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venerdì 28 agosto 2020

Salvini, l’Azzolina e gli avvoltoi politici. - Tommaso Merlo

Salvini accetta il faccia a faccia con Azzolina: "Il 3 settembre non vedo  l'ora di confrontarmi" - Orizzonte Scuola

Le scuole riaprono pochi giorni prima delle elezioni. Un bel disastro farebbe comodo alle opposizioni e Salvini non sta più nella pelle. Pare abbia addirittura in tasca una mozione di sfiducia per la ministra Azzolina dopo settimane che la punta. Tutti stanno lavorando sodo per la riapertura delle scuole, nessuno sa ancora come andrà a finire, ma Salvini liquida già tutto come un disastro e chiede la testa della ministra. Stranezze della politica nostrana. Gli avvoltoi normalmente attendono la carcassa, quelli della politica invece si alzano in volo prima. Così, quando conviene a loro. Buon senso vorrebbe infatti che Salvini e tutto il cucuzzaro delle opposizioni attendessero la riapertura. Se poi le cose andranno male, allora avranno tutto il diritto di criticare. Farlo preventivamente fa venire il sospetto che a Lorsignori della scuola non importi un bel nulla. In compenso non vedono l’ora di tirar giù Conte e riacciuffare il potere. Bassezze della politica nostrana. A Salvini serve avere adesso delle grane da sfruttare in campagna elettorale e se non ne ha a disposizione, allora se le inventa. Come con la finta invasione magrebina o con le scuole ridotte a lager di plexiglass. È anche da quanto le spara grosse che si comprende la crisi politica di Salvini. L’uso spregiudicato di fake news così lontane dalla realtà. I maldestri tentativi di creare caos per poi lagnarsene nella meschina speranza possa rendergli qualche punto percentuale. La riapertura delle scuole è una sfida molto complessa. Altri paesi europei stanno faticando. Per riuscirci servirebbe la collaborazione di tutti. Servirebbe fare squadra. Attaccare un ministro preventivamente e alzare polveroni a vanvera nel pieno dello sforzo, è da irresponsabili soprattutto se leader politici che dovrebbero al contrario dare il buon esempio. E lo è soprattutto in tempi di pandemia dove serve un senso di responsabilità corale e non protagonismi e sterili divisioni. Ma Salvini e tutto il cucuzzaro han svolazzato come avvoltoi politici per tutta l’emergenza coronavirus. Ad ogni ostacolo si sono alzati in volo sperando che le cose si mettessero male e potessero così sfogare i loro appetiti sulla carcassa governativa. Ed invece hanno ottenuto l’effetto opposto. Sull’Italia piovono complimenti perfino dall’estero per una volta e Conte vola nei sondaggi mentre Salvini precipita. Eppure insiste. Peculiarità dell’egopolitica nostrana. Politici che sprofondano piuttosto che ammettere i propri errori e cambiare. Politici che hanno sempre ragione qualunque cosa accada attorno a loro. Politici che mettono prima se stessi e credono il loro lavoro consista nella conquista del potere ad ogni costo e non nel rendersi utili al proprio paese. Se Salvini e tutto il cucuzzaro avessero davvero a cuore la riapertura delle scuole sarebbero entrati nel merito delle questioni senza far bieca propaganda e senza dar fastidio a chi sta lavorando. E avrebbero atteso i fatti riservandosi il legittimo diritto di criticare. Ma le scuole riaprono pochi giorni prima delle elezioni. Un bel disastro gli farebbe comodo e così gli avvoltoi politici si sono alzati in volo sperando sia la volta buona.

