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venerdì 7 gennaio 2022

A babbo morto. - Marco Travaglio

 

Su un decreto che pare uscito da un manicomio o da un cabaret o dagli alcolisti anonimi – infatti persino Draghi si vergogna e manda avanti tre scudi umani col favore delle tenebre – qualunque discorso coerente sarebbe troppa fatica e troppo onore. Solo pensieri sparsi alla rinfusa.

È soltanto un caso che Mario Draghi faccia partire le nuove norme a scoppio ritardato, o a babbo morto, cioè fra 40 giorni, quando spera ardentemente di non essere più al governo?

Posto che i decreti sono ammessi solo “in casi straordinari di necessità ed urgenza” (art. 99 Cost.), che urgenza possono avere delle norme varate il 5 gennaio per scattare il 15 febbraio?

Quanto alla necessità: posto che i precedenti quattro decreti anti-Covid in un mese, tutti basati sull’equazione “vaccinati=sani, non vaccinati=malati”, dovevano ridurre i contagi, i ricoveri e i morti, che invece si sono moltiplicati, possiamo immaginare gli effetti del quinto, che corre dietro ai soliti No Vax (ormai meno del 10%) anziché far qualcosa per i 18 milioni di Sì Vax senza terza dose? La vera necessità contro il Covid non sarà cancellare i cinque decreti sbagliati e farne uno giusto?

Posto che il vaccino non riesce a farselo neppure chi vuole (solo il 42% dei bivaccinati ha la terza dose), per i 5 mesi di ritardo del governo sui booster, si spera che l’obbligo non convinca nessuno dei 2,2 milioni di No Vax over 50 a vaccinarsi, sennò il sistema – già in tilt oggi di suo – collassa. L’unica chance di far funzionare il decreto è che nessuno lo rispetti.

Il 22 luglio Draghi spiegò il Green pass come “garanzia di essere tra persone non contagiose”: corbelleria scientifica, visto che Delta e ancor più Omicron contagiano vaccinati e non. Così come i tamponi ai turisti stranieri per bloccare Omicron alla frontiera. Ora il Super Green pass rafforzato per over 50 e il modello base per andare sui mezzi o in banca o dal barbiere non è più per fermare i contagi, che dei vaccini se ne fottono, ma per “salvare la vite” ai No Vax (quella dei vaccinati è salva per definizione). Lodevole proposito, ma allora perché non vietare per legge pure il suicidio? Il fatto che chi vuol salvare la vita ai No Vax contro la loro volontà pretenda contemporaneamente una legge per il suicidio assistito (omicidio del consenziente) aggiunge al tutto un tocco di surrealismo.

Siccome le code al gelo sono ancora poche, si sentiva giusto la mancanza di quelle fuori dalle banche e dalle poste per controllare i Green pass o i tamponi.

Per gli over 50 disoccupati sorpresi a zonzo senza vaccino, multa di 100 euro: sempre meno di un tampone molecolare.

Trovata sul web: “Una delle più importanti differenze tra gli uomini e gli animali è che gli animali non permettono al più idiota di diventare capobranco”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/07/a-babbo-morto/6447617/

martedì 21 dicembre 2021

Cosa fatta capo non ha. - Marco Travaglio

 

Roma, domenica pomeriggio: una donna-iena insulta due ragazzi che, in una strada semideserta del centro, osano camminare senza mascherina. Quelli accennano a rispondere che sono all’aperto senza folla intorno. Ma poi, terrorizzati dal climax vocale dell’erinni, estraggono di tasca l’ffp3, mentre quella si allontana maledicendo la gioventù di oggi. Uno mi riconosce e mi chiede chi ha ragione. Panico. Controlliamo sul loro smartphone (io ho un vecchio Nokia), digitando su Google le parole chiave. Apriti cielo: c’è tutto e il contrario di tutto. Il sindaco che annuncia l’obbligo di mascherina, ma solo nelle vie dello shopping e nei giorni delle feste; articoli che dicono che è già in vigore, altri che lo sarà, altri che scatta tra poco; dichiarazioni dell’assessore regionale che chiede al governo di fare di più (ma di più rispetto a cosa? boh). Alla fine facciamo la media e ci regoliamo sul buonsenso: mascherina solo in luoghi affollati, con buona pace di Mrs. Iena.

