Visualizzazione post con etichetta Terna. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Terna. Mostra tutti i post

venerdì 15 novembre 2019

Mattarella inaugura elettrodotto Terna.


Ansa

(ANSA) - PESCARA, 15 NOV - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il Presidente del Montenegro, Milo Đukanović, hanno inaugurato oggi il primo 'ponte elettrico' tra l'Europa e i Balcani. Si tratta dell'elettrodotto Italia-Montenegro realizzato da Terna, tra la sottostazione di Cepagatti in provincia di Pescara e Lastva, nel comune di Kotor.

I lavori per la posa dei cavi dell'opera, che si snoda per 445km, sono stati avviati tra il 2015 e il 2017 per un investimento totale di circa 1,1 miliardi di euro. L'infrastruttura in corrente continua, che in linea con le tempistiche pianificate entrerà in esercizio entro la fine dell'anno, consentirà ai due Paesi di scambiare elettricità in maniera bidirezionale: inizialmente per una potenza di 600 MW, che diventeranno successivamente 1.200 MW quando sarà realizzato anche il secondo cavo, previsto nei prossimi anni. L'opera inaugurata oggi rappresenta il più lungo collegamento sottomarino in alta tensione mai realizzato da Terna.


http://www.ansa.it/abruzzo/notizie/2019/11/15/mattarella-inaugura-elettrodotto-terna_a0e1b3d9-5d3f-4220-a331-85b990d485c6.html

domenica 19 marzo 2017

Nomine partecipate, slittano i tempi. Resta forte il marchio renziano: Matteo Del Fante a Poste (e non solo) - Alessandro De Angelis

NOMINE

Come se Matteo Renzi fosse ancora a palazzo Chigi: un giro di nomine “fiorentino”, nella regia e anche nei principali attori, è quello che si definisce in serata per Poste, Eni, Enel, Finmeccanica, Terna e le principali aziende di stato. E che sarà ufficializzato a ore, di certo entro la riapertura delle borse di lunedì mattina. Proprio come tre anni fa quando i posti strategici da assegnare, cemento di ogni governo, furono a giudizio di molti il principale movente della defenestrazione del governo Letta.
La priorità non cambia, sia pur nel mutato contesto con Renzi nei panni di ex premier e di ex segretario. E sancisce il nuovo di boa del renzismo: il ritorno in campo e una lunga marcia che va ben oltre le prossime elezioni politiche, perché gli uomini chiave nei posti chiave, avendo mandato di tre anni, le supereranno.
Il caso più eclatante è Poste Italiane, dove arriva l’ennesimo fiorentino, antica conoscenza di Renzi: Matteo Del Fante, formazione Jp Morgan, già direttore generale di Cassa Depositi e Prestiti e da tre anni a.d. di Terna, la società che gestisce la rete elettrica. Prenderà il posto di Francesco Caio, nonostante i risultati del manager che in questi tre anni ha triplicato gli utili. E nonostante la difesa del ministro Padoan. La sua “colpa” principale è stata quella di aver rotto con la Cisl – non con gli altri sindacati, che si sono schierati con lui – che nell’azienda è la sigla più forte. E che, sussurrano i maligni, è forte anche in vista delle primarie del Pd.
Il passaggio di Del Fante alle Poste libera la casella Terna. Una fonte di governo a tarda sera dice: “Il quadro delle nomine è pressoché chiuso, il problema è Terna dove c’è un braccio di ferro tra Renzi e il Tesoro”. Il nome dell’ex premier (e di Maria Elena Boschi) è Alberto Irace, oggi a capo di Acea. Altro “fiorentino”, come appartenenza politica, anche se cagliaritano nei natali: ha guidato dal 2009 al 2014 la Publiacqua, società toscana che ha avuto nel cda Maria Elena Boschi, Erasmo D’Angelis e che oggi è presieduta da Filippo Vannoni, uno degli accusatori di Lotti nell’affaire Consip. In alternativa Luigi Ferraris, capo dello Finanze di Poste, molto stimato da Padoan o Francesco Sperandini, altro tecnico a capo del Gse (gestore del servizio elettrico), anch’egli stimato dalla Boschi.
Prima della partenza di Padoan per il G20 di Baden Baden, è stato invece già comunicato ai diretti interessati l’avvicendamento a Finmeccanica, dove l’ex banchiere Alessandro Profumo, prenderà il posto di Mauro Moretti, dimissionato non per i suoi risultati, considerati positivi dal mercato e dal governo, ma per la condanna a sette anni in primo grado nel processo sulla strage di Viareggio. Un profilo, quello di Profumo, molto “finanziario” per formazione, alla guida del cuore pulsante delle strategie industriali che in molti ci invidiano. I rumors, in ambienti finanziari, parlando di un grande attivismo di Marco Carrai proprio sul dossier Finmeccanica, sia sul fronte amministratore delegato sia su quello della presidenza, ruolo ricoperto da Gianni De Gennaro. Proprio l’ossessione renziana per gli uomini di mercato è stata determinate per l’opzione Profumo, preferito alla soluzione interna che portava a Fabrizio Giulianini, attualmente alla guida dell’area elettronica della difesa di Leonardo-Finmeccanica.
Confermati i due amministratori delegati che Renzi aveva scelto nel 2014 per Eni e Enel, Claudio Descalzi e Francesco Starace. E saranno confermati anche tutti i fiorentini: Alberto Bianchi, tesoriere della Fondazione Open, dovrebbe rimanere in Enel, Fabrizio Landi nel cda di Finmeccanica, Elisabetta Fabbri in quello di Poste. Come tre anni fa, anche se con Renzi che (formalmente) non è più a palazzo Chigi. Con l’eccezione di qualche critico, come Francesco Boccia. Che, fiutata l’aria, a metà pomeriggio chiede formalmente a Renzi e Padoan che “nessun candidato alle primarie possa incidere nel processo delle nomine”. E si richiama alla “grammatica” istituzionale del governo Prodi che in un contesto analogo – era in scadenza nel 2008 – lasciò l’onere e l’onore delle nomine al governo che a breve avrebbero scelto di elettori. Già, la grammatica istituzionale.

