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lunedì 12 aprile 2021

Calabria. Spiragli di rinascita: “Ora i pentiti parlano, i cittadini protestano e denunciano”. - Nando dalla Chiesa

 

Gli urli bisogna sentirli. Dopo che ho dedicato questa rubrica a una preside di Vibo Valentia, sempre da Vibo mi è giunta una lettera. L’ha scritta un quarantenne di Libera che ha fatto una scelta radicale: lavorare per un bene confiscato ai potenti Mancuso di Limbadi. È una richiesta di aiuto. Perché, mi chiede, non vedete che cosa sta accadendo quaggiù e in particolare nella mia città? Fatti importanti, dice, che contraddicono gli stereotipi nazionali.

“Siamo di fronte a una grande opportunità nel contrasto culturale alla ’ndrangheta”. Leggo e gli do ragione. Giuseppe Borrello, così si chiama l’autore, sottolinea tre cose. Primo, la società civile non subisce più in silenzio “angherie e soprusi”, “un potere violento che è stato la causa di sottosviluppo, negazione dei più basilari diritti, povertà ed emigrazione”. Continuano le manifestazioni di opposizione, spiega, “ma su tutte ritengo fondamentale ricordare l’iniziativa svoltasi a Vibo Valentia il 24 dicembre 2019, all’indomani dell’operazione Rinascita-Scott. Quando migliaia di persone si sono ritrovate unite dalla parte dello Stato. Una reazione che neanche noi pensavamo potesse essere così copiosa, una presa di posizione forte, non scontata. Soprattutto in contesti piccoli come quelli che viviamo e dopo un’operazione elefantiaca nei numeri”. Sa, mi chiede, che cosa vuol dire da noi vedere una folla di giovani schierarsi fisicamente con le divise? Altro che omertà generale, sembra dire. E subito consegna le altre due novità.

“Sono sempre di più gli appartenenti alle ’ndrine che decidono di collaborare con la giustizia. Esponenti di spicco della ’ndrangheta nostrana che, fornendo elementi utili per le indagini, ci restituiscono pezzi di storia importante del nostro territorio disvelandone trame e intrecci, connivenze e deferenze, come, per esempio, Andrea Mantella. Oppure, ancora, figure emblematiche, come Emanuele Mancuso o Walter Loielo, la cui collaborazione dimostra il venir meno di quell’immagine ermetica e granitica propria della ’ndrangheta, dettata appunto dai legami di sangue”. Non solo dunque si leva una nuova voce dalla società civile, ma qualcosa si sgretola all’interno del mondo maledetto.

La terza novità è perfettamente in linea con le altre due: l’aumento delle denunce, frutto di una recuperata fiducia nei confronti dello Stato. “Più volte, il procuratore di Vibo e il comandante provinciale dei Carabinieri hanno confermato in pubblico questo dato. Lo Stato oggi, a Vibo Valentia, ha recuperato la propria centralità, almeno dal punto di vista repressivo, ed appare forte e credibile perché credibili ed io aggiungerei immensamente umane, sono le persone, uomini e donne, che lo rappresentano”. Perché non cogliere queste novità, perché non raccontarle? Perché l’antimafia deve essere solo quella, certo importantissima, degli arresti?

L’autore della lettera è troppo giovane per saperlo. Ma a me le sue parole ricordano quel che accadde in Sicilia 35 anni fa. La società civile si svegliava, si organizzava, le scuole annunciavano nuovi orizzonti e l’Italia vedeva sempre e solo il maxiprocesso. Osservava la superficie luminosa ma si annoiava o rifiutava la piccola fatica di guardare appena un palmo sotto.

Proprio come oggi in Calabria, anche tra gli intellettuali locali, denuncia Giuseppe: “Si tratta di aspetti importanti per i quali, purtroppo, credo manchi la giusta consapevolezza, sia a livello regionale che nazionale. Il dibattito politico e culturale si nutre di divisioni, faziose e strumentali, a favore o contro quel magistrato o quell’inchiesta, senza rendersi conto di correre il rischio di perdere un’occasione irripetibile”. No, davvero non perdiamola questa occasione. Si esiste se si è raccontati, alla lunga. E quel pezzo di Calabria che si ribella ha, tra i suoi tanti diritti, appunto quello di essere raccontato.

IlFattoQuotidiano

venerdì 19 febbraio 2021

Movimento 5Sedie. - Marco Travaglio

 

Spunti per il nuovo spettacolo di Grillo. Belìn, c’era una volta un comico che capiva tutto prima degli altri. Tipo che la politica era marcia, la finanza anche peggio e la stampa teneva il sacco a entrambe. Così cominciò a informare la gente nei suoi show (chi ci andava scoprì che la Parmalat era fallita ben prima della Consob e dei pm). E fondò il Movimento 5 Stelle: tutti risero, poi piansero, poi passarono agli insulti, ai corteggiamenti e infine alle alleanze. E gli “scappati di casa”, in tre anni, trovarono un premier più che degno e portarono a casa quasi tutte le loro bandiere prima che il Matteo maior e il Matteo minor buttassero giù i loro due governi per liberarsi di loro. Nel momento del massimo trionfo, anziché rendersi prezioso e vendere cara la pelle, Grillo sbarellò. Scambiò per “grillino” Draghi, che a suo tempo chiamava “Dracula” e voleva “processare per Mps”. E spinse i grillini quelli veri ad arrenderglisi senza condizioni, in nome di un superministero-supercazzola alla Transizione Ecologica che doveva inglobare Ambiente e Sviluppo economico. Su quella promessa fece votare gli iscritti con un quesito che diceva mirabilie del Sì, nulla del No e non prevedeva l’astensione. Quelli si fidarono di lui, unico ammesso al cospetto di SuperMario, e dissero Sì al 60%. Poi scoprirono che era una battuta (quella di Draghi): il superministero era mini, per giunta diretto da un renziano per giunta indicato da Grillo; e il Mise, lungi dallo scomparire, passava semplicemente da Patuanelli a Giorgetti, noto ambientalista padano (vedi trivelle, Tav, Terzo Valico e altre colate di cemento).

Molti iscritti gabbati chiesero di rivotare, ma furono narcotizzati con altre supercazzole: “i ragazzi del 2099”, “la sonda Perseverance atterra su Marte e la Perseveranza atterra alla Camera”, “i Grillini non sono più marziani”. E i loro “portavoce” andarono al patibolo fornendo la corda al boia e dandogli pure la mancia. Donarono sangue e organi all’ex Dracula, che li liquidò con quattro perline colorate (Esteri, Agricoltura, Giovani, Rapporti col Parlamento), trattandoli peggio dei partiti con metà o un quarto dei seggi. I parlamentari coerenti col giuramento fatto agli elettori “mai con B.” votarono contro o si astennero, ma, anziché essere rispettati come minoranza interna, furono espulsi da chi era andato al governo con B. (già “testa d’asfalto”, “psiconano”, “psicopedonano”), col Matteo maior (già “pugnalatore dell’Italia da mandare a lavorare a calci”) e col Matteo minor (già “ebetino” e “minorato morale”). “Belìn”, ridacchiò il comico, “è il mondo alla rovescia! È come se Ario, Lutero e fra’ Dolcino avessero scomunicato il Papa! Lo dicevo io che ne resterà uno solo: io!”. Applausi. The end.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/19/movimento-5sedie/6106532/

lunedì 23 novembre 2020

Financial Times: ecco le dieci cose che la crisi da covid cambierà a lungo termine. - Martin Wolf

 

Il Covid-19 ha provocato una recessione economica di enormi proporzioni, tutt’altro che uniforme tra i vari Paesi. Dalla globalizzazione, al fallimento dei populismi, all'uso della tecnologia: ci troveremo davanti un mondo diverso.

Cosa ci hanno insegnato 10 mesi di Covid-19? Per il momento, quello che sappiamo è che il mondo non era preparato ad affrontare la pandemia, innanzitutto, e che il virus ha causato finora circa 1,1 milioni di morti, soprattutto tra gli anziani, e alcuni Paesi hanno reagito meglio di altri. Sappiamo anche che il Covid-19 ha provocato una recessione economica di enormi proporzioni, e che questa è stata tutt’altro che uniforme tra i vari Paesi. Ne hanno subito maggiore danno i giovani, i lavoratori relativamente poco qualificati, le madri lavoratrici e gli appartenenti a minoranze deboli.

Sappiamo che il cosiddetto “distanziamento sociale”, in parte spontaneo e in parte forzato, ha danneggiato tutte le attività basate sulla prossimità umana, a beneficio di quelle che si possono fare da casa. Quasi nessuno viaggia più. Sappiamo che tantissime aziende usciranno dalla crisi cariche di debiti e molte altre non ne usciranno affatto. Sappiamo che le istituzioni fiscali e monetarie internazionali hanno messo in campo interventi senza precedenti in tempi di pace, soprattutto nei Paesi con valute accettate al livello internazionale. Sappiamo, non da ultimo, che lo scambio di accuse sulle responsabilità della pandemia ha destabilizzato le relazioni tra Stati Uniti e Cina e che, inoltre, il virus ha già messo in crisi la globalizzazione, soprattutto sul piano delle filiere produttive.

A partire da tutto ciò, è possibile delineare degli scenari a lungo termine? E quali? Nei dieci punti che seguono proveremo a indicare alcuni spunti.

Primo, l’evoluzione della pandemia. È possibile che molto presto si individuerà un vaccino (o più d’uno) definitivo contro il Covid-19, ed è altrettanto possibile che quest’ultimo venga messo a disposizione del mondo intero a tempi di record. Tuttavia, a ben guardare l’una cosa sembra escludere l’altra. Il rischio, perciò, è che il virus resterà ancora per molto tempo una minaccia concreta.

Secondo, la durata della crisi economica. L’entità delle perdite dipende in parte dalla velocità con cui riusciremo a mettere sotto controllo la malattia. Bisognerà però valutare quanto profonde saranno le cicatrici che questa ferita lascerà sul nostro tessuto sociale, in particolare in termini di disoccupazione, debiti insoluti, aumento di povertà, divari nell’accesso all’istruzione e così via. L’economia del mondo intero, come quella della maggior parte dei singoli Stati, usciranno probabilmente dalla pandemia ridotte di taglia in modo permanente, e la popolazione risulterà complessivamente più povera.

Terzo, la composizione dell’economia. Torneremo mai allo stile di vita pre-Covid-19? Oppure smetteremo definitivamente di viaggiare e di lavorare come pendolari? La cosa più probabile è che entrambe le ipotesi si verificheranno, cioè che viaggi e pendolarismo potranno riprendere, ma non torneranno ai livelli precendenti la pandemia. Inoltre, il Covid ci ha catapultato in un mondo nuovo ad alto tasso di “virtuale”, che difficilmente abbandoneremo anche dopo la crisi. Questo avrà effetti positivi su alcune forme di vita e di lavoro.

Quarto, il ruolo della tecnologia. Lo abbiamo detto. Non torneremo indietro sull’espansione tecnologica, ma è vero che il peso sempre maggiore acquisito dalle big tech di recente ha attirato l’attenzione pubblica sul potere che hanno nelle nostre società. È immaginabile che questo accrescerà la tendenza alla regolamentazione dei monopoli tecnologici e all’aumento della concorrenza.

Quinto, la centralità dei governi. Le grandi crisi tendono a provocare grandi salti di qualità nell’azione di governo. Con il Covid è cresciuta la richiesta sociale di “ricostruire” il ruolo del pubblico, ed eventualmente anche accrescerlo. Perciò è opportuno valutare la probabilità che i governi diventino sempre più interventisti in economia.

Sesto, il focus degli interventi. Le banche centrali di tutto il mondo si sono impegnate a tenere bassi i tassi di interesse per molto tempo. Se ciò resterà vero sia per i tassi reali che per quelli nominali, i governi saranno effettivamente in grado non solo di gestire i propri deficit, ma anche di cooperare per la ristrutturazione di quelli altrui. A un certo punto, tuttavia i disavanzi fiscali dovranno necessariamente essere ridotti e, stanti le pressioni dell’opinione pubblica per l’aumento di spesa, è possibile che i governi si orienteranno verso un aumento delle tasse, in particolare quelle per i ricchi.

Settimo, la politica interna. Alcuni paesi hanno messo in campo risposte efficaci contro la crisi pandemica, altri no. Nella valutazione del successo delle misure, tuttavia, non sembra essere stato rilevante il fattore della democraticità dei paesi. Invece, quello che sembra aver giocato un ruolo importante è il senso di responsabilità mostrato dai governanti rispetto all’efficacia delle loro azioni. La demagogia populista dei vari Jair Bolsonaro, Boris Johnson e Donald Trump ha ottenuto pessimi risultati nella gestione della pandemia, perciò il Covid potrebbe forse aver fermato la corsa del populismo.

Ottavo, le relazioni internazionali. La crisi che stiamo vivendo è davvero globale, perciò può essere gestita efficacemente solo attraverso la cooperazione internazionale. Eppure, la pandemia sembra aver rafforzato le tendenze all’unilateralismo e allo scontro frontale tra paesi. Esistono anzi buone probabilità che la situazione peggiori, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra Stati Uniti e Cina.

Nono, il futuro della globalizzazione. La globalizzazione delle merci aveva già subito un brusco rallentamento dopo la crisi finanziaria del 2008. Dopo il Covid-19 è probabile che si ritroverà ulteriormente frenata. La pandemia può erodere il sistema di scambi multilaterale, e in particolare il ruolo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, mentre le controversie commerciali tra Occidente e Cina non sembrano avviate a una risoluzione. Quanto alla globalizzazione virtuale, invece, è probabile che crescerà.

Decimo, la gestione dei beni comuni globali. Da questo punto di vista il Covid-19 è un’arma a doppio taglio. Da un lato, infatti, ha accresciuto il desiderio di una politica milgliore tanto sul piano nazionale che su quello internazionale, in particolare riguardo al clima. Dall’altro lato, però, il Covid ha indebolito la legittimità degli accordi internazionali, soprattutto per paesi come gli Stati Uniti che si sono ritirati dall’accordo di Parigi sul clima e dall’Organizzazione mondiale della sanità.

In conclusione, è chiaro che il Covid-19 è stato e sarà un shock profondo per il mondo, a solo 12 anni dall’enorme sconvolgimento della crisi finanziaria globale del 2008. Sicuramente la pandemia avrà effetti importanti e a lungo termine sull’economia, le imprese, la politica interna e le relazioni internazionali. I cambiamenti saranno molti, e molti di essi saranno imprevedibili.

Fonte: FT.com

Traduzione di Riccardo Antoniucci

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/23/financial-times-ecco-le-dieci-cose-che-la-crisi-innescata-dal-coronavirus-cambiera-a-lungo-termine/6013234/

mercoledì 24 giugno 2020

Salvini e la pisciatina sul ponte. - Tommaso Merlo


Il leader della Lega Matteo Salvini durante la visita al cantiere del nuovo Ponte di Genova, 22 Giugno 2020. ANSA/LUCA ZENNARO

Salvini si concede una pisciatina sul nuovo ponte di Genova. Gilet fosforescente, caschetto e pure la museruola a tema. Ieri le felpe, oggi le museruole. Tra gli applausi delle istituzioni locali che lo assistono e dei follower superstiti che lo seguono. Tirata su la cerniera Salvini indica i pannelli a metano che permetteranno al ponte di autoalimentarsi. Già, come no. Tapioca come se fosse antani. Sembrano passati secoli. Salvini era fresco ministro quando crollò il Ponte Morandi. Lui e Di Maio vennero accolti tra gli applausi ai funerali delle 43 vittime. Questo perché il governo si schierò dalla parte dei cittadini per una volta e promise giustizia. Questo perché soffiava un piacevole vento di cambiamento “populista” in senso sano. Col popolo che a seguito del 4 marzo si riappropriava del potere democratico a scapito della prepotenza lobbistica che si spartiva il paese da troppo tempo. A far crollare il ponte non è stato qualche tirante marcito, è stato il vecchio regime partitocratico che prima ha regalato le concessioni ai Benetton e poi gli ha permesso di farsi i propri comodi lucrandoci sopra indegnamente fregandosene della sicurezza. Salvini e Di Maio rappresentavano il nuovo corso e il Ponte Morandi divenne un simbolo di rinascita per l’intero paese. Era il tempo della luna di miele gialloverde. Salvini votava tutti i provvedimenti che il Movimento tirava fuori belli pronti dai cassetti mentre lui varava la sua tournée ministeriale permanente. Strada facendo si capì che Salvini avrebbe fatto ricostruire il ponte anche ai Benetton e cioè non avrebbe cambiato una beata mazza di niente. 

Ma il Movimento s’impuntò mirando fin da subito alla revoca delle concessioni e su impulso del ministro Toninelli nacque il Modello Genova. Per fare in fretta, per fare bene. Senza ruberie e senza cedere alle prepotenze delle lobby. L’aria sembrava davvero cambiata. Trasparenza, unità d’intenti e i cittadini che tornavano al centro della politica. Ma Salvini fingeva di far parte di quel cambiamento e dopo solo un annetto ha mandato tutto in malora per inseguire il miraggio egoistico dei pieni poteri. Sembrano passati secoli ma i Benetton ancora non mollano l’osso e il nuovo governo si appresta allo scontro finale. Il cambiamento in Italia è davvero una faticaccia. Il Ponte Morandi era il simbolo della rinascita di un intero paese e rischia di trasformarsi nel simbolo della restaurazione. Il simbolo del vecchio regime partitocratico che prova a riciclarsi per l’ennesima volta grazie a Salvini e a tutto il sottobosco lobbistico alle sue spalle. Il ponte è quasi pronto e Salvini inaugura la gara per attribuirsene i meriti. Lo fa salendoci sopra e concedendosi una pisciatina in compagnia delle istituzioni locali. Del resto tempo libero non gliene manca e faccia tosta nemmeno. Caschetto, gilè, museruola a tema. 
Tirata su la cerniera Salvini indica i pannelli a metano. Già, tapioca come se fosse antani e pure prematurata.

https://repubblicaeuropea.com/2020/06/23/salvini-e-la-pisciatina-sul-ponte/

venerdì 22 marzo 2019

L’altra guancia del Movimento. - Tommaso Merlo



Dopo anni d’opposizione anche aspra, il Movimento si è messo il vestito della festa ed è entrato nei palazzi che contano sottovoce. Ha cioè preso il potere con senso di responsabilità e di servizio. Ed invece di regolare i conti col vecchio regime che l’aveva ghettizzato e infamato per anni, ha ritenuto opportuno porgere l’altra guancia. Come risposta il Movimento si sta beccando violenti schiaffoni. Porgere l’altra guancia nella vita è sicuramente un gesto nobile e perfino ammirevole, in politica è molto pericoloso soprattutto se dall’altra parte hai un regime spietato che non vuole rassegnarsi ed hai cittadini stremati da decenni di malapolitica. È vero, in democrazia le istituzioni appartengono a tutti e non solo a chi vince le elezioni, ma un approccio troppo morbido e perbenista sta logorando il Movimento. Il Movimento non è mai stato considerato una forza politica pienamente legittima dal vecchio regime, ma una sorta di anomalia da debellare, una malattia passeggera da curare. E il vecchio regime non ha affatto rinunciato alla sua intenzione di distruggere il Movimento 5 Stelle. I pupazzi politici e giornalistici dei potentati economici vogliono che la politica torni in mano a partiti controllabili da loro e in linea coi loro interessi e le loro idee. Vogliono levarsi dai piedi quel maledetto Movimento e tornare a farsi i propri sporchi comodi. È palese oggi più che mai. La crudeltà con cui viene aggredito da sempre il Movimento 5 Stelle è la più plastica dimostrazione della sua validità e della natura innovativa. Se il Movimento fosse un partito come gli altri, i potentati economici sarebbero già scesi a patti e i loro giornaloni sonnecchierebbero tranquilli. Un esempio concreto di “altra guancia” sono proprio i fondi dell’editoria tagliati gradualmente invece che tutti e subito. Il risultato è che il dibattito pubblico rimane infestato dai giornaloni del vecchio regime e non è ancora sorta un’informazione libera alternativa che possa competere con loro. E così il Movimento si ritrova a governare ed affrontare le elezioni intermedie con l’informazione mainstream in mano ai suoi peggiori nemici. Altro esempio è la legge sui conflitti d’interessi che inspiegabilmente si fa attendere. Ma in politica, porgere l’altra guancia è doppiamente dannoso. Non solo ti espone agli schiaffoni dei tuoi nemici, ma ti espone anche al giudizio dei cittadini che ti vedono prenderli. Se il Movimento è arrivato così in alto, lo deve ai cittadini, lo deve alle vittime del vecchio regime che hanno compiuto un mezzo miracolo nella selva individualistica italiana e cioé hanno ritrovato il coraggio di crederci e si sono riuniti in milioni intorno ad un sogno. Dopo decenni di umiliazioni e prese per i fondelli, quei cittadini esasperati non vogliono affatto che il Movimento porga l’altra guancia. Anzi, vogliono che la loro ansia di cambiamento radicale si rispecchi nelle parole e nei comportamenti dei portavoce dentro ai palazzi. Ogni ammiccamento, ogni inchino, ogni stucchevole perbenismo fa venire l’orticaria e dai marciapiedi italiani si sente puzza di tradimento, di rammollimento rispetto alle ambizioni rivoluzionarie del Movimento 5 Stelle. Non c’è dubbio che Di Maio stia facendo un gran lavoro, ma si sente una dannata mancanza di uomini come Alessandro Di Battista. Si sente un dannato bisogno di un Movimento che la smetta di porgere l’altra guancia e ritorni a prendere a schiaffoni il vecchio regime.

https://infosannio.wordpress.com/2019/03/22/laltra-guancia-del-movimento/?fbclid=IwAR2HMoQhLBQohvxXlfy6_HKmGcj4QkPOF2qNoTqvBrC5TRHjrh-J6zLa3xg

lunedì 18 marzo 2013

Beppe Grillo: Le Risposte alle 10 Critiche più comuni verso il M5S. - MARCO CANESTRARI



QUALE E’ IL MESSAGGIO CENTRALE DEL M5S? Sensibilizzare la popolazione verso questi 3 obiettivi:
 
 
TRASPARENZA E CONTROLLO DEI POLITICI DA PARTE DEI CITTADINI: Avere un sistema di leggi dove chi ha potere decisionale su ampia scala è osservato e controllato in ogni momento dai cittadini che l’hanno messo al potere.
 
MENO POTERE E SOLDI AI POLITICI: Togliere molti dei poteri e dei privilegi che fanno della politica un posto immune ai problemi che invece subiscono ogni giorno tutti gli altri i cittadini. Fare in maniera che il posto del politico non sia un paradiso ambitissimo per i più furbi e insensibili.
 
CRITICHE A CUI RISPONDE QUESTO VIDEO:
1 Il M5S è un movimento populista e di protesta. Non ha basi e non ha niente di costruttivo da proporre.
2 Grillo è un dittatore come Hitler e Berlusconi. Dice di essere democratico poi invece impone ogni cosa ai suoi sottoposti senza lasciare libertà.
3 Voi non lo sapete ma dietro Grillo c’è la Casaleggio e dietro la Casaleggio un sacco di persone potenti e sospette.
4 Grillo rinuncia a dare fiducia al governo e questo significa che è poco responsabile verso gli Italiani.
5 Il programma del M5S non è dettagliato nei minimi particolari.
6 I Grillini eletti sono per la maggior parte incompetenti, stupidi e inesperti.
7 Grillo è un estremista di sinistra, oppure un estremista di destra.
8 La democrazia diretta non potrà mai funzionare in Italia perché il popolo è stupido ed ignorante.
9 Grillo è miliardario ed egoista quindi non mi fido di lui.
10 In televisione ho visto che…
 
Per chi non se ne fosse ancora reso conto, siamo a cavallo di una singolarità che coinvolgerà a cascata tutti gli aspetti della vita sociale, economica e politica a livello mondiale. Ora tocca a tutti noi, al WEB, un compito importantissimo, quello di fare capire alle persone cosa sta accadendo, colmando i vuoti che la tv non vuole o non sa affrontare per accompagnare i cittadini attraverso questo periodo di transizione mai accaduto prima. Moltissimi dei riferimenti che seguivamo prima topperanno alla grande, molte teste salteranno e di conseguenza ci sarà smarrimento e confusione e la tv non sarà lì a confortarci. C'è bisogno del contributo di tuttima comunque vada sarà un enorme beneficio! Non abbiate paura, non fatevi inculcare le idee dalla televisione, ci sono venti freschi in arrivo!
 
E’ vero che la società è il prodotto di ciò che siamo singolarmente, ed è vero che il mercato lo fa il cliente, ma se i media si assumono il ruolo di "nuovi educatori della società" e i giovani vivono di televisione e la scuola non esiste più e tutti gli altri riferimenti diventano relativi e fastidiosi... allora nessuna evoluzione su ampia scala sarà mai facilitata se non si rivoluziona anche la funzione imperante dei Media, se non si migliorano cioè gli strumenti per comunicare. Il cliente o l'individuo si cambia appunto comunicando, quindi cerchiamo di migliorare, noi stessi certamente, ma non trascuriamo di agire in nessun piano!!! Né su quello individuale né su quello delrinnovamento della struttura politica ed economica… ma cambiamo prima il tipo di poltrona e poi la persona che ci si siede sopra perché c’è forte necessità di uno strumento in grado di portarci delle soluzioni e non solo di farci mettere ogni tanto una croce su una scheda - Marco Canestrari