domenica 28 giugno 2020

Todo cambia. - Marco Travaglio

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Ci avevano giurato che, dopo la pandemia, nulla sarebbe stato come prima e tutto sarebbe cambiato. Detto, fatto.
Il Senato resuscita il vitalizio, privilegio che definire medievale è offendere un’epoca seria come il Medioevo. E tutti quelli che 13 anni fa tuonavano e scrivevano articoli e libri contro la casta ridacchiano soddisfatti perché i 5Stelle sono stati sconfitti con la loro antipolitica, mentre la Politica con la P maiuscola è riempire le tasche finché morte non ci separi a vecchi arnesi mantenuti da noi dalla notte dei tempi. Fra le migliori esultanze degli incassatori per lo scampato pericolo, vince “Dalla politica ho avuto solo svantaggi”: parola di Francesco Speroni, leghista della prima ora, pensionato baby Alitalia a 50 anni, in politica dal 1986, parlamentare italiano e/o europeo dal 1989 al 2014 e financo ministro, sempre grazie alle leggendarie campagne contro “Roma ladrona”. Seguita da quest’altra: “Il taglio dei vitalizi fu una decisione pessima che ha messo alla fame alcuni ex parlamentari”: parola di un pesce di nome Zanda, già consigliere del gruppo Espresso, poi portaborse di Cossiga, poi presidente del Mose, di Lottomatica, del Giubileo2000, consigliere Rai, senatore del centrosinistra per appena 5 legislature, tesoriere del Pd (sua l’idea, l’anno scorso, di aumentare un po’ i magri stipendi dei parlamentari) dimissionario ma ancora in carica, perché nominato di fresco, alla tenera età di 78 anni, presidente della fondazione di Carlo De Benedetti (85 anni) che sta per dare alle stampe un nuovo giornale-ossimoro: Domani. Ridateci Storia Illustrata.
La Camera intanto espelle Vittorio Sgarbi perché dice dei magistrati e di chiunque lo contraddica (“vaffanculo stronza troia”) quel che diceva 30 anni fa su Canale5, prima che B. lo mandasse a spasso per non pagargli più le querele perse (tutte). Ma continuerà a essere invitato in tutti i salotti di Rai, Mediaset e La7, intervistato da tutti i giornaloni e giornalini e candidato a parlamentare, sindaco, assessore, ministro, viceministro, sottosegretario perché è tanto colto (sul fatto). Ridateci Sgarbi quotidiani.
Angela Merkel sul Mes dice un’ovvietà (“può essere usato da tutti”, ma quella dell’Italia “è una decisione italiana”), Conte risponde un’ovvietà (“A far di conto per l’Italia ci siamo io e i ministri italiani”) e tutti i giornali italiani titolano sul “gelo”, lo “scontro”, la “lite” Merkel-Conte e La Stampa su una frase mai detta dalla cancelliera (“L’Italia utilizzi tutte le risorse Ue”). Perché ovviamente ha ragione la Merkel: come osa l’Italia di non prendere ordini dalla Germania (che peraltro non s’è mai sognata di dargliene)?
Ridateci l’asse Roma-Berlino-Tokyo e la Repubblica di Salò.
Il ministro Gualtieri ha un nuovo consulente: il giovane millennial Franco Bassanini, classe 1940, una dozzina di cattedre, 7 legislature, mezza dozzina di partiti dal Psi al Pci Pd, un ministero, una decina di Cda, banche, assicurazioni (la lista completa di poltronissime è a pag.4). Ridateci i dinosauri.
Aria nuova anche nei servizi segreti: pare che Conte e altri nel governo pensino, per la vicedirezione dell’Aise, a Marco Mancini. Che non è omonimo del Marco Mancini arrestato due volte nel 2006, quand’era capo del Controspionaggio del Sismi, per concorso nel sequestro dell’imam di Milano Abu Omar e per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla rivelazione di segreto d’ufficio per aver passato dossier segreti alla Security Telecom, poi condannato a 9 anni per la prima accusa e infine salvato sia per la prima sia per la seconda dal segreto di Stato apposto dai governi di destra e di sinistra: è sempre lui. Eppure la Corte dei diritti umani di Strasburgo nel 2016 ha stabilito che il Sismi e la Cia, sequestrando Abu Omar e mandandolo a torturare in Egitto, e i governi italiani, coprendoli, hanno violato ben cinque principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e “applicato il legittimo principio del segreto di Stato in modo improprio e tale da assicurare che i responsabili del rapimento, della detenzione illegale e dei maltrattamenti ad Abu Omar non dovessero rispondere delle loro azioni”. Ridateci Pollari&Pompa.
Salvini, noto leader del futuro visto che politicamente è più vecchio di B., non perde occasione per guardare all’avvenire con la strenua difesa dei pagamenti in contanti fino ad almeno 3mila euro a botta, in tandem con l’altro giovane vecchio che porta il suo stesso nome, ma ha un dodicesimo dei suoi voti. E, siccome il Matteo maior chiede a gran voce il condono tombale per gli evasori, il Matteo minor per non essere da meno lancia l’ideona di una “voluntary disclosure”, cioè di un bel condono sui contanti in nero. Poi, per essere ancora più moderno, rilancia sul Ponte sullo Stretto. Ridateci il decreto Biondi, i lodi Schifani e Alfano, la Cirami, la Cirielli e l’immunità parlamentare.
La gara di modernità fra i due Matteo prosegue sulla campagna acquisti di parlamentari. Salvini annuncia “altri 5Stelle pronti a passare alla Lega” e l’Innominabile risponde che “nel centrodestra c’è una miniera” di voltagabbana sul mercato. Ridateci Scilipoti, Razzi e De Gregorio.
Si attende ad horas il ritorno del borsello a tracolla, del telefono a gettoni, degli scubidù, delle pastiglie Valda e dell’Amaro Medicinale Giuliani.

