, appunto, come quelli del Trivulzio, del Don Gnocchi e della Sacra Famiglia, saranno a breve indagati per poter fare accertamenti sui contagi tra il personale e tra gli ospiti. Anche in questo caso dovranno essere valutate decine e decine di morti, per un totale di centinaia in tutte le residenze su cui si indaga. Due fascicoli, quello sulla Rsa di Mediglia e un altro su una casa di riposo di Melegnano, sono stati aperti e trasmessi, invece, per competenza alla procura di Lodi.
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Coronavirus, studio Gb: da eparina possibile effetto ...

Carissimi amici,
non vorrei sembrarvi eccessivo, ma credo che oggi, finalmente, sia certa la causa della letalità del Covid-19.
La mia ventennale esperienza in Ecocardiografia-Ecocolordopplergrafia Vascolare su piu' 200.000 pazienti cardiopatici e non, mi fa confermare quello che alcuni supponevano, ma non ne riuscivano a essere sicuri. Oggi abbiamo i primi dati.
I pazienti vanno in Rianimazione per Tromboembolia Venosa Generalizzata, soprattutto Tromboembolia Polmonare TEP.
Se così fosse, non servono a niente le rianimazioni e le intubazioni perché innanzitutto devi sciogliere il trombo, anzi prevenire queste tromboembolie. Se ventili un polmone dove il sangue non arriva, non serve! Infatti muoiono 9 pazienti su 10.
Signori, Covid19 danneggia prima di tutto i vasi,l' apparato cardiovascolare, e solo dopo arriva ai polmoni !!!
Sono le microtrombosi venose, non la polmonite a determinare la fatalità!
E perché si formano trombi? Perché l'infiammazione come da testo scolastico, induce trombosi attraverso un meccanismo fisiopatologico complesso ma ben noto.
Allora? Quello che la letteratura scientifica, soprattutto cinese, diceva fino a metà marzo, era che non bisognava usare antinfiammatori. Ora in Italia si usano antinfiammatori e antibiotici (come nelle influenze) e il numero dei ricoverati crolla.
Molti morti, anche di 40 anni, avevano una storia di febbre alta per 10-15 giorni non curata adeguatamente. Qui l'infiammazione ha distrutto tutto e preparato il terreno alla formazione dei trombi. Perché il problema principale non è il virus, ma la reazione immunitaria che distrugge le cellule dove il virus entra. Infatti in tutti i reparti
COVID non sono mai entrati malati di artrite reumatoide e ciò perché sono in terapia cortisonica.
Questo è il motivo principale per cui in Italia le ospedalizzazioni iniziano a diminuuire e sta diventando una malattia curabile a casa.
Curandola bene a casa eviti non solo l'ospedalizzazione, ma anche il rischio trombotico.
Non era facile capirlo perché i segni della microembolia sono sfumati, anche all' occhio di un cardiologo ecocardiografista.
Confrontando i dati dei primi 50 pazienti tra chi respira male e chi no, la situazione è apparsa molto chiara a tutti i medici in Italia, dai cardiologi, ai radiologi, agli anatomo- patologi fino ai colleghi delle Terapie Intensive.
Il tempo di pubblicare questi dati e si potrebbe dare il via a far uscire la popolazione dalla quarantena, non subito, ma in tempi più brevi rispetto al previsto.
In USA dove ancora vietano gli antinfiammatori i dati sono ormai più tragici che in Italia. Sono farmaci che costano pochi euro ma che aiutano a salvare tante VITE. Sono i farmaci che facciamo per andare in vacanza in Kenia e prevenire l malaria per capirci.
Questa testimonianza delle vasculiti con esiti in tromboembolia polmonare parrebbe confermata dai protocolli di alcuni altri ospedali:
al Sacco danno Clexane a tutti, con D-dimero predittivo: più è alto meno risponderà il pz.;
al San Gerardo di Monza Clexane e cortisone;
al Sant'Orsola di Bologna Clexane a tutti + protocollo condiviso con i medici di famiglia che prescrivono Plaquenil a pioggia su tutti i pz. monosintomatici a domicilio.
Integro con una precisazione sugli antinfiammatori: farmaci antinfiammatori tipo Brufen, naproxene, aspirina che inibiscono la cox1 oltre che la Cox 2 non andrebbero usati,
mentre celecoxib (un inibitore selettivo della Cox 2) sembra dare buoni risultati, bisogna comunque aspettare esito di studi, invece questa analisi porta in evidenza la necessità di usare negli stadi intermedi della malattia (inizio della tosse e prima delle difficoltà respiratorie) una eparina a basso peso molecolare ad alte dosi... (Clexane 8.000 UI/die).
Evito (per non appesantire troppo l'esposizione, e perché il testo è troppo medico) di riportare un'interessante testimonianza di un anatomo-patologo: vi basti pensare che il "Papa Giovanni XXIII" di Bergamo ha eseguito 50 autopsie ed il "Sacco" di Milano 20 (quella italiana è la casistica più alta del mondo, i cinesi ne hanno fatte solo 3 e "minimally invasive"). Tutto quanto ne esce sembra confermare in pieno le informazioni sopra riportate.
In poche parole, pare che l'exitus sia determinato da una DIC (per i non medici, Coagulazione Intravascolare Disseminata) innescata dal virus. Quindi la polmonite interstiziale non c'entrerebbe nulla, sarebbe stato soltanto un abbaglio diagnostico: abbiamo raddoppiato i posti in rianimazione, con costi esorbitanti, probabilmente inutilmente.
Col senno di poi, mi viene da ripensare a tutti quegli Rx Torace che commentavamo circa un mese fa: quelle immagini che venivano interpretate come polmonite interstiziale in realtà potrebbero essere del tutto coerenti con una COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA.
In definitiva fino a un mese fa nessuno sapeva nulla di questo virus, nemmeno i virologi "più famosi" come i tanti che guardavate in TV dalla Florida alla Francia alla Cina.
La tragedia che ha interessato l' Italia e che ha visto quasi 20mila morti compresi tanti medici sul campo, ha fatto si che la Scuola Medica Italiana sia sulla strada giusta, la strada della salvezza definitiva e del ritorno alla vita NORMALE per tutti.
VIVA LA SCUOLA MEDICA ITALIANA E VIVA L' ITALIA 🇮🇹🇮🇹🇮🇹🚑🚑🚑🇮🇹🇮🇹🇮🇹 ad maiora semper !!!