https://repubblicaeuropea.com/2020/08/28/salvini-lazzolina-e-gli-avvoltoi-politici/

mercoledì 20 maggio 2020

Castigo senza delitto. - Marco Travaglio

I ministri Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Roberto Speranza, arrivano a palazzo Madama per la seduta del Senato © ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Oggi il Parlamento promette di battere il record di ridicolaggine stabilito con la mozione “Ruby nipote di Mubarak”. Infatti voterà su due mozioni di sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che dicono l’una l’opposto dell’altra: quella del centrodestra lo accusa di aver fatto uscire troppa gente dalle patrie galere; quella di Più Europa (Bonino&C.) lo accusa di aver tenuto troppa gente dentro. E Italia Viva, decisiva per la loro approvazione o bocciatura, è tentata di votarne almeno una. A caso. Il fatto che l’una dia a Bonafede dello scarceratore e l’altra del carceriere è un dettaglio che non tange questi buontemponi, perché hanno letto solo il titolo. E non le motivazioni, del tutto superflue per un non-partito animato da non-idee e pieno di non-elettori. Noi siamo andati a leggere le due mozioni, scoprendo particolari davvero avvincenti.
La mozione Bonino imputa a Bonafede di non aver ancora portato “in Parlamento la riforma del processo penale”. Il che è vero, ma solo perché il ddl, pronto dal giugno 2019, fu bloccato prima da Salvini e poi da Iv. Altra accusa: “un’idea puramente afflittiva della pena”. Niente indulti né amnistie. Ora, l’ultima autorevole proposta di indulto e amnistia venne dal presidente Napolitano, d’intesa con il premier Letta, nell’ottobre 2013. E sapete chi la bloccò? L’Innominabile, neosegretario in pectore del Pd: “Sarebbero un autogol e un clamoroso errore”. La terza accusa è il decreto che “ha imposto la revisione, con effetto retroattivo” delle scarcerazioni di mafiosi: decreto appena approvato da tutta la maggioranza giallorosa, Iv compresa. La quarta accusa è “la soppressione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio”: coerente dal pulpito boniniano, ma da quello renziano proprio no, visto che il primo a lanciare l’idea nel 2014-2015 fu l’Innominabile e poi i suoi uomini in commissione Giustizia. Quindi, se i renziani votano la mozione di Più Europa, si danno almeno quattro zappe sui piedi. Ma potrebbero pure votare la mozione Lega-Fratelli d’Italia, cui s’è subito associata Forza Italia. E qui, se possibile, si ride ancor di più. Cogliamo fior da fiore: “Bonafede ha iniziato ad accettare il principio, indimostrato e scientificamente falso, del nesso di causalità tra detenzione in carcere e contagio”. Poco sotto, oplà: “da parte del Dap, a fronte dell’emergenza sanitaria nazionale, non sono state predisposte, all’interno degli istituti, adeguate misure di prevenzione sanitaria e anti-contagio Covid-19 a tutela di detenuti, operatori e visitatori… mettendoli tutti a grave rischio della loro salute”.
Oh bella: ma se è “falso” il “nesso di causalità tra detenzione in carcere e contagio”, che bisogno c’era di “misure di prevenzione sanitaria e anti-contagio”? La verità è che le carceri sono rimaste il luogo più sicuro d’Italia (e non solo) proprio perché Bonafede e il Dap del famigerato Basentini intervennero subito con pre-triage e misuratori di febbre per detenuti e agenti, reparti isolati per i “nuovi giunti”, blocco delle visite personali (sostituite con colloqui via Skype), mancati rientri serali per i semiliberi e snellimento della Svuotacarceri di Alfano (votata nel 2010 da tutto il centrodestra) che consente di scontare ai domiciliari le pene residue di 18 mesi, con braccialetto elettronico sopra i 6 mesi, salvo per i mafiosi e condannati per altri reati gravissimi. Ma non è finita, perché i tre partiti di centrodestra rimproverano a Bonafede anche di non aver affidato il Dap a Nino Di Matteo, cioè al pm che hanno passato gli ultimi 15 anni a insultare a difesa degli imputati del processo Trattativa, da Dell’Utri a Mori (se lo amavano tanto, in gran segreto, perché non gli han proposto il Dap, anziché affidarlo all’indimenticabile Tinebra?). Ora sarebbe davvero strepitoso se i renziani votassero quel documento, visto che l’Innominabile, non più tardi di tre mesi fa, tuonò contro i magistrati che osano sospettare B. e Dell’Utri di rapporti con la mafia e con le stragi (indovinate un po’ con chi ce l’aveva). E, quando era premier, prese le proposte della commissione Gratteri-Davigo-Di Matteo sulla riforma del processo e le imboscò in un cassetto.
Ma c’è di meglio e di più: se la Bonino accusa Bonafede di ostacolare scarcerazioni, indulti e amnistie, il centrodestra lo dipinge come un furbacchione che scatena le rivolte nelle carceri “finalizzate ad alimentare la discussione su indulti, amnistie e provvedimenti che avrebbero potuto alleggerire il carcere per gli uomini della criminalità organizzata” e poi “avanza ipotesi di interventi normativi volti incredibilmente ad accogliere le richieste dei rivoltosi”. Infatti, quando i giudici ne mettono fuori qualche centinaio fra lo scandalo generale (anche di Iv), Bonafede fa subito un decreto per tentare di riportarli dentro (votato anche da Iv). Naturalmente il Parlamento è sovrano e ogni partito può votare come gli pare: ma sarebbe interessante sapere quale terribile delitto (a parte le leggi anticorruzione e antiprescrizione, le manette agli evasori e la riforma del voto di scambio) avrebbe commesso Bonafede per meritare un simile castigo. E, soprattutto, se sia un carceriere o uno scarceratore: che sia entrambe le cose è altamente improbabile.

domenica 11 agosto 2019

“In Parlamento dovrai guardarmi in faccia e poi votarmi contro”. - Salvatore Cannavò

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Il giorno dopo - Ecco il racconto di una fine prematura. Conte si prepara a un discorso parlamentare che non risparmierà nulla.

“In Parlamento tu ci dovrai essere, non come hai fatto sulla Russia, mi dovrai passare davanti, guardare in faccia e votare contro”. Quando dice in faccia a Matteo Salvini queste parole, con il suo solito stile pacato, Giuseppe Conte sa che la sfida al leader leghista è lanciata. Che possa trasferirsi in una contesa elettorale è cosa che il presidente del Consiglio non dice a nessuno. Nessuno sa se potrà essere lui il candidato premier del M5S né se sia realizzabile l’idea di una lista civica a suo nome da far correre accanto a una lista 5 Stelle.
Quello che appare chiaro nella ricostruzione dei due incontri che il premier ha avuto con Salvini è l’irresponsabilità spensierata del secondo e il tentativo del primo di farlo ragionare e di evitare in tutti i modi l’epilogo che ora appare segnato.
“Matteo, pensaci bene, non hai consiglieri?”
Gli incontri sono stati due. Il primo, il giorno del voto sulla mozione Tav, avviene di pomeriggio, a Palazzo Chigi. Salvini non parla di rimpasti anche se si lamenta dei vari ministri e Conte lo incalza subito: “Ti avevo già detto dopo le Europee che volendo saremmo potuti andare al voto anche il giorno dopo. Tra l’altro avevi il pretesto degli attacchi ricevuti dal M5S in campagna elettorale. Ma tu hai detto no, perché oggi vuoi le elezioni?”.
Le giustificazioni di Salvini sembrano fragili: parla di “casini interni” del bisogno di una “campagna elettorale per compattare la Lega, sai c’è anche chi vuol farmi fuori, ora non si può più rinviare”.
Conte invita il suo vicepremier a “pensarci bene”. E comunque mette le mani avanti: “Sappi che comunque si va in Parlamento, io sono una persona corretta, non vado in aula a cercare altre maggioranze” e poi, non dismettendo gli abiti del professore, gli fa anche una piccola lezione di diritto parlamentare. “La via maestra è tornare dove ho ricevuto la fiducia, cominciando dal Senato. In passato le crisi si facevano nei corridoi di Palazzo o nelle riunioni riservate delle segreterie dei partiti, io voglio fare tutto alla luce del sole”. E qui lancia la freccia in pieno volto dell’alleato-avversario: “Tu ci dovrai essere, al contrario del dibattito sulla Russia e dovrai spiegare, guardandomi negli occhi, il motivo per cui ritiri la fiducia. Dovrai andare a votare passandomi davanti, guardandomi in faccia e poi votandomi contro”.
Salvini, in un sussurro, dice “va bene” e se ne va. A quel punto Conte inizia a riflettere sul quel che è successo alla ricerca di una spiegazione logica. Salvini ha parlato di problemi interni alla Lega, forse con Giancarlo Giorgetti, forse, soprattutto, con i governatori leghisti, tutti molto preoccupati per l’impossibilità di approvare una legge hard sulle Autonomie.
“C’è chi mi vuole fare fuori, devo farlo”
Ma ha fatto riferimento anche alle proteste dei propri parlamentari contrari al taglio dei seggi che sarà approvato in via definitiva il 9 settembre. E sembra che si accorga solo ora che quella legge costituzionale si porta dietro l’obbligo di ridisegnare i collegi elettorali e anche la necessità di una nuova legge elettorale. In modo tale che prima di sei mesi sarebbe impossibile andare al voto. Tempo che dilata anche lo spazio in cui Salvini rischia di essere esposto a possibili inchieste: quella su Savoini e il Metropol russo, del resto, è ancora lì che pende.
Ma, riflette Conte, nell’ultimo periodo si è visto anche un certo attivismo di quel partito degli affari che lo ha eletto come nuovo idolo: l’intervista dell’ex ad dell’Eni Paolo Scaroni sul Foglio, la prontezza con cui Confindustria si è recata ai vertici sociali del Viminale, l’insistenza a completare le grandi opere inutili, tutti segnali di interessi in cerca di una solida sponda e di insofferenza per gli ostacoli frapposti dal M5S. Infine, tra i motivi che potrebbero aver consigliato la fretta elettorale, anche la sensazione che una campagna elettorale infinita potesse iniziare a stancare. Meglio raccogliere i frutti . “Capitalizzare il consenso” come lo stesso Salvini ha detto al premier.
“Andiamo alle elezioni, facciamo in fretta”
Poi c’è il secondo incontro, giovedì 8 agosto, dopo che Conte torna dal faccia a faccia con Sergio Mattarella. Salvini a questo punto non ha dubbi: “Andiamo alle elezioni, basta, facciamo in fretta”.
Conte risponde ancora con la sua consueta calma: “Scusami, pensi davvero che si vada a votare domani? La finestra elettorale di settembre te la sei giocata, ora i tempi tecnici dicono che si arriva a fine ottobre e, se ti va bene, riuscirai a formare un governo non prima di dicembre. Cioè addio legge di bilancio in tempo per fine anno, cioè esercizio provvisorio”.

Poi l’accusa: “Sei un ingenuo o uno sprovveduto anche perché mica decidi tu la data delle elezioni”. Conte ne approfitta per difendere orgogliosamente l’operato suo e del governo: “Questo non è il governo dei no, lunedì scorso con la fiducia al decreto Sicurezza ne hai avuto la conferma: non ci provare a screditare il lavoro mio e dei miei ministri”.
Il premier cerca di rendere evidente anche il quadro europeo, la figura che farà l’Italia e il nodo del Commissario ancora non indicato per i veti di Salvini: “Guarda che così ti giochi anche quel nome. Se fai cadere il governo avrò le mani libere e finalmente potrò indicare un nome che vada bene all’Italia e non solo alla Lega”.
Conte pensa di poter riuscire ancora a strappare il dicastero della Concorrenza, anche se, per adattare la nomina a un profilo indicato dalla Lega, stava orientandosi a richiedere il Commercio: “Ho un buon rapporto con Ursula Von der Leyen e, dopo il dibattito parlamentare, proporrò un nome di alto profilo e di competenza per cercare di avere la Concorrenza”.
Ma a Salvini sembra non importare, fa spallucce. Si limita a giustificarsi con il premier: “Non pensare che per me non sia difficile, sono due notti che non dormo, non lo so se faccio bene, ma devo farlo”.
“Pensaci molto bene” prova ancora a convincerlo Conte: “La speculazione di agosto è quella più insidiosa, ma non hai economisti che ti consiglino bene? Fatti ragguagliare sulle conseguenze, sull’esercizio provvisorio, sul rischio dell’aumento dell’Iva. E poi, come farai a discutere con la Commissione europea, senza di me, l’ennesima procedura d infrazione? Senza interlocutori quelli ti massacrano e ci va di mezzo l’Italia. Pensaci davvero, stai rischiando di portare il Paese al disastro”.
Salvini uscendo da palazzo Chigi sembra perplesso, fa finta di prendere tempo: “D’accordo, faccio ancora qualche telefonata”. Ma pochi minuti dopo viene diramata la nota della Lega che chiede le elezioni e in serata il vicepremier lancia le sparate sul governo dei no e del non fare e sui parlamentari che devono tornare di corsa dalle vacanze, a lavorare come “fanno milioni di italiani”.
“Lui se ne sta in spiaggia, noi qui lavoriamo”
Conte a quel punto perde il suo aplomb e inizia a preparare il discorso che farà la sera: “Proprio lui che se ne sta in spiaggia da giorni tratta gli altri come degli ‘scioperati’? Io non sto in spiaggia, sto qui a lavorare”. Il discorso che farà in Parlamento inizia a delinearsi. Lo metterà a punto nel week-end, quando cercherà di staccare un po’. Dovrebbe pronunciarlo nella settimana successiva a Ferragosto, nonostante gli evidenti tentativi di Salvini di accelerare i tempi.
Quanto al futuro, per ora Conte non fa trapelare nulla. È preoccupato anche lui, come il Quirinale, del fatto che Salvini possa gestire la campagna elettorale da ministro dell’Interno. Del resto, il leghista, anche durante la campagna europea non ha dato prova di affidabilità, con i viaggi elettorali su voli di Stato col pretesto di incontri nelle prefetture. Conte pensa che occorrerà sorvegliare anche questo aspetto.
Quanto al proprio futuro politico le cose sono ancora molto incerte. Il premier è rimasto colpito dalle manifestazioni di solidarietà e affetto ricevute via social dopo il suo discorso dell’altra sera e si è anche accorto che sulla bacheca di Salvini, invece, fioccano gli insulti. Non ha ancora idee su cosa fare del proprio futuro politico. È grato ai 5 Stelle, ma non è un uomo del Movimento, ci tiene a ribadire la propria terzietà.
Se potrà capeggiare, da candidato premier, una lista del M5S oppure, come si dice da più parti, essere il leader di una lista civica, è questione che al momento non viene considerata. Conte ripete ai suoi di essere una figura terza, istituzionale, non adatta a campagne elettorali di parte. E di adorare il lavoro di avvocato.

Ma, spesso, la forza delle cose, e dei consensi, finisce col prevalere sulle migliori intenzioni. Si vedrà. La sfida con Salvini è già nelle cose. Quella non potrà essere evitata.

https://www.facebook.com/TutticonMarcoTravaglioForever/posts/2691166927560139?__tn__=K-R

martedì 30 dicembre 2014

MA ORELLANA CI E’ O CI FA? DOVE L’HA NASCOSTA LA CIOCCOLATA? - Rosanna Spadini



Bastarda disinformazione degli organi di distrazione di massa, veri dispositivi deflagranti che minano continuamente la sopravvivenza della democrazia e che ne hanno determinato l’agonia prolungata, fino all’attuale dissoluzione dello stato nazione in un organismo piovra imperiale e sovranazionale, all’insaputa di molti cittadini italiani che credono di vivere ancora in uno stato di diritto, o nel mondo di Alice e della Lepre Marzolina.

