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lunedì 22 aprile 2024

Clamorosa scoperta della fisica: all'interno del vetro e della plastica, il tempo è reversibile. - Francesca Argentati

Freepik-Pixabay

 Incredibile scoperta nel campo della fisica: un nuovo studio ha scoperto che il tempo può essere invertito nel vetro e nella plastica, all'interno dei quali si è dimostrato reversibile. Scopriamo di più.

Il tempo per gli esseri viventi ha un'unica direzione

Il tempo per gli esseri viventi ha un'unica direzione

Freepik

Un colpo di scena degno di nota arriva dall'Università Tecnica di Darmstadt, Germania, dove i fisici hanno scoperto che il tempo è reversibile sia nella plastica che nel vetro. Tutti noi siamo abituati a vedere il tempo come uno scorrere inesorabile di secondi, minuti, ore, giorni, mesi e anni, dai quali non si può tornare indietro: qualcosa che si è rotto non può essere riportato indietro, al suo stato intonso prima della frattura, e il prossimo compleanno non può avere una candelina in meno rispetto al precedente (a meno che non si decida di imbrogliare, naturalmente!). Insomma, il tempo per gli esseri viventi ha un'unica direzione, che ci porta a maturare e invecchiare.

Questo risponde alla Seconda Legge della Termodinamica di Newton, noto anche come "freccia del tempo", secondo cui il disordine di un sistema aumenta col passare del tempo, il quale può solo andare avanti e non indietro. Eppure, per alcuni elementi, con grande sorpresa, sembra non essere proprio così. Il team di scienziati coordinato da Till Böhmer all’Istituto di fisica della materia condensata ha scoperto che lo scorrere inarrestabile e irreversibile del tempo non è omogeneo e generalizzabile, soprattutto nel caso del vetro e della plastica e i loro movimenti molecolari.

I movimenti molecolari del vetro sono reversibili

I movimenti molecolari del vetro sono reversibili

Nature Physics

Questi materiali, infatti, sono costituiti da molecole intrecciate che si muovono continuamente, spostandosi in posizioni sempre diverse per individuare uno stato energetico più idoneo. Questa attività è quella che porta gli elementi a mutare nel tempo, inducendo il concetto dell'invecchiamento. Sebbene, però, il vetro frantumato non possa essere ripristinato e riportato alle sue origini, i ricercatori hanno capito che, invece, i movimenti molecolari di questo materiale sono reversibili. Böhmer ha annunciato che "è stata un'enorme sfida sperimentale"resa possibile grazie al tempo materiale, una sorta di orologio situato all'interno del materiale stesso, che ha un ritmo e una cadenza diversi rispetto al tempo che tutti conosciamo e che scorre in base alla rapidità con cui le molecole si spostano cambiando posizione.

Per decenni gli scienziati hanno provato a calcolare questo tempo materiale, ma senza riuscirci: ora, il team tedesco ha vinto questa sfida con l'uso di videocamere ultrasensibili, in grado di cogliere e registrare le impercettibili oscillazioni delle molecole. Thomas Blochowicz, professore presso l'Università tecnica di Darmstadt e tra gli autori della ricerca, ha affermato che "non si possono semplicemente osservare le molecole oscillare." I fisici hanno puntato un laser su un campione di vetro, creando una luce multidirezionale proveniente dalle molecole, che ha colpito il sensore della fotocamera con puntini chiari e scuri. A questo punto, il team ha calcolato il cambiamento di queste oscillazioni nel tempo, misurando a tutti gli effetti il tempo interno del vetro.

Il tempo del vetro è reversibile, ma anche il suo invecchiamento?

L'analisi statistica delle fluttuazioni è stata coadiuvata dai ricercatori dell'Università di Roskilde, Danimarca. Una collaborazione che ha portato a un risultato incredibile: il tempo materiale del vetro è reversibile e può scorrere all'indietro. Tuttavia, spiega Böhmer, "questo non significa che l’invecchiamento dei materiali possa essere invertito. Anzi: proprio il tempo materiale si conferma la prova dell'irreversibilità dell'invecchiamento e tutto il resto di ciò che si muove all'interno del materiale riferendosi a questa misurazione temporale non ha alcun impatto sul processo di invecchiamento.

