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domenica 21 marzo 2021

Caduto Conte, Marcucci apre a 4 renziani le porte del Pd.


Il capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci non ha alcuna intenzione di lasciare la sua poltrona e rimettere il mandato nelle mani del neo-segretario Enrico Letta, come si sarebbero aspettati dal Nazareno. Non una mossa obbligatoria ma sarebbe stato un beau geste, come quello di Brando Benifei al Parlamento Ue, dopo l’elezione del nuovo segretario. E così, in vista di martedì, quando Letta riunirà i senatori dem, Marcucci non solo non si dimette ma prova a convincere il segretario che a capo dei senatori deve restarci lui. Entro martedì, infatti, Marcucci dovrebbe ufficializzare l’arrivo di tre senatori renziani che tornano a casa: Eugenio Comincini, Leonardo Grimani e Mauro Marino. Si parla anche della fuoriuscita dal gruppo di Iv per tornare nel Pd del deputato Camillo D’Alessandro che nelle ultime settimane aveva chiesto il congresso nel piccolo partito di Renzi. A metà gennaio, quando i giallorosa cercavano “responsabili” per salvare il governo Conte tra i senatori di Iv, era stato proprio Marcucci (spesso considerato una colonna renziana tra i dem) a frenare i nuovi arrivi ,mentre oggi apre loro le porte.

La mossa di Marcucci non serve solo a mostrare a Letta il suo controllo sul gruppo ma anche ad aumentare i voti per farsi rieleggere capogruppo: al momento su 35 senatori Pd, quelli di Base Riformista sono 22 e altri due voti potrebbero far comodo. Un attivismo, quello di Marcucci, che ha irritato il Nazareno proprio ora che Letta propone una norma contro il “trasformismo parlamentare”. Ieri intanto Renzi ha riunito l’assemblea nazionale di Iv e lanciato la “primavera delle idee”: tre mesi di dibattiti web per “entrare in sintonia col Paese” in vista della Leopolda autunnale. Poi l’ex premier ha sfidato Letta e il Pd: “Su giustizia, sud, cantieri e lavoro decida se stare con noi o con il M5S” ha detto. Infine ha fatto capire che qualcuno potrebbe andarsene: “Chi non vuole stare con noi lo salutiamo”. Nei prossimi giorni, a inizio settimana, Letta e Renzi si incontreranno.

IlFattoQuotidiano

sabato 2 maggio 2020

Coronavirus, chi riparte il 4 maggio. Lo studio: “Per il 63% lavoratori del Nord. Tre su 4 sono uomini, solo il 37% sarà in smartworking”.

Coronavirus, chi riparte il 4 maggio. Lo studio: “Per il 63% lavoratori del Nord. Tre su 4 sono uomini, solo il 37% sarà in smartworking”

La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro evidenzia che le riaperture riguardano comparti - manifatturiero, costruzioni, commercio - in cui è quasi sempre necessario il lavoro in sede. E parla di "un quadro non coerente rispetto alla diffusione della pandemia" perché la ripresa si concentrerà nelle aree più colpite dal virus: di nuovo attivi 2,8 milioni di occupati al Nord contro 812.000 al Centro e 822.000 nel Mezzogiorno.