Che credono di vivere ancora in quel mondo “moderno”, in cui il capitale era dotato proprio di quel senso del sacro che è stato messo in discussione in questa fase di cambiamento epocale del  potere  e dei suoi assetti sociali. 

Ora masse di produttori sono state messe alla porta ed escluse definitivamente dal ciclo produttivo. Borghesie di vario tipo si scontrano con altre borghesie per la gestione del capitale, in una sorta di fondamentalismo 
a-ideologico dell'attuale fase capitalista neoliberista, dove si sono confuse le identità tanto del nemico che dell'amico, per cui è venuta meno la contrapposizione di coscienza di classe. La postmodernità ha disinnescato tutto ciò che poteva essere d'intralcio al progetto del capitalismo finanziario, democrazia inclusa, e ci lascia solo la virtualità illusionistica della tivù, per convincerci a produrre ipotesi politiche tanto miseramente fallimentari.

Mentre nel frangente  sentiamo tuonare le tivù di stato e non:  
- Fuga dei militanti M5S, così tramonta il sogno della democrazia diretta di Grillo-        Casaleggio; 
- quasi dimezzati i voti espressi sulle espulsioni dei dissidenti; 
- Metà delle proposte di legge non raggiunge i 200 commenti; 
- Oggi di quel sogno resta ben poco: un forum online sempre meno partecipato, poche centinaia di militanti attivi, un confronto spesso sterile.

Però  quando qualche giorno fa l’ex senatore 5 Stelle Luis Alberto Orellana ha salvato il governo Renzi sul voto relativo al Def per lo spostamento del pareggio di bilancio al 2017, la verità sui cosiddetti “grillini scilipoti” è emersa in tutta la sua miseria morale.  
Orellana allora si è difeso pietosamente nel suo recente presenzialismo mediatico, anzi invitato “ad arte” dai vari talk show di regime: prima ha detto che non sapeva che il suo voto si sarebbe rivelato decisivo, poi ha dato la colpa alla Lega che non si è opposta come doveva, infine ha ripetuto ovunque  che lui è “una persona libera e non devo rendere conto a nessuno a differenza di altri”.

Ma Orellana, con quella faccia da marmocchio discolo precocemente invecchiato, che ha ancora la bocca sporca di cioccolata, ci è o ci fa? 
Non aveva promesso  di dimettersi da senatore, come garantiva solennemente, dopo l’espulsione?  Poi ha ritrattato tutto dicendo che “glielo chiedeva la sua coscienza”.  È innegabile che l’amico non abbia chiaro il significato del termine coscienza, forse si è sbagliato, voleva dire credenza, dispensa, deposito, cantina, rimessa, magazzino, giacenza, scorta …
Dunque  non importa che questo “trasformismo canaglia” abbia demolito la democrazia, con il suo gioco immorale del passaggio da uno schieramento all’altro, come fosse il camuffamento impazzito di un puzzle perverso, che salva governi rovinosi, epigoni delle oligarchie finanziarie, che hanno come unico scopo quello di effettuare programmi di lacrime e sangue. Invece per buona parte dell’informazione bastarda e dell’opinione pubblica, relegata a comparsa e insieme vittima di una tragedia greca che si dipana giorno dopo giorno sotto i nostri occhi, la gravità della situazione non consiste nelle esclusioni di un parlamentare che non rispetta il regolamento per cui è stato votato dai cittadini (revoca del mandato) e il tradimento trasformista di un parlamentare che sceglie di cambiare casacca, gagliardetto, colore, coscienza e dignità, passando da uno schieramento all’altro con l’espediente appunto dell’espulsione ingiusta e antidemocratica.

