domenica 20 settembre 2020

Arriva l'abolizione del bollo auto. Cancellato anche canone Rai. - Pierpaolo Molinengo


Buone notiizie per i contribuenti Italiani: la pressione fiscale inizia ad abbassarsi grazie all'abolizione del bollo auto, che era attesa da tempo. Discorso diverso, invece, per il canone Rai, che molti utenti riescono ad evadere, riuscendo a continuare a ricevere tutti i canali televisivi senza alcuna limitazione. Per il bollo auto, invece, sembra esserci una decisione ufficiale da parte di alcune regioni italiane, che hanno preso delle iniziative molto importanti a riguardo!

Dobbiamo, però, sottolineare che quella che riguarda il bollo auto è a tutti gli effetti una procedura a tempo determinato: alcune regione, come l'Emilia Romagna, hanno deciso che i detentori di auto ibride siano esentati dal pagamento dell'odiata tassa automobilistica per tre anni. Un risparmio di 191 euro ogni 365 giorni!

Bollo auto e canone Rai: quale dei due è più odiato?

In un'ipotetica gara di odio tra il bollo auto ed il canone Rai sarebbe difficile decretare il vincitore. Senza dubbio le due tasse sono detestate dagli Italiani. Probabilmente, negli ultimi anni, qualcuno si sarà anche dimenticato del canone Rai, anche perché viene addebitato sulla bolletta dell'energia elettrica. In un certo senso viene nascosto, anche se nel momento in cui paghiamo la nostra fornitura di elettricità, ce ne ricordiamo sempre amaramente.

Il bollo auto, invece, è tutta un'altra cosa. Viene pagata anche all'estero, anche se non in maniera così pesante come in Italia. Solo per fare un esempio, in Francia non esiste per i privati, mentre in Spagna si paga due terzi in meno rispetto all'Italia. Nel nostro paese grazie al bollo auto le regioni riescono ad incassare ogni anno qualcosa come 6,5 miliardi di euro. E' una tassa nazionale, ma che è di competenza locale, la cui riscossione è stata affidata alle regioni. In linea teorica queste potrebbero decidere di non applicarlo o di ridurne il costo: questo è stato precisato da una sentenza della Corte Costituzionale del 20 maggio 2019. Qualche osservatore non ha escluso che nella prossima riforma del Codice della Strada possa saltar fuori quale sorpresa per i proprietari delle auto.

Iniziamo con lo spiegare che il bollo auto è una vera e propria tassa automobilistica: la si deve pagare perché si è in possesso di un veicolo a motore. Un tempo veniva anche chiamata tassa di circolazione, perché, in un certo senso, il tributo è riconosciuto per la circolazione di un'automobile sulle strade. Il fatto che un contribuente sia in possesso di un veicolo lo si presume dall'iscrizione nel Pubblico Registro Automobilistico (PRA). Questo significa che tutti i proprietari di auto, moto e veicoli a motore sono obbligati a pagare ogni santissimo anno il bollo auto. Questo viene calcolato in base alla potenza del motore e al grado di inquinamento dello stesso.

Bollo auto: le esenzioni!

Sembra ovvio, a questo punto, che solo per il fatto che si sia in possesso di un'automobile, si sia anche obbligati a pagare il bollo auto. A volte, però, le singole regione ci possono graziare e possono permetterci di risparmiare un po' di soldi. Solo per fare un esempio, la Lombardia ha introdotto delle agevolazioni per quanti abbiano deciso di acquistare dei veicoli a basse emissioni inquinanti. Le auto elettriche sono esenti da bollo, così anche quelle a gas e ad idrogeno. Queste ultime vetture sono esentate dal pagamento del bollo auto per sempre, mentre le automobili nuove o usate, che sino euro 5 o bifuel od ibride, beneficiano di un'agevolazione che dura tre anni.

Altri tipi di veicoli che sono esentati dal bollo auto sono quelli alimentati a GPL. Dobbiamo, però, segnalare che la regolamentazione in questa materia varia di anno in anno ed è diversa nelle varie regioni. In alcune l'esenzione è totale, nelle altre solo parziale.

Sono esentate dal pagamento del bollo auto anche le auto storiche. In questo caso l'esenzione è valida solo e soltanto se il proprietario ne fa richiesta. E' necessario distinguere le auto ultraventennali da quelle ultratrentennali: la normativa considera mezzi ultratrentennali quelli costuiti da più di 30 anni e che non siano adibiti ad usi professionali od utilizzati per l'esercizio di attività d'impresa. In questo caso l'esenzione è totale ed il beneficio è automatico, senza doverne far richiesta. Gli autoveicoli ultraventennali, invece, devono essere in possesso di un certificato di rilevanza storica annotato sulla carta di circolazione. In questo caso viene concessa una riduzione del pagamento nella misura del 50%. I veicoli ultraventennali che non abbiano un certificato di rilevanza storica, ma con attestazione di storicità ASI o FMI, sono assoggettati al pagamento bollo nella misura ridotta del 10%.

