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venerdì 21 gennaio 2022

Renzi, le carte – Un investigatore privato e notizie mirate (rilanciate da profili fake) per distruggere la reputazione di avversari politici e giornalisti: ecco il piano inviato da Rondolino all’ex premier. - Pierluigi G. Cardone e Giuseppe Pipitone | 11 NOVEMBRE 2021

 

L'INCHIESTA - Il 7 gennaio del 2017 l'ex Lothar di D'Alema invia una mail all'ex presidente del consiglio, con in allegato il piano per realizzare una "struttura di propaganda antigrillina". Tra le altre cose si propone di ingaggiare "un investigatore privato di provata fiducia e professionalità (a costo medio-alto)" per produrre un'operazione di "character assassination", cioè diffondere notizie, indiscrezioni, "rivelazioni mirate a distruggere la reputazione e l’immagine pubblica" di avversari politici ma pure cronisti come Travaglio e Scanzi. Dopo due minuti l'ex segretario del Pd inoltra la mail, senza alcun commento, a Carrai.

Una “piccola, combattiva redazione ad hoc” che lavori “nella massima riservatezza“, composta da due giornalisti d’inchiesta e un investigatore privato “di provata fiducia e professionalità“. Il costo? Medio-alto. L’obiettivo? Character assassination, cioè diffondere notizie, indiscrezioni, “rivelazioni mirate a distruggere la reputazione e l’immagine pubblica” degli avversari. Chi sono gli avversari? Beppe Grillo, Luigi Di Maio, Alessandro Di BattistaRoberto Fico, ma anche giornalisti come Marco Travaglio e Andrea Scanzi. Come si dovevano colpire? Attraverso materiale pubblicato su un sito specifico, “non riconducibile al Pd né tanto meno a Mr“, da costruire su “un server estero non sottoposto alla legislazione italiana”. Quei contenuti sarebbe stati rilanciati “una rete di fake”. Era questo il piano d’attacco che Fabrizio Rondolino e la moglie Simona Ercolani avevano elaborato per Matteo Renzi. Un documento di due pagine, intitolato “Tu scendi dalle stelle“, inviato via mail all’ex presidente del consiglio il 7 gennaio del 2016. Cosa fa Renzi? Dopo appena due minuti, gira il messaggio di posta elettronica – senza aggiungere alcun commento – all’amico Marco Carrai.

La “Bestiolina” del Giglio – Un piano che segna praticamente l’inizio della fase 2 della macchina di propaganda creata dai renziani sul web. Una Bestiolina creata dal Giglio magico che sembra essere anche più potente della Bestia leghista creata da Luca Morisi e più volte pubblicamente attaccata dallo stesso Renzi. È tutto ricostruito nelle carte depositato agli atti dell’inchiesta sulla fondazione Open. La procura di Firenze vuole dimostrare che la cassaforte della corrente renziana si muoveva come un’articolazione del Partito democratico. Per questo motivo gli investigatori della Guardia di Finanza documentano come Open finanziasse direttamente le campagne mediatiche del Giglio magico. Sia per la propaganda elettorale in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che in un periodo successivo. “Dopo il risultato referendario del dicembre 2016, in cui la Fondazione Open ha sostenuto, economicamente, le politiche promosse dal Presidente del Consiglio e Segretario del Partito Democratico Matteo Renzi, segnatamente a metà dicembre 2016, affiora la volontà di attuare una ‘strategia social‘ a sostegno di Matteo Renzi e, nei primi mesi del 2017, di realizzare una struttura di propaganda antigrillina“, scrive la Guardia di Finanza in una delle tante informative a disposizione delle parti.

Tu scendi dalle stelle – È il 7 gennaio del 2017, esattamente un mese dopo le dimissioni da Palazzo Chigi in seguito alla sconfitta al referendum costituzionale. Renzi aveva più volte annunciato di essere pronto a lasciare la politica, ma rimarrà segretario del Pd almeno fino a febbraio: poi si ricandiderà subito alle primarie. Intanto riceve una mail da parte di Rondolino, che scrive da un account di posta criptato (l’ex dalemiano ne consiglierà pure l’uso all’allora segretario del Pd). L’oggetto è “antiGrillo” mentre in allegato c’è un documento che si chiama “Tu scendi dalle stelle“. È importante sottolineare come ha reagito Renzi alla mail ricevuta da Rondolino: dopo appena due minuti la gira, senza alcun commento, a Marco Carrai. L’imprenditore toscano, indagato nell’inchiesta su Open per altre vicende, è un personaggio importante nella struttura di propaganda del Giglio magico. Nel gennaio del 2016 Renzi lo avrebbe voluto al vertice dell’unità di Cybersecurity del suo governo. Una nomina poi saltata a causa delle polemiche. In seguito sarà Carrai a curare l’acquisto dei due software israeliani da usare durante la campagna per il referendum. E sarà sempre Carrai a dare seguito alla mail di Rondolino con un “Progetto per ricostruire l’Italia“, dai toni molto più sfumati rispetto a quelli usati dall’ex Lothar di D’Alema. Ma andiamo con ordine.

Le tubature della rete – “Caro Matteo, eccoti un primo appunto sulla struttura di propaganda antigrillina che ho preparato con Simona in questi giorni. Siamo in contatto con Marco e Fabio per le ‘tubature‘ e gli altri aspetti pratici. Sarebbe utile vederci presto per approfondire e iniziare la Lunga Marcia…“, è il testo della mail inviata da Rondolino a Renzi, il giorno dopo l’epifania di quattro anni fa. Non si sa a cosa si riferisse l’ex dirigente dei Giovani comunisti con “lunga marcia“. Mentre proprio la parola “tubature” sarà utilizzata da Renzi nei mesi successivi quando dovrà attaccare Lega e 5 stelle: “Grillini e Lega escono con gli stessi codici nell’advertising dei social. Usano le stesse tubature della rete“, dirà alla Leopolda del novembre successivo, quella tutta dedicata alla lotta alle fake news e agli account fasulli sui social. Argomenti che occupano gran parte delle conversazioni dei suoi fedelissimi nei mesi precedenti. “Tu scendi dalle stelle” è il nome scelto da Rondolino per gli “appunti sulla contropropaganda antigrillina: contenuti, struttura, diffusione”. Sono due paginette che prevedono la creazione di due tipi di contenuti, creati da due tipi di strutture: da una parte meme, vignette e card per i social con messaggi ironici e strafottenti che “ridicolizzano questa o quella proposta, dichiarazione, personaggio” ma anche polemiche e provocazioni (Rondolino fa alcuni esempi: “Quanti avvisi di garanzia, quanto spendono i grillini in fondi pubblici, ecc”).