La diffusione dinamica della luce ha permesso di monitorare le oscillazioni nel processo di invecchiamento estetico del vetro, che sono risultate stazionarie e reversibili.
La scoperta inedita può essere applicata ai materiali cosiddetti disordinati, sebbene siano necessari ulteriori approfondimenti, tra cui la comprensione di come questa reversibilità sia collegata alle leggi fondamentali della fisica e in che modo il tempo interno cambia in base al tipo di materiale. Non resta che attendere le prossime risposte alle molte domande che questa scoperta ha portato con sé.

giovedì 11 aprile 2024

Alternative sostenibili alla plastica ottenute dai batteri ingegnerizzati.

Queste alternative sostenibili alla plastica sono più resistenti dell’acido polilattico usato di norma.

(Rinnovabili.it) – Gli sforzi per trovare alternative sostenibili alla plastica convenzionale stanno raggiungendo nuovi traguardi. Il lavoro di ingegneri e ricercatori impegnati nella ricerca di soluzioni innovative è in crescita. Restano però alcune sfide aperte. Ad esempio, trovare un materiale che possa offrire le stesse prestazioni delle plastiche tradizionali evitando i loro impatti ambientali.

Oggi sappiamo che l’acido polilattico (PLA) è una delle alternative più promettenti. Si può produrre da fonti vegetali e plasmare con una certa efficienza. Tuttavia, presenta limitazioni legate alla sua fragilità e alla sua degradabilità. Per superare queste difficoltà, i bioingegneri dell’Università di Kobe, in collaborazione con la Kaneka Corporation, hanno sviluppato una tecnica innovativa. Mescolando l’acido polilattico con un’altra bioplastica chiamata LAHB, sono riusciti a ottenere un materiale con proprietà desiderabili, come la biodegradabilità e una maggiore lavorabilità.

Una fabbrica di batteri per produrre plastica biodegradabile.

Il processo ha richiesto l’ingegnerizzazione di ceppi batterici per produrre il precursore del LAHB, manipolando il loro genoma per ottimizzare la produzione. I risultati, pubblicati sulla rivista ACS Sustainable Chemistry & Engineering, indicano la creazione di una “fabbrica di plastica batterica” che produce catene di LAHB in quantità elevate, utilizzando solo il glucosio come materia prima. Con la manipolazione genetica dei batteri, dicono gli scienziati, è possibile controllare la lunghezza delle catene e quindi le proprietà della plastica risultante.

Il materiale ottenuto, chiamato LAHB ad altissimo peso molecolare, è stato aggiunto all’acido polilattico per creare una plastica altamente trasparente, più modellabile e resistente agli urti rispetto all’acido polilattico puro. Inoltre, questa nuova plastica si biodegrada nell’acqua di mare entro una settimana. Potrebbe essere l’anello mancante tra la sostenibilità e la versatilità delle bioplastiche?

Il team che lo ha sviluppato ci crede e guarda al futuro con ambizione. Tra le ipotesi di lavoro future c’è l’uso della CO2 come materia prima per la sintesi di plastiche utili.

https://www.rinnovabili.it/economia-circolare/ecodesign/alternative-sostenibili-alla-plastica-ottenute-dai-batteri-ingegnerizzati/

sabato 2 aprile 2022

Via gli imballaggi in plastica per la frutta, tasse su confezioni monouso, vuoto a rendere: così si muovono i paesi Ue. E l’Italia resta a guardare. - Luisa Gaita

 

CARRELLI DI PLASTICA, LA NOSTRA CAMPAGNA CON GREENPEACE - L'adozione maldestra della direttiva Ue per l’Italia è l’ennesima occasione mancata, dopo la lunga serie di rinvii della plastic tax e, in generale, l’adozione di norme sbilanciate verso la sostituzione degli articoli monouso con articoli (sempre monouso) fatti di materiali alternativi. Per non parlare del tema del riuso. Ecco una panoramica su ciò che fanno gli altri Paesi Ue e su ciò che non ha fatto Roma.

Come si sta preparando il nostro Paese agli effetti sul fronte energetico della guerra in Ucraina? Nessuno ha ancora pensato a una cosa semplice: eliminare gli sprechi. Questa campagna de Ilfattoquotidiano.it e Greenpeace punta a dimostrare l’inutilità dell’enorme consumo quotidiano di plastica in Italia. E quindi dei suoi (sempre più alti) costi di produzione. Oltre a quelli ambientali.