Per il 75% uomini, per il 60% impiegati nell’industria, per il 63% residenti al Nord e in prevalenza lavoratori dipendenti e over 40. È l’identikit di chi da lunedì 4 maggio – giorno di inizio della “fase 2” del lockdown – tornerà a lavorare in base al Dpcm del 26 aprile. Si tratta di 4,4 milioni di persone, mentre 2,7 milioni resteranno ancora fermi. Su 100 rimasti a casa per effetto dei provvedimenti di sospensione delle attività, dunque, il 62,2% potrà tornare al lavoro. Ma la ripresa presenta quelli che la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, in uno studio basato sui microdati delle Forze Lavoro Istat, definisce “paradossi“, parlando di “un quadro non coerente rispetto alla diffusione della pandemia” per quanto riguarda la distribuzione geografica delle riaperture.
Infatti la ripartenza interesserà maggiormente il Nord Italia, più esposto al contagio: la ripresa delle attività produttive “si concentrerà proprio nelle aree più interessate dal Coronavirus“, perché a fronte di 2,8 milioni di occupati nel Settentrione, “saranno 812.000 al Centro e 822.000 nel Mezzogiorno” a ricominciare a svolgere le proprie mansioni. Tra le regioni interessate, si legge nello studio dei professionisti, “LombardiaEmilia-RomagnaPiemonte, Veneto e Marche, dove il tasso di rientro oscilla intorno al 69%;”. Molto più basse le percentuali nelle altre zone del Paese, ossia “in Valle d’Aosta (49,3%), Lazio (46,7%), Sicilia (43,4%), Calabria (42,5%) e Sardegna (39,2%)“: qui, la ‘fase 2’ coinvolgerà meno di un lavoratore su due tra quelli sospesi per effetto dei decreti del governo.
L’altro paradosso segnalato dai consulenti è che su 100 occupati in settori sospesi, rientreranno al lavoro dal 4 maggio il 48,8% degli under 30, il 59% dei 30-39enni, il 67,1% dei 40-49enni, ben il 68,7% dei 50-59enni e il 60,1% degli over 60 fermi finora. Dunque “la popolazione più anziana riprenderà a lavorare prima di quella giovanile” nonostante sia la più vulnerabile al virus. Va detto che ovviamente la riapertura non comporta necessariamente la presenza in sede e anzi il governo ha chiesto di promuovere il più possibile il lavoro agile. Tuttavia i Consulenti del Lavoro segnalano come “solo nel 36,6% dei casi i lavoratori chiamati a riprendere le proprie attività potranno farlo in smart working; la maggioranza (63,4%), per le caratteristiche del proprio lavoro, non potrà che farlo in sede“.
Riaprono infatti tutte le attività di manifattura, il commercio all’ingrosso e i cantieri privati, settori in cui il lavoro richiede la presenza. La ‘fase 2’, scrivono i consulenti del lavoro, “interesserà principalmente i dipendenti dell’industria, dove l’attività potrà tornare a pieno regime (col 100% dei settori riaperti)”, e su 100 addetti che riprenderanno le redini del proprio impiego il 60,7% opera “nel settore manifatturiero, il 15,1% nelle costruzioni, il 12,7% nel commercio e l’11,4% in altre attività di servizio“.
L’altro effetto collaterale della riapertura dei settori industriali – mentre per esempio negozi e parrucchieri restano chiusi fino al 18 maggio – è che sarà favorita “soprattutto la ripresa dell’occupazione maschile, tradizionalmente più presente in tale comparto”. A ripartire saranno 3,3 milioni di uomini (il 74,8% del totale) e 1,1 milioni donne (25,2%). Per queste ultime “si prospettano tempi di ripresa più lunghi, considerando che meno della metà di quante sono rimaste a casa per effetto dei diversi decreti (44,1%) tornerà al lavoro dal 4 maggio, a fronte di una quota molto più alta per gli uomini (72,2%)”.
Infine, la maggioranza degli occupati che riprenderanno a lavorare è dipendente (3,5 milioni, pari al 79,4% di
chi riprenderà a lavorare) mentre gli autonomi (il restante 20,6%) dovranno ancora aspettare per riprendere a pieno le proprie attività lavorative: solo il 49% di quanti sono stati interessati dai provvedimenti di sospensione potrà riaprire già dal 4 maggio.
Il profilo degli occupati ancora “sospesi” al contrario vede fermo il 21% degli under 30 (contro il 13,1% dei 30-39enni, il 10,3% dei 40-49enni e l’8,4% degli over 50). Stessa cosa vale per le donne: resta ancora a casa il 14,3% delle occupate, contro il 9,4% degli uomini. Anche gli autonomi, “che hanno più diretto e urgente interesse alla ripresa lavorativa, sono ancora per il 17,8% costretti a casa”. Mentre a livello geografico si conferma il ritardo di ripartenza al Mezzogiorno. Su 100 lavoratori in settori “sospesi”, il 29,1% è al Sud, il 22,2% al Centro e il 48,7% al Nord.

martedì 5 marzo 2019

Pd, il ritorno di Letta: “Prendo la tessera, basta essere il partito antipatico. Ora c’è un progetto. Renzi? Capitolo chiuso”.