Erano davvero gli hacker: Tridico rifiata. - Patrizia De Rubertis

Erano  davvero gli hacker: Tridico rifiata

Inps. Fu un attacco informatico a mandare il sito in tilt (anche se i ritardi restano tutti).
Dàgli al presidente dell’Inps Pasquale Tridico. La richiesta di dimissioni è all’ordine del giorno, ma le accuse sono ora infondate. Da quattro mesi è sulla graticola per i ritardi nel far arrivare gli ingenti aiuti stanziati dai diversi decreti perché incanalati in procedure farraginose. La cassa integrazione ne è diventata l’esempio più drammatico su cui il governo ha deciso di intervenire, seppure in ritardo, con una nuova procedura. Difficile sostenere che le complesse procedure e la macchina organizzativa messe in atto siano state efficienti (sono ben 25mila i lavoratori ancora in attesa della Cig ai quali vanno aggiunte 130mila domande presentate a giugno), così come non si possono addossare tutte le colpe al presidente Tridico. Sicuramente non è il responsabile del disastro del primo aprile, il tumultuoso click day per la presentazione delle domande da parte dei lavoratori autonomi e delle partite Iva per accedere all’indennità di 600 euro, con il sito andato in tilt e migliaia di account violati.
A provocare il blocco fu un attacco hacker, così come conferma il Report dell’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sui rischi di infiltrazione della criminalità organizzata, la struttura del Viminale creata per monitorare le infiltrazioni delle mafie durante l’emergenza coronavirus. L’intrusione sul portale del primo aprile è ora scritto nella pietra. La stessa versione che Tridico ha dato il pomeriggio del primo aprile quando, presentandosi in tv, s’è scusato per i problemi. Stessa versione ripetuta il 21 aprile in audizione alla Commissione Lavoro della Camera. Ma una dalle polemiche più accese durante il lockdown era già andata in scena con molti esponenti politici di maggioranza e opposizione (da Forza Italia al Pd, da Fratelli d’Italia ad Azione di Carlo Calenda) che da allora hanno chiesto la cacciata di Tridico per “le sue menzogne spudorate”, come detto dal forzista Maurizio Gasparri. A giudicarlo “un disastro” è da sempre il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. “Tridico – ha detto – non dovrebbe essere richiamato: dovrebbe essere licenziato”. Del resto la poltrona al vertice dell’Inps è da sempre un pallino dei renziani. Mentre per il leghista Claudio Durigon, Tridico ha incolpato gli hacker “per non ammettere le sue gravi mancanze. Anche la lettura data dal presidente Inps sull’attacco aveva lasciato più di qualche dubbio anche tra gli esperti informatici che avevano escluso che i disservizi registrati potessero derivare esclusivamente da pirati informatici adducendo tra le ipotesi più probabili un errore nella configurazione del sistema delle rete del sito”.
E poi c’è l’attacco della stampa. A ridosso del 1º aprile i titoloni si sono susseguiti. Per La Verità “Il sito in tilt e la privacy violata” sono la “Waterloo giallorosa” e l’attacco hacker era solo “la possibilità di smarcarsi parzialmente dalla figuraccia”. “Gli hacker? Ci sono, ma non c’entrano nulla”. Il Giornale in uno dei tanti titoli ha scritto: “Dalla colpa degli altri agli hacker: le ridicole scuse dei 5 Stelle per il flop”. E poi per il capitolo risiko delle nomine, Tridico è diventato “un boiardo grillino a rischio per il disastro bonus” a cui “nessuno crede più”. Insomma, il collasso dell’Inps per il Sole 24 Ore è stato “una falsa partenza per chi voleva mostrare la presenza efficace dello Stato”, ma che ora sappiamo aver ribadito la fragilità della Rete.
Io, intanto, alla luce dei nuovi fatti, indagherei sull'origine dell'attacco informatico per individuare i mandanti dello stesso, e non escluderei tra questi i leader dell'opposizione.