Da gennaio 2022 in Francia è vietato l’utilizzo di involucri di plastica per la vendita di circa 30 tipi di frutta e verdura. Una norma dall’effetto tangibile sul carrello della spesa, sulla pattumiera a casa e sulle montagne di imballaggi che non è detto arrivino mai alla differenziata e al riciclo. In Spagna si va nella stessa direzione e il Senato ha appena approvato il progetto di legge sui rifiuti e i suoli contaminati, che recepisce nell’ordinamento nazionale la Direttiva sul monouso. Lo fa in ritardo, ma pone particolare attenzione alla riduzione degli imballaggi, oltre che al riutilizzo dei contenitori per alimenti e bevande e alla promozione dell’uso dell’acqua potabile. Anche Austria e Germania continuano a scommettere sul riutilizzo, con la prima che è diventata il primo paese europeo ad attuare obiettivi vincolanti. Alcuni Stati mettono in campo azioni incisive focalizzando meglio di altri il problema legato alla plastica, ossia la sua produzione fuori controllo. C’è chi lo fa approfittando del recepimento della direttiva sulla plastica monouso (la SUP, Single Use Plastic), c’è chi prova a superarla e c’è chi non riesce neppure a seguire la strada tracciata dalla norma europea che, comunque, presenta già i suoi limiti. Perché la SUP vieta alcuni prodotti monouso, ma non interviene in modo efficace su imballaggi e altre tipologie di plastiche usa e getta. In assenza di un quadro normativo globale di riferimento, quindi, ogni Paese fa da sé. L’Italia non riesce a stare al passo e arranca un po’ su tutto: dal recepimento della SUP alla mancanza di norme che puntino al riutilizzo tanto raccomandato dall’Unione europea, ma a cui si preferisce la sostituzione di articoli in plastica con alternative sempre monouso.

Lo scivolone sulla direttiva Sup, che alcuni Paesi superano – Nonostante ci siano ancora cinque Paesi europei che non hanno ancora recepito la direttiva del 2019 (Lussemburgo, Slovenia, Cipro, Polonia ed Estonia), questo resta un terreno scivoloso per l’Italia. Roma rischia la procedura d’infrazione dopo l’entrata in vigore (il 14 gennaio 2022, con oltre sei mesi di ritardo) del decreto legislativo che recepisce la SUP. In modo non corretto a sentire la Commissione Ue, che ha bocciato le deroghe al divieto di vendere, tra le altre cose, posate, piatti, cannucce, bastoncini cotonati e agitatori per bevande. La norma italiana, infatti, esclude dal divieto i prodotti dotati di rivestimento in plastica con un peso inferiore al 10% dell’intero prodotto e, per quelli destinati a entrare in contatto con gli alimenti, consente di ricorrere ad alternative in plastica biodegradabile e compostabile. In direzione opposta l’Irlanda, che nella sua strategia nazionale si impegna a estendere il divieto di vendita degli articoli indicati nella direttiva anche ad altri prodotti, come salviette umidificate, articoli da bagno in plastica monouso per hotel e utilizzati per il confezionamento di zucchero e condimenti. La Germania, che si era già mossa nel 2019 con la legge sugli imballaggi (VerpackG) modificata nel 2021, ha introdotto nel proprio ordinamento i divieti imposti dalla SUP e ha lavorato a ulteriori misure per ridurre il consumo di imballaggi in plastica monouso.