Pd, il ritorno di Letta: “Prendo la tessera, basta essere il partito antipatico. Ora c’è un progetto. Renzi? Capitolo chiuso”

Enrico Letta alle primarie del Partito democratico ha scelto Nicola Zingaretti. E a due giorni dal suo voto nel quartiere Testaccio di Roma è pronto ad iscriversi nuovamente al partito: “Dopo cinque anni è arrivato il momento di riprendere la tessera del Pd”, ha annunciato in un’intervista a Repubblica. “Vedo un progetto chiaro e autonomo per il governo del Paese”, spiega Letta, elencando cosa servirà al Pd per non fallire di nuovo se e quando tornerà a Palazzo Chigi: “Servono anticorpi contro l’arroganza. Il Pd non deve più essere il partito antipatico“. Il pensiero corre ovviamente a Matteo Renzi, il suo successore al governo dopo il famoso “Enrico stai sereno” del febbraio 2014. “Renzi dice che non supero il rancore? La cosa più ridicola sarebbe sciupare un momento così bello riaprendo capitoli che per fortuna sono chiusi“, risponde Letta.
“Il valore di queste primarie è doppio, perché sono state uno straordinario successo di partecipazione nonostante una campagna che non è stata al centro del dibattito politico”, sostiene l’ex premier nella sua intervista a Repubblica. Per Letta “la luna di miele della maggioranza con l’elettorato è finita” e quindi il Pd si deve prepare a una nuova stagione senza pensare a delle “scorciatoie” per tornare al governo. “Zingaretti non ha bisogno dei miei consigli, ma mi sento di dirgli questo – afferma –  al Pd è stata concessa una occasione vera. Gli è stato chiesto di salvare il Paese, non di esercitarsi in tatticismi di piccolo cabotaggio”
Il Pd ideale di Letta “deve deve essere sempre più movimento, filo conduttore. Cercando magari di evitare gli autogol” come “sul tema dell’autonomia delle Regioni, fin qui gestito con un tana liberi tutti”. E un partito che sappia “ragionare con tutte le forze disponibili a combattere questo governo e costruire una alternativa“, al di là dell’astio dei renziani verso una riapertura ai fuoriusciti. In questa nuova era che Zingaretti potrebbe cominciare, Letta vede “la potenzialità di un partito forte e generoso“. Tanto che anche “le prime parole di Renzi sono state intelligenti e incoraggianti. Mi è sembrato costruttivo. E se lo dico io…”.
L’ex premier dopo la battuta su Twitter e la risposta di Renzi – “vive di rancore del passato” – evita di continuare la polemica: “Avrei tante cose da dire, ma la cosa più ridicola sarebbe sciupare un momento così bello riaprendo capitoli che per fortuna sono chiusi”. Però, chiudendo la sua intervista a Repubblica, Letta torna a sottolineare un concetto che implicitamente parla anche al suo successore a Palazzo Chigi: “Servono anticorpi contro l’arroganza. Il Pd non deve più essere il partito così antipatico e respingente da spingere la gente a votare il M5s“.
Non mollano.
Non si accontentano di posti prestigiosi e super retribuiti, vogliono altro ed altro ancora.
Questo, poi, non si è neanche accorto d'essere stato defenestrato per non ave ottemperato agli obblighi imposti da chi pilota la UE (il potere economico per intenderci), cosa che ha fatto, invece, lo sparapose scelto di Napolitano;
il grande vecchio, infatti, scelse il bimbetto-signorsì per dar corso alle volontà del suo amicone, il miliardario Soros che, quando capita in Italia, (per puro caso, s'intende,....) si reca in visita solo da lui, dal Papa e da qualche faccendiere in cerca di visibilità e sostegno economico.
Mi spiace per lui, ha perso un'occasione per meritare la mia stima. Cetta

