Da una settimana i migliori pennivendoli del bigoncio ci accusano di essere anti-italiani e anti-patriottici perché non ci siamo uniti al coro di retorica per la vittoria della Nazionale (anzi di Draghi) agli Europei di calcio e alle notti magiche inseguendo il Covid. Il caso vuole che proprio un anno fa, il 17 luglio 2020, iniziasse il Consiglio d’Europa decisivo sul Recovery Fund. E fu chiaro a tutti chi fossero gli anti-italiani: non chi tifava contro una squadra di calcio, ma chi tifava contro il proprio Paese piegato e piagato dalla pandemia. Riavvolgiamo il nastro e facciamo un po’ di nomi e cognomi.
23 marzo 2020. Dopo 12 giorni di lockdown, il premier Giuseppe Conte convince i leader di Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia, Irlanda, Lussemburgo e Slovenia a firmare una “Lettera dei Nove” al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel per proporre un piano di ricostruzione finanziato con gli Eurobond (o “Coronabond”).
26 marzo. Renzi e Salvini, in Parlamento, invocano la caduta del governo e un’ammucchiata guidata da Draghi. I patrioti de La Verità titolano: “Conte pronto a svendere l’Italia. Vuole ricorrere al Mes, una trappola che ci consegnerà alla troika”. Uscito dalla bolgia parlamentare, Conte si collega con Bruxelles per il Consiglio Ue: non finisce a botte solo perché i leader sono in videoconferenza. Germania, Austria, frugali del Nord e fronte Visegrad pro Mes, Italia e gli altri otto pro Recovery (spalleggiati da Lagarde e Sassoli). Conte: “Se qualcuno di voi pensa ai meccanismi del passato, non si disturbi: ve li potete tenere, l’Italia non ne ha bisogno e farà da sé”. Merkel: “Giuseppe, il Mes è lo strumento che abbiamo, non capisco perché tu voglia minarlo…”. Conte: “Angela, state guardando alla realtà di oggi con gli occhiali di dieci anni fa. Il Mes è stato disegnato nella crisi dell’euro per Paesi che hanno commesso degli errori”. Macron: “Il Mes serve per gli choc asimmetrici su singoli Paesi. Questa pandemia è uno choc simmetrico: ci riguarda tutti”. Rutte: “Non siamo pronti per gli Eurobond, dobbiamo tenere in serbo delle armi in caso di scenari peggiori”. Sánchez: “Perché, cosa può esserci di peggio della strage che oggi attanaglia l’Europa?”. Qualcuno, visto lo stallo, propone un rinvio, ma Conte batte i pugni: “Le conseguenze del Covid vanno affrontate domattina, non nei prossimi mesi. Altrimenti cosa diremo ai nostri concittadini che ci chiederanno che senso ha questa casa comune? Non avremo risposte”. E blocca il summit col veto, rifiutando con Sánchez di sottoscrivere qualunque conclusione, finché non ottiene l’impegno dell’Eurogruppo a proporre il Recovery Fund entro due settimane.
27 marzo. Anziché fare fronte comune col governo, che dopo anni di parole al vento difende gli interessi dell’Italia in Europa, la destra “sovranista” e la stampa “indipendente” si scatenano. Non contro il Covid, ma contro Conte. Anche a costo di falsificare, anzi ribaltare il senso del vertice Ue e di un intervento di Draghi in favore della proposta di Conte e degli altri otto governi Ue. Stampa: “Cresce il partito di Draghi”. Repubblica: “Bellanova: ‘Serve una classe dirigente all’altezza. Draghi ha sguardo lungo e coraggio’”. Messaggero: “La spinta di Draghi”. Foglio: “Il manifesto di Draghi è un perfetto programma di governo”, “Montezemolo: alleanza trasversale per salvare l’Italia”. Giornale: “Chiamate Draghi”. Verità: “Giuseppi non è capace, chiamate subito Draghi”, “Conte finge di vincere dopo aver fallito”. Libero: “L’Ue ci prende in giro e non decide nulla. Il premier fa l’offeso”.
2 aprile. Visto che molti governi dicono no agli Eurobond per la diffidenza dei loro elettorati sul nostro debito-monstre, Conte decide di chiarire la sua proposta anzitutto alle opinioni pubbliche con una serie di interviste a tv e giornali europei (Financial Times, El País, De Telegraaf, Die Zeit, Ard, La Sexta, Süddeutsche Zeitung). E apre le prime crepe nel fronte del nord. Ma i suoi peggiori nemici sono l’establishment italiano e i suoi giornaloni, che fanno il tifo contro il governo impegnato nell’eurobattaglia mortale.
10 aprile. Salvini scatena l’inferno. Siccome tutti i ministri delle Finanze Ue hanno deciso di eliminare una serie di condizionalità dal Mes (senza che nessuno chieda il prestito), parla di “Caporetto” per l’Italia: “Non ci sono gli Eurobond di Conte, ma c’è il Mes. Sfiduciamo Gualtieri”. La Meloni accusa l’esecutivo di aver firmato il Mes, nottetempo e di nascosto, e Conte di “alto tradimento” e “spergiuro”. Le destre, sui social, aizzano a ribellarsi contro il governo che “svende l’Italia”.
11 aprile. Conte incontra la stampa e risponde a una domanda sulle accuse delle due destre: “Il Mes esiste dal 2012 (grazie al governo B. con Lega e Meloni, ndr), non è stato istituito ieri o attivato la scorsa notte, come falsamente e irresponsabilmente dichiarato – faccio nomi e cognomi – da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Questo governo non lavora col favore delle tenebre. Non abbiamo firmato alcuna attivazione del Mes, l’Italia non ne ha bisogno e lo ritiene inadeguato. Per la prima volta abbiamo messo nero su bianco il Recovery. Abbiamo bisogno di tutti i cittadini italiani. Le menzogne ci indeboliscono nella trattativa”. E subito parte una canea assordante: non contro chi lancia le fake news, ma contro il premier che osa smentirle.
(1 – continua)
ILFQ