Le altre occasioni mancate in Italia – Per l’Italia è l’ennesima occasione mancata, dopo la lunga serie di rinvii della plastic tax e, in generale, l’adozione di norme sbilanciate verso la sostituzione degli articoli monouso in plastica tradizionale con articoli (sempre monouso) fatti di materiali alternativi, come la plastica compostabile. Sul fronte del riuso, asse portante dell’imminente revisione della direttiva comunitaria sul packaging, nel 2019 è stata introdotta la possibilità, per i consumatori, di utilizzare i propri contenitori riutilizzabili per l’acquisto di prodotti alimentari. Una pratica tuttora poco diffusa, anche per effetto della pandemia che avrebbe richiesto, invece, la predisposizione di prassi igienico-sanitarie nei settori coinvolti. Solo a settembre 2021, inoltre, è stato disposto il decreto attuativo del ‘bonus antiplastica’, il contributo a fondo perduto di 5mila euro che dovrebbe aiutare ad aprire nuovi negozi per la vendita esclusiva di prodotti sfusi o ad attrezzare spazi ad hoc anche all’interno dei supermercati, dedicati alla vendita di prodotti alimentari e detergenti sfusi o alla spina. Erano stati stanziati 40 milioni di euro (per il 2020 e il 2021), in attesa del decreto del Ministero della Transizione Ecologica, d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico che avrebbe dovuto definire, entro il 15 dicembre 2019, le modalità per l’ottenimento del contributo. Mentre l’attesa bloccava l’accesso ai fondi, si è continuato però a spendere risorse per i compattatori, gli impianti ‘mangiaplastica’ che tra qualche anno, secondo le indicazioni del Parlamento (e dell’Ue), non dovrebbero servire più. Altri Paesi, invece, hanno utilizzato proprio il recepimento della direttiva SUP per andare oltre, come raccontato già ad aprile 2021 da uno studio redatto per conto di Greenpeace Italia dall’ingegnere Paolo Azzurro, consulente tecnico in materia di rifiuti ed economia circolare, che ha esaminato le azioni intraprese dall’Italia e dagli altri Paesi.

In Francia niente plastica per frutta e verdura  Va oltre certamente Parigi. Il 30 gennaio 2020 il Parlamento francese ha approvato il testo del progetto di legge sui rifiuti e l’economia circolare, la Legge Antispreco, a cui ha fatto seguito un decreto ad hoc su riduzione, riutilizzo e riciclaggio. E se finora il 37% dei prodotti ortofrutticoli è stato venduto con l’imballaggio, il governo Macron stima di risparmiare circa un miliardo di imballaggi all’anno con il divieto, scattato a gennaio 2022, di utilizzare involucri di plastica per la vendita di circa 30 tipi di frutta e verdura (su confezioni che pesano meno di un chilo e mezzo). Nella lista, mele, pere, arance, clementine, kiwi, mandarini, limoni, pompelmi, prugne, meloni, ananas, mango, frutto della passione, cachi, ma anche porri, zucchine, melanzane, peperoni, cetrioli, patate e carote, pomodori tondi, cipolle e rape, cavoli, cavolfiori, zucca, pastinaca, ravanello, topinambur, ortaggi a radice. Sono previste esenzioni per la frutta tagliata e trasformata e soglie di tolleranza fino al 2026 per i prodotti più delicati.

Le tre ‘R’ di Parigi – Ma Parigi ha anche fissato un target nazionale per l’eliminazione degli imballaggi in plastica monouso entro il 2040, stanziando 40 milioni di euro per investimenti sul riutilizzo per il 2021-2022 come parte del suo fondo per l’economia circolare. Il governo si è posto obiettivi di riduzione, riutilizzo e riciclo per periodi consecutivi di 5 anni. Per il riutilizzo di tutte le tipologie di imballaggi immessi sul mercato il target è del 5% entro il 2023 e del 10% entro il 2027. Sul fronte riduzione si punta al -20% già per il 2025. E se dal 2020 tutti gli esercizi dove si somministrano alimenti e bevande non possono mettere a disposizione tazze, bicchieri e piatti usa e getta in plastica per il consumo sul posto, dal 2023 questo divieto sarà esteso a tutte le opzioni monouso (non solo a quelle in plastica), con l’obbligo di impiegare quelle riutilizzabili. Misure specifiche, invece, per le bottiglie in PET (polietilene tereftalato) per liquidi alimentari: per arrivare a dimezzare entro il 2030 il numero di bottiglie in plastica monouso per bevande immesse sul mercato (con target di riciclo del 77% entro il 2025 e del 90% entro il 2029) da gennaio 2022 gli edifici pubblici devono avere almeno una fonte di acqua potabile collegata alla rete accessibile al pubblico e anche le attività di ristorazione e i locali di somministrazione di bevande devono dare ai consumatori la possibilità di richiedere acqua potabile gratuita.

