Dosi di Salvini.
Il piano di salvaguardia della sanità regionale varato a novembre, con la “superconsulenza” di Guido Bertolaso, è rimasto solo su carta. Così ora l’Umbria di Donatella Tesei si trova impreparata di fronte alla drammatica impennata dei contagi nella provincia di Perugia, con la presidente leghista costretta a implorare l’arrivo di un surplus di fondi e farmaci al governo nazionale. Tutto ciò mentre lo stesso Bertolaso si vede fermare dal Comitato tecnico-scientifico la valutazione sul suo piano vaccinale in Lombardia, che il governatore Attilio Fontana spera di “esportare” in tutto il Paese, come già consigliato da Matteo Salvini e ieri anche da Silvio Berlusconi al premier incaricato Mario Draghi. Intanto il flop del documento umbro, presentato in pompa magna il 16 novembre scorso, è nei numeri: il piano avrebbe dovuto portare alla creazione di “ulteriori 40 posti letto di terapia intensiva, per una disponibilità complessiva di 167 posti letto”. Ma dal dashboard del ministero della Salute, aggiornato all’8 febbraio, si apprende che l’Umbria oggi è dotata di 130 posti di terapia intensiva. In pratica solo tre posti in più rispetto a ottobre, sebbene sia stato raggiunto “l’obiettivo” minimo imposto dal governo di 14 posti ogni 100mila abitanti.
Un ruolo importante l’avrebbe dovuto recitare l’ospedale da campo da 4,5 milioni di euro promesso da Tesei il 7 aprile 2020. Sarebbe dovuto sorgere a Bastia Umbra, ma dopo tutta una serie di ritardi e cambi di appalto, è stato montato alle spalle dell’ospedale Silvestrini di Perugia. La struttura mobile è stata consegnata il 7 febbraio, ben 10 mesi dopo la dichiarazione d’intenti di Tesei. E non è ancora attiva. Non solo. Ci sono stati problemi anche rispetto ai 12 posti letto di terapia intensiva previsti al suo interno. Lo certifica un documento del 19 dicembre, firmato dal dirigente regionale Sandro Costantini e inviato all’Althea Spa – la società che ha realizzato l’ospedale da campo – con all’oggetto la “non conformità dello shelter installato per la terapia intensiva” e la “diffida ad adeguare e a presentare le certificazioni della struttura”. “Il collaudo è terminato lunedì”, ha assicurato ieri il capogruppo della Lega, Stefano Pastorelli. Ma secondo fonti del Fatto Quotidiano, l’ospedale da campo sarebbe stato “consegnato con riserva e in via d’urgenza” e senza le terapie intensive.
La situazione in Umbria è drammatica. In particolare in provincia di Perugia, ormai da giorni in lockdown. La regione ha l’Rt più alto d’Italia (1,18). Ieri Tesei, in consiglio regionale, ha detto che “la variante brasiliana rischia di diventare il nuovo mostro” e ha invocato 50mila dosi di vaccino anti-Covid in più, ristori per le zone rosse e l’anticipo delle cure con la tecnica dei monoclonali. Gli ultimi dati riferiscono di 77 persone in terapia intensiva, per una soglia di saturazione del 56%, su una popolazione totale (890mila abitanti) che è un terzo di quella di Roma. Manca anche il personale, con il bando per 20 anestesisti che ha portato all’assunzione di sole 10 nuove unità. “La maggioranza che guida questa regione è stata incapace di monitorare e intervenire in modo tempestivo”, ha affermato il capogruppo regionale del M5S, Thomas De Luca, che ha aggiunto: “Troppo tardi, il rischio di paralisi della sanità è palese”.
In tutto questo, che fine ha fatto Bertolaso? Incaricato il 4 novembre come “super consulente” di Tesei per la sanità umbra, dopo il varo del piano e l’intervento “a titolo personale” del 30 novembre a Spoleto, dell’ex capo della Protezione civile si sono perse le tracce. Anche il trasferimento di malati Covid nel “suo” ospedale-astronave di Civitanova Marche – a 150 km dal capoluogo – non è mai stato attuato. Bertolaso, come noto, ora è a Milano a fare il “super consulente” del governatore lombardo Attilio Fontana e della neo-assessora Letizia Moratti. Sua la firma sul piano vaccinale di massa della Lombardia, che secondo Fontana dovrebbe essere una “best practice da proporre anche a livello nazionale”, tanto che Matteo Salvini ha proposto il “modello Bertolaso” anche al premier incaricato Mario Draghi. Ma la valutazione del piano vaccinale lombardo, in chiave nazionale, è stata “sospesa” dal Cts: “Ci sono altre priorità”, spiegano dal ministero della Salute.