Nel loro studio, pubblicato su Physical Review Letters, Carlos Blanco e Rebecca Leane hanno analizzato le misurazioni notturne sulla regione equatoriale di Giove, per ridurre al minimo le influenze aurorali.
La materia oscura è un'ipotetica componente di materia che, diversamente dalla materia ordinaria, non emetterebbe radiazione elettromagnetica ma sarebbe rilevabile attraverso i suoi effetti gravitazionali. È stata proposta negli anni '30 del secolo scorso e ancora elude gli scienziati i quali, però, ritengono che costituisca circa il 70-80% di tutta la materia nell’universo. È stata introdotta per giustificare diverse osservazioni astrofisiche, in particolare delle stime della massa delle galassie o degli ammassi di galassie e delle proprietà delle fluttuazioni nel fondo cosmologico.
I ricercatori ipotizzano che potrebbe essere rilevata indirettamente identificando il calore o la luce emessa quando le particelle di materia oscura si scontrano e si distruggono a vicenda. E la natura della luce nell’atmosfera esterna sul lato notturno di Giove potrebbe essere proprio questo genere di prova.
Il team suggerisce che le particelle di materia oscura vengano attratte verso il pianeta dalla sua forte gravità e si scontrino con la ionosfera, producendo, talvolta, fotoni.
Per confermare la propria teoria, il team ha analizzato i dati del Visual and Infrared Mapping Spectrometer a bordo della sonda Cassini, che sorvolò il pianeta nel dicembre 2000, prima di iniziare la sua storica missione nel sistema di Saturno. Particolare attenzione è stata rivolta alle tre ore di osservazioni sul lato notturno di Giove, sulla sua regione equatoriale. Gli scienziati cercavano prove di una maggior produzione di H3+, un catione idrogenonio che, secondo le teorie, sarebbe prodotto dalle collisioni di materia oscura e non dovrebbe essere presente al buio alle basse latitudini.
In effetti, l' H3+ è stato trovato ma ancora non è chiaro se tale quantità è effettivamente superiore a quella che potrebbe essere prodotta in altre circostanze.
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