Character assassination- Del secondo gruppo di contenuti, invece, Rondolino inserisce “inchieste giornalistiche documentate ovvero, secondo lo stile del Fatto, ‘allusive’ e intrinsecamente diffamanti“. Non si capisce perché se un’inchiesta giornalistica è documentata per l’ex dalemiano debba per forza essere diffamante. Anche qui ci sono degli esempi: “I disastri delle amministrazioni grilline, da Roma al più piccolo dei comuni amministrati: scandali, dimissioni, inchieste giudiziarie, sperpero di fondi pubblici, rimborsi spese, stipendi ecc”. L’ex Lothar però va oltre e inserisce tra i contenuti da produrre anche quelli che chiama “character assassinationnotizie, indiscrezioni, rivelazioni mirate a distruggere la reputazione e l’immagine pubblica di Grillo, Di Maio, Di Battista, Fico, Taverna, Lombardi, Raggi, Appendino, Davide Casaleggio (e la sua società), Travaglio e Scanzi“. Somiglia tanto a un progetto di dossieraggio ai danni non solo di avversari politici ma anche di giornalisti che avevano criticato l’ex premier.

L’ispettore privato – Ancora più pesante è quello che Rondolino scrive in seguito, quando deve spiegare chi deve produrre i contenuti elencati sopra. Per quelli soft – meme, vignette, card – propone redattori digitali e un filmaker (a basso costo). Per le inchieste “allusive e intrinsecamente diffamanti”, invece, scrive che è “necessario creare una piccola, combattiva redazione ad hoc, che lavori esclusivamente sul progetto nella massima riservatezza: vanno individuati almeno 2 giornalisti d’inchiesta e un investigatore privato di provata fiducia e professionalità (a costo medio-alto)“. La domanda è: sono stati effettivamente ingaggiati investigatori privati per raccogliere notizie su avversari politici e giornalisti? Di sicuro c’è che Rondolino propone anche di utilizzare per i loro scopi pure due cronisti lontani dal Giglio magico: “Possono infine essere coinvolti, in forme più o meno indirette e sulla base di un rapporto personale e fiduciario, due giornalisti che professionalmente seguono il M5s e che non sempre possono pubblicare ciò che scoprono”.

La teoria del complotto – Nel documento, poi, l’ex Lothar di D’Alema tratteggia il presunto sistema messo su dagli avversari: “Il M5s ha costruito, o comunque gode di un ecosistema informativo pressoché perfetto: il Sacro Blog, la rete degli attivisti digitali, un quotidiano (il Fatto) e un network televisivo (La7). Ciò che scrive il Sacro Blog resterebbe confinato sui social network (e tutt’al più trattato come notizia fra le tante dai media tradizionali) se non diventasse l’ossatura della prima pagina del Fatto, che a sua volta determina la scaletta del Tg7 della sera e, a pioggia, quella dei talk show de La7 del giorno successivo”. Per fronteggiare questo inesistente ecosistema, scrive il renziano, le armi del Giglio magico sono spuntate: “Noi non abbiamo un giornale (a meno di non ripensare radicalmente l’Unità) né un canale televisivo. Anzi: l’arrivo di Telese su La7 e della Berlinguer su Rai3 in prima serata chiude definitivamente ogni spazio informativo. Tutto l’approfondimento politico tv, con l’eccezione di Vespa (che non sarebbe comunque utilizzabile per questa operazione), è saldamente integrato nell’ecosistema grillino”.

Il sito su server estero – E dunque come dovrebbe partire questa controffensiva? “In una prima fase – ragiona Rondolino – possiamo limitarci soltanto al web: va dunque creato un sito specificonon riconducibile al Pd né tantomano a MR, da costruire su un server estero non sottoposto alla legislazione italiana, che raccoglie e pubblica tutto il materiale (una specie di Breitbart, o di WikiLeaks antigrillina), da rilanciare poi sui social network (attraverso una rete di fake che agiscono su cluster specifici, da individuare con Fabio) e che, a seconda del valore e della qualità, potrà poi essere ripreso dai media tradizionali. Sarà poi utile individuare una serie di interlocutori, nei giornali e nelle tv, con cui costruire un rapporto personale e fiduciario, da coinvolgere nella diffusione dei contenuti. In prospettiva, però, un ragionamento strategico sui media è da considerarsi essenziale”. E in effetti la mail inviata quasi un anno dopo da Renzi a Carrai su come organizzare la campagna elettorale in tv e radio somiglierà parecchio al “ragionamento strategico sui media” invocato da Rondolino. Nel dicembre del 2017 l’allora segretario del Pd chiederà, tra le altre cose, ai suoi “una presenza televisiva molto più organizzata e massiccia” in vista delle elezioni politiche del 2018. D’altra parte lo stesso Rondolino, ex giornalista dell’Unità, aveva accompagnato il suo piano da una premessa tutta politica: “Dopo Grillo, per gli elettori grillini, c’è soltanto l’astensione: pensare di recuperare al Pd (o a qualsiasi altro partito) l’elettorato grillino è illusorio e irrealistico, almeno sul breve-medio periodo. Se così stanno le cose, non dobbiamo perdere tempo a ‘riconquistare’ l’elettorato: dobbiamo spingerlo a non votare più. Non dobbiamo rincorrere Grillo sul suo terreno (a cominciare dall’anti-Casta), ma dobbiamo dimostrare che anche Grillo è Casta. Non dobbiamo controargomentare sulle loro proposte, dobbiamo distruggere chi le ha avanzate”.

L’idea di Carrai: “Copiamo i 5 stelle” – Come reagiscono Renzi e il Giglio magico a questa proposta di piano di propaganda? Due minuti dopo aver ricevuto questa mail, Renzi la inoltra a Carrai, senza aggiungere alcun commento. Passano ventiquattro ore e l’imprenditore toscano invia una mail all’ex sindaco di Firenze, a Rondolino, a Ercolani, al docente universitario Fabio Pammolli, già consulente del governo Renzi, ad Andrea Stroppa, altro collaboratore della fondazione Open. “Questo è il mio cemento armato su cui partire. avevo fatto una cosa molto più lunga e articolata ma mi rendo conto che basta l’essenziale”, scrive Carrai firmandosi M. L’imprenditore non fa alcun cenno al documento di Rondolino. Il suo allegato si chiama “Progetto ricostruire Italia” che prevede tutta una serie di azioni: “Trasformazione della Pagina Fb e del sito di Basta un Sì e definizione delle azioni di comunicazione collegate”, la “costruzione, a partire da piattaforme esistenti, di un blog personale di MR”, e poi la “progettazione e costruzione di una rete informale, interna ed esterna, di influencers che s’impegnano ad alimentare pagine e piattaforma con propri contenuti”. In premessa Carrai scrive che “il movimento 5 stelle ha costruito una rete di propaganda e disinformazione. Noi dobbiamo invece basarci sull’informazione”. Alla fine del documento, però, sembra smentirsi visto che inserisce tra le “azioni da intraprende a tempo zero“, pure la “realizzazione della ns Dagospia (a simona il compito di trovare il nome)”, la “trasformazione dell’Unità in un grande giornale di inchiesta” e la “realizzazione di siti civetta dove si copia il modello 5 stelle nel metodico sputtanamento dell’avversario”. Nel novembre susccessivo Renzi dedicherà l’edizione della Leopolda tutta alle fake news. Più volte si scaglierà pubblicamente contro quella che definisce “una vera industria del falso, con profili social altamente specializzati in diffusione di bufale, fake news, propaganda”. Un sistema che i renziani rinfacciano sistematicamente alla Lega e ai 5 stelle di usare. Lo stesso modello che, nel gennaio del 2017, Carrai invitava a copiare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/11/11/renzi-le-carte-un-investigatore-privato-e-notizie-mirate-rilanciate-da-profili-fake-per-distruggere-la-reputazione-di-avversari-politici-e-giornalisti-ecco-il-piano-inviato-da-rondolino-allex/6388305/?fbclid=IwAR23Hx_djhWq9e6DFhHaZOpQDfkpjnaWa81MNV25MnnujeM6Vn3GqRh3Vrg

sabato 24 luglio 2021

Pronti a tutto. - Marco Travaglio

 

Nel vedere Conte e i 5Stelle dibattersi fra le opposte tentazioni di uscire dal governo e di restarvi, e intanto arrabattarsi per “migliorare” con ritocchini tecnici il Salvaladri&mafiosi della Cartabia, sorge il dubbio che non abbiano ancora colto il punto: questo governo non è nato per portare i migliori al posto dei peggiori, ma per far fuori Conte e i 5Stelle, per giunta coi loro voti (senza, non sarebbe mai nato); e la “riforma della Giustizia” non è nata per abbreviarne i tempi come chiede l’Ue, ma per piegarli nell’ultima genuflessione (dopo quelle su Figliuolo, salario minimo, licenziamenti, transizione antiecologica, cashback ecc.). Il disegno è spappolarli e annettersi la parte “governista”: cioè Grillo che li ha cacciati in questo cul de sac e Di Maio&C. che ci han subito preso gusto. Il tutto in vista della prosecuzione del regimetto di larghe imprese anche nella prossima legislatura, per potare le due ali non allineate al Sistema: da una parte la Meloni, dall’altra Conte e quei 5Stelle che ancora ricordano perché sono nati, stanno in Parlamento e al governo.

Non capirlo è indice di una preoccupante auto-sotto valutazione. Altrimenti tutti i “grillini” capirebbero che, nel Paese dell’Illegalità, la blocca-prescrizione di Bonafede non è UNA riforma fra le tante, ma LA riforma: la quintessenza del principio di legalità – la legge è uguale per tutti – che Flaiano definì l’unica vera rivoluzione italiana. E sui principi fondamentali non si tratta in nome della riduzione del danno o del male minore. O, se si tratta, bisogna farlo da posizioni di forza. Cioè essere pronti a tutte le opzioni: anche a uscire dal governo. Il che non vuol dire andarsene subito, ma essere disposti a farlo. Se la controparte – Draghi, massimo garante della Restaurazione – ha anche solo il sentore che non usciranno mai qualunque cosa faccia, continuerà a fare qualunque cosa, minacciando dimissioni che non darà mai, per metterli (anzi lasciarli) genuflessi. Si può capire che Conte non voglia debuttare uscendo dal governo, vista anche l’informazione da Terzo mondo che lo dipinge come un vedovo del potere, anziché come un giurista che – come tutti i giuristi degni di questo nome – conosce gli effetti catastrofici del Salvaladri&mafiosi. Ma, se la trattativa non dovesse eliminarli tutti – e sono tanti –, Conte dovrebbe tornare a interpellare gli iscritti sulle tre opzioni possibili: restare al governo, ritirare i ministri e dare l’appoggio esterno solo sui provvedimenti condivisibili, passare all’opposizione e rovesciarlo. La “fiducia” è una cosa importante e ogni governo deve meritarsela coi fatti. Tantopiù se è il governo Draghi ad aver bisogno del M5S e non il M5S ad aver bisogno del governo Draghi.

ILFQ

mercoledì 7 aprile 2021

I sette pilastri del Conte 5 Stelle. - Domenico De Masi

 

Virtù democristiana - Il discorso dell’ex premier per la rifondazione, spinge la creatura fondata da Grillo oltre il centrismo del Pd proponendo un’economia eco-sociale basata sui diritti e alternativa al liberismo.

Nel breve arco di 41 giorni abbiamo ascoltato tre discorsi “storici”: quello di Draghi al Senato, quello di Letta all’assemblea del Pd e quello di Conte all’assemblea dei 5 Stelle.

Conte è figlio della piccola borghesia meridionale, Draghi e Letta sono figli della buona borghesia del Centro Italia. Tutti e tre hanno frequentato scuole cattoliche o azione cattolica; sono laureati in materie sociali (Economia, Scienze politiche, Giurisprudenza); sono professori universitari; vantano esperienze internazionali. Insomma, tre perfetti democristiani nel senso migliore della parola, educati sui testi classici di Weber, Keynes e Santoro-Passarelli più che di Gramsci o di Bobbio e tanto meno di Marx.

Per ironia della sorte, è a questi tre leader squisitamente moderati che risulta oggi affidata la sorte non solo della sinistra italiana, ma soprattutto di quei 15 milioni di disagiati – disoccupati, poveri, proletari, sottoproletari, neet, precari – che nei partiti di sinistra dovrebbero trovare i loro portavoce e riporre le loro speranze. Ma non è detto: anche Lenin era di famiglia borghese e laureato in Giurisprudenza.

La genesi e l’essenza del discorso di Conte hanno del paradossale come quasi tutte le vicende dei 5 Stelle. In questo caso è stato chiesto a Conte – il più acerbo dei politici italiani – nientemeno che progettare nel minor tempo possibile, prima che il suo consenso popolare evapori, un movimento-partito coerente con il prologo decennale dei 5 Stelle e tuttavia completamente nuovo. Conte si è chiuso in casa e si è cimentato in questa impresa che, a rigor di logica, avrebbe richiesto l’impegno congiunto di politologi, filosofi, economisti, sociologi ed esperti di scienze organizzative. Lui, invece, ha fatto tutto da solo, evitando persino le citazioni, con una sola eccezione riservata a Italo Calvino. Il frutto di questo concepimento solitario è un discorso di 3.150 parole, quindi più breve del discorso di Draghi (5.604 parole), molto più breve di quello di Letta (oltre 7.000 parole).

Creare un nuovo soggetto politico richiede tre successive operazioni: elaborare un modello inedito di società; individuare il segmento di popolo che può essere avvantaggiato da questo modello e potenzialmente disposto a lottare per il suo trionfo; progettare una macchina organizzativa funzionale a questo trionfo. Conte prova a esporre il modello, i destinatari e l’organizzazione premettendo che non intende proporre un’operazione di marketing politico o un semplice restyling del Movimento, ma la sua rigenerazione e rifondazione.

Il suo ambizioso obiettivo è fare del neo-Movimento “un laboratorio privilegiato di idee e progetti diretti a elaborare e a realizzare un nuovo modello di sviluppo che punti non più solo a indici di crescita di produttività, ma a una nozione ampia e incisiva di prosperità. Un modello di sviluppo che realizzi condizioni effettive di benessere equo e sostenibile per tutti i membri della comunità, che declini la transizione energetica e digitale già in atto, secondo logiche e strategie mirate a ridurre le tante diseguaglianze, che sacrificano gli interessi dei più vulnerabili e fragili, delle donne, dei giovani, ma anche di tutti coloro che vivono nei vari Sud del Paese”.

Mentre il discorso di Letta guardava la società con un’ottica centrista, questo di Conte propone come obiettivo primario la riduzione delle disuguaglianze e indica le fasce più svantaggiate del Paese come suo popolo di riferimento privilegiato. Dunque colloca il neo-Movimento alla sinistra del Pd, più vicino a Bersani che a Letta. Auspica inoltre che la forza irradiante di questo neo-Movimento coinvolga in tutto il mondo altre forze politiche e altri movimenti culturali facendoli convergere su una “cultura integralmente ecologica e di giustizia sociale”.

Per creare il neo-Movimento occorre definire due punti: la sua identità politica e la sua razionalità organizzativa. Secondo Conte il modello di sviluppo e l’identità politica vanno tradotti in una proposta “solida, matura, coraggiosa, lungimirante” esposta in una Carta dei principi e dei valori. La Carta deve essere basata su sette pilastri: rispetto della persona, ecologia integrale, giustizia sociale; democrazia; legalità; etica pubblica; cittadinanza attiva. Ne discende la necessità di riscrivere i diritti digitali, quelli dei lavoratori, degli imprenditori, delle persone con disabilità, dei consumatori, partecipando al percorso comune europeo con la forza di un Paese fondatore che spinge tutta l’Unione a convergere su una “economia eco-sociale di mercato”. Dunque, opposta al neo-liberismo.

Ciò comporta anche una rivisitazione delle originarie cinque stelle e la sostituzione del linguaggio aggressivo con le “parole giuste”, pensate, calibrate, improntate al rispetto delle posizioni altrui.

Quanto all’organizzazione, per non “ricadere nei limiti della forma-partito tradizionale” Conte propone una temeraria quadratura del cerchio: salvaguardare la “esperienza leggera” del movimento e, nello stesso tempo, adottare per statuto una struttura funzionale, con un’articolazione interna che includa un dipartimento per rapporti con stranieri, un centro di formazione permanente e una rete di organi territoriali con una ripartizione inequivoca dei compiti, senza correnti, cordate e associazioni.

Il neo-Movimento deve essere inclusivo e accogliente ma intransigente sui suoi valori di onestà e di coraggio. Deve favorire forum e “piazze delle idee” per sollecitare pratiche di “attivismo civico”. Deve promuovere e perseguire la democrazia diretta, continuando ad affidare le scelte fondamentali alla piattaforma digitale ma, nello stesso tempo, deve rafforzare e migliorare l’ineliminabile democrazia rappresentativa. Le funzioni istituzionali di responsabilità vanno severamente riservate a persone oneste, competenti e capaci.

Questo impianto del documento lascia aperte alcune questioni. Il modello di società cui tende è appena sbozzato e dunque occorre mettere subito mano alla sua definizione. La struttura organizzativa, anch’essa solo abbozzata, parrebbe ispirata al vecchio e rigido paradigma dell’organizzazione funzionale, ormai accantonato dalle scienze organizzative a vantaggio di altre forme più flessibili.

Se una delle originalità sostanziali del neo-Movimento deve risiedere nella capacità di conciliare l’effervescenza emotiva dell’anima movimentista con la solidità razionale di una struttura partitica, allora occorre recuperare Di Battista e i suoi elettori, che assicurerebbero ai 5 Stelle lo smalto di quel dinamismo critico che tutti gli altri partiti hanno ormai perso.

Se l’altro aspetto originale e irrinunziabile del neo-Movimento continua a risiedere nella pratica di una democrazia diretta che solo l’impiego esperto di una piattaforma può assicurare, allora gli converrebbe non farsi scappare tutto il know-how accumulato da Rousseau e sintetizzato nel Manifesto ControVento, che offre belle e pronte le infinite opportunità della platform society, connotata dalla disintermediazione e dall’organizzazione politica distribuita.

Insomma, la galassia 5 Stelle presenta tutti i requisiti di un laboratorio politico postindustriale. Resta da capire se questi requisiti riusciranno a sommarsi tra loro o finiranno per sottrarsi a vicenda.

IlFattoQuotidiano

domenica 7 marzo 2021

Segnali di saggezza da Marte. - Gaetano Pedullà

 

Dopo aver assistito inerme alla lapidazione quotidiana dei Cinque Stelle sul 98% dei giornali e telegiornali dello Stivale, ieri Beppe Grillo ha svelato ai suoi qualche buon trucchetto per comunicare meglio. Dove potranno essere usati questi suggerimenti non è facile dirlo, perché il sistema dei media è totalmente ostile al Movimento, e per certe trasmissioni par condicio vuol dire che una volta parla Salvini, un’altra la Meloni, un’altra ancora Tajani e poi si ricomincia con gli stessi.

Ai 5S quando va bene tocca un esponente mandato allo sbaraglio contro tre o quattro energumeni, più il conduttore di turno, dopo un servizio video sul flop del Reddito di cittadinanza o il degrado di Roma nell’era Raggi, magari riciclando le immagini di quando faceva il sindaco qualcun altro, così di sporcizia non ne manca. Il post del fondatore e garante M5S è però un nuovo segno del cambio di passo, dopo troppo lunghi silenzi, nel legame con i cittadini e gli attivisti.

Per la serie non tutti i mali vengono per nuocere, la fuga dei parlamentari contrari a fare gruppo con Draghi e Berlusconi, le dimissioni di Zingaretti e con esse la messa in discussione del progetto di un più largo campo progressista con il Pd, fino al possibile redde rationem con Casaleggio, stanno sollecitando segnali di vita da Marte. Segnali che indicano chiaramente la strada dell’inclusione e non della divisione, che parlano di futuro e transizione ecologica, ma anche di presente e sostenibilità del Movimento, includendo una serie di condizioni insindacabili, dall’impegno del Governo per l’ambiente e la digitalizzazione sino alla candidatura blindata della Raggi al Campidoglio.

Un Grillo che si è fatto attendere, ma che così può affidare a Conte e al direttorio un soggetto politico pronto anche a trasformarsi in altro, ma tutt’altro che velleitario nel guardare avanti, fino al 2050 e oltre se prevarrà il buon senso. E la voglia di dare battaglia alle destre e alle finte sinistre al servizio dei poteri finanziari invece che ai portatori di uno stesso sogno di equità e sostegno per tutti, di giustizia vera e difesa dell’unica Terra che abbiamo.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/segnali-di-saggezza-da-marte/

sabato 20 febbraio 2021

Con la scissione. L’ammucchiata va verso destra. - Antonio Padellaro

 

Dopo la fiducia del Senato al gabinetto Draghi, forse a qualcuno è sfuggito che se le defezioni 5Stelle fossero definitive (15 voti contrari e 8 assenti) la coalizione uscente del governo Conte-2 (Pd-M5S-LeU) avrebbe meno voti di Lega-Forza Italia a Palazzo Madama (110 contro 115). Ragion per cui le lacerazioni dei grillini rischiano di spostare decisamente a destra l’asse della maggioranza. Ragion per cui, se si vuole evitare che Matteo Salvini conquisti la golden share della presunta unità nazionale, sembrano urgenti almeno tre interventi. 

1. È del tutto evidente che perseguendo la via della espulsione in blocco dei parlamentari che dicono di no a Draghi (a Montecitorio se ne contano 20) i vertici del Movimento, Beppe Grillo in testa, non faranno altro che radicalizzare lo scontro, spingendo i dissidenti prima nella terra di nessuno del Misto e quindi verso lidi più accoglienti, a cominciare proprio dalla Lega.

Senza l’avvio di una ricomposizione interna, o almeno di una tregua armata, aumenterebbe la pressione sull’ala “governista” da parte di quel 40% di iscritti che sulla piattaforma Rousseau si è pronunciato contro l’ammucchiata con Berlusconi, Salvini e Renzi. Quando il governo si troverà, prima o poi, a decidere su temi altamente sensibili per i 5Stelle – uno per tutti, la rottamazione della riforma Bonafede che blocca la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, anche se la ministra Cartabia sostiene che non c’è fretta –, nei gruppi potrebbe crescere lo smottamento per togliere l’appoggio al gabinetto Draghi, e sarebbero guai seri. 

2. A proposito di Mario Draghi, assistiamo a dotte disquisizioni (a sua insaputa) sulla cultura politica liberalsocialista di cui egli sarebbe portatore. A maggior ragione, potrebbe un Draghi sensibile alle idee della sinistra riformista accettare che il sovranismo antieuropeo cacciato dalla porta (dal suo predecessore) ricicci sotto mentite spoglie? Rafforzare e non indebolire il contrappeso Pd-5S-LeU è anche nel suo interesse. 

3. Chi può utilmente strutturare l’intesa giallorosa è proprio Giuseppe Conte, soprattutto in vista del voto di giugno nelle più importanti città. Anche se a mettergli i bastoni tra le ruote è già in azione, al Nazareno, l’insaziabile quinta colonna renziana. Memore del fatto che, numeri alla mano, al Senato il tanto bistrattato Conte-2, sia pure di poco, la destra l’aveva messa sotto. E infatti lo hanno mandato a casa.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/20/con-la-scissione-lammucchiata-va-verso-destra/6107737/

venerdì 19 febbraio 2021

Movimento 5Sedie. - Marco Travaglio

 

Spunti per il nuovo spettacolo di Grillo. Belìn, c’era una volta un comico che capiva tutto prima degli altri. Tipo che la politica era marcia, la finanza anche peggio e la stampa teneva il sacco a entrambe. Così cominciò a informare la gente nei suoi show (chi ci andava scoprì che la Parmalat era fallita ben prima della Consob e dei pm). E fondò il Movimento 5 Stelle: tutti risero, poi piansero, poi passarono agli insulti, ai corteggiamenti e infine alle alleanze. E gli “scappati di casa”, in tre anni, trovarono un premier più che degno e portarono a casa quasi tutte le loro bandiere prima che il Matteo maior e il Matteo minor buttassero giù i loro due governi per liberarsi di loro. Nel momento del massimo trionfo, anziché rendersi prezioso e vendere cara la pelle, Grillo sbarellò. Scambiò per “grillino” Draghi, che a suo tempo chiamava “Dracula” e voleva “processare per Mps”. E spinse i grillini quelli veri ad arrenderglisi senza condizioni, in nome di un superministero-supercazzola alla Transizione Ecologica che doveva inglobare Ambiente e Sviluppo economico. Su quella promessa fece votare gli iscritti con un quesito che diceva mirabilie del Sì, nulla del No e non prevedeva l’astensione. Quelli si fidarono di lui, unico ammesso al cospetto di SuperMario, e dissero Sì al 60%. Poi scoprirono che era una battuta (quella di Draghi): il superministero era mini, per giunta diretto da un renziano per giunta indicato da Grillo; e il Mise, lungi dallo scomparire, passava semplicemente da Patuanelli a Giorgetti, noto ambientalista padano (vedi trivelle, Tav, Terzo Valico e altre colate di cemento).

Molti iscritti gabbati chiesero di rivotare, ma furono narcotizzati con altre supercazzole: “i ragazzi del 2099”, “la sonda Perseverance atterra su Marte e la Perseveranza atterra alla Camera”, “i Grillini non sono più marziani”. E i loro “portavoce” andarono al patibolo fornendo la corda al boia e dandogli pure la mancia. Donarono sangue e organi all’ex Dracula, che li liquidò con quattro perline colorate (Esteri, Agricoltura, Giovani, Rapporti col Parlamento), trattandoli peggio dei partiti con metà o un quarto dei seggi. I parlamentari coerenti col giuramento fatto agli elettori “mai con B.” votarono contro o si astennero, ma, anziché essere rispettati come minoranza interna, furono espulsi da chi era andato al governo con B. (già “testa d’asfalto”, “psiconano”, “psicopedonano”), col Matteo maior (già “pugnalatore dell’Italia da mandare a lavorare a calci”) e col Matteo minor (già “ebetino” e “minorato morale”). “Belìn”, ridacchiò il comico, “è il mondo alla rovescia! È come se Ario, Lutero e fra’ Dolcino avessero scomunicato il Papa! Lo dicevo io che ne resterà uno solo: io!”. Applausi. The end.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/19/movimento-5sedie/6106532/

martedì 9 febbraio 2021

Perché votare no all’ammucchiata. - Tommaso Merlo

Mai come oggi Rousseau e i cittadini che voteranno online sono determinanti per la storia del paese ma anche per quella del Movimento. Questa è davvero l’ultima occasione per chi ha creduto nel progetto e per quello che rimane del 4 marzo. Ecco perché votare convintamente no all’ammucchiata.

  • Allearsi con Berlusconi vuol dire tradire clamorosamente le idee e i valori fondanti del Movimento. Vuol dire arrendersi a tutto quello contro cui il Movimento ha sempre combattuto. Il Movimento ha sempre preteso onestà anche intellettuale dagli altri e chi oggi vuole tradire dovrebbe almeno avere l’onestà di ammetterlo. Allearsi con Berlusconi vuol dire calpestare la propria storia. Vuol dire politica senza memoria. E senza memoria la politica non ha neanche una morale. Davvero un triste epilogo per un movimento emerso al grido di onestà e “fuori la mafia dallo stato”.
  • Per realizzare le sue bandiere, al governo il Movimento ha dovuto combattere ed incassare rinunce nonostante avesse un suo premier e molti ministeri chiave. Figuriamoci cosa riuscirà a realizzare come stampella di un’ammucchiata sostenuta da partiti che fino a ieri si azzuffavano e non sono d’accordo su nulla. Con l’ammucchiata il Movimento porterebbe a casa giusto briciole ovviamente in cambio di qualche contropartita. L’unico vero risultato che otterrà sarà bruciare la credibilità che ancora gli resta. E senza credibilità una forza politica è spacciata.
  • Anche Draghi rappresenta tutto quello contro cui il Movimento ha sempre combattuto. Draghi è stato un esponente di spicco della Troika. È uno dei campioni della deriva neoliberista che in nome di una illusoria crescita economica ha privato i cittadini di diritti e di sovranità per darla a tecnocrati e lobby senza scrupoli. Turbocapitalismo finanziario, una deriva fallimentare che ha fatto dilagare povertà e ingiustizia sociale. All’interno dei singoli paesi come nel mondo intero. Il Movimento nasce per rimettere il cittadino al centro della politica e per migliorare la sua “vera” qualità della vita che non ha nulla a che fare con tabelle e grafici e tantomeno con gli umori dei mercati finanziari.
  • Anche un governo tecnico o ibrido è all’opposto di quello in cui il Movimento ha sempre creduto. Il Movimento nasce addirittura per costruire la democrazia diretta, per permettere ai cittadini di partecipare sempre di più alla vita democratica. Sia entrando nei palazzi di persona che votando da casa grazie alla rete. Una democrazia sempre più allargata ed aperta e guidata dal basso che non ha nulla a che fare con un governo in mano ad un tecnocrate calato dall’alto e ad una manciata di parrucconi non eletti da nessuno che commissariano per l’ennesima volta la politica. Il Movimento ha poi sempre creduto nell’intelligenza collettiva, altro che Salvatori della Patria.  
  • Allearsi col renzismo e con tutti i voltagabbana che hanno usato il Movimento per i loro giochetti è umiliante oltre che autolesionistico. Il Movimento ha dato vita a ben due governi entrambi traditi senza un perché. Se il Movimento abboccasse all’ammucchiata i suoi nemici ricomincerebbero ad umiliarlo ed usarlo anche peggio di prima. Questo perché il loro vero scopo è sempre stato quello di distruggere il Movimento. Dopo anni a combattere il Movimento è dimezzato e malconcio ma ancora in piedi, sarebbe davvero inspiegabile se alla fine decidesse di consegnarsi ai suoi carnefici.
  • Il Movimento nasce per cambiare il paese, per rinnovare la vecchia politica e la democrazia. Non per farne parte, non per assecondare i suoi vizi peggiori come imbastire ammucchiate quando i politicanti falliscono. Finora il Movimento è stato costretto a scendere a patti con la vecchia politica a causa di una sciagurata legge elettorale. Lo ha fatto per realizzare le sue promesse e in parte ci è riuscito. Ma lo ha fatto preservando la sua diversità, la sua integrità, vero motore della sua forza propulsiva. Se si mischierà in una ammucchiata diventerà un partito come gli altri. Anzi, molto peggio visto le enormi aspettative iniziali e visto il clamoroso epilogo di approdare tra le braccia di Berlusconi, di Draghi e di chi l’ha ripetutamente tradito.  
  • L’emergenza è tutta una scusa che poteva forse valere un anno fa. La guerra sta finendo e col piano Marshall europeo riparte la ricostruzione. Il Movimento stava guidando un governo che stava egregiamente affrontando l’emergenza, se davvero avevano a cuore le sorti del paese lo avrebbero lasciato lavorare invece che sciacallare per mesi e tradirlo fino a farlo cadere. La pandemia non c’entra nulla, il senso di responsabilità ancora meno. C’entra invece la vecchia politica che in questo paese non sembra voler tramontare mai. Il Movimento si è dimostrato serio e affidabile durante la pandemia e se oggi servisse ancora qualche mese per poter votare in piena sicurezza, allora sarebbe giusto appoggiare dall’esterno un governicchio tecnocratico che ci porti al voto il prima possibile. Ma questo senza aderire a nessuna letale ammucchiata politica.

Mai come oggi quello di Rousseau è un voto decisivo per le sorti del paese e del Movimento 5 Stelle. L’ultimo atto per molti che hanno creduto nel progetto. Se il Movimento aderirà all’ammucchiata sarà una vera svolta politica e quello che resta del 4 marzo dovrà trovare altre vie democratiche per provare a cambiare davvero l’Italia. Ma comunque vada il voto, mai arrendersi. Un conto è la politica, un conto è la storia.

Tommaso Merlo

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2021/02/09/perche-votare-no-allammucchiata/

venerdì 22 gennaio 2021

IL MINUS ROSATO E I 5 STELLE. - Roberta Labonia

 

La crisi di governo l'ho seguita, pressoché tutta, dall'ospedale. E caso ha voluto che proprio ieri l'altro, mentre Conte incassava la seconda fiducia in Senato, venissi dimessa. Un covid messo all'angolo e un Conte ancora saldo al governo, tutto in un giorno: che vuoi di più dalla vita? 😜

Tanto è stato già detto delle 48 ore che hanno segnato questa incomprensibile crisi al cardiopalma, forse già tutto, forse anche troppo. Per questo voglio soffermarmi su un episodio che, pur avvenuto in quelle ore, guarda oltre la crisi di governo. A mio avviso non è stato pienamente colto nella sua gravità né stigmatizzato quanto avrebbe meritato. Per dirla come la grande Liliana Segre, me ne sono sentita profondamente indignata.

Mi riferisco alle parole pronunciate durante il suo intervento alla Camera dall'italomorto Ettore Rosato.
Castronerie se ne sono ascoltate tante ( basta pensare all'abbietto intervento del leghista Borghi), ma la frase che ho sentito pronunciare da questo individuo ha toccato la vetta dell'ignominia e farebbe ridere, se non fosse tragico, constatare che le ha proferire pensando di tributare chissà quale elogio ai 5 Stelle. Rosato ha detto in aula, testuale :

"... Io conosco i colleghi del M5s ormai da 8 anni, tra loro ci sono molte persone che stimo, hanno la capacità di DISCERNERE le cose… LE CAPISCONO COME LE CAPIAMO NOI, non c’è differenza da questo punto di vista”.

Uno svarione da andarsi a sotterrare dalla vergogna se solo avesse avuto quel minimo quoziente intellettivo da fargliene percepire tutta la portata offensiva. Ma troppo tardi: il "minus" Rosato si è accorto che qualche cosa non girava solo grazie alla fragorosa risata con cui i pentastellati hanno accolto le sue parole.

Potremmo archiviare l'incidente come uno dei tanti teatrini a cui ci ha abituato certa politica di bassa cucina non fosse che, suo malgrado, le parole di Ettore Rosato hanno scoperchiato il comune sentire di buona parte dei personaggi del partitone unico che da decenni "okkupano" le nostre Istituzioni.

Lui le ha pronunciate come fosse lo scemo del villaggio ma è ciò che nell'intimo pensano, ma si guardano dal dirlo pubblicamente, i suoi colleghi parlamentari di lungo corso.

Gente che il Parlamento lo ritiene cosa propria, gente ben lontana da quello spirito di servizio verso la collettività che dovrebbe guidarla.

Questa genia, a distanza di quasi 10 anni, vive ancora come un oltraggio, è evidente, l'invasione pentastellata: comuni cittadini, dei parvenu', degli "scappati di casa", che nel 2018, per una strana congiunzione astrale, hanno osato sedere nei banchi del Governo con idee rivoluzionarie: servire la collettività e NON, servirsi della collettività.

