Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 19 ottobre 2013
venerdì 18 ottobre 2013
Rosario Monteleone - Indagato Presidente Consiglio Regione Liguria.
Genova - Colpo di scena nelle indagini sulle presunte "spese pazze" in Regione Liguria. Il presidente del Consiglio Regionale, Rosario Monteleone, è stato indagato dopo il blitz della Guardia di Finanza che ha sequestrato documenti e notule relative alle spese effettuate dalla Regione negli anni 2010, 2011 e 2012.
Insieme a Monteleone risulterebbe indagato anche il consigliere regionale Marco Limoncini.
Secondo le indiscrezioni gli inquirenti lavorano su presunti movimenti sospetti di denaro con somme che sarebbero transitate anche su conti correnti bancari "personali" intestati a collaboratori.
Uno dei casi sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti riguarda addirittura la segretaria del presidente Monteleone.
La magistratura indada su bilanci e spese di amministrazione relative agli uffici di Presidenza e della Vice presidenza.
L'indagine è coordinata dal pm Francesco Pinto e non sono eslusi altri clamorosi colpi di scena.
Insieme a Monteleone risulterebbe indagato anche il consigliere regionale Marco Limoncini.
Secondo le indiscrezioni gli inquirenti lavorano su presunti movimenