Ops… Spese sanitarie, asili, polizze, etc: dal 2020 per avere lo sconto sulle tasse bisognava pagare con la carta. Solo che quasi nessuno lo sa.
Un’incognita da oltre un miliardo pende sulla testa (e sulle tasche) di milioni di contribuenti che rischiano di vedersi negare il rimborso di una quindicina di sconti fiscali nella dichiarazione dei redditi. Nei prossimi 730 o Redditi (l’ex Unico) non ci saranno milioni di spese che consentono la detrazione del 19% come, ad esempio, quelle sanitarie presso liberi professionisti, i dentisti, l’asilo nido, la palestra per i figli o i premi per le polizze infortuni, vita o per l’abbonamento ai mezzi pubblici. Il motivo? L’ultima legge di Bilancio ha introdotto l’obbligo, a partire dal 1° gennaio 2020, di utilizzare sistemi tracciabili (bancomat, carta di credito, carte prepagate, assegno, versamento bancario o postale) per i pagamenti di queste spese. Una di quelle cosiddette rivoluzioni fiscali rimaste però sottotraccia e di cui poi si sono perse le tracce.
Così lo scorso anno, spiegano dalla Consulta dei Caf che ha lanciato l’allarme, la maggior parte dei contribuenti avrebbe continuato a pagare queste spese in contanti, precludendosi ora la possibilità di scaricarle nella dichiarazione dei redditi. Unica eccezione riguarda le spese per l’acquisto di medicinali e dispositivi medici acquistati in farmacia e per le visite mediche presso strutture pubbliche o accreditate, che si possono continuare a pagare in contanti.
“Molte persone – spiega Giovanni Angileri, coordinatore della Consulta nazionale dei Caf – anche a causa dell’insufficiente pubblicità data a questo obbligo, ne hanno ignorato l’esistenza continuando a fare pagamenti cash per tutte le spese interessate. Si tratta soprattutto di contribuenti appartenenti alle fasce più deboli del Paese, che per ragioni anagrafiche e culturali sono meno abituate all’utilizzo della moneta elettronica”. Ma non solo. L’Italia, in attesa del potenziamento del piano Italia Cashless – su spinta del Cashback o della lotteria degli scontrini – resta di fatto un’economia basata sui contanti ed è tra le 35 peggiori economie al mondo per incidenza del contante sul Pil (11,8%). A dimostrazione che anche i contribuenti più giovani ora rischiano di veder sfumare la detrazione se non hanno pagato con carte, bonifici o assegni le spese che consentono la detrazione. Una situazione, insomma, potenzialmente esplosiva resa ancora più complicata dalla sua genesi politica. Allora meglio fare un passo indietro.
Quando a gennaio 2020 è diventato obbligatorio il pagamento tracciabile, il governo aveva lasciato intendere che la sua entrata in vigore sarebbe slittata al primo aprile. Tanto che era stato già presentato un emendamento da inserire nel Milleproroghe. Ma poi non se n’è fatto più nulla. E, complice lo scoppio della pandemia, della novità nessuno ha più parlato. Insomma, non c’è mai stato il tempo necessario per prendere confidenza con la novità che ora farà perdere il beneficio della detraibilità delle spese a milioni di contribuenti. Ma l’effetto più rilevante si avvertirà sul bonus per le spese sanitarie. Per capirne l’entità, basta osservare gli ultimi dati inseriti nella dichiarazione precompilata 2019 dall’Agenzia delle Entrate: sono 18,6 milioni gli italiani che hanno presentato richiesta di detrazione per farmaci, visite, esami e così via. E poi, ci sono anche gli abbonamenti al trasporto pubblico locale o per lo scuolabus, le spese di istruzione scolastica e universitaria compresi i canoni di locazione degli studenti fuori sede, le rette per l’asilo nido, le spese per le attività sportive dilettantistiche praticate dai ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni, le spese per l’agenzia immobiliare per l’acquisto di casa o quelle del veterinario.
È in questo scenario che la Consulta ha chiesto al ministro dell’Economia Daniele Franco una deroga, per il solo 2020, all’obbligo dei pagamenti tracciabili come condizione per avere diritto alla detrazione del 19%. La richiesta è stata formalizzata due settimane fa con l’invio di una lettera che è ancora senza risposta. Il ministero starebbe pensando di inserire la deroga in un emendamento al decreto Sostegni che si trova in discussione al Senato o nel dl Sostegni bis che arriverà a maggio. Ma se anche il Tesoro decidesse di assecondare la richiesta dei Caf, senza un’adeguata campagna informativa il prossimo anno si creerà lo stesso caos fiscale.
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