venerdì 11 dicembre 2020

Cabina di regia per gli aiuti Ue, le balle di Renzi e le riunioni di Amendola: tutti sapevano, in 4 mesi 16 incontri con i ministeri. - Salvatore Cannavò

 

A ottobre Italia viva e Pd hanno pure votato le linee guida in Aula.

Dopo i rischi di “dittatura sanitaria” si è passati ai rischi di dittatura da Recovery Plan. I fatti parlano di riunioni pubbliche, tante, di deliberazioni del Parlamento, di un dibattito alla luce del sole.

Eppure Matteo Renzi ha ventilato l’ipotesi di una “dittatura” via Next Generation riferendosi a riunioni di governo “tenute in uno stanzino”, invocando il dibattito parlamentare adombrando sospetti su “manager con poteri sostitutivi rispetto al governo” e sullo stesso governo “sostituito da una task force”. Ha fatto anche riferimento a “35 miliardi messi dalla Germania sul turismo” mentre noi ne mettiamo solo tre. E via di questo passo, prontamente assistito da una pattuglia di giornalisti compiacenti che su vari quotidiani fanno passare lo stesso messaggio.

Per capire che si tratta di propaganda basta leggere delle carte. Si scopre così che la struttura deputata al piano, presso il ministero degli Affari europei, ha lavorato con riunioni periodiche aperte a tutti, che il processo è controllato rigidamente dalla Commissione europea e che se qualche critica può essere mossa andrebbe senz’altro in senso contrario alle politiche difese da Renzi e soci.

La guida europea.

Il controllo europeo è chiaro fin dalla Guida al Recovery plan (Guidance to member states, Recovery and Resilience Plans) redatta il 17 settembre, in cui oltre a ricordare le coordinate di fondo a cui il Recovery deve sottostare, si richiede affidabilità sull’uso delle risorse, sulle norme, soprattutto i dettagli sulle misure messe in atto “per evitare ogni rischio di frode, corruzione o cattiva amministrazione in genere nell’aggiudicazione dei contratti”.

Nelle linee guida si richiede l’indicazione di una “autorità politica” a livello ministeriale dotata delle necessarie misure di coordinamento e di applicazione delle riforme e degli investimenti. Guardando alla bozza di decreto che circola in queste ore, che probabilmente sarà rivista alla luce delle opposizioni renziane, lo schema scelto sembra esattamente quello richiesto dall’Europa.

L’autorità politica.

Al vertice del piano c’è chiaramente una autorità politica, il Comitato esecutivo istituito all’interno del Ciae, il Comitato interministeriale per gli affari europei. Questo è l’organismo politico di riferimento “con compiti di coordinamento, vigilanza e supervisione”. Nel Ciae ci sono di fatto tutti i ministri e nel Comitato esecutivo il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia e quello dello Sviluppo economico.

Si sostiene che Palazzo Chigi centralizzi tutto con il decreto di nomina dei Responsabili di missione, ma questo avviene comunque “su proposta del Comitato esecutivo”. I famigerati Responsabili di missione, i manager che rischiano di sostituire il governo, “controllano l’attuazione dei progetti e delle opere necessarie per l’attuazione del Pnrr, anche mediante l’esercizio dei poteri di cui al comma 15”. Vediamo dunque questi poteri.

I poteri dei manager.

“Poteri di impulso e coordinamento operativo per favorire la realizzazione, da parte dei soggetti attuatori, dei progetti al fine di garantire il rispetto dei tempi; poteri di vigilanza e monitoraggio nei confronti dei soggetti attuatori; poteri sostitutivi alle condizioni di cui al comma 16”.

I poteri sostitutivi sono i grandi inquisiti, anche perché vengono esercitati mediante “ordinanze” che rispettano, di fatto, solo il codice penale e l’antimafia. La loro ratio è quella di “risolvere situazioni o eventi ostativi alla realizzazione delle opere”, un modo per evitare “gli ingorghi” come dice il ministro degli Affari europei, Enzo Amendola, e che obbedisce alla logica europea che sta a monte.

Le coordinate Ue.

Se Renzi avesse letto tutti i documenti saprebbe anche che la Commissione ha stabilito delle coordinate per lo stanziamento dei fondi. Il 37% del Recovery deve essere infatti destinato al settore “Green”, il 20 per cento ai piani di digitalizzazione. C’è una chiara spinta a garantire fondi all’ammodernamento delle imprese o alla Coesione sociale e le linee guida dettano in dettaglio anche i modi in cui i fondi possono essere impiegati. Ad esempio indicando come priorità “l’efficientamento energetico delle residenze private e pubbliche” a cui va la parte più rilevante pari a circa 40 miliardi.

I fondi per la Salute.

Questo esempio aiuta a chiarire meglio il caso dei fondi per la Salute che secondo Renzi, ma anche secondo il ministro Roberto Speranza, sono sottodimensionati. Quando si parla di efficientamento energetico si indica la priorità “a scuole e ospedali” quindi in quella voce ci sono anche spese per la Sanità. Così come nella digitalizzazione. I dati riaggregati delle varie voci non sono disponibili, ma i conti andrebbero fatti in questo modo.

Il Parlamento ha discusso.

Che ci siano delle coordinate europee da seguire sarebbe stato chiaro a Italia Viva se avesse preso sul serio il Parlamento che il 13 ottobre ha discusso e approvato le “Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Al Senato intervenne proprio Renzi che, a parte un po’ di battute e la solita sparata sul Mes, sul Recovery disse questo: “Noi abbiamo apprezzato i suoi toni, le affidiamo il messaggio che Alessandro Baricco lascia in Oceano mare, quando le due persone dialogano e lei dice a lui: ‘Ogni tanto mi chiedo cosa mai stiamo aspettando’. E lui risponde: ‘Che sia troppo tardi, madame’”. Il personaggio è questo.

Incontri al ministero.

Quello che però Renzi e i suoi non possono non conoscere è il percorso di costruzione del Piano con diversi appuntamenti, a partire dalle riunioni del Comitato tecnico di Valutazione costituito presso il Ciae, formato da rappresentanti dei vari ministeri, ma anche di Regioni, Comuni e Province.

Andando sul sito del ministero si possono leggere anche i resoconti. Dal 29 luglio al 2 novembre ci sono state ben 16 riunioni, l’ultima presieduta dallo stesso Amendola. In quelle occasioni, si è sempre discusso della struttura del piano, del crono-programma, delle richieste della Ue e di quelle delle varie amministrazioni. Se si fosse voluto discutere seriamente le occasioni di confronto non sono mancate.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/11/le-balle-di-renzi-e-le-i-riunioni-di-amendola/6033354/

Renzi, l'ibrido politico che non ha un'ideologia politica sua, lancia messaggi ai buoni intenditori, ma viene irrimediabilmente, costantemente sbugiardato.
Lui sa da che parte stare, non avendo un indirizzo politico, lui fa il politico di professione solo per raggiungere i suoi scopi, pertanto si comporta da doppiogiochista; sta nella maggioranza ma vota contro, promette agevolazioni agli imprenditori per essere supportato economicamente, ma aderisce alle direttive del governo quando non può fare altrimenti, fregandosene altamente di ciò che aveva promesso agli uni ed agli altri.
c.

Ue: c'è l'accordo sul Recovery e il Next Generation Eu.

 

Michel: 'Il nostro monumentale pacchetto di ripresa guiderà la transizione verde e digitale'.

I leader Ue hanno raggiunto l'accordo sul Recovery fund e il Next Generation EU: lo rende noto il presidente del Consiglio Ue Charles Michel.

von der Leyen, l'Europa va avanti  - "L'Europa va avanti!". E' quanto scrive la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen dopo l'accordo raggiunto al Consiglio europeo sul prossimo bilancio dell'Ue e sul NextGenerationEU . "1.800 miliardi per alimentare la nostra ripresa e costruire una Ue più resiliente, verde e digitale - aggiunge von der Leyen - Congratulazioni alla Presidenza tedesca del Consiglio".