sabato 19 gennaio 2019

LA MUMMIA C’È. IL RITORNO DI SILVIO BERLUSCONI. - Tommaso Merlo

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L’hanno ritirata fuori dal sarcofago. La mummia si muove ancora, è la testa che è compromessa. Marasma senile. Ha visioni dall'oltretomba. Vede comunisti ovunque e delira che “vuole andare in Europa dove manca il pensiero profondo del mondo”.
Già, peccato che l’unico “pensiero profondo” della mummia sono sempre stati i cazzi propri. Fin da quando ha visto la luce nel lontano 1943. Non era ancora iniziata la Seconda Guerra Mondiale e in Unione Sovietica imperava Stalin. Preistoria per i comuni mortali. Infanzia per la mummia di Arcore. Sono passati 82 anni suonati. Una vita in fuga impreziosita da pagine ormai epiche.
Come quando negli anni settanta trovò tonnellate di soldi sugli alberi e divenne ricco sfondato per grazia ricevuta. In Russia comandava Breznev e imperversava la Guerra Fredda. A quel tempo di comunisti ce n’erano eccome in giro, ma la mummia aveva ben altro per la testa. Pararsi il culo. Si sentiva in pericolo e pensò bene di corrompere i cattivi. Pagando la mafia. In contanti. E via. In una fuga sempre più serrata, dalla galera. Fino agli anni novanta quando la mummia ormai braccata e indebitata fino al collo era ad un passo dal baratro. Doveva pararsi il culo, ancora.
Questa volta pensò bene di corrompere la democrazia italiana. Scese in campo e trasformò il parlamento nel suo studio legale e Palazzo Chigi in un ufficio Mediaset. Roba da terzo mondo ma che funzionò. Fece saltare i suoi processi uno dopo l’altro e lucrò al meglio sul mega conflitto d’interessi.
Erano gli anni in cui in Russia Gorbaciov archiviava il comunismo con la perestroika, ma fu proprio in quel periodo che la mummia cominciò a vedere comunisti ovunque. Gli servivano per distrarre i telecittadini mentre la mummia si dedicava al suo “pensiero profondo” e cioè i cazzi propri.
Colpa di un paese allo stremo, colpa di opposizioni inette e complici, ma saranno solo i posteri a capire davvero come abbia fatto la mummia ad umiliare la democrazia italiana per quasi vent’anni. Una vergogna epocale.
Decenni di beghe legali e alla fine la mummia ha fatto la fine di Al Capone. Incastrata per grane col fisco. Ma niente gattabuia. Solo il titolo ufficiale di delinquente.
Siamo ai giorni nostri e la fuga continua. Deve continuare. Sono arrivati al potere i “grillini” e in Russia comanda il suo amico Putin ma lui vede comunisti ovunque. Tutta colpa di quel dannato marasma che gli è scoppiato in testa. Non sa più quello che dice anche se il perché continua a fuggire lo sa eccome. Pararsi il culo, come sempre.
Ha il terrore che i comunisti a 5 stelle facciano una legge sul conflitto d’interessi e che la sua ditta finisca addirittura sul mercato, senza protezione politica. Roba da non credere. I soliti comunisti illiberali. Ormai siamo alla farsa.
La mummia esce dal sarcofago e blatera il programma per le europee. Pannolone per tutti e agevolazioni fiscali sui corredi funerari. Risate che echeggeranno in tutta Europa dove uno come Berlusconi non avrebbe mai messo piede in parlamento, in compenso in galera ne avrebbe messi due.
Non resta che assistere al penoso spettacolo. Con le sue badanti che trascinano la mummia a sbavare di qua e di là. Non resta che cogliere il lato positivo di questa penosa epopea. La mummia sulla scena politica servirà a ricordare a tutti l’inferno da cui stiamo cercando di uscire. Servirà come monito a non mollare mai la difficile strada del cambiamento. Ormai la mummia va solo compatita, presto tornerà nel suo sarcofago. Per sempre.>> (Tommaso Merlo)

domenica 29 gennaio 2017

Cose dell'altro geo.....