Ma insomma cosa afferma l’art. 67? Ecco qua il testo: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”


Questo è il significato di “senza vincolo di mandato”,  il senatore o il parlamentare eletto sarebbe così  “irresponsabile” nei confronti dell’elettore, o in altre parole, non gli dovrebbe nulla in termini di “lealtà e coerenza” politica e in termini di “onestà elettorale”.

Il parlamentare che non rispetta il proprio mandato elettorale nei confronti dell’elettore dunque secondo quest’articolo non violerebbe alcuna norma “contrattuale”?  Non sarebbe tenuto a rispettare le scelte di fondo dell’elettore che gli ha dato il voto? Quelle scelte che magari hanno spinto lo stesso elettore a preferire proprio lui rispetto ad un altro? Insomma l’art. 67 su un punto è chiaro: il deputato sarebbe libero di tradire il proprio elettorato e le aspettative dei propri elettori. Allora non è altro che il “cavallo di troika” della democrazia.

Infatti questo grave difetto costituzionale ha di fatto spesso alimentato il fenomeno del trasformismo e delle maggioranze variabili. Il costante flusso di parlamentari da un gruppo all’altro rende spesso gli esiti elettorali molto relativi e instabili e l’elettore non sa mai se la maggioranza che prevale rimarrà la stessa per tutta la legislatura oppure se a un certo punto cambierà, divenendo addirittura minoranza. La volontà popolare sembra non avere più alcuna rilevanza, ma  piuttosto viene in questo modo favorita la volontà gratuita dei singoli parlamentari di dare vita a maggioranze diverse rispetto a quelle prescelte dal “popolo sovrano”, che li ha eletti. Ma nella “democrazia rappresentativa” i parlamentari non dovrebbero “rappresentare” il volere degli elettori che li hanno votati?
Se il cittadino vota un partito, dovrebbe poter essere sicuro che la politica promossa da quel partito venga realizzata. Se su questo punto vi fossero delle inadempienze, non dovrebbero  dipendere dalla volatilità politica dei singoli membri del parlamento, o peggio dalla “mercificazione dei mandati elettorali”, se mai solo dall’incapacità di quel gruppo di realizzare quella politica.
L’elettore ha il diritto di scegliersi effettivamente i suoi rappresentanti politici ed ha il diritto di vedersi rappresentato nel modo migliore.  Se fosse previsto il “vincolo di mandato”, non esisterebbero i giochi di potere e le maggioranze variabili, soprattutto non sarebbero possibili i ribaltoni, poiché ogni decisione contraria all’esito elettorale comporterebbe il ritorno davanti al corpo degli elettori.
Quindi a Orellana, che cita a sua difesa  (e a sproposito) l’art.67 della Costituzione e l’assenza del vincolo di mandato, andrebbe ricordato che lui deve eccome “rendere conto” a qualcuno, per esempio a quegli elettori che lo hanno votato, che hanno permesso ad un “emerito sconosciuto” di rivestire quella carica prestigiosa, e che si aspettavano che lui avrebbe rispettato i principi e i valori del M5S, e se gli elettori avessero saputo che lui era pronto a mercificare il suo mandato al miglior offerente, avrebbero sicuramente votato qualcun altro. 

Per di più il nostro amico, in un’intervista illuminante, avrebbe sostenuto che crede nelle politiche espansive (sic) di Renzi, che frutteranno 11,5 miliardi, dunque si potrà ancora confermare il bonus degli 80 euro, iniziare a ridurre l’Irap, avviare cioè una manovra positiva, nei limiti di quanto si può permettere l’Italia (doppio sic), e che ognuno ha la sua appartenenza politica, ma deve sentirsi  libero di poter votare secondo i propri convincimenti.