sabato 27 giugno 2020

Wirecard, lo schianto tedesco con il suo gioiello tecnologico. - Uski Audino

Wirecard, lo schianto tedesco con il suo gioiello tecnologico

La società dei pagamenti che sfidava i colossi del web imbarazza la Germania, tra coperture politiche ed errori della vigilanza.
“Tutte le strade portano al successo”, era scritto fino a ieri sul sito di Wirecard, la società di servizi finanziari e pagamenti elettronici finita al centro del più grande scandalo finanziario tedesco dalla Riunificazione. Ma tanto ottimismo non gli ha portato bene. Le strade ieri hanno portato il gioiello della finanza tecnologica a presentare richiesta di insolvenza al Tribunale di Monaco e l’ex ceo dell’azienda, Markus Braun, in una cella della procura con l’accusa di falso in bilancio e manipolazione di mercato. Dalle stelle del Dax alle stalle della bancarotta. Una prima assoluta nella storia tedesca. Braun è uscito dalla custodia cautelare grazie al pagamento di una cauzione da 5 milioni di euro, ma sulla sua testa pende un’accusa molto grave: truffa. Dal bilancio della società mancano all’appello 1,9 miliardi di euro (il 255 del totale) depositati in due banche delle Filippine. Sono scritti in bilancio, ma non ci sono estratti conto che ne confermino l’esistenza. Le somme sui conti fiduciari a favore di Wirecard per un totale di 1,9 miliardi di euro molto probabilmente non esistono”, ha detto la portavoce delle autorità inquirenti.
L’ipotesi è che Braun volesse “far apparire l’azienda finanziariamente più forte e più attraente per gli investitori e i clienti”, dicono dalla Procura. La scelta della società di presentare ieri “un procedimento di insolvenza per il rischio di incapacità di pagamento e sovraindebitamento” fa mormorare. Che l’ammanco sia maggiore? Due terzi delle vendite, dicono fonti vicine ai creditori, potrebbero essere state falsificate. I 15 istituti bancari che hanno prestato a Wirecard 1,85 miliardi fanno sapere di “non aver staccato la spina”. Quanto duri, non si sa. Intanto il titolo ha perso l’80% del valore in pochi giorni. Per avere un’idea del tonfo basti pensare che all’ingresso in Borsa nel settembre 2018 l’azienda valeva 24,6 miliardi e ora ne vale circa 3, mentre le azioni vendute a 190 euro, ieri erano scambiate a 9,96. Con buona pace dei piccoli azionisti.
Tutto comincia a inizio 2019 quando l’azienda, fondata nel 1999 nella periferia di Monaco dall’allora 30enne austriaco Braun, subisce una perquisizione nella sede di Singapore. In quell’occasione il Financial Times scrive che i conti sul mercato asiatico potrebbero essere stati “abbelliti”. Il risultato è che le azioni sprofondano da 160 a 99 euro. Braun grida al complotto. L’autorità di vigilanza bancaria tedesca, il Bafin, per tutta risposta vieta di scommettere contro le azioni di Wirecard per due mesi e, invece di aprire le indagini, querela i giornalisti. Nell’ottobre 2019 FT torna a scrivere dell’azienda e la scena si ripete. Questa volta la stampa finanziaria tedesca si allarma, aspetta che il Bafin intervenga, ma lo dice sottovoce per non turbare la sensibilità di chi vuole continuare ad andar fiero di quel gioiello tecnologico made in Germany in competizione con i colossi del web. Per allontanare le critiche Wirecard incarica come revisori la società Kpmg. In aprile il responso: “L’azienda non ha fornito tutti i documenti richiesti” e “non è stato possibile verificare in modo sufficientemente approfondito l’esistenza dei volumi delle transazioni nel periodo dal 2016 al 2018”. In parallelo Ernst & Young, che lavorano alla certificazione del bilancio 2019, giovedì non lo certificano. Le due banche filippine dicono di non avere tra i loro clienti Wirecard e che i documenti sono stati falsificati.
Il ministro tedesco dell’Economia, Peter Altmaier, si dice scioccato: “Ci saremmo aspettati una situazione del genere ovunque, ma non in Germania”. Il danno di immagine per il Paese è serio. Più mirata è la reazione del ministro delle Finanze, Olaf Scholz, che punta il dito contro la Vigilanza: “Dobbiamo chiarire rapidamente come modificare i nostri requisiti normativi per monitorare in modo completo, tempestivo e veloce anche le reti aziendali complesse”, “revisori e autorità di vigilanza non sono stati efficaci”. Felix Hufeld, presidente del Bafin, ammette “il completo disastro”. Ci vorrà più di un mea culpa nell’audizione in commissione Finanze il primo luglio.
La stampa tedesca ora si chiede come l’illusione Wirecard sia potuta durare tanto. “Per troppo è stata vista come una piantina fragile cresciuta in casa che doveva essere protetta”, ha detto il deputato tedesco Fabio De Masi. Era il sogno che la Germania voleva sognare: guardare i giganti Usa del web “all’altezza degli occhi”.