D'Alema: Al via raccolta fondi e adesioni, tutti liberi se si va al voto


D'Alema: "Al via raccolta fondi e adesioni, tutti liberi se si va al voto"

http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2017/01/28/alema-via-raccolta-fondi-adesioni-tutti-liberi-voto_YFzMcSVTH84Neks2P3AOZK.html?refresh_ce

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Non si schiodano, mungere la vacca fino a sfinirla è il loro hobby preferito. Questa gente non ha mai lavorato, vive da sempre alle spalle di chi lavora. E mentre non lavora, sfrutta i ricavi leciti ed illeciti del suo NON-lavoro per costruirsi patrimoni da favola. 
Questi servi del potere economico, non hanno alcuna coscienza, sono privi di ogni sentimento, godono nel possedere cose e persone. Si sentono dei, vivono al di fuori dal mondo reale, ma non disdegnano imporre regole coercitive a chi li mantiene spacciandole per magnanimità personali.
Rappresentano una calamità, dovremmo liberarcene definitivamente, anche mandandoli in esilio, pena l'ergastolo se dovessero, malauguratamente per loro e per noi, rimettere piede sul suolo che per troppo tempo hanno calpestato.
Mettiamoli al bando!

byCetta

lunedì 10 dicembre 2012

Monti: non potevo evitare le dimissioni. Europa preoccupata guarda all'Italia.


Schulz: 'Berlusconi minaccia stabilita' Italia ed Ue'. La replica del Cav: 'Inaccettabile'.

- "Sono convinto di aver fatto la cosa giusta e in ogni caso non potevo farne a meno, dopo quel che è successo. Ma sono preoccupato naturalmente non per me ma per quel che vedo". E' la spiegazione delle ragioni delle sue dimissioni che il premier Mario Monti ha dato a chi lo ha chiamato per un saluto, come riferisce Repubblica in un resoconto firmato dal direttore, Ezio Mauro. Il premier sottolinea di non sapere proprio quale sarà il suo futuro al termine dell'esperienza del governo tecnico: "Se dovessi candidamente dire il mio sentimento oggi, direi che sono molto preoccupato. E non mi riferisco soltanto a quella parte politica da cui è venuto questo epilogo con le mie dimissioni. La mia preoccupazione è più generale".
Una decisione, quella di rassegnare le dimissioni dopo l'ok alla legge di stabilità, maturata "proprio durante il volo da Cannes a Roma", ricordando anche "cosa aveva rappresentato per l'Italia Cannes lo scorso anno, con quel G8 all'inizio di novembre in cui il nostro governo fu messo alle strette". La sua scelta, comunque, sottolinea il premier, "non ha avuto bisogno di un confronto politico. Non è vero che mi sono confrontato con gli onorevoli Bersani e Casini prima di andare al Quirinale. Non ne avevo il tempo e in qualche modo potrei dire che non ne ho avvertito la necessità. Nel senso che mi era ben chiaro cosa dovevo fare. Ecco perché non ne ho parlato nemmeno con esponenti del governo. Ho voluto confrontarmi solo con il Capo dello Stato. Poi a cose fatte ho chiamato Bersani e Casini. E dopo anche l'onorevole Alfano".
L'annuncio nel giorno di festa è arrivato per dare "a mercati chiusi, ventiquattro, trentasei ore di tempo per riassorbire un 'colpo', nella speranza naturalmente che il colpo non ci sia". E determinante non è stato tanto il timore di un 'Vietnam parlamentare' dopo la dichiarazione di Alfano, ("interpretata veramente come un attestato di sfiducia anche se non espressa in modo formale", non necessario perché "le cose sono chiare"). Il fatto "decisivo - spiega il premier - è un altro: io non sento più intorno a me una maggioranza che, sia pure con riserve e magari a malincuore, sia capace di sostenere con convinzione la linea politica e di programma su cui avevamo concordato". E "non potevo fare altrimenti. Non sarebbe stato giusto e nemmeno possibile".