Michel, ora può partire l'attuazione  - "Accordo sul Next Generation EU e sul Recovery Fund. Ora possiamo cominciare con l'attuazione e la ricostruzione delle nostre economie. Il nostro monumentale pacchetto di ripresa guiderà la transizione verde e digitale": lo scrive su Twitter il presidente del Consiglio Ue Charles Michel.

Conte, ora dobbiamo solo correre - "Appena raggiunto in Consiglio europeo l'accordo definitivo sul NextGenerationEU. Questo significa poter sbloccare le ingenti risorse destinate all'Italia: 209 miliardi. Approvato anche il Bilancio pluriennale. Ora avanti tutta con la fase attuativa: dobbiamo solo correre!". Lo scrive su twitter il premier Giuseppe Conte.

Gentiloni, non avevo dubbi, superati i veti - "Non avevo dubbi. Alla fine i veti su NextGenerationEU sono stati superati. Un successo per la Commissione, il Parlamento e il Consiglio Ue. La firma è di Angela Merkel". Lo scrive su Twitter il commissario europeo Paolo Gentiloni.

Macron, Europa va vanti mantenendo i suoi valori  - "Lo storico piano di rilancio europeo deciso a luglio si sta ora concretizzando. Abbiamo appena adottato un solido accordo sul meccanismo da attuare, nel rispetto dello Stato di diritto. L'Europa sta andando avanti, unita e mantenendo i suoi valori". Così il presidente francese Emmanuel Macron su Twitter.

https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2020/12/10/recovery-orban-siamo-ad-un-centimetro-dallaccordo_c498eeb4-863c-4a33-9511-208870539bb2.html

giovedì 10 dicembre 2020

Boschi-Gruber: cari renziani, far domande non è sessismo. - Selvaggia Lucarelli

 

Dalla ministra Bonetti al deputato Nobili raffiche di tweet contro la violenza sulle donne. La conduttrice “rea” di aver fatto il suo lavoro.

Martedì sera, a Otto e mezzo, si è consumato un pestaggio. Ma che dico pestaggio, un omicidio. Ma che dico omicidio, una mattanza. E la vittima, un’inerme, fragile Maria Elena Boschi è ora giustamente celebrata da chi le voleva bene. Anche io desidero ricordarla come una brava ragazza, una che disse “Se vince il no al referendum lascio la politica” e poi ha trovato più incisivo lasciare la riga da una parte per la frangetta.

In particolare, è stata compianta con affetto dai soldatini di Italia Viva, quelli che pensano, nella comunicazione, di doversi muovere sempre compatti, in gruppo, come gli gnu nel Serengeti.

L’hanno difesa – in effetti – da un atto vile e feroce: un’intervista di Lilli Gruber (da cui per giunta pare si fosse offerta di andare lei stessa). Un’intervista in cui la conduttrice ha osato dare prova di vivacità, vis polemica e sì, anche una certa ostilità di fronte alla vaghezza dell’intervistata che continuava a rispondere con la consueta verve dell’operatore telefonico automatizzato a domanda “Volete far cadere il governo?”, “Mi auguro di no”. Per poi ripetere come un mantra che a lei interessa come vengono spesi i soldi del Recovery Fund e la Gruber che insisteva sul fatto che il quesito prioritario fosse un altro, e cioè l’eventualità di far cadere il governo in un momento così difficile per il Paese.

Un confronto acceso, insomma, tra una giornalista che ha il diritto (ma volendo pure il dovere) di essere incalzante e una politica che ha il diritto di rispondere a tono. Tanto più che erano loro due, ad armi pari. Non ho intravisto i fratelli Bianchi da Colleferro dietro la Gruber.

Ma l’affronto più duro per la Boschi non è stata neppure la faccenda del Recovery Fund, a sentire i suoi solidali compagni di partito. No, il colpo basso è stato quel perfido mostrarle alcune foto uscite su Chi in cui lei e il suo compagno scattavano dei selfie senza mascherina, all’aperto. Un carognata senza precedenti, uno scheletro dall’armadio di quelli che fanno male e imbarazzano, mi rendo conto. E lì la Boschi, barcollante per l’umiliazione, ha risposto legittimamente che quello è un “suo congiunto”, che si sono tolti un attimo la mascherina all’aperto e poi l’hanno rimessa. Davvero una mortificazione senza precedenti che ha scatenato orde di tweet o dichiarazioni solidali nei confronti della povera Maria Elena, difesa così, per esempio, dal ministro (di Italia Viva) Elena Bonetti: “Da donna mi permetto di dire che l’accanimento sulla vita privata delle persone è sempre fuori luogo”. Accanimento? Ma il meglio viene dal deputato Luciano Nobili, che in risposta a me che scrivo un tweet scherzoso (sul fatto che la Gruber gliele abbia date e la Boschi le abbia prese), scomoda l’hashtag #25novembre come richiamo alla giornata contro la violenza sulle donne.

Ora, capisco che per quelli di Italia Viva talvolta esprimere a comando (e ad minchiam) solidarietà a una donna del loro partito sia qualcosa di molto moderno e chic tipo “ho molti amici gay”, ma qui le donne, la violenza, gli attacchi personali, il sessismo non c’entrano nulla. Qualcuno dovrebbe spiegare ai renziani la differenza tra un attacco sessista e una discussione politica con una donna. E al posto della Boschi mi sentirei profondamente offesa all’idea di essere difesa in quanto donna e non in quanto interlocutore politico.

Se qui si intravede del sessismo, al limite, è quello dei suoi compagni di partito che evidentemente la ritengono parte di una categoria fragile – quella femminile – dunque incapace di sopravvivere a un’intervista cazzuta. E se la Boschi non ha brillato, non è certo colpa dell’ostilità della Gruber. Ricordo un vecchio scontro tv Costamagna-Carfagna in cui alle domande dure e puntute della conduttrice, la Carfagna seppe replicare con vigore e stile, risultando più efficace della stessa Costamagna. E a proposito di fidanzati e gossip, si ricorda che la Gruber a Otto e mezzo ha chiesto a Di Maio della sua fidanzata, a Salvini della Isoardi e di compagnie esuberanti al Papeete e così via, e parliamo di esponenti di partiti piuttosto diversi. Che hanno risposto senza aria, anzi, frangetta accigliata.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/10/boschi-gruber-cari-renziani-far-domande-non-e-sessismo/6031953/

Ecco i giacobini del Covid-19: c’è poco da ridere. - Antonio Padellaro

 

Liberté, contagé, trapassé: guidati dal Robespierre lombardo Attilio Fontana (“comprendo chi viola divieti incomprensibili e assurdi”), i giacobini del Covid inneggiano alla rivoluzione contro le limitazioni festive del perfido Conte. Sventolano copie di Libero che incitano (istigano?) alla rivolta tuonando: “Importante è disobbedire”. Pendono dall’ugola sdegnata di Mario Giordano (e di Iva Zanicchi). Riscoprono gli affetti più cari, a cominciare dai nonnini di cui ignoravano l’esistenza in vita, e che adesso come non mai bramano di sbaciucchiare cantando Che sarà sarà.

Purtroppo c’è poco da ridere, e speriamo che non ci sia molto da piangere quando il 6 gennaio si faranno i conti con gli intrepidi patrioti del virus natalizio. Con l’augurio che non sia un bilancio salatissimo in termini di vittime, come dopo la scatenata estate del contagiatevi allegramente e così sia. C’è del metodo in questa follia, a cominciare dal presidente della Regione Lombardia, ormai sovrapponibile (col degno sodale Gallera) alla macchietta che ne fa Maurizio Crozza. Travolto dai camici del cognato, dai soldi nei paradisi fiscali, dal flop dei vaccini antinfluenzali, Fontana cerca rifugio presso il ribellismo di più bassa Lega, indegno di chi ricopre una così importante carica istituzionale.

Quanto poi all’odio per il premier, si può comprendere che si usino tutti i mezzi, anche i più biechi per disarcionarlo e mandarlo a casa. Si resta però di sasso quando per fomentare l’implacabile crociata ci si percuote appassionatamente gli zebedei. Perché, cari colleghi di Libero, si ha un bel dire che “basta il buon senso per evitare norme incomprensibili”.