La “modica quantità” di Cateno De Luca. - Roberta Labonia



Messina. Questa è un immagine, scattata in queste ore di pandemia, di un corteo funebre (fra macchine, moto e gente a piedi al seguito, la stampa ha contato un centinaio di persone). A passare a miglior vita è stato un certo Rosario Sparacio. Chi era costui? Era un condannato per pluri estorsioni e, soprattutto, era il fratello di Luigi Sparacio, storico boss di Cosa nostra, oggi collaboratore di giustizia.
Il primo cittadino messinese, il noto Cateno De Luca che, come ha giustamente osservato Virginia Raggi e non solo lei, in questi giorni di epidemia si sta facendo un vanto di aver contenuto i contagi adottando il pugno duro (divieto assoluto di celebrare i funerali dei comuni mortali inclusi), dov’era in questo frangente? Da lui, al sollevarsi dell’indignazione politica e dei social, ci è pervenuto solo un post affidato a FB che sfiorerebbe il comico se non facesse incazzare. Ne riporto un passaggio emblematico :”quanto in modo becero è definito ‘corteo funebre con oltre cento persone’ non è altro che un mero trasporto della salma per poche centinaia di metri, al quale si sono uniti, in modo estemporaneo, alcuni familiari del defunto, in numero non superiore alla trentina”. Un po’ come dire ok, a rischiare di seminare il contagio erano solo una trentina, mica cento.
Ringraziamo Cateno De Luca per aver applicato, anche alle disposizioni anti-covid, il principio di “modica quantità”. Non ce ne voglia, il Sindaco di Messina, ma proprio non potevamo esimerci dal mettere in risalto la sua “perla” social. Si consoli pensando a chi l’ha apprezzata, come un nipote dell’ex boss (e del defunto), che ha condiviso con entusiasmo il suo post : “Condividiamo perchè anche il sindaco ha dato ragione alla mia famiglia! Grazie CATENO DE LUCA – SINDACO DI MESSINA- SENZA SE E SENZA MA hai le palle no perchè hai dato ragione ma perchè sei coerente e onesto in tutto e per tutto!
Intanto sulla vicenda, che ha suscitato la reazione indignata della Commissione Antimafia regionale, è stata aperta un inchiesta che si baserà anche sulle immagini recuperate dalle telecamere presenti sul percorso. Mentre le Forze dell’Ordine stanno verificando l’identità dei partecipanti per comminare le relative sanzioni. Un atto di giustizia e trasparenza verso tutta la comunità tempestivo che apprezziamo ma, soprattutto, un atto dovuto verso le tante famiglie che, in queste ore tragiche, stanno subendo il dolore della perdita di un loro caro e che si vedono negato, a causa di un virus maledetto, anche il conforto di rendergli l’ultimo saluto.

Coronavirus, ecco le attività che riaprono, stretta sugli ingressi in Italia.


Dpcm: le attività che possono riaprire e le misure da tenere.

Librerie e negozi per bimbi possono riaprire, restano chiuse in diverse regioni. Per la spesa obbligo di guanti e orari più lunghi ma non in tutte le città.