NAPOLITANO: VALUTAZIONI FRA 8 GIORNI - 'Parlero' solo tra 8 giorni e lì farò le mie valutazionì, lo ha annunciato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ai cronisti che, dopo il concerto di Natale, gli chiedevano se fosse preoccupato dalla crisi di governo. 'Vedremo cosa faranno' i mercati, ha aggiunto. Per Mario Monti domenica a Milano, dove é andato con la moglie Elsa a messa. 'Non si poteva andare avanti così'. E' stato il pensiero del premier Mario Monti nel racconto con il Corriere della Sera della giornata nella quale ha annunciato al capo dello Stato la sua intenzione di dimettersi una volta approvata la legge di stabilità. Il premier ha infatti valutato l'intervento del segretario del Pdl Alfano come una mozione di sfiducia e ha preso la sua decisione a mercati chiusi. Il Quirinale prende atto della mossa a questo punto il voto potrebbe arrivare già a febbraio.All'indomani dell'annuncio delle dimissioni del premier, il segretario del Pdl Angelino Alfano assicura che 'la stima per Monti rimane' e garantisce l'approvazione della legge di stabilità e decreto Ilva. 'Non c'é tempo da perdere, si approvi la legge di stabilità in fretta e poi si vada al votò, dice dal Pd Dario Franceschini. fretta e poi si vada al votò, dice dal Pd Dario Franceschini
SCHULZ, BERLUSCONI MINACCIA STABILITA' ITALIA E UE  "Berlusconi è il contrario della stabilita" ed il suo ritorno può essere una minaccia per l'Italia e per l'Europa "che hanno bisogno di stabilità". Lo ha detto il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, in un'intervista all'ANSA alla vigilia della consegna del Premio Nobel per la pace all'Unione europea a Oslo
BERLUSCONI, PAROLE SCHULZ ASSURDE E INACCETTABILI- "E' assurdo e inaccettabile che il presidente del Parlamento europeo possa esprimere giudizi così sulla politica italiana". Lo ha detto Silvio Berlusconi sulle parole di Martin Schulz, aggiungendo che quest'ultimo è anche "male informato, perché se in Italia c'é una persona più europeista di Silvio Berlusconi me la facciano trovare".
La foto di Monti, apparsa su molti quotidiani, ossequioso e in piedi dietro "i tre dell'avemaria" seduti comodamente è emblematica, oscena, direi. Dà l'idea di come fossero già tutti d'accordo sul "da farsi"..
Napolitano, del resto, non ha fatto altro che salvaguardare Berlusconi, allontanandolo, solo momentaneamente, dalla scena politica per dargli "respiro" e farlo ripresentare sulla scena politica "con rinnovata alterigia". Nulla è cambiato, è solo aumentato il nostro debito pubblico. Perchè non si può pretendere di cambiare un qualcosa alla radice se si cambia solo la testa di un pesce avariato come ha fatto Napolitano cambiando solo lo staff di governo senza sciogliere le camere. A Monti è stato ordinato di fare ciò che B. non è riuscito a fare: quello che "il potere chiedeva fosse posto in essere", e non si doveva transigere. Svolto il "lavoro sporco", tutti concordi, Napolitano, Monti e Berlusconi, sono passati alla fase successiva, tutto ritorna come prima. 
Noi cosa rappresentiamo in tutto ciò? Bella domanda! Sarebbe il caso che incominciassimo a domandarcelo!
Per quanto riguarda Schulz non dimentichiamo che è un europeista per eccellenza, nulla da contestargli per ora, ma teniamo questa consapevolezza nella giusta considerazione...non tutto l'oro luccica...ognuno tira l'acqua al suo mulino...tanto per intenderci.
Cetta