sabato 23 aprile 2016

I nemici delle rinnovabili. - Antonio Sciotto


Installazione di una pala eolica.  © Reuters

Il dossier. Le energie alternative crescono, ma non in Italia. Al palo per una scelta del governo Renzi. Secondo il Rapporto Irex le imprese nostrane investono soprattutto all’estero: «Da noi manca una politica definita, si procede per stop and go». Incentivi azzerati, leggi che si attendono per anni, autorizzazioni impossibili per ammodernare gli impianti: così l’esecutivo affossa le fonti pulite. 

Il mercato delle rinnovabili gode ottima salute, tanto che gli investimenti italiani sono aumentati del 31% nel 2015, ma soprattutto all’estero, in Africa e Sudamerica. Entro i nostri confini il settore vive al contrario un momento di stallo, e nonostante siano stati raggiunti gli obiettivi fissati dalla road map Ue (17% di produzione sul totale dell’energia e 40% sulla sola elettrica), ogni prospettiva di ulteriore sviluppo appare impossibile. Non solo perché sono stati azzerati gli incentivi, ma anche perché oneri fiscali e burocratici, leggi attese a lungo e mai varate, diventano ostacoli insormontabili: una scelta, o se vogliamo una “non” scelta, da imputare in gran parte al governo, che negli ultimi due anni ha trascurato e in alcuni casi anche vessato il comparto, nonostante a parole assicuri di includerlo tra le sue priorità.
A tracciare il quadro economico e di prospettiva delle energie rinnovabili è il Rapporto annuale Irex, La trasformazione dell’industria italiana delle rinnovabili tra integrazione e internazionalizzazione, realizzato dagli analisti della società di consulenza Althesys, coordinati dall’economista Alessandro Marangoni. Nel 2015, spiega lo studio, si sono registrate 140 operazioni, che hanno dato luogo a investimenti per 9,9 miliardi di euro, pari a 6.231 MegaWatt, +31,5% rispetto al 2014. Molto gettonato il settore eolico, con impianti realizzati soprattutto in Africa e Centro-Nord America, e solo per un quarto in Italia. Cresce l’idroelettrico, quasi del tutto realizzato all’estero. Scendono invece gli investimenti nel fotovoltaico (tutti comunque fatti all’estero) e nelle biomasse.
Secondo Marangoni, per un verso è «fisiologico» che le nostre imprese investano all’estero, perché «il mercato europeo è più maturo, e quindi in parte saturo, mentre i paesi cosiddetti emergenti si sviluppano sul piano demografico e dei consumi». In Italia però ci sono dei fattori specifici frenanti: «Oneri burocratici e fiscali più pesanti che nel resto della Ue, e poca chiarezza nella politica energetica. La Francia ad esempio – spiega l’economista di Althesys – pur essendo matura sul piano del nucleare, ha scelto negli ultimi due anni di investire sulle rinnovabili. Da noi, al contrario, si va per stop and go: prima una valanga di incentivi, che poi negli ultimi due anni sono stati tolti. Il che in sé si può anche fare: basta che non accada, come è avvenuto da noi, di varare misure retroattive, che hanno messo nei guai imprese che avevano già programmato gli investimenti».