“Il contante serve ai corrotti, agli evasori e al lavoro nero”. - Gianni Barbacetto

“Il contante serve ai corrotti, agli evasori e al lavoro nero”

Milena Gabanelli è la giornalista che da un decennio propone di ridurre il contante nelle transazioni economiche.
Come sei arrivata a questa proposta?
Parliamo di quasi dieci anni fa: l’intento era quello di offrire un suggerimento o quantomeno aprire una discussione. Nelle inchieste sulla corruzione, alla fine c’era sempre un giro di contanti; come in quelle sul lavoro nero, pagato sempre in contanti; sui professionisti, che preferivano i contanti, offrendo uno sconto del 20% senza fattura; e poi su quel gigantesco numero dell’economia sommersa (allora era sul 20% del Pil, secondo l’Fmi, sul 14% per l’Istat) che si nutre di contante e non paga le imposte dovute. Allora mi sono chiesta: se s’incentivassero i pagamenti tracciabili e si scoraggiasse l’uso del contante, non avremmo tutti da guadagnarci?
È anche un modo per ridurre l’evasione fiscale?
Credo sia difficile stabilirlo con precisione: l’economia sommersa è una stima, negli ultimi anni è un po’ calata, ma si aggira sui 190 miliardi l’anno. Però calcolando l’aliquota minima si fa presto a fare un conto.
L’uso della moneta elettronica potrebbe ridurre il lavoro nero e l’economia sommersa?
Di sicuro è più complicato sfuggire quando a monte c’è un pagamento tracciabile.
Ma come la riduzione del contante potrebbe essere un mezzo di contrasto alla corruzione e alle mafie?
I mezzi usati dal mondo dell’illegalità, purtroppo, sono sempre più sofisticati dei mezzi per combatterla, ma certamente la difficoltà a reperire contante qualche ostacolo lo mette. Anche l’ultimo episodio legato agli appalti di Atm Milano dimostra che le tangenti viaggiano sempre dentro a una busta con il cash. Che cosa ci facevano 67 mila euro in contanti in mano al dirigente Paolo Bellini?
È vero che meno contante significa più Pil?
Il Pil calcola anche la quota di sommerso, ma con meno contante in circolazione fai fatica a pagare i lavoratori in nero, per esempio, e sono circa 3 milioni, a cui non versi i contributi. Se li paghi con un assegno o un bonifico, dovrai per forza versarli, e questi soldi vanno nelle casse dell’Inps che poi paga le pensioni. Vale per tutto il settore del commercio e dei professionisti, che non pagano l’Iva e sotto-dichiarano. Sono tanti soldi, che consentirebbero di avere migliori servizi, di abbassare un po’ le tasse e creare nuovi posti di lavoro. Oltre a rendere tutto un po’ più equo, togliendo di mezzo la concorrenza sleale. Poi questo deve essere accompagnato dai mezzi necessari per combattere i grandi evasori, quelli che sfuggono completamente al fisco, o trasferiscono i profitti realizzati in Italia in un Paese a fiscalità agevolata, sfruttando però le infrastrutture italiane pagate con la fiscalità generale a cui tutti hanno contribuito, tranne loro.
Siamo uno dei Paesi occidentali più arretrati per uso di moneta elettronica.
Un po’ perché siamo ancora culturalmente analogici: ma si può recuperare incentivandola, consentendo per esempio di scaricare una percentuale di alcune spese. Occorre trovare un accordo con il sistema bancario per ridurre le commissioni. Per chi non si fida esiste sempre l’assegno. Contestualmente andrebbe scoraggiato pesantemente l’utilizzo del contante portando il tetto a un minimo mensile, o rendendone più costoso l’utilizzo. In fondo chi non può fare a meno del contante? Chi evade, chi fa il nero, gli spacciatori, i corruttori. Per tutti gli altri il problema non sussiste, nemmeno per gli anziani. Ricordo che ai tempi della social card, 12 anni fa, quasi 1 milione di indigenti e sopra i 65 anni fecero richiesta, dimostrando di non avere nessuna difficoltà a usare una carta elettronica con depositati 40 euro. Quando c’è un vantaggio, tutti imparano in fretta. Bisogna saperlo comunicare bene: “Se paghi con mezzi tracciabili, pagherai un ticket sanitario più basso, saranno meno lunghe le liste di attesa, ci saranno più asili nido, etc”. Poi le promesse vanno anche mantenute.
È pensabile, in futuro, l’abolizione della carta moneta, sostituita da una moneta elettronica di Stato?
In futuro saranno possibili tante cose, intanto guardiamo al presente.
Cosa pensi dell’eventualità di un condono in questa materia, suggerito anche dalla commissione Colao?
Se intendi l’emersione del contante depositato nelle cassette di sicurezza, che secondo il procuratore di Milano, ho letto sul vostro giornale, sarebbero 200 miliardi, i mezzi sono diversi, anche quello di proporre l’acquisto di titoli di Stato con un rendimento per esempio dell’1,5% a 3/5 anni, dedicati a realizzare infrastrutture.
Esistono monete elettroniche non tracciabili (tipo bitcoin): la guerra contro il contante non rischia di essere vana?
Chi vuole farla franca il modo lo trova sempre, però non per questo bisogna tenere la porta di casa aperta. Almeno mettiamoci una buona serratura.