Mi tocca rispolverare il termine "casta" per esprimere ciò che percepisco dietro le parole di Rosato (vi ricordo: porta il suo nome la legge elettorale con cui il Parlamento tutto, nell'ottobre 2017, cercò di sbarrare la strada al Movimento). Quello che ha detto questo misero figuro, non a caso succube inconsapevole delle smanie di grandeur che pervadono il suo sfigatissimo capo bastone, tradisce l'intimo pensiero di questi mestieranti del far politica: gente collusa, scafata, ricattabile, che si nutre delle rendite di posizione acquisite negli anni col mestiere, con la furbizia, quasi mai con intelligenza.

Di compromesso in compromesso gran parte di loro sono stati nominati, non eletti e si sentono depositari di un diritto acquisito che fa carne di porco di quel ruolo nobile di rappresentanza popolare che dovrebbero incarnare. Genia che si sente unica depositaria di cultura (e pensare che sono del MoVimento il maggior numero di laureati oggi in Parlamento!).
Una "intellighenzia" autoreferenziale, spocchiosa, portatrice di malcelato disprezzo verso chiunque non riconosca del suo mondo.

Non mi aspetto che un Ettore Rosato qualsiasi comprenda la portata, la gravità delle parole pronunciate ma, da irriducibile ottimista quale sono, mi aspetto che le donne e gli uomini di buona volontà di questo Paese sappiano cogliere il senso di quelle parole per rendersi conto che l'entrata del MoVimento 5 Stelle nelle Istituzioni, fra i tanti meriti, ne ha avuto uno non banale: ha scoperchiato la vergogna di un Parlamento che di legislatura in legislatura, aveva smarrito se stesso.

Blog di Stelle e dintorni.

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venerdì 16 ottobre 2020

POLITICA I 5 stelle chiedono le dimissioni di Alessandro Profumo: “Dopo la condanna rimetta il mandato da ad di Leonardo”.

 

Il manager è stato condannato giovedì 15 ottobre a sei anni in primo grado insieme Fabrizio Viola: i due erano sotto processo in qualità di ex presidente ed ex ad di Mps in un filone dell’indagine sulla banca senese legato ai derivati Alexandria e Santorini. Dopo la notizia della condanna la società ha precisato che non sussistono cause di decadenza dalla carica di amministratore delegato. A Piazza Affari, però, il titolo cede il 3%.

Alessandro Profumo si dimetta da amministratore delegato di Leonardo. A chiederlo è il Movimento 5 stelle, con un tweet dall’account ufficiale in cui si legge: “Alla luce della condanna ricevuta, ci aspettiamo che Alessandro Profumo, nell’interesse dell’azienda, rimetta il mandato da Ad di Leonardo”. Profumo è stato condannato giovedì 15 ottobre a sei anni in primo grado insieme Fabrizio Viola : i due erano sotto processo in qualità di ex presidente ed ex ad di Mps in un filone dell’indagine sulla banca senese legato ai derivati Alexandria e Santorini. L’accusa era di false comunicazioni sociali manipolazione informativa (aggiotaggio) per la contabilizzazione dal 2012 alla semestrale 2015 di derivati per 5 miliardi presentati a bilancio come BTp. Il tribunale li ha ritenuti responsabili dei capi di imputazione B e C, cioè false comunicazioni sociali relative alla semestrale del 2015 e aggiotaggio. Sono stati prescritti per il bilancio 2012 e “perché il fatto non sussiste” per i bilanci 2013 e 2014. Profumo e Viola dovranno anche pagare una multa di 2,5 milioni di euro ciascuno. Oggi Profumo è numero uno di Leonardo (ex Finmeccanica). Dopo la notizia della condanna la società ha precisato che non sussistono cause di decadenza dalla carica di amministratore delegato. A Piazza Affari, però, il titolo cede il 3% a 4,51 euro mentre Mps guadagna lo 0,3% a 1,20 euro.

La banca, che ora è del Tesoro, è stata condannata a una sanzione di 800mila euro per la legge 231 sulla responsabilità degli enti, mentre per Paolo Salvadori, allora presidente del collegio sindacale, la pena è stata di 3 anni e 6 mesi. La decisione è arrivata al termine di una camera di consiglio di circa 4 ore ed è stata pronunciata nella fiera di Milano, scelta per consentire alle parti di presenziare al dibattimento nel rispetto del distanziamento sociale.

La sentenza ribalta la richiesta del pubblico ministero Stefano Civardi che aveva chiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” per il reato di aggiotaggio contestato a Profumo e Viola e per quello di false comunicazioni sociali contestato a tutti gli imputati per il bilancio 2012 e per la prima semestrale del 2015 e l’assoluzione “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato” per la contestazione di false comunicazioni sociali in merito ai bilanci 2013 e 2014. Profumo e Viola sono anche indagati per false comunicazioni sociali e manipolazione informativa per la contabilizzazione dei crediti deteriorati. I pm in questo caso hanno chiesto l’archiviazione ma il gip ha ordinato ulteriori indagini.

I derivati Alexandria e Santorini furono realizzati da Mps con Deutsche Bank e Nomura per coprire i costi dell’acquisizione di Antonveneta. Per le irregolarità nelle operazioni effettuate dalla banca senese per mascherare le perdite legate all’acquisizione lo scorso anno sono stati condannati l’ex presidente Mps – nonché ex numero uno dell’Abi – Giuseppe Mussari, l’ex direttore generale Antonio Vigni e l’ex responsabile area finanza Gian Luca Baldassarri. La sentenza era arrivata sei anni dopo lo scoop del Fatto Quotidiano che per primo parlò dell’accordo segreto tra Mps e Nomura per truccare i conti. “Leggeremo con attenzione le motivazioni e senz’altro presenteremo appello contro una sentenza che consideriamo sbagliata. Abbiamo sempre creduto nel corretto operato dei nostri assistiti” è il commento dell’avvocato Adriano Raffaelli, uno dei difensori di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, condannati dal tribunale di Milano a 6 anni di reclusione in un filone del caso Mps.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/16/i-5-stelle-chiedono-le-dimissioni-di-alessandro-profumo-dopo-la-condanna-rimetta-il-mandato-da-ad-di-leonardo/5968263/#