Se si escludono gli ecobonus per le ristrutturazioni edilizie, che favoriscono solo i piccoli impianti domestici e commerciali, gli incentivi sono scesi ormai a zero. Zero per il fotovoltaico. Fine delle aste per le eoliche: le ultime si sono fermate al 2015, e non è stata mai fatta una legge per indirne di nuove.
Biomasse: restano in piedi incentivi solo per gli impianti più piccoli, il resto è stato cassato, interrompendo così una simbiosi virtuosa che si era instaurata con i produttori agricoli. Il biogas è praticamente scomparso, mentre il biometano avrebbe buone prospettive, se un infinito iter legislativo non avesse fatto arrendere chi voleva creare gli impianti.
Secondo Marangoni «se restiamo fermi alle condizioni attuali, non riusciremo a migliorare le performance realizzate negli anni passati». Se invece si tornasse a favorire le rinnovabili – «che non significa necessariamente incentivi» – si potrebbe arrivare nel 2030 a una percentuale del 50-55% sul totale dell’elettrico.
Lo stesso obiettivo «rinnovabili al 100%», tracciato ad esempio ieri dai Cinquestelle, non sarebbe impossibile per il 2050, magari con tecnologie che ancora non conosciamo: «È il target che si è posta la Danimarca – spiega l’economista di Althesys – Oggi è troppo difficile prevedere da qui a 35 anni, anche se è un obiettivo futuribile. Quello che possiamo dire per certo è che nei prossimi 10-15 anni non potremo sostituire del tutto il termoelettrico. E i sistemi di accumulo delle energie rinnovabili non sono ancora pienamente rispondenti alle esigenze di una completa autosufficienza».
Due le direttrici suggerite alla politica dalla società di consulenza nelle energie e ambiente: «Tornare a bandire nuove aste per l’assegnazione delle tariffe, con la possibilità anche di mettere una quantità di energia direttamente sul mercato, libera per gli scambi, senza passare per il Gse. In altri paesi sono stati sperimentati i cosiddetti Ppa, power purchase agreements, accordi di compravendita di energia tra soggetti privati».
Seconda operazione che sarebbe bene realizzare: «Permettere il riammodernamento degli impianti eolici e idroelettrici, semplificando le procedure autorizzative, oggi scoraggianti per le imprese». Non ci sarebbe bisogno di consumare un metro di nuovo suolo, perché gli impianti, oltretutto più efficienti, sorgerebbero sugli stessi siti di quelli vecchi.
«Oggi in Italia si producono circa 8 giga di fotovoltaico, 9 di eolico, 20-21 di idroelettrico e 2 di biomasse – conclude il professor Marangoni – Credo che le maggiori prospettive di sviluppo le abbia l’eolico, che in pochi anni potrebbe aumentare del 50%, arrivando a 14-15 giga. L’idroelettrico potrebbe crescere fino a 24-25 giga. Il fotovoltaico più che sulle grandi aree industriali potrebbe svilupparsi sugli edifici domestici e commerciali. Infine speriamo finalmente di avviare il biometano».