La Spagna segue l’esempio – In Spagna ha fatto molto discutere anche la misura contenuta nella bozza del Regio Decreto spagnolo sugli imballaggi e sui rifiuti con la previsione che, dal 2023, nelle attività commerciali al dettaglio (indipendentemente dalla loro dimensione) frutta e verdura confezionate in lotti di peso inferiore a un chilo e mezzo non siano più vendute in imballaggi di plastica. Il compito di stilare la lista di prodotti a rischio deterioramento (esclusi, quindi, dal divieto) all’Agenzia spagnola per la sicurezza alimentare e la nutrizione. Il progetto di legge appena approvato dal Senato prevede che, entro il 1° gennaio 2023, i rivenditori di generi alimentari la cui superficie sia pari o superiore a 400 metri quadrati destineranno almeno il 20% della propria superficie di vendita all’offerta di prodotti presentati senza imballaggio primario, compresa la vendita sfusa o attraverso imballaggi riutilizzabili. Tutti gli esercizi alimentari che vendono prodotti freschi e bevande, nonché cibi cotti, dovranno accettare l’uso di contenitori riutilizzabili, che potranno essere rifiutati dal commerciante se sono sporchi o non idonei. Viene, inoltre, introdotta una tassa speciale sui contenitori di plastica non riutilizzabili (con aliquota a 0,45 euro al chilogrammo).

Dall’Austria alla Germania: gli altri Paesi che scommettono sul riuso – In Portogallo, a partire dal 2030, il 30% del packaging dovrà essere riutilizzabile. A novembre 2021, però, è stata l’Austria il primo paese europeo ad attuare obiettivi di riutilizzo vincolanti e applicabili, imponendo nella legge sulla gestione dei rifiuti una quota di riutilizzo delle bevande del 25% entro il 2025. I supermercati sono obbligati a fornire almeno il 15% di birra e acqua (il 10% per bevande analcoliche, succhi e latte) in imballaggi riutilizzabili. In Germania, invece, un recente emendamento alla legge sugli imballaggi prevede, dal 2023, l’obbligo per ristoranti, bistrot e caffè (con alcune esenzioni) di mettere a disposizione dei consumatori alimenti e bevande anche in contenitori riutilizzabili, sia per il consumo sul posto che da asporto. Questi contenitori verranno consegnati ai clienti a fronte di un deposito cauzionale (DRS, Deposit Return Systems), che li spinga alla restituzione. Da quest’anno, inoltre, il sistema di deposito su cauzione tedesco sarà esteso progressivamente a tutte le bottiglie per bevande in plastica monouso, a prescindere dal tipo di bevanda contenuta.

Il vuoto a rendere – D’altronde per gli esperti il cosiddetto ‘vuoto a rendere’ è l’unico strumento che potrà consentire ai Paesi europei di raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei imposti dal pacchetto Economia circolare e, in particolare, proprio dalla direttiva SUP, che impone un tasso di raccolta del 90% per le bottiglie di plastica per bevande entro il 2029 (con un obiettivo di raccolta intermedio del 77% entro il 2025) e un minimo del 25% di plastica riciclata nelle bottiglie in PET dal 2025 (30% dal 2030 in tutte le bottiglie in plastica per bevande). In Italia il deposito su cauzione per imballaggi di bevande di plastica, vetro e alluminio, è stato introdotto con il decreto Semplificazioni, ma non è mai entrato in funzione. A novembre 2021, l’associazione Comuni Virtuosi, insieme ad altre 15 ong, tra cui anche Greenpeace, ha lanciato un appello – e nelle scorse settimane una campagna di sensibilizzazione – ricordando che in Europa sono attualmente attivi dieci sistemi, tra cui quello tedesco che conta 83 milioni di consumatori. I vari sistemi sono stati introdotti prima in Svezia, Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Estonia, Croazia, Lituania. Altri tredici paesi ne hanno annunciato l’introduzione nei prossimi quattro anni: Malta, Lettonia, Portogallo, Romania, Irlanda, Slovacchia, Scozia e Turchia nel 2022, Grecia e Ungheria nel 2023, Regno Unito nel 2024, Austria e Cipro nel 2025. Anche in Spagna c’è un’importante novità. Sempre il decreto appena approvato in Senato stabilisce degli obiettivi di raccolta differenziata per le bottiglie monouso in plastica per bevande (con capacità fino a tre litri): il primo step è il 70% di quelle introdotte sul mercato entro il 2023, per arrivare gradualmente all’85% nel 2027 e al 90% entro il 2029. Ma nel caso in cui gli obiettivi fissati nel 2023 o nel 2027 non siano raggiunti a livello nazionale, entro due anni sarà attuato su tutto il territorio un sistema di deposito su cauzione obbligatorio per garantire il rispetto degli obiettivi al 2025 e 2029 introdotti proprio dalla Direttiva SUP. Cosa manca in Italia? Si attende un decreto attuativo che sembra presentare alcune “complessità tecniche e organizzative”. Stando alla risposta a un’interrogazione parlamentare del M5S, servirebbe una “modifica normativa” da emanare entro giugno 2022.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/04/02/via-gli-imballaggi-in-plastica-per-la-frutta-tasse-su-confezioni-monouso-vuoto-a-rendere-cosi-si-muovono-i-paesi-ue-e-litalia-resta-a-guardare/6503260/