Ma forse Luis Alberto ha la memoria molto corta e non ricorda più che aveva votato un regolamento ben preciso del M5S, il quale sosteneva che: 
Gli iscritti al MoVimento 5 Stelle hanno l'onere


a) di mantenere i requisiti di iscrizione indicati nel “non statuto”;

b) di attenersi al presente regolamento;

c) di rispettare le decisioni assunte con le votazioni in rete;

Gli iscritti al MoVimento 5 Stelle sono passibili di espulsione:

a) per il venire meno dei requisiti di iscrizione stabiliti dal “non statuto”;

b) per violazione dei doveri previsti dall'articolo 1 del presente regolamento;

c) se eletti ad una carica elettiva, anche per violazione degli obblighi assunti all'atto di accettazione della candidatura.

C’è poi un altro particolare, che pare conferire al voto di Orellana l’aspetto dello scambio di favori,  Luis Alberto infatti sarebbe dovuto diventare Presidente della delegazione parlamentare Ince (Iniziativa Centro Europea). Orellana, ora nel Gruppo Misto “Italia Lavori in Corso” (sic), verrà probabilmente eletto nelle prossime settimane. Hai capito il moccioso che ha rubato la cioccolata? Visto dov’è finita?  Molto comodo tradire in questo modo gli elettori, riprendersi il pieno stipendio e ritirare le dimissioni !

Orellana poi va in tour per tutte le trasmissioni tivù di approfondimento politico buttando fango sul M5S e dando del bugiardo a Beppe Grillo,  turbosforzando i neuroni disponibili e dicendo di non essere mai stato sfiduciato attraverso un voto assembleare.  Invece la verità è ben diversa. Durante un’assemblea provinciale tenutasi a Pavia il 7 febbraio scorso, nel confronto col Senatore Orellana è emerso un generale e consolidato stato d’insoddisfazione da parte dei gruppi per la persistente assenza del Senatore dal territorio e lo scarso confronto con gli attivisti locali, nonché l’inopportunità delle sue continue critiche mediante stampa e TV nazionali, lesive dell’immagine dei portavoce e degli attivisti impegnati sul campo, suoi stessi elettori. 

Pertanto, i gruppi del MoVimento 5 Stelle del territorio della Provincia di Pavia hanno preso ufficialmente le distanze dalle dichiarazioni e dalle azioni a titolo politico o personale di Luis Alberto Orellana, non riconoscendo più in lui un portavoce affidabile e rappresentativo.  (Gruppi M5S e Meetup della Provincia di Pavia)

https://www.youtube.com/watch?v=qQkHZDtkFfM


Insomma Luis Alberto Orellana, nel suo nuovo ruolo di senatore dalla coscienza libera, salvatore della patria da uno sorta di dittatura pentastellata, lavorerà per il bene  dei cittadini italiani o per il proprio bene? Terrà a bada la violenza del neoliberismo finanziario della troika oppure ne sarà complice? Avrà rispettato il vincolo di mandato o lo avrà tradito? Si accettano scommesse ...

Come diceva Howard Beale nel film “Quinto potere” di Sidney Lumet, contro la bastarda disinformazione che sta demolendo democrazia, diritti, lavoro, benessere degli italiani, basterebbe affacciarsi alla finestra e gridare: "Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!"

“Dovete dire: "Sono un essere umano, porca puttana! La mia vita ha un valore!"  Quindi io voglio che ora voi vi alziate. Voglio che tutti voi vi alziate dalle vostre sedie. Voglio che vi alziate proprio adesso, che andiate alla finestra e l'apriate e vi affacciate tutti ed urliate: "Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!".  Le cose devono cambiare, ma prima vi dovete incazzare. Dovete dire: "Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!" Allora penseremo a cosa fare per combattere la crisi, la deflazione e la crisi economica, ma Cristo alzatevi dalle vostre sedie, andate alla finestra, mettete fuori la testa e ditelo, gridatelo: "Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!"    (liberamente tratto dal discorso di Howard Beale del film “Quinto potere” di Sidney Lumet).


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=14427