Quando si insediò il governo Draghi, ci fu assicurato che questi erano Migliori, mica come i peggiori di prima: questi parlano solo a cose fatte, basta annunci, detti e contraddetti, cacofonie di esperti veri o presunti che vanno in tv a spacciare opinioni per leggi e disorientano la gente. Invece, mai visto tanto casino. Ah, quelle belle conferenze stampa quotidiane di Borrelli, affiancato ora da Brusaferro, ora da Locatelli, ora da Rezza! E quegli appuntamenti serali o notturni con Conte che, a ogni dpcm, ci metteva la faccia e veniva a spiegarci cosa aveva fatto e perché, cosa dovevamo fare e perché. Ora Draghi fa piovere tutto dall’empireo, forse perché nessuno riuscirebbe a spiegare – restando serio – astruserie come il combinato disposto fra Green Pass per lavorare (o Super turbo diesel) e il tampone per vaccinati alle frontiere. Meglio non metterci la faccia per non perderla e mandare avanti i ministri che non decidono nulla. E briglia sciolta al Cts, dove non si trovano due scienziati che la pensino uguale; più il viceministro Costa e il sottosegretario Sileri (cane a gatto); più i consulenti di Speranza: Ricciardi (mai d’accordo con Speranza) e Zampa (sempre d’accordo con Speranza); più Rasi, “consulente di Figliuolo” (tra virgolette per evitare querele dall’interessato, che si spera non sia mai d’accordo col generalissimo, ma non ce lo dica per carità di patria); senza contare l’esercito di virologi ed epidemiologi sfusi. A sentirli parlare, c’è chi s’è convinto che da settembre abbiamo l’immunità di gregge, che siamo primi al mondo per vaccini e ultimi per morti e contagi, che il vaccino rende invulnerabili e i tamponi sono una cosa brutta. Infatti ora sente parlare di tamponi ai vaccinati e sta pensando seriamente al suicidio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/12/21/cosa-fatta-capo-non-ha/6433022/

venerdì 8 novembre 2019

Per Alessandro. - Marco Travaglio

L'immagine può contenere: 4 persone, persone che sorridono

Alessandro Morricella era nato a Martina Franca, aveva 35 anni, una moglie e due bambini di 2 e 6 anni. Era un bravo operaio dell’Ilva di Taranto, sequestrata nel 2012 dai giudici di Taranto e subito riaperta per decreto da Monti e dai suoi successori.

L’8 giugno 2015 si è avvicinato, come sempre, al foro di colata dell’altoforno 2 per controllare la temperatura. E, probabilmente per un accumulo anomalo di gas, certamente per la scarsa sicurezza del vetusto impianto, è stato investito da una fiammata mista a ghisa incandescente, che l’ha trasformato in una torcia umana.

Ricoverato in ospedale, è morto dopo quattro giorni di atroce agonia il 12 giugno, proprio nel giorno dedicato alle vittime del lavoro. Una data tutt’altro che casuale: il 12 giugno 2003, sempre all’Ilva, Paolo Franco e Pasquale D’Ettorre erano stati uccisi dal crollo di una gru e subito dimenticati da tutti.

Fuorché dal rapper pugliese Caparezza, che dedicò loro il brano Vieni a ballare in Puglia: (“Tieni la testa alta quando passi vicino alla gru perché può capitare che si stacchi e venga giù”). E dai coraggiosi magistrati di Taranto, che da 7 anni tentano di imporre il minimo rispetto per la sicurezza dei lavoratori e per la salute dei cittadini, facendo lo slalom fra decreti salva-Ilva e scudi penali sfornati dai governi dei più svariati colori per garantire l’impunità a chi gestisce il più grande impianto siderurgico d’Europa.

Dopo la morte di Alessandro, quinta vittima dell’Ilva in tre anni, l’allora procuratore Franco Sebastio indaga vari dirigenti per omicidio colposo e inosservanza delle norme di sicurezza sul lavoro e additano il mancato ammodernamento degli altiforni dell’“area a caldo” dell’Ilva come “concausa non trascurabile” della sua e delle altre quattro morti.

E ottengono il sequestro dell’altoforno 2, poi dissequestrato il 31 ottobre. Ma a condizione che vengano attuate 7 prescrizioni, fra cui l’automazione del campo di colata che ha ucciso Alessandro e gli altri.

Obblighi che in quattro anni non saranno mai rispettati, malgrado il miliardo di evasione fiscale sequestrato dai pm di Milano ai Riva e destinato alla gestione commissariale per gli interventi sulla sicurezza, più il miliardo che i nuovi titolari di Arcelor Mittal prometteranno di investire allo scopo.

Ma intanto il governo Renzi, nel 2015, ha varato l’ennesimo decreto salva-Ilva che autorizza l’uso dell’altoforno 2 appena sequestrato. E ha addirittura regalato l’impunità penale ai commissari di governo, anche per i morti in fabbrica. Nel 2018 la Consulta boccia il decreto Renzi sull’altoforno 2 come incostituzionale.

Motivo: il dl “privilegia in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa”, diritti “cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso”.