Record fotovoltaico nel 2015, ma i dati del 2016 sono pessimi.


Record fotovoltaico nel 2015, ma i dati del 2016 sono pessimi

Dopo il record fotovoltaico nel 2015, con l’8% di energia proveniente dal sole, l’Italia rischia di perdere il primato: primi dati del 2016 davvero pessimi.

(Rinnovabili.it) – Subito dopo aver festeggiato il primato mondiale italiano per il contributo del fotovoltaico al fabbisogno elettrico nazionale, rischiamo di dover dire già addio al titolo. Sì, perché a differenza dei dati dello scorso anno le prime stime relative al 2016 sono davvero poco incoraggianti. Dall’8% (dati Photovoltaic Power System Programme dell’Agenzia Internazionale dell’Energia) che ci ha garantito il record fotovoltaico mondiale nel 2015 siamo infatti passati a una media del 5,1% nei primi tre mesi dell’anno. Nello stesso periodo del 2015, tale dato si attestava invece introno al 5,7%. Queste almeno sono le rilevazioni effettuate da terna e pubblicate nel rapporto mensile di Marzo.

Record fotovoltaico italiano a rischio

Lo scorso anno l’Italia è risultata essere il paese dove l’energia prodotta grazie a pannelli fotovoltaici contribuisce di più a soddisfare il fabbisogno energetico nazionale, per una quota complessiva dell’8%. Al secondo e terzo posto si sono classificate invece Grecia e Germania, rispettivamente con percentuali del 7,4% e del 7,1%. Vista la media dei primi 3 mesi del 2016, se Grecia e Germania dovessero mantenere inalterati i livelli di consumi elettrici soddisfatti dal fotovoltaico l’Italia finirebbe facilmente al terzo posto della classifica.

Altre rinnovabili: bene eolico e geotermico, male idroelettrico

Il primo trimestre del 2016 è invece stato positivo per altre fonti di energia rinnovabile. L’eolico, in particolare, ha fatto registrare un +11,1% rispetto allo stesso periodo del 2015. Stesso discorso anche per il settore geotermico, che ha visto un incremento della produzione pari al +3,5% nei primi 3 mesi del 2016.
Se il fotovoltaico ha fatto registrare un calo del -11,3%, una sorte perfino peggiore è invece toccata all’energia idroelettrica, che ha subito un calo nella produzione del -17,6%, da attribuire in gran parte alla forte siccità dell’ultimo trimestre.
Diminuendo così la produzione complessiva di energia da fonti rinnovabili a livello nazionale, cala di conseguenza anche il contributo del fotovoltaico, che passa dal 17,6% del primo trimestre 2015 al 16,6% del 2016.

Verso una battuta d’arresto

Sebbene per le rinnovabili i confronti da un anno con l’altro non siano affidabili al 100%, a causa delle differenti condizioni meteo che incidono molto sulla loro produzione, questi primi dati relativi al 2016 non sono incoraggianti. Nonostante il record per il fotovoltaico dello scorso anno, la situazione per le rinnovabili in Italia non è delle migliori. Sempre secondo stime Terna, nel 2015 la produzione complessiva di energia verde si attestava a quota 40,5% della produzione totale, in netto calo rispetto all’anno precedente (44,9%).
Il settore delle rinnovabili rischia quindi di subire una battuta d’arresto, soprattutto a causa della mancanza di un quadro normativo e politico che ne regoli e sostenga gli sviluppi. Secondo gli ambientalisti, troppo poco è stato fatto negli ultimi anni per favorire lo sviluppo delle energie alternative, mentre fin troppi incentivi sono stati riservati ai combustibili fossili. Per poter cambiare le cose è necessaria una netta inversione di tendenza: non solo da parte delle istituzioni, ma anche e soprattutto da parte dei singoli consumatori.