venerdì 26 giugno 2020

Recalcazzola didattica con tarapia tapioco. - Marco Travaglio

A criticare sono capaci tutti....
I problemi della scuola – quelli vecchi e quelli nuovi creati dalla pandemia – sono noti. Il governo fa quel che può, per i pochi soldi, il poco tempo e il rischio che le aule diventino nuovi focolai nella stagione autunnale, la più propizia per un’ondata di ritorno del Covid. Occorrono classi più piccole e spazi più vasti per garantire il distanziamento, dunque più insegnanti, bidelli, assistenti, strutture ed edifici idonei, oltre alle precauzioni anti-contagio. Una montagna di soldi che, anche se fossero disponibili, non si riuscirebbe a spenderli in tempo. Qualche demente voleva riaprire le scuole a maggio, poco prima di richiuderle per le ferie, perché “tutta Europa le riapre tranne noi”. Balle: in Francia, Macron ci ha provato su base volontaria e contro il parere degli scienziati, ma il 70% dei genitori han tenuto i figli a casa; idem in Inghilterra, dove il 50% non ci mette piede; la Spagna, come noi, riapre a settembre. Allora i dementi han preso a dire che la maturità sarebbe stata un disastro, anzi non si sarebbe mai fatta: invece tutto procede decentemente.
Ora il Partito Preso dell’Apocalisse preannuncia catastrofi per settembre e ha individuato il bersaglio perfetto: Lucia Azzolina, che è donna ma grillina, ergo può essere lapidata senza problemi. Intendiamoci: di ogni ministro è sacrosanto criticare pensieri, parole, opere e omissioni. Ma qui, come spesso accade a questo governo, non si capisce quali sarebbero i suoi errori. E soprattutto le soluzioni alternative (con relative coperture finanziarie): assumere 150mila docenti per sei mesi-un anno e poi licenziarli quando finirà l’emergenza? Costruire nuove scuole fra luglio e agosto? Stampare moneta come Totò e Peppino nella Banda degli onesti? È ovvio che si cerchi di investire il più possibile, di assumere più personale, di alternare la didattica a distanza con quella di presenza, di rispettare l’“autonomia scolastica” che consente a ogni preside di gestire le proprie risorse e strutture (alcuni istituti ne hanno troppe, altri troppo poche). Cioè di tamponare l’emergenza sperando che passi presto e intanto gettare le basi per un riassetto complessivo della scuola. Bene fanno insegnanti, genitori e studenti a scendere in piazza per chiedere al governo il maggiore sforzo possibile. Ma chi pensa di avere tutto subito sostituendo la ministra con qualcun altro fa ridere: specie se non ha mai detto una parola sui veri responsabili del disastro: non solo la Gelmini, ma pure le Giannini, le Fedeli (nota falsa laureata). Noi leggiamo con devozione Repubblica, organo ufficiale del Partito Preso, che pullula di aspiranti ministri dell’Istruzione.