Purtroppo il buon senso è criterio abbastanza opinabile. Così come tutto può essere “incomprensibile” per chi non possiede capacità di giudizio e di comprendonio. Dio non voglia che pur di ottemperare al vostro appello alla disobbedienza, qualcuno un giorno non vi (ci) starnutisca in faccia, sostenendo che la mascherina comprime i diritti costituzionali (sì, abbiamo letto anche questo). Infine, a sostegno del facciamo come ci pare, citate una frase di Indro Montanelli: “Più che comandare io preferisco disobbedire”. Che però risulta abbia anche detto: “Non c’è alleato più prezioso di un nemico cretino”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/10/ecco-i-giacobini-del-covid-19-ce-poco-da-ridere/6031985/

Uccise la moglie, assolto: “Delirio di gelosia”. Il pm voleva l’ergastolo: “Messaggio grave”. - Urbano Croce

 

Assolto perché in preda a delirio di gelosia. E quindi incapace di intendere e di volere quando ha impugnato un mattarello da cucina e per tre volte ha colpito in testa la moglie che dormiva a letto, accoltellandola poi alla gola e accanendosi infine su altre parti del corpo, con la stessa lama lasciata vicino al cadavere. Parla di “caso unico di assoluzione per gelosia dall’accusa omicidio” la giovane pm di Brescia, Claudia Passalacqua, che aveva chiesto l’ergastolo per Antonio Gozzini, l’80enne docente in pensione, assassino un anno fa della moglie Cristiana Maioli, di 16 anni più giovane.

Sulla base di una doppia consulenza psichiatrica, firmata dal perito di parte e da quello della difesa, la Corte d’assise ha pronunciato una sentenza di assoluzione, “per totale vizio di mente” disponendo il trasferimento dell’imputato in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Temeva che la moglie lo tradisse. “Convinzioni che si erano riattivate bruscamente in forma di un vero e proprio delirio di gelosia”, scrive il consulente della Procura, Sergio Luca Monchieri, inquadrando “il disturbo delirante” che è stato determinante per escludere totalmente la capacità di intendere e volere e quindi portare all’assoluzione. “Sentenza giusta visto quanto emerso durante il dibattimento. Parliamo di un uomo malato”, ha commentato l’avvocato Jacopo Barzellotti, legale del docente in pensione che da anni soffriva di depressione. Per la Procura invece Gozzini era da condannare al fine pena mai perché “era lucido, ha agito per vendetta nei confronti della moglie che voleva farlo ricoverare a causa della depressione e in tutto questo tempo non ha mai chiesto scusa ”. L’anziano aveva vegliato il cadavere della moglie per oltre 24 ore, avendola, come da sua confessione, ammazzata tra mercoledì 3 e giovedì 4 ottobre, salvo lanciare l’allarme solo il venerdì dopo con una telefonata alla donna di servizio. “Non c’era un motivo particolare per cui ho deciso di uccidere mia moglie. So solo che stavo malissimo: in depressione possono succedere queste cose”, aveva detto l’uomo alla polizia giudiziaria.

Per il pubblico ministero, che ha già annunciato ricorso in appello, “è pericoloso far passare il messaggio che in quel momento, quando ha ucciso la moglie, non era capace di intendere e volere perché geloso”. E le polemiche non mancano. “Ci sembra che con questa sentenza la gelosia e la depressione diventino condizioni legali per compiere impunemente un femminicidio”, commenta la presidente della Rete D.i.Re Antonella Veltri. “Una sentenza che dice in sostanza che se si è depressi e gelosi si possono anche ammazzare le proprie compagne”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/10/uccise-la-moglie-assolto-delirio-di-gelosia-il-pm-voleva-lergastolo-messaggio-grave/6031979/

Capisco se non gli si dia il carcere duro, ma l'assoluzione non è accettabile! Ha assassinato la moglie con estrema veemenza e non ci sono scusanti che possano giustificare un'assoluzione.
Oltretutto, l'assoluzione, nel caso in questione, è un pessimo precedente per eventuali simili casi futuri...
Incomprensibile!
c.