martedì 27 marzo 2018

A Londra strade asfaltate con le bottiglie di plastica riciclata. - Belloni

A Londra strade asfaltate con le bottiglie di plastica riciclata

L'esperimento nel quartiere di Enfield: materiale di recupero come collante al posto del bitume preso da combustibili fossili.
La guerra contro la plastica adesso ha una nuova frontiera: utilizzare bottiglie e altri scarti per costruire le strade. In Gran Bretagna questo sogno ecologico è giù diventato realtà e di recente ha raggiunto Londra, grazie all’amministrazione del quartiere di Enfield. Per adesso gli amministratori si sono concentrati su una via, ma nel mirino ci sono altre strade e spazi da sottoporre al riciclo creativo.
L’intervento pilota ha riguardato una parte di Green Dragon Lane (nella foto in alto) ed è stato così positivo che Transport for London ha deciso di erogare un finanziamento per i lavori e ha suggerito di ripetere l’esperimento anche per alcune fermate degli autobus nella stessa zona. Anche perché la nuova miscela “amica della Natura” risulta vantaggiosa pure sotto altri aspetti: è più resistente all’usura e quindi dura molto più a lungo dell’asfalto tradizionale consentendo un risparmio di costi significativo.
Il responsabile dell’ambiente del consiglio di Enfield, Daniel Anderson, si è detto soddisfatto dei risultati e soprattutto felice di sapere che mari e oceani soffrono meno grazie alle scelte organizzative del suo quartiere. La sua idea è quella di ridurre al minimo l’impronta di carbonio che ogni ente produce con le sue scelte. Perché non tutti riflettono sul fatto che ogni persona lascia una traccia di inquinamento con le sue scelte.
La strada che è stata selezionata per l’asfaltatura innovativa è molto trafficata, visto che rappresenta lo snodo per tre diverse linee di trasporto pubblico e viene sfruttata anche da molte auto private. Fino ad ora i risultati sembrano positivi e questo apre un nuovo orizzonte nell’ambito dei lavori pubblici.
Prodotto dalla società MacRebur, che ha sede a Lockerbie, questo asfalto speciale contiene un mix di plastiche riciclate. Per ogni tonnellata di asfalto si usano tra i tre e i dieci chili di materiale di recupero, che servono come agente collante al posto del bitume preso da combustibili fossili.
La società ha ottenuto un milione di sterline attraverso il crowfounding e nel 2016 si è aggiudicata il premio della Virgin di Richard Branson come start up guadagnando un finanziamento da 50mila sterline e una campagna di marketing da 250mila sterline.
Il suo primo intervento sul suolo britannico è stato in Cambria, con un programma di asfaltature da 200mila sterline per l’autostrada A7 nel Lake District, che ha utilizzato l’equivalente di 500mila bottiglie di plastica. Ma la MacRebur ha anche realizzato una strada di servizio al Carlisle City Airport e vanta progetti da completare con i consigli di Fife e Cambridgeshire.
L’intervento di Enfield, però, è il primo nella capitale e anche il primo ad aver ottenuto l’appoggio di Transport for London, il che potrebbe portare ad alzare il tiro dei lavori a anche a una ribalta di tipo internazionale.
Va segnalato che l’idea di riciclare la plastica per costruire strade non è del tutto nuova. La Kws, una società del gruppo edilizio VolketWessel, ha avviato un progetto chiamato Plasticroad, che si basa su principi per certi versi analoghi. A Rotterdam è stata costruita un paio d’anni fa la prima strada modulare con questo sistema, che ricorda una specie di Lego, con strutture fisse fatte in plastica riciclata, che si possono disporre rapidamente e sollevare altrettando velocemente per fare riparazioni e intervenire su perdite di acqua o gas, che invece oggigiorno richiedono blocchi di giorni prima di essere risolti.