Chiara Saraceno ha già individuato il bubbone: la “ministra alla sciatteria” che delega troppo “in nome dell’autonomia scolastica”. Cioè di una legge dello Stato, che fra l’altro non ha fatto lei. E “non si rende conto” che bisogna “aumentare i docenti” (infatti li sta aumentando, con un concorso osteggiato dal partito della sanatoria Pd-sindacati). E non “apre la didattica alla comunità locale”, qualunque cosa voglia dire. Sempre in cerca di soluzioni praticabili e comprensibili, ci abbeveriamo alla fonte di Massimo Recalcati, un altro degli “intellettuali” reclutati da Repubblica per spiegarci “quello che la politica dovrebbe fare per la ripartenza”. E qui, va detto, concretezza portami via. Sul giornale che per un mese ha preso per il culo Conte sugli Stati generali dell’economia, Recalcati ha un’ideona: “Subito gli Stati generali per l’Anno zero dell’istruzione”. Già, perché occorrono “sguardo e pensiero lungo”, soprattutto limpido, mica come “le decisioni ministeriali incerte e farraginose che disorientano”. In parole povere: “una rivoluzione culturale” per “inaugurare una nuova stagione culturale” in “quello spazio culturalmente decisivo dove la vita dei nostri figli prende forma”. Quindi, in concreto? “Senza una buona Scuola un Paese è morto”. Eh già. E attenzione: “Una Scuola chiusa è evidente che non è una Scuola”. Ma va? Se è chiusa come si fa con la “trasmissione di cultura della cittadinanza, di pensiero critico (tipo il suo alle Leopolde, ndr), di desiderio di sapere?”. Ah saperlo. “Il sapere che dà forma alla vita è un sapere mai scisso dalla relazione”. Perbacco. Senza dimenticare “l’universo plurale delle lingue” (tipo la sua alle Leopolde).
La “didattica a distanza” non gli garba, anzi “non esiste”. Sì, è vero, fino a due mesi fa si moriva come le mosche, ma “è stato un errore non introdurre dispositivi simbolici anche minimi per sancire la promozione delle scuole secondarie”, tipo un traduttore simultaneo delle recalcazzole. Quindi basta “ragionare sulle distanze necessarie da preservare, sul rischio degli assembramenti, sulle mascherine, sulle pareti di plexiglass”: questo Covid ha rotto i coglioni e “il dibattito non può restare ostaggio del virus e del problema della sicurezza”. Ci vuole ben altro, detto terra-terra: “rimodulazioni profonde”, “interdisciplinarietà”, “ricomposizione inedita”, “diversa circolazione degli allievi” (a targhe alterne) e soprattutto “portare la scuola verso la città, nei quartieri, nei territori” (le famose classi a rotelle) e “favorire la permanenza” indovinate di chi? Non dei peggiori, ma nientemeno che “dei migliori”. Del resto “la Scuola da tempo è in terapia intensiva”, ergo serve “una terapia d’urto”. Con tarapia tapioco come fosse Antani.

Mia figlia Sara.



Ho ascoltato la conferenza del Presidente Conte e del Ministro Azzolina e non vi nascondo che alla fine ho pianto pensando che se cade questo governo torneremo nel marasma più totale, quello di sempre, con una scuola ferma a un secolo fa, con aule fatiscenti e nessuna innovazione.
Questo Governo pur attraversando un periodo di profonda crisi, con tutti ostacoli avanzati dall'opposizione, riesce a pianificare provvedimenti mai neanche sfiorati in precedenza.