Tutto a Palazzo Chigi: quando Renzi “esautorava” i ministeri. - Giacomo Salvini

 

Ieri erano i 100 commissari “per salvare il Paese”, oggi una task force “di consulenti romani che moltiplica le poltrone”. Ieri erano strutture di missione che hanno “segnato una svolta nella storia d’Italia”, oggi addirittura “strutture parallele che esautorano i ministri e i Servizi segreti”.
In politica, si sa, cambiare idea è diventata una questione di prammatica. Talvolta è considerato un pregio. E poi, considerato il personaggio in questione, ovvero Matteo Renzi, le giravolte politiche ormai non sorprendono più nessuno.

Ma prima di minacciare la caduta di un governo contro la governance prevista da Palazzo Chigi per gestire i 209 miliardi del Recovery Plan, forse il leader di Italia Viva si dovrebbe ricordare di quando a lui i commissari e le “Unità di missione” sotto la diretta gestione di Palazzo Chigi piacevano tanto. La premessa è d’obbligo: lunedì il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha portato in Consiglio dei ministri la bozza della norma sulla governance per il Recovery Plan che, come richiesto dall’Ue, istituisce nell’ambito del Ciae (Comitato interministeriale per gli Affari europei sotto Palazzo Chigi) il comitato esecutivo formato dallo stesso Conte e dai ministri Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli che nomina altri sei supermanager, uno per ogni “missione”. Questi a loro volta possono incaricare altri tecnici per ogni capitolo e, in diversi casi, operare in deroga alla legge (tranne a quelle antimafia e penale). Insomma, una struttura che assomiglia al cosiddetto “modello Genova” con cui è stato ricostruito in soli due anni il ponte Morandi grazie al commissario Marco Bucci. Ma la struttura di Chigi non avrà i compiti di diretta progettazione delle opere, non sarà nemmeno il soggetto attuatore (in mano a ministri, Regioni e Comuni), ma di controllo, e come extrema ratio di sostituzione, nei confronti delle amministrazioni in ritardo sull’attuazione dei progetti che potrebbe mettere a rischio i finanziamenti.

Ma Renzi proprio non ci sta: da 48 ore ha alzato il muro contro Conte (“Voteremo contro”) e i suoi ministri lasciano le riunioni del Cdm minacciando sfaceli (“Sono pronta a dimettermi” ha detto ieri Elena Bonetti). L’accusa dei renziani è quella di voler “esautorare” i ministeri con “consulenti e tecnici” dando “pieni poteri” al premier. Peccato che sotto il suo governo, l’allora premier elogiava i commissari straordinari da lui nominati per aver “salvato il Paese” e le strutture di missione fioccavano: almeno quattro con decine di tecnici che costituivano “ministeri ombra” sotto il controllo Palazzo Chigi. La prima, nel maggio 2014, fu quella chiamata “Italia Sicura” contro “il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche” presieduta da Erasmo D’Angelis – con due manager, una decina di dipendenti e un numero variabile di consulenti – che si occupava di coordinare (Renzi direbbe “esautorare”) i ministeri delle Infrastrutture, Ambiente, Agricoltura, Economia e Beni culturali (oltre a 3.600 enti locali) per contrastare il dissesto idrogeologico. Nel 2018 il governo Conte-1 ha chiuso la struttura riportandola sotto le competenze del ministero dell’Ambiente. Nell’ambito di “Italia Sicura” il governo aveva istituito anche la struttura “Scuole Belle-Sicure” per la “riqualificazione dell’edilizia scolastica” coordinata dall’architetto Laura Galimberti e diretta dal renziano Filippo Bonaccorsi, ex presidente della società dei trasporti di Firenze Ataf. Poi, nel giugno 2014, arrivò la “Struttura di missione per il coordinamento dei processi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009” diretta dall’ingegner Fabrizio Curcio e, a fine 2015, la struttura diretta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini ispirata alla Strategy Unit di Downing Street sotto il governo di Tony Blair che – insieme a una decina di tecnici della Banca d’Italia, della Ragioneria e altri economisti – facesse da trait d’union tra Palazzo Chigi e il Tesoro. Senza considerare tutti i commissari straordinari nominati dallo stesso Renzi o da lui riconfermati: da Salvo Nastasi per la riqualificazione di Bagnoli a Beppe Sala per l’Expo di Milano.

E si arriva a febbraio scorso quando Italia Viva ha presentato il cosiddetto “Piano choc” per sbloccare opere per 120 miliardi. In che modo? “Il governo individui interventi infrastrutturali prioritari per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari (si legge all’articolo 2 del piano). I Commissari sono responsabili di tutto il processo che va dalla progettazione all’esecuzione sul modello del Commissario di Genova e dell’Expo”.

L’idea era di nominarne 100. Un progetto, quello di Renzi, ancora più accentratore di quello odierno. Ma se lo fa Conte sono “poltrone”, se lo fa lui diventano “cantieri”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/10/tutto-a-palazzo-chigi-quando-renzi-esautorava-i-ministeri/6031957/

Sottovuoto spinto. - Marco Travaglio

 

È passato un altro giorno e l’Innominabile e i suoi cari non sono ancora riusciti a spiegare ai cittadini cosa contestano davvero al governo, al punto di minacciarne la crisi. L’altra sera, mascherine abbassate e fidanzato a parte, è bastato che la Gruber chiedesse lumi alla Boschi per squadernare coram populo il sottovuotospinto dell’ex ministra e del suo non-partito col suo non-programma, i suoi non-ideali e il suo esercito di non-elettori. Ormai l’hanno capito tutti che gli italomorenti non minacciano il governo per “difendere la democrazia, il governo e il Parlamento” dalla cabina di regìa voluta da Conte per monitorare le opere pubbliche del Recovery Plan, renderne conto all’Ue ed evitare i soliti sprechi, ritardi, truffe e intoppi all’italiana. Non certo per deliberarle (lo fanno governo e Parlamento) o per attuarle (lo fanno ministeri, regioni, province e comuni). Il motivo è un altro, ma se non lo dicono dev’essere perché non possono. Altrimenti gli scapperebbe dal ridere quando fanno i partigiani della democrazia violentata dal tiranno Giuseppi. Quando purtroppo contava – leggere Giacomo Salvini a pag. 4 per credere – l’Innominabile fece esattamente ciò che rimprovera falsamente a Conte: riempì Palazzo Chigi di “strutture di missione” (ben 7, ridotte da Conte a 3) e l’Italia di commissari ad (suam) personam: Sala a Expo, Piacentini al Digitale, Nastasi a Bagnoli, Gutgeld e Perotti alla spending review, Gabrielli al Giubileo.

Quanto al suo rispetto per il governo e il Parlamento: teneva Consigli dei ministri di 2-3 minuti; imponeva trucchetti da magliari tipo “tagliole”, “canguri” e “supercanguri” per silenziare le opposizioni e cancellarne gli emendamenti; minacciava i dissidenti del Pd di “usare il lanciafiamme” e di non ricandidarli e, quando si mettevano di traverso nelle commissioni, li sostituiva con dei camerieri per far passare la controriforma costituzionale, cioè il piedistallo e il monumento equestre al suo ego; insultava chi lo criticava, inclusi i migliori costituzionalisti, come “soloni”, “professoroni”, “gufi” e “rosiconi”, lasciandoli poi finire da orde di manganellatori da social. Varò 54 decreti in 32 mesi senza emergenze paragonabili al Covid. Impose una legge elettorale incostituzionale (l’Italicum) a colpi di maggioranza (che poi era una minoranza drogata dal premio illegittimo del Porcellum) e financo a botte di fiducia. Poi nel maggio scorso, quando per fortuna non contava più nulla, presentò un “Piano choc per le opere pubbliche” da 180 miliardi con “100 commissari” dai pieni poteri – progettazione, attuazione e controllo – in barba alle leggi, al governo e al Parlamento. Ma ormai gli si perdona tutto, perché ci fa tanto divertire.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/10/sottovuoto-spinto/6031940/