IL COSTITUZIONALISTA - “Nel vuoto delle norme, il premier non dovrebbe scegliersi il successore”.
C’è la politica. E poi ci sono le regole, dentro cui la politica si dovrebbe muovere, anche se pare che il perimetro delle manovre sia più quello delle eccezioni. I partiti sembrano arresi agli scatoloni del presidente Mattarella, e dunque si ragiona – al di là delle rose più o meno sfiorite – attorno al nome di Mario Draghi. Ipotesi che pone problemi di “igiene costituzionale”. Su Repubblica Michele Ainis, costituzionalista di Roma Tre, ne ha analizzato uno, che riguarda la successione a Palazzo Chigi.
Professore, secondo una legge del 1988, in caso di impedimento temporaneo del presidente del Consiglio la supplenza spetta, in mancanza di diversa disposizione da parte del premier, al ministro più anziano. È il momento di Brunetta? O deciderà Draghi?
La stanza dei bottoni deve sempre avere una guida. La legge disciplina l’impedimento temporaneo, ma se Draghi si dimette perché eletto – non può assumere entrambe le cariche contemporaneamente – sarebbe un impedimento definitivo. Possiamo applicare per analogia la regola che lei ha citato. Ma qui tutto non torna. Per ragioni sistemiche: il presidente del Consiglio non può revocare i ministri e quindi non può nemmeno designare il suo successore come premier. Si introduce un elemento di personalizzazione del potere che ci fa rimbalzare all’antica Roma, quando l’imperatore sceglieva il suo successore. C’è una lacuna enorme.
Le consultazioni le farebbe Mattarella?
Anche qui c’è un problema. La Costituzione prevede l’ipotesi di proroga o supplenza del presidente della Repubblica. La proroga è prevista nel caso in cui le Camere siano sciolte e la supplenza in caso di impedimento temporaneo o permanente. Io penso che sia preferibile la proroga, perché non vedo l’impedimento personale del presidente.
Però anche la proroga è tipizzata: si può estendere per analogia?
È vero. In ogni caso, le consultazioni le farà il nuovo presidente della Repubblica: sarebbe, da parte di Mattarella, uno sgarbo costituzionale sottrarre al suo successore il potere di dirimere la crisi di governo.
Ci potremmo trovare in una situazione di questo tipo: Draghi va al Colle, sceglie il suo successore per la supplenza, sempre lui – sentiti i partiti – individua il premier incaricato. Un cortocircuito costituzionale?
Sì, formalmente è possibile. Ma lo ritengo improbabile: è vietato sposarsi con se stessi! Come sarebbe una scorrettezza da parte di Mattarella sottrarre al nuovo presidente il potere di fare il nuovo governo, così sarebbe una scorrettezza da parte di Draghi scavalcare l’automatismo della supplenza del ministro più anziano, scegliendosi il successore.
Sono comunque molti poteri in capo a una persona sola…
Siccome non era mai accaduto, si pensava non potesse accadere: nessuno ha pensato di disciplinare l’eventualità.
Si fanno nomi di premier tecnici. La politica non si sente molto bene…
Bisogna capirsi: se per tecnico intendiamo solo chi non appartiene ai partiti, abbiamo una brutta idea della politica. L’articolo 49 della Carta dice che i partiti “concorrono” a determinare la vita politica del Paese. Fa politica chi si occupa della polis. Comunque, il presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale: è più facile per i cittadini riconoscersi in una persona che non ha indossato per 50 anni la maglia di un partito.
Draghi al Quirinale a guidare da fuori, un Parlamento dove quasi non c’è l’opposizione: i contrappesi sono saltati?
In parte è vero. Tutto dipende dalla debolezza della politica. E quando la politica è fragile, il presidente è forte. Perciò la scelta del presidente è la scelta di un uomo forte in un habitat politico spossato. Il Parlamento è senza maggioranze, composto com’è da una maggioranza di minoranze: come si diceva una volta, la situazione è balcanizzata. La forza della candidatura di Draghi dipende dalla debolezza delle alternative.