Possono beneficiare dell'esenzione del bollo auto anche le persone disabili che rientrino nei requisiti previsti dalla Legge 104/1992. Per richiedere l’agevolazione è necessario compilare un modulo esenzione bollo auto legge 104 e trasmetterlo all’Agenzia delle Entrate entro tre mesi dalla scadenza del pagamento.

Canone Rai: come evitare di pagarlo legamente!

Buone notizie anche per gli utenti della televisione che vogliano evitare di pagare il canone Rai. Benché sappiamo che non sia possibile esimersi dal pagarlo, è bene ricordare che se si rispettano determinate condizioni se ne è esentati. I requisiti che bisogna avere per non pagare il canone Rai sono i seguenti:

  • aver compiuto 75 anni;
  • possedere un Isee uguale od inferiore a 8.000 euro.

In alternativa l’uso di dispositivi non esclusivamente adibiti alla ricezione dei canali possono ottenere il veto all’approvazione delle tasse.

https://www.trend-online.com/prp/bollo-auto-canone-rai/

Laricchia&Laricchio - Marco Travaglio

 













Alessandro Di Battista che non fa un solo comizio per il Sì al referendum, ma arringa la folla pentastellata di Bari contro il mio consiglio agli elettori 5Stelle toscani e pugliesi di “turarsi il naso e votare disgiunto” mette tristezza. E ricorda il compagno Antonio: il comunista di Avanzi interpretato da Antonello Fassari che nel 1993 si risvegliava dopo vent’anni di coma e non ritrovava più nulla del suo piccolo mondo antico, tranne i Pooh. Con eleganza pari all’acume politico, Di Battista paragona il turarsi il naso, cioè scegliere il candidato meno lontano per scongiurare la vittoria del peggiore, a “un cesso pubblico”. E, con sicumera pari alla disinformazione, attribuisce il voto disgiunto alla “vecchia Democrazia cristiana”, che mai neppure lo nominò in 50 anni di vita perché nel sistema proporzionale non c’era niente da disgiungere. Poi scomunica le alleanze che “distruggono i progetti”, dimenticando che tutti i risultati ottenuti dal M5S nell’ultimo biennio con i governi Conte sono dovuti alle alleanze (potrebbe spiegarglielo Barbara Lezzi, che si spellava le mani alle sue spalle: al ministero del Sud chi ce l’ha portata? L’alleanza con la Lega o la cicogna?). Poi elogia Conte (troppo popolare per non prendere fischi attaccandolo), ma anche la candidata presidente Antonella Laricchia, che proprio all’invito di Conte a sedersi al tavolo con Emiliano rispose picche e ora non ha alcuna possibilità di vincere, ma ne ha parecchie di far vincere il peggiore di tutti: Fitto. Ma, per Di Battista, Emiliano e Fitto pari sono. Anche se uno faceva il magistrato e l’altro l’imputato. Anche se uno vuole decarbonizzare l’Ilva, come pure il governo Conte, coi soldi del Recovery Fund e l’altro nel suo programma l’Ilva non la cita neppure per sbaglio. Anche se uno, con tutti i suoi difetti, predica da sempre l’alleanza con i 5Stelle e l’altro li ha sempre schifati. Lo stesso vale per Giani e Ceccardi in Toscana, come ben sa chiunque abbia visto curricula, programmi e discorsi. Non vale invece per la Campania, dove De Luca è pure peggio di Caldoro e benissimo fa il M5S a correre da solo con l’ottima Valeria Ciarambino.

Qualcuno dovrebbe spiegare al compagno Antonio, alias Dibba, che siamo nel 2020, non nel 2009 quando i 5Stelle nacquero in piazza contro tutto e contro tutti. La politica è cambiata, in Italia e in Europa, anche grazie a loro (senza i loro voti, col cavolo che sarebbe stata eletta la Von der Leyen, avremmo avuto gli Eurobond e i 209 miliardi di Recovery Fund e che ora si parlerebbe di abolire i regolamenti di Dublino sui migranti). Il Pd non è più quello di Napolitano e Renzi, equivalente al centrodestra, con cui infatti governava giulivo.