Invece sullo scudo, studiato per i commissari e poi finito a coprire Arcelor-Mittal, la Consulta non può pronunciarsi perché viene revocato e poi parzialmente ripristinato da 5Stelle e Lega, e infine cancellato da M5S, Pd, LeU e Iv.

Il 31 luglio 2019, visto che nessuno degli obblighi è stato rispettato, i giudici di Taranto tornano a sequestrare l’altoforno 2. E poi a dissequestrarlo, ma a patto che entro 100 giorni vengano finalmente eseguiti i lavori per mettere in sicurezza l’impianto entro il prossimo 13 dicembre.

Ma l’altro ieri il gruppo franco-indiano comunica al governo la disdetta del contratto che lo impegnava a gestire in affitto e dal 2021 a rilevare gli stabilimenti ex Ilva accampando due scuse.

1) “Con effetto dal 3 novembre 2019 il Parlamento italiano ha eliminato la protezione legale necessaria alla Società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificando così la comunicazione di recesso”.

2) “In aggiunta, i provvedimenti emessi dal Tribunale penale di Taranto obbligano i Commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019, termine che gli stessi Commissari hanno ritenuto impossibile da rispettare – pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2”, quello che ha ucciso Alessandro.

Cioè: Mittal ha scoperto con sgomento che in Italia esistono una Costituzione e un Codice penale. E sfodera due alibi che non reggono: lo scudo penale non esiste in nessun Paese d’Europa, dove Mittal gestisce quasi tutte le acciaierie, con standard di sicurezza e ambiente molto più stringenti di quelli che pretende di perpetuare in Italia; quanto alle prescrizioni sull’altoforno 2, non sono una novità, visto che i giudici le invocano dal 2012 (quando sequestrarono per la prima volta l’Ilva) e ancor più stringentemente dal 2015 (quando morì Alessandro) e nel 2018 la Consulta ha già sentenziato che l’altoforno 2 non può restare aperto se non è messo in sicurezza.

In 7 anni si sono succeduti 6 governi (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte 1 e Conte 2) e 3 gestioni manageriali (Riva, commissari di governo, Arcelor Mittal). I manager hanno sempre disobbedito alla legge, ai giudici e alla Costituzione.

I governi, fino al 2018, han permesso loro di farlo impunemente, sulla pelle dei morti e dei malati. Ora che finalmente la musica è cambiata, si scatena la canea: non contro chi se ne fotteva allegramente del diritto alla vita e alla salute, ma contro chi ha smesso di fottersene.

Ps. Un mese fa, il 1° ottobre, si è aperto al Tribunale di Taranto il processo a sette dirigenti Ilva imputati di omicidio colposo per la morte di Alessandro. Fuori dall’aula, i suoi amici hanno riassunto in uno striscione di sei parole gli ultimi sette anni di storia dell’Ilva:

“Giustizia per Morricella, morto per decreto”.

https://www.facebook.com/TutticonMarcoTravaglioForever/photos/a.438282739515247/2880482165295280/?type=3&theater

sabato 23 marzo 2019

Lasciati a Conte 479 decreti bloccati.



Risultano ancora da approvare 307 provvedimenti risalenti a Gentiloni, 172 a Renzi e 14 persino a Letta.

Dopo un silenzio lungo otto mesi, finalmente – anche a seguito della denuncia de La Notizia – l’Ufficio per il programma di Governo che fa capo direttamente al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ha aggiornato i dati relativi allo stock di decreti che l’Esecutivo Conte dovrà attuare nel corso dei prossimi mesi e dei prossimi anni.
Dal report (fino al 28 febbraio 2019) emerge che dall’insediamento del Governo un gran numero di decreti sono stati attuati e il (pesante) lascito, di Matteo Renzi prima e Paolo Gentiloni poi, si è sensibilmente ridotto. Se infatti a luglio 2018 i decreti da adottare per rendere esecutivi i provvedimenti legislativi approvati ammontavano a 641, a febbraio si è scesi a 479. Si è registrata, dunque, una diminuzione dello stock di oltre il 25% in 8 mesi.
Nel dettaglio sono 307 quelli relativi al periodo Gentiloni e 172 quelli del periodo Renzi. A tutto questo, come se non bastasse, si aggiungono 14 decreti risalenti addirittura a Enrico Letta. Ovviamente anche il Governo Conte ha i “suoi” provvedimenti che richiedono un secondo intervento attuativo. L’andazzo anche qui non è encomiabile: dei 230 decreti previsti, solo 23 sono stati finora adottati. Rimandare, a quanto pare, è la parola d’ordine.