domenica 18 marzo 2018

Da Capri alla Feniglia, il mistero dei dischetti di plastica spiaggiati. - Nicoletta Cottone



Migliaia di dischetti di plastica hanno invaso le spiagge del Tirreno. Dalla Feniglia a Capri, passando per Ischia, Fregene, Anzio e Talamone, una distesa di cerchietti di plastica retinati si è abbattuta sulle spiagge di Toscana, Lazio e Campania. Le ondate hanno riversato sulle spiagge dischetti del diametro di cinque centimetri che, dimensione a parte, somigliano ai coperchietti grigliati di alcune cialde da caffè.
L'allarme lanciato da Clean Sea Life.
La vicenda è stata resa nota da Clean Sea Life, progetto cofinanziato dall'Unione europea che vuole accrescere l'attenzione del pubblico sulla quantità di rifiuti in mare e sulle spiagge, promuovendo le migliori pratiche di prevenzione e gestione dei rifiuti marini. Dalle prime indiscrezioni potrebbero essere dischetti impiegati nei sistemi di depurazione delle acque. Un fatto analogo avvenne nel marzo 2011 in America: per le forti piogge l’impianto di trattamento della città di Hookset riversò milioni di dischetti in mare (se ne contarono poco meno di 8 milioni).
Raccolta e foto per risalire al'origine dello sversamento. 
Con lo slogan “tutti insieme per un mare pulito” hanno invitato turisti, sub, diportisti, bagnini e bagnanti a rimboccarsi le mani e, armati di guanti, raccogliere i dischetti segnalando con foto e video gli spiaggiamenti, per risalire all'origine dello sversamento.
Le prime segnalazioni a Ischia. 
Per ora le prime segnalazioni sono datate 20 febbraio e riguardano Ischia. Man mano spinti dalle correnti i dischetti si sono riversati sulle spiagge di tre regioni. Per risolvere il giallo sono al lavoro gli ocenografi del Lamma (Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile della Regione Toscana), il Cnr e la Fondazione per il clima e la sostenibilità. La Regione Lazio ha mobilitato l'Arpa. Il caso è stato segnalato ai carabinieri e alle capitanerie di porto e al reparto ambientale della Guardia costiera.

giovedì 18 maggio 2017

Le 5 isole di plastica che soffocano il mare. - di Nicoletta Pennati


Un'immagine della spiaggia dell'isola Henderson, nel Pacifico meridionale (LaPresse)

La massa dei rifiuti che fluttua nel Pacifico è grande quanto l'Europa e si alimenta di una tonnellata al giorno. Un libro-inchiesta rinnova l'allarme e dà i numeri dei veleni che intossicano gli oceani e il Mediterraneo.

13 gennaio 2014

Le 5 isole di plastica che soffocano il mareFoto Corbis
Lucio Dalla ha scritto Com'è profondo il mare, nella sua casa che guarda Cala Matano, sull'isola di San Domino, alle Tremiti (Puglia). E così si intitola il bel libro di Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della navigazione e dei trasporti all'università di Bari appena uscito per Chiare Lettere. Perché questa inquietante inchiesta in difesa del mare parte e ritorna alle Tremiti e perché i versi del grande cantautore erano un grido d'allarme (Così stanno bruciando il mare, cosi_ stanno uccidendo il mare, cosi_ stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare). Ma dal 1977, anno in cui uscì l'omonimo album, l'uomo ha fatto ancora altri e peggiori danni. Ecco alcuni dati e brani tratti dalla prima parte del libro, "Mare di plastica".
Isole di plastica. Non sono segnate sulle carte nautiche, né si possono avvistare dall'alto o su Google Earth. Eppure sono 5 le isole di plastica fluttuante negli oceani censite dall'oceanografo Curtis Ebbesmeyer: due nell'Atlantico, una nell'Oceano Indiano, due nel Pacifico, ma sono soltanto le principali. Ne ha stimato l'estensione totale in milioni di miglia quadrate. Solo quella del Pacifico settentrionale (Great Garbage Patch), scoperta nel 1996 dal capitano californiano Charles Moore, pare sia grande quanto l'Europa