E i 5Stelle non sono più all’opposizione, ma al governo. Perché han saputo turarsi il naso, non per finire nei cessi pubblici, ma per fare alleanze e compromessi, così come i loro alleati: prima la Lega, che li ha traditi, ora il centrosinistra, che li rispetta. Altrimenti sarebbero ancora lì in piazza a strillare senza portare a casa nulla. Ma soprattutto bisognerebbe spiegare a Di Battista cos’è il voto disgiunto (o panachage), previsto in molti Paesi Ue: non un vile e sotterfugio vetero-partitocratico, ma un potere in più che la legge dà agli elettori per differenziare, se vogliono, la scelta sul presidente della Regione da quella sulla lista dei consiglieri. Una specie di doppio turno a turno unico. Se anche nelle Regioni, come nei Comuni, fosse previsto il ballottaggio, oggi i grillini voterebbero M5S e Laricchia; poi, al secondo turno, nello scontato derby Emiliano-Fitto, molti sceglierebbero il meno lontano Emiliano. Ma in Puglia si vota a turno unico, dunque il voto disgiunto consente di concentrare in una sola tornata la scelta che nel ballottaggio si fa due settimane dopo: voto di lista ai 5Stelle e possibilità di scegliere fra i due presidenti possibili. Fra i quali Laricchia, come sanno benissimo anche lei e Dibba, non c’è. Lo stesso vale per la Toscana (che va al ballottaggio solo se nessuno supera il 40%): anche lì la brava candidata Irene Galletti è a distanza siderale da Giani e Ceccardi.
Ora spetta agli elettori M5S decidere, calcolando il danno che le vittorie di Fitto e Ceccardi farebbero alla Puglia, alla Toscana e, vista l’assurda politicizzazione delle Regionali, al governo Conte e all’Italia intera. Così come fecero a gennaio in Emilia-Romagna, quando un terzo di loro votò disgiunto 5Stelle/Bonaccini, scongiurando la vittoria della Borgonzoni in Salvini. L’anno prossimo, se Raggi e Appendino andranno al ballottaggio a Roma e Torino contro i candidati di destra, toccherà agli elettori del centrosinistra turarsi il naso e votare disgiunto: non perché Raggi e Appendino puzzino, anzi sono donne perbene, ma perché non sono amatissime da Pd&C. Il voto disgiunto, fra l’altro, non solo non danneggia i 5Stelle, ma ne aumenta addirittura i voti: i loro simpatizzanti tentati dal Pd per paura di favorire Salvini&C. o di indebolire il governo potranno scegliere serenamente la lista M5S e il presidente Pd. Laricchia e Galletti arriveranno comunque terze, ma il M5S avrà più consiglieri regionali per tener d’occhio e combattere Giani ed Emiliano ogni volta che lo meriteranno. Se invece chi arriva terzo si arrocca e impedisce ai suoi elettori di scegliere fra gli altri due, condanna i 5Stelle all’irrilevanza. E lavora per Salvini e/o per Draghi. Magari a sua insaputa, che è pure peggio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/20/laricchialaricchio/5937297/

Domani e lunedì persino Internet si schiera per il taglio. - Giovanni Valentini



“Non si tratta, com’è ovvio, di superare la democrazia rappresentativa, ma precisamente di farla evolvere verso una ‘democrazia deliberativa’, in cui la cittadinanza occupi un ruolo più attivo e partecipativo non solo nei processi di promozione del consenso, ma anche in quelli di costruzione della decisione”

(da Política e Democracia na era digital di João de Almeida Santos – Parsifal, 2020 – pag. 150)

Trecentomila euro al giorno. Cento milioni all’anno. Mezzo miliardo in una legislatura. E, anche se fosse solo la metà, scusate se è poco. Ma, quale che sia la cifra esatta, non è questo in realtà il “focus” del referendum costituzionale in programma domani e dopodomani.

Mettiamo pure da parte, per un momento, la querelle sull’entità dei risparmi che la riduzione del numero dei parlamentari comporta. Concentriamoci piuttosto sullo snellimento e sulla maggiore rapidità dei lavori parlamentari che una vittoria del Sì può verosimilmente innescare. Come? Con un effetto di accelerazione favorito dalle tecnologie digitali e dai nuovi strumenti di comunicazione, da Internet ai social network.