Secondo l'ultimo DPCM riaprono il 14 aprile le librerie, le cartolerie e i negozi di vestiti per neonati e bambini. Ripartono le attività forestali, l'industria del legno e anche la produzione di computer. Ecco i primi spiragli nel lockdown da coronavirus. La serrata pressoché totale viene prorogata ancora, da domani fino al 3 maggio, compresa la stretta sui rientri dall'estero e sui viaggi di lavoro nel nostro Paese, con controlli agli imbarchi e stop ai viaggi per chi ha la febbre.
Restano tutti i limiti agli spostamenti, la chiusura delle scuole, lo stop alle attività produttive non essenziali. E resta la possibilità per le Regioni di emettere ordinanze ancora più restrittive di quelle dello Stato. Ma arrivano singole deroghe e nuove norme per le attività che saranno aperte, con l'obbligo di mascherine per i dipendenti e disinfettanti mani vicino alle casse o anche alle tastiere dei bancomat. Ad esempio LE LIBRERIE non apriranno in Lombardia, Veneto Piemonte e nel Lazio apriranno solo dal 20 aprile.
ALLO STUDIO L'ANTICIPO DELLA RIAPERTURA DI MODA AUTOMOTIVE E METTALLURGIA - Far ripartire alcune attività prima della fine del lockdown, magari già dalla prossima settimana, partendo da alcune filiere nelle quali il lavoro si può con più rapidità riorganizzare in sicurezza: è una delle ipotesi cui lavora il governo per preparare con 'gradualità' la fase 2. Tra le 'candidate' a riaprire i cancelli, secondo quanto apprende l'ANSA, ci sarebbero le filiere della moda, l'automotive e della metallurgia. Al momento si tratterebbe solo di ipotesi, da valutare anche con le parti sociali.
RIPARTONO ALCUNE ATTIVITA', DA BOSCHI A PC: dall'uso delle aree forestali, per tagliare i boschi ad esempio, alla fabbricazione dei computer, si allunga di una decina di voci la lista dei codici Ateco, che vanno da un ampliamento delle attività legate all'agricoltura alla ripresa per gli organismi internazionali presenti in Italia, come le sedi delle agenzie delle Nazioni Unite. Aggiunte tra le grandi opere, quelle idrauliche. Riparte il commercio all'ingrosso di carta e della cancelleria, per poter rifornire le cartolerie di penne, pennarelli, quaderni pronte alla riapertura insieme alle librerie e ai negozi per bambini, un'eccezione perché sul resto dell'abbigliamento le serrande restano giù.
IN AZIENDA POSSIBILE SMALTIRE LE SCORTE: per le attività che restano sospese, sarà comunque possibile entrare in azienda per vigilanza o manutenzione, per la gestione dei pagamenti (a partire dalle buste paga) e per la sanificazione. Si potranno anche spedire e ricevere merci, previa comunicazione al prefetto. Le fabbriche e le attività aperte devono assicurare "prioritariamente la distribuzione e la consegna di prodotti deperibili e dei generi di prima necessità".
LUNGO ORARIO AL SUPERMERCATO, GUANTI PER LA SPESA: il Dpcm elenca le misure per gli esercizi commerciali aperti, indicando la necessità di usare guanti usa e getta per fare la spesa e la mascherina in tutte le fasi lavorative dove non si può mantenere la distanza. Prevista la sanificazione due volte al giorno. In più, nei piccoli negozi, entro i 40 metri quadri, l'entrata è uno per volta e con due operatori al massimo. Per scaglionare gli accessi si prevedono anche "ampliamenti delle fasce orarie". Alla cassa si deve trovare l'igienizzante per le mani, anche prima di digitare il pin del bancomat.Su questa materia comunque le regioni legiferano per prorio conto: e nell'ordinanza del Lazio gli opari sono rimasti invariati fino al 3 maggio con la chiusura degli esercizi il 25 aprile e il 1 maggio.
SPOSTAMENTI E SPORT VIETATI, RESTA L'ATTIVITA' MOTORIA: per altre tre settimane bisognerà rimanere a casa, salvo "comprovate esigenze lavorative", necessità o motivi di salute. Niente eventi, chiusi bar, ristoranti, cinema, teatri, musei, pub e discoteche. Aperti i luoghi di culto ma niente messe né funerali. Vietati i trasferimenti da dove ci si trova, vietatissimi gli spostamenti verso le seconde case di vacanza. Parchi e aree gioco restano chiusi, così come è confermato lo stop per tutte le attività sportive, anche gli allenamenti dei professionisti. Rimane consentita l'attività motoria nei pressi di casa, da soli e mantenendo le distanze.
STRETTA SUGLI INGRESSI, STOP A CHI HA LA FEBBRE. Confermata la disciplina sugli ingressi nel Paese e sui transiti brevi dall'estero: chi rientra avrà l'obbligo di isolamento fiduciario anche in assenza di sintomi. Prevista la possibilità di spostarsi per lavoro per un massimo di 5 giorni (72 ore prorogabili di 48). Regole più stringenti, in entrambi i casi, alla partenza dall'estero: bisognerà consegnare una dichiarazione ai vettori (con motivo del viaggio, indirizzo di dove si starà in isolamento e con quale mezzo privato ci si arriva), che dovranno misurare la temperatura e bloccare il viaggio di chi ha la febbre. Stop confermato per le navi da crociera con passeggeri e di bandiera italiana. Per quelle ancora in viaggio, al momento dello sbarco i passeggeri italiani e che abitano in Italia sono soggetti a 14 giorni di quarantena nella loro dimora, che raggiungeranno esclusivamente con mezzi provati. Gli stranieri (di origine e residenti fuori dall'Italia) vengono trasferiti immediatamente all'estero, in aereo o macchina, a spese dell'armatore.