Microscopici frammenti.
 L'isola è formata da centinaia di miliardi di microscopici frammenti di plastica, impalpabili nuvole inquinanti che fluttuano nel mare, si polverizzano e si disperdono, fermandosi in sospensione appena sotto il livello della superficie, oppure, in base alla loro densità, in tutta la colonna d'acqua sino al fondale. Il guaio è che questi frammenti assomigliano al plancton, le particelle elementari da cui si rigenera la vita negli oceani e da cui parte la catena alimentare. Non c'è creatura marina per la quale il plancton non sia alla base dell'esistenza: i pesci e gli uccelli che non lo mangiano direttamente vivono comunque delle altre creature che se ne cibano.
Una tonnellata al giorno. Si è stimato che solo il Great Pacific Garbage Patch venga alimentato da una tonnellata di plastica al giorno.
Buste. Dei cento milioni di tonnellate di plastica prodotta ogni anno il 10 per cento va a finire in mare, da cinquecento miliardi a un trilione sono solo buste; la stessa quantità si registra per piatti, bicchieri, pellicole per alimenti e bottiglie. Così in meno di cinquant'anni gli oggetti che utilizziamo solo per qualche attimo hanno formato un continente artificiale di roba inutile di cui non ci libereremo mai. Galleggerà in eterno senza che si riesca a raccoglierla.
Morte annunciata. Ogni anno, nei mari del mondo, tra tartarughe e mammiferi marini muoiono 100.mila esemplari, e circa 1 milione di uccelli marini vengono sterminati da tappi di plastica, ugelli degli spray, persino soldatini e spazzolini da denti. Gli uccelli avvistano i frammenti dal cielo, si tuffano in picchiata scambiandoli per cibo e quando li hanno nel becco è ormai troppo tardi.
Mediterraneo malato grave. Nel Mediterraneo il problema è più grave: in questo mare chiuso la plastica rimane prigioniera. Qui, in media, ci sono 115.000 pezzetti per chilometro quadrato, il che vuol dire che in tutta l'estensione marina ce ne sono 290.000.000.000 nei primi quindici centimetri d'acqua, ovvero una fascia delicata e preziosa per la riproduzione e l'alimentazione dell'ecosistema marino che i biologi chiamano «neuston».
Costa ligure-tirrenica. Si calcola che nel solo bacino nord-ovest del golfo di Genova si ritrovano in media 200.000 microframmenti per chilometro quadrato. Al largo di Portoferraio (Isola d'Elba) la concentrazione di plastica, forse per un gioco di correnti, raggiunge gli 892.000 microframmenti per chilometro quadrato.
Spiagge. Alle Hawaii sono stati trovati 200.000 frammenti per ogni chilo di sabbia.

domenica 6 settembre 2015

Treni sulle ali del vento: presto sarà attiva in Olanda la prima ferrovia a energia eolica.

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Il progetto "verde" verrà completato entro il 2018 grazie a impianti locali, belgi e scandinavi che forniranno al sistema ferroviario 1,4TWh di elettricità.


 L'Olanda si prepara a realizzare un nuovo ambizioso progetto nel settore delle rinnovabili: attivare entro il 2018 la prima rete ferroviaria alimentata esclusivamente da energia eolica. L'elettricità prodotta dal vento arriverà da impianti olandesi, ma anche dal Belgio e dai Paesi scandinavi. Gli impianti eolici tuttora attivi forniscono già la metà dell'energia richiesta dalla rete ferroviaria elettrica che ogni giorno viene utilizzata da 1,2 milioni di passeggeri.

L'accordo che porterà alla messa a punto del progetto è stato siglato nei giorni scorsi dalla compagnia energetica olandese Eneco e dalla cooperativa Vivens. Ma questo non è certo l'unico esempio di investimento nel settore delle rinnovabili per i Paesi Bassi. Recentemente, infatti, Rotterdam ha annunciato di voler costruire strade di plastica riciclata e un "mulino a vento" di ultima generazione per alimentare il porto. L'anno scorso a Krommenie è stata invece inaugurata la prima pista ciclabile solare

Secondo Michel Kerkhof, account manager di Eneco, questa soluzione potrebbe rivoluzionare l'impiego di energie rinnovabili nel settore ferroviario e in altre industrie primarie. "I trasporti - spiega - sono responsabili del 20% delle emissioni di CO2 in Olanda". Gli impianti eolici forniranno al sistema ferroviario 1,4TWh di elettricità - cioè 1,4 bilioni di wattora, l'equivalente di quanto consumato dalle abitazioni della sola Amsterdam.


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