Attraverso la Rete, il deputato o il senatore può innanzitutto gestire meglio e più direttamente i rapporti con i suoi elettori via email o WhatsApp. È vero che – la Costituzione – non ha un “vincolo di mandato”, ma il parlamentare deve pur sempre interloquire e confrontarsi con la sua constituency per rappresentarne le legittime aspettative, senza piegarsi a logiche clientelari nell’ottica dell’interesse nazionale. La tecnologia gli consente di ridurre eventualmente i comizi, gli incontri o le visite alle sezioni di partito superstiti, e quindi i trasferimenti logistici, per aumentare piuttosto il numero e l’intensità dei suoi contatti.

Al tempo della democrazia digitale, il deputato o il senatore ha gli strumenti per partecipare di più ai lavori e alle votazioni; per accedere agli archivi o ai documenti e provvedere più agevolmente all’elaborazione e alla stesura delle proposte di legge; per attendere meglio alla comunicazione con i componenti del proprio gruppo o con i propri collaboratori, oltre che con la propria base elettorale. E così si riuscirà forse a contenere la proliferazione delle sedi e degli uffici disseminati intorno a Montecitorio e a Palazzo Madama. Lo smart working e il voto online possono valere anche per i peones, gli assenteisti e i trasformisti.

Per tutte queste ragioni è opportuno che il numero dei parlamentari, in un equilibrato rapporto con la popolazione, diminuisca fisiologicamente com’è accaduto per tante altre categorie: dai dipendenti pubblici agli impiegati o funzionari di banca, compresi i giornalisti e i poligrafici. In qualsiasi campo o settore, oggi meno persone svolgono più compiti, mansioni e funzioni di quelle che svolgevano i loro colleghi sessant’anni fa: cioè quando una legge costituzionale stabilì nel 1963 che i deputati dovevano essere 630 e i senatori 315, per un totale di 945, con tutti i loro privilegi, indennità e immunità. Adesso anche loro sono in condizione di lavorare meglio e produrre di più.

Non è un paradosso, perciò, sostenere che nell’era digitale il taglio dei parlamentari – anziché ridurre la democrazia rappresentativa, come sostengono i fautori del No – possa favorire piuttosto l’avvento di quella “democrazia deliberativa” auspicata dal sociologo e filosofo tedesco Jürgen Habermas, insieme a tanti altri studiosi internazionali. Sì, quindi, a una democrazia più partecipata, circolare ed efficiente. Insomma, più adeguata ai tempi in cui viviamo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/19/domani-e-lunedi-persino-internet-si-schiera-per-il-taglio/5936687/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-09-19

sabato 19 settembre 2020

Gigante in orbita attorno a una nana bianca. - Maura Sandri

 

    Impressione artistica del potenziale pianeta delle dimensioni di    Giove Wd 1856 + 534b e     della sua stella ospite molto più piccola, una debole nana bianca. Crediti: Nasa Goddard     SpaceFlight Center.

Grazie a diversi telescopi spaziali e terrestri è stato scoperto un pianeta delle dimensioni di Giove in orbita a una velocità vertiginosa attorno a una nana bianca. Questa conferma evidenzia che tali sistemi stellari piuttosto bizzarri possono esistere, e potrebbero anche rappresentare una rara sistemazione abitabile per un’ipotetica vita sostenuta dalla luce di una stella morente.

Grazie a diversi telescopi spaziali e terrestri – e persino a un paio di astronomi amatoriali in Arizona – un astronomo dell’Università del Wisconsin-Madison, insieme ai suoi colleghi, ha scoperto un pianeta delle dimensioni di Giove in orbita a una velocità vertiginosa attorno a una nana bianca. Il sistema, distante circa 80 anni luce dalla Terra, viola tutte le comuni convenzioni su stelle e pianeti.

La nana bianca in questione è ciò che rimane di una stella simile al Sole che, al termine del suo ciclo vitale, si è notevolmente rimpicciolita fino a raggiungere le dimensioni della Terra, conservando però una massa pari alla metà di quella del Sole. L’enorme pianeta – denominato Wd 1856 b – incombe sulla sua minuscola stella, girandole attorno ogni 34 ore lungo un’orbita incredibilmente vicina. Come termine di paragone, considerate che Mercurio impiega 90 giorni per orbitare attorno al Sole.

Sebbene in passato si siano riscontrati indizi di grandi pianeti in orbita vicino a nane bianche, la nuova scoperta è la prova più evidente dell’esistenza di questi bizzarri accoppiamenti. Questa conferma evidenzia il fatto che i sistemi stellari possono evolversi in diversi modi, e permette di intravvedere un possibile destino del Sistema solare. Un tale sistema potrebbe anche rappresentare una rara sistemazione abitabile per un’ipotetica vita sostenuta dalla luce di una stella morente.