domenica 14 dicembre 2014

Metodo Supercazzola. - Marco Travaglio

Il Metodo Supercazzola, tutto chiacchiere e distintivo, non l’ha certo inventato Renzi: la cosiddetta seconda Repubblica è piena di annunciatori, promettitori, declamatori che a parole ci hanno salvati non una, ma cento volte, poi nei fatti ci han rovinati. Renzi l’ha solo affinato ed elevato alla massima potenza. 
Funziona a tappe. 
1. Scoppia uno scandalo o giunge una notizia negativa. 
2. Il piè veloce Matteo lancia subito un messaggio di segno opposto – via Twitter, Facebook, slide, conferenza stampa, Leopolda, video – per scacciare o declassare il precedente dai titoli di tg e giornali. 
3. La stampa più credulona del mondo abbocca compiacente e strombazza la reazione del premier oscurando l’azione che l’ha provocata: “svolta”, “stretta”, “giro di vite”, “linea dura”, “così cambierà”, “rivoluzione”, “subito”, “ora”, “scatta”, “spunta”. 
4. Le rare volte in cui la tradizione orale diventa scritta, e cioè il messaggio si traduce in testo di legge, tg e giornali ripetono paro paro i titoli già fatti sull’annuncio renziano. Chi legge si divide fra due possibili reazioni: 
“ah, allora era proprio vero, questo Renzi è un uomo di parola”, 
oppure “ah, credevo che la legge ci fosse già, vabbè comunque ora c’è”. Naturalmente la legge non c’è nemmeno ora: è solo un ddl che il governo lancia come un aeroplanino di carta nell’oceano delle aule parlamentari e va a marcire sui fondali senza lasciar traccia di sé. 
5. Al primo nuovo scandalo o fatto negativo, la maggioranza ripesca quel che resta dell’aeroplanino e annuncia che il ddl è in discussione e verrà presto approvato, anzi adesso, subito. I giornali riannunciano: è fatta. Intanto il Parlamento ha altro da fare (di solito qualche decreto o legge delega da approvare alla svelta con la fiducia: roba perlopiù inutile tipo le ferie dei giudici o dannoso come il Jobs Act), o comunque la maggioranza si spacca (di solito per le norme davvero utili o urgenti, tipo contro la corruzione e la mafia); segue bombardamento di emendamenti e il ddl torna sul binario morto. 
6. All’ennesimo nuovo scandalo o fatto negativo, confidando nella smemoratezza generale e nella complicità della stampa, Renzi riannuncia lo stesso annuncio già annunciato qualche mese prima, strappando gli stessi titoli nei tg e sui giornali, e riparte la rumba.

Risultato: zero, nessuna legge sulla Gazzetta Ufficiale. E, anche nel caso rarissimo in cui la legge venga approvata, dopo mesi o anni si scopre che: 
a) nessuno s’è curato di varare i decreti delegati o le norme attuative, dunque il provvedimento è rimasto lettera morta e nulla è cambiato; 
b) oppure la legge contiene un codicillo infilato all’ultimo momento che la rende inapplicabile o sortisce l’effetto opposto a quello annunciato (vedi legge Severino e voto di scambio).
Ora torna di gran moda l’anticorruzione.
Martedì: “Renzi: non lasceremo la Capitale ai ladri, chi sbaglia paga” (La Stampa).
Mercoledì: “Corruzione, pene più dure” (Corriere), “Stretta sui corrotti: carcere più duro e soldi restituiti”, “Il giro di vite di Renzi” (Repubblica).
Venerdì: “Ecco il piano anticorruzione: pene aumentate del 50% e prescrizione più lunga” (Repubblica), “Pene più alte e beni da restituire” (Corriere).
Sabato: “Corruzione, pene più dure. In cella anche chi patteggia”, “Sì alla stretta anticorruzione: pene più alte e beni confiscati. Il premier: ora processi veloci” (Repubblica), ”Stretta del governo sulla corruzione”, “Corruzione, così aumenta la pena” (Corriere), “La svolta di Renzi: ‘Pronto a mettere la fiducia’”, “Renzi: ‘Non daremo tregua’” (La Stampa).
Leggendo meglio, si scopre che gli ora e i “subito” sono balle: non è un decreto, è il solito ddl che non ha i numeri in Parlamento, perché Ncd e FI non lo voteranno mai e, se Renzi chiedesse aiuto ai 5Stelle, farebbero cadere il governo. Un’altra pera di droga ed estrogeni nelle vene esauste del Paese, aspettando che passi la nuttata. 
Come diceva Sabina Guzzanti ai tempi di un altro celebre supercazzolaro: “Il canale di Sicilia è pieno di auto di cittadini convinti che il Ponte sullo Stretto sia stato costruito”.
Il Fatto Quotidiano, 14 Dicembre 2014.