«Non avevamo mai visto prove di un pianeta che si avvicina così tanto a una nana bianca, riuscendo a sopravvivere. È stata una piacevole sorpresa», afferma Andrew Vanderburg, del dipartimento di astronomia della Uw-Madison, che ha completato il lavoro mentre era Nasa Sagan Fellow presso l’Università del Texas, ad Austin.

I ricercatori hanno pubblicato oggi i loro risultati su Nature. Vanderburg ha guidato la grande collaborazione internazionale di astronomi che ha analizzato i dati. I telescopi che hanno contribuito allo studio sono stati il telescopio spaziale Tess della Nasa, dedito alla caccia di esopianeti, e due grandi telescopi terrestri nelle Isole Canarie.

In principio, Vanderburg era attratto dallo studio delle nane bianche – resti di stelle delle dimensioni del Sole dopo aver esaurito il loro combustibile nucleare – e, occasionalmente, dei loro pianeti. Mentre frequentava la scuola di specializzazione, stava esaminando i dati del predecessore di Tess, il telescopio spaziale Kepler, quando notò una nana bianca con una nube di detriti intorno. «Si trattava di un pianeta minore, o di un asteroide, che veniva fatto a pezzi proprio mentre lo stavamo guardando. È stato davvero entusiasmante», racconta. Il pianeta era stato distrutto dalla gravità della stella dopo che la sua trasformazione in una nana bianca aveva causato l’avvicinamento dell’orbita del pianeta alla stella. Da allora, Vanderburg non ha mai smesso di chiedersi se i pianeti, specialmente quelli grandi, potessero sopravvivere al viaggio verso una stella morente.

Scansionando i dati di migliaia di sistemi di nane bianche raccolti da Tess, i ricercatori hanno individuato una stella la cui luminosità si attenuava della metà circa ogni giorno e mezzo, segno che qualcosa di grande stava passando velocemente davanti alla stella con un orbita parecchio stretta. Ma era difficile interpretare i dati perché il bagliore di una stella vicina stava interferendo con le misurazioni di Tess. Per superare questo ostacolo, hanno integrato i dati di Tess con quelli di telescopi terrestri ad alta risoluzione, compresi tre telescopi gestiti da astronomi amatoriali.

Impressione artistica della sonda spaziale della Nasa Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess). Crediti: Nasa

«Una volta che il bagliore è stato tenuto sotto controllo, in una notte, hanno ottenuto dati molto più belli e puliti di quelli che abbiamo ottenuto noi con un mese di osservazioni dallo spazio», ammette Vanderburg. Poiché le nane bianche sono molto più piccole delle stelle normali, i grandi pianeti che passano davanti a loro bloccano molta luce della stella, rendendo il rilevamento da parte dei telescopi terrestri molto più semplice.

«Tess trova un pianeta osservando una stella e misurando la sua luminosità ininterrottamente per settimane», spiega Ian Crossfield, co-autore dello studio. «Se un pianeta orbita attorno alla stella, e se il pianeta passa tra l’osservatore e la stella, parte della luce stellare verrà bloccata. Successivamente, la stella diventerà di nuovo più luminosa quando il pianeta ha terminato il passaggio, chiamato transito».

Per aiutare il team internazionale di scienziati a confermare se Wd 1856 b fosse davvero un pianeta in orbita attorno alla nana bianca, Crossfield ha studiato le emissioni infrarosse dell’oggetto con il telescopio spaziale Spitzer della Nasa, oggi in meritata pensione, ottenute nei mesi precedenti la sua disattivazione.

I dati hanno rivelato che un pianeta più o meno delle dimensioni di Giove, forse un pochino più grande, orbitava molto vicino alla sua stella. Il team di Vanderburg ritiene che il gigante gassoso sia partito da un’orbita molto più lontana dalla stella e si sia spostato nella sua orbita attuale dopo che la stella si è evoluta in una nana bianca. Ma come ha fatto questo pianeta a evitare di essere lacerato durante la trasformazione della stella? I precedenti modelli di interazioni nana bianca-pianeta non sembrano giustificare questo particolare sistema stellare.

I ricercatori hanno eseguito nuove simulazioni che hanno fornito una potenziale risposta al mistero. Quando la stella esaurì il suo carburante, si espanse in una gigante rossa, inghiottendo tutti i pianeti vicini e destabilizzando il pianeta delle dimensioni di Giove che orbitava più lontano. Ciò ha fatto sì che il pianeta assumesse un’orbita esageratamente ovale che passava molto vicino alla nana bianca, ma che lo portava anche molto lontano dall’apside dell’orbita.

Nel corso di eoni, l’interazione gravitazionale tra la nana bianca e il suo pianeta ha lentamente disperso l’energia del sistema, guidando infine il pianeta in un’orbita circolare stretta che richiede solo un giorno e mezzo per essere completata. Questo processo richiede molto tempo, miliardi di anni. Questa particolare nana bianca è una delle più antiche osservate dal telescopio Tess: ha quasi 6 miliardi di anni, che è un tempo molto lungo per rallentare il suo enorme compagno planetario.

Per la prima volta è stato scoperto un esopianeta intatto, delle dimensioni di Giove, in orbita vicino a una stella nana bianca (cliccare per ingrandire). Crediti: International Gemini Observatory / NoirLab / Nsf / Aura / J. Pollard; traduzione a cura di Media Inaf

Sebbene le nane bianche non manifestino più la fusione nucleare al loro interno, mentre si raffreddano rilasciano comunque luce e calore. È possibile che un pianeta abbastanza vicino a una stella morente di questo tipo, si trovi nella sua zona abitabile, la regione in prossimità di una stella nella quale può esistere acqua liquida, presumibilmente necessaria per la vita e la sopravvivenza.

Ora che la ricerca ha confermato che questi sistemi esistono, offrono un’opportunità allettante per la ricerca di altre forme di vita. La struttura unica di questi sistemi offre un’opportunità ideale per studiare le firme chimiche delle atmosfere dei pianeti orbitanti, uno dei modi che gli astronomi usano per cercare segni di vita da lontano. «Penso che la parte più eccitante di questo lavoro sia ciò che significa per l’abitabilità in generale – in questi sistemi stellari “morti” possono esserci regioni ospitali – e per la nostra capacità di trovare prove di tale abitabilità», conclude Vanderburg.

https://www.media.inaf.it/2020/09/16/il-gigante-e-la-nana-bianca/?fbclid=IwAR1RrOiIZgiIFG73CBTB_7sseLV4vKm8hOe1MB2xQIniDY_UtXdmI4mB8M0

Una tempesta più grande della nostra Terra: la foto incredibile pubblicata dalla Nasa. - Nico Riva

 


Una tempesta talmente grande che potrebbe inghiottire la nostra Terra senza problemi. Fortunatamente, è lontana circa 400 milioni di miglia da noi: su Giove. La nuova foto della Nasa e dell'Esa (Agenzia Spaziale Europea) è mozzafiato. 

«Un nuovo ritratto delle tempeste di Giove», scrive la Nasa su Instagram. Il telescopio dell'agenzia spaziale Hubble ha catturato uno scatto incredibile di quanto sta avvenendo sul pianeta distante 406 milioni di miglia da noi. La Grande Macchia Rossa di Giove è visibile al centro dell'immenso pianeta. La Grande Macchia Rossa infatti altro non è che una tempesta di dimensioni per noi impensabili: circa 10mila miglia di diametro. Tradotto: grande abbastanza da inglobare tutto il nostro pianeta. 
 


L'atmosfera su Giove, spiegano gli scienziati, è molto turbolenta. E ciò ha portato alla formazione (in alto a sinistra) di una nuova grande tempesta, bianca e luminosa. Questa, al momento dello scatto dello scorso 25 agosto, viaggiava sul grosso pianeta a 560 chilometri orari. Tuttavia, non si tratta di un fenomeno unico: ogni circa 6 anni, si verificano eventi metereologici di questo tipo. Ciò che ha colpito gli scienziati sono le dimensioni insolita della nuova tempesta. 

Nella foto della Nasa è inoltre possibile vedere, in lontananza sullo sfondo, la Luna di Giove, un satellite completamente ghiacciato chiamato Europa. Questa è leggermente più piccola della nostra Luna e fu scoperta da una delle menti più brillanti della storia: lo scienziato italiano Galileo Galilei. 

https://www.ilmattino.it/tecnologia/aerospazio/tempesta_terra_giove_nasa_esa_spazio_scienza-5470874.html?fbclid=IwAR1pFpxqymel3nQoPC9i5K-6ugRBTWhmlVm0sy4IZxOyJL_ren5jGLzqLM4

Un sacrosanto sì. - Tommaso Merlo

 


Tutta la stampa al guinzaglio delle lobby è schierata per il “no” al referendum. Davvero impressionante. Invece che avamposto della società, il giornalismo italiano si è ridotto a megafono dei parrucconi. Quelli dei potentati che gli pagano lo stipendio e quelli dei vecchi partiti a cui s’ispirano. Davvero sconcertante. I resti di un regime politico ma anche culturale morente che non si vuole rassegnare alla sua fine. Il quesito referendario non c’entra. La posta in gioco è tutta politica. Parlano di difesa della Costituzione quando han sempre cercato di manometterla maldestramente. Parlano di rappresentanza quando han sempre fatto di tutto per sottrarla ai cittadini con leggi elettorali vergognose e inciuci acrobatici durati anni. Dicono che servirebbe chissà cos’altro quando i loro tentativi di riforma sono sempre sistematicamente falliti. Ancora meno gli importa delle 345 poltrone in meno, di risparmiare soldi pubblici o di adeguarsi alle altre democrazie europee. Hanno sguazzato per decenni negli sprechi più aberranti moltiplicando poltrone a dismisura. La posta in gioco è tutta politica. Il vero e unico motivo per cui sono schierati per il “no” è spegnere una volta per tutte l’onda anomala del 4 marzo e ristabilire un ordine a loro più congeniale e vantaggioso. Un ordine in cui le loro lobby e i loro partiti di riferimento tornino al centro della vita politica, tornino a comandare. Vogliono che si spenga la stagione della lotta alle caste e alle sue abbuffate a sbafo. La stagione della trasparenza e della legalità e della sobrietà. La stagione del cittadino che ritorna protagonista a discapito degli appetiti delle lobby e dei rigurgiti ideologici dei vecchi partiti. La loro è ingordigia ma anche paura. Non vedono l’ora di tuffarsi a bomba nella mangiatoria europea del Recovery, ma temono anche che l’onda anomala del 4 marzo continui arrivando ad intaccare altri nervi nevralgici del vecchio regime come il conflitto d’interessi o una vera libertà di stampa. Il loro è egoismo ma anche orgoglio. Difendono col mignolino alzato il loro confortevole status ma anche la loro immaginaria superiorità culturale e intellettuale con cui riuscivano ad indirizzare le masse prima che scappassero dalle caverne le orde populiste. Non era mai successo che l’Italia cambiasse nonostante loro e perfino contro di loro. Erano ad un bivio. Potevano adeguarsi ai tempi, potevano levare il disturbo ma nella gerontocrazia italiana non se ne parla nemmeno ad un passo dalla fossa. Ed ecco le motivazioni di un regime morente che non si vuole rassegnare alla sua fine. Ed ecco le motivazioni del “no” al taglio. Tutte politiche. Spegnere una volta per tutte l’onda anomala del 4 marzo cercando di abbattere il suo principale artefice e cioè il Movimento. Ma su questo hanno ragione. Se si è arrivati così vicini allo storico taglio dei parlamentari dopo decenni che se ne parla a vanvera, il merito è tutto del Movimento che non ha mollato costringendo prima le Lega poi il Pd a seguirlo e trascinandosi poi dietro controvoglia tutto l’emiciclo. Se con un sacrosanto sì andasse in porto anche questa riforma, i reduci del vecchio regime dovranno ammettere che i cavernicoli a 5 stelle hanno cambiato di più l’Italia in due anni che loro in venti. E non finirebbe qui.

https://repubblicaeuropea.com/2020/09/19/un-sacrosanto-si/

La voce dei padroni. - Marco Travaglio


La voce dei padroni squilla forte e chiara a edicole unificate. “No”, dice il Sole 24 Ore (Confindustria). “No”, tuonano Repubblica, Stampa, Espresso, Secolo XIX, Huffington Post e giornali locali Finegil (Agnelli-Elkann-Fca). “No”, strilla il Giornale di B.. “No”, ripetono Messaggero, Mattino e Gazzettino (Caltagirone). “No”, pigola Domani, giornale senza padroni nel senso che ne ha uno solo (De Benedetti). “No”, spara Libero (Angelucci). “No”, ringhia il Riformista (Romeo). “No”, fa eco Avvenire (vescovi). I problemi nascono quando lorsignori devono spiegare perché mai si oppongano alla riduzione dei parlamentari, promessa e voluta da tutti per 40 anni, in linea col resto d’Europa: si arrampicano sugli specchi, violentano la logica, dicono e contraddicono, sommano le mele con le patate, agitano fantasmi e spaventapasseri, sparano supercazzole che oggi Zagrebelsky smonta a una a una nella magnifica intervista a Silvia Truzzi (pagine 2 e 3). Più parlano e meno convincono. Perché si capisce benissimo che dietro i loro No non c’è né la difesa della Costituzione, della democrazia, del Parlamento, della rappresentanza, dei territori, del popolo, tutti valori che la riforma non sfiora neppure.

C’è dell’altro che nessuno osa mai confessare per non gettare la maschera. Almeno fino alla discesa in campo di Billy Costacurta che, siccome era un ottimo stopper del Milan, Repubblica ha promosso a padre ricostituente. E lì, come il bambino davanti al re nudo, ha detto senza tante ipocrisie ciò che lorsignori nascondono: “Voto No perché non voglio più vedere i 5Stelle”. Evviva la faccia: finalmente, fra tanti Tartuffe, un tipo sincero. Qualcuno dovrebbe spiegargli che la riforma costituzionale è stata votata da tutti i partiti (13 volte nelle precedenti legislature, quando il M5S non c’era, e quattro in questa) e nessuno l’attribuirebbe ai 5Stelle se tutti i partiti che l’han votata fossero coerenti e la sostenessero. Peraltro il M5S non è la prima forza parlamentare in virtù di un golpe militare o di una marcia su Roma, ma di libere elezioni previste da quella Costituzione che i signori del No dicono di difendere (quando fa comodo a loro). Dunque chi vuole liberarsene può votargli contro alle elezioni regionali, comunali e politiche. Ma chi pensa di sbaragliarlo bocciando una riforma che condivide è come quel coglione che, per far dispetto alla moglie, si tagliò i coglioni. E, se nel novero ci fosse solo Costacurta, poco male. Ma c’è pure tutto il fior fiore del potere, con giornalisti al seguito. Ieri al partito di Costacurta s’è iscritto il riportino più amato dal Sistema: Stefano Folli, il quale su Repubblica ci ammonisce che “Il referendum è un voto sui 5Stelle”. Apperò.

La prosa, al solito alquanto sepolcrale, è la consueta accozzaglia di nonsense: il M5S è “lacerato”, “schiacciato”, fallito, praticamente morto (infatti governa da due anni e mezzo col suo premier); e ha pure “rinnegato buona parte dei suoi principi” (infatti sta portando a casa anche il taglio dei parlamentari: e poi non è Folli a ripetere ogni giorno che al governo i 5Stelle fanno quel che vogliono e il Pd subisce?). Ma il meglio deve ancora venire: il referendum è “una zattera di salvataggio da afferrare come ultima salvezza prima che sia troppo tardi”, anzi “un plebiscito sul ‘grillismo’”. Questo notista politico che bivacca nei palazzi da 40 anni non s’è neppure accorto che i 5Stelle del referendum avrebbero fatto volentieri a meno: l’hanno voluto contro di loro 71 senatori, quasi tutti di FI e Lega che, subito dopo aver votato il taglio in Parlamento (l’ultima volta col 98%), hanno raccolto le firme per indire il referendum e rinviare l’entrata in vigore della riforma: speravano che intanto accadesse qualcosa, tipo una crisi di governo che ci mandasse al voto prima del referendum con 945 posti in palio anziché 600. Tutto volevano fuorché regalare la “zattera di salvataggio” e il “plebiscito” ai 5Stelle.
Ma ormai i fatti sono un optional e la logica un fastidioso impaccio sulla strada della Grande Restaurazione sognata da tutti i poteri, palesi e occulti. Che infatti sperano in una disfatta del centrosinistra alle Regionali e del Sì al referendum per abbattere l’ultimo diaframma che separa le loro zanne dal bottino del Recovery Fund (e magari del Mes): il governo Conte a trazione 5Stelle in alleanza col Pd tornato a sinistra dopo le sbornie napolitan-renziane. Si spera che gli elettori “grillini” l’abbiano capito e in Liguria, Puglia, Marche e Toscana votino di conseguenza. Del resto come spiegare l’incredibile campagna contro il Reddito di cittadinanza fondata sulla fake news che ne beneficiassero i presunti assassini di Willy? La verità è che lo ricevevano tre genitori; sono stati scoperti perché i controlli funzionano; e ora chi non ne aveva diritto restituirà fino all’ultimo cent. Ma questo vale per tutte le misure di welfare, in un paese ad altissimo tasso di criminalità, evasione e lavoro nero. Che si fa: si aboliscono le pensioni, la cassa integrazione, il sussidio di disoccupazione, gli sconti e i bonus ai poveri perché qualcuno potrebbe truffare o ammazzare? Anche qui, come sul No al referendum, ci si arrampica sugli specchi pur di non dire la verità: il Reddito di cittadinanza non piace perché funziona e l’han voluto i 5Stelle. Che restano l’unico ostacolo da rimuovere dalla scena politica, malgrado gli scandali che stanno emergendo sulla Lega e sono già emersi su FI. Anzi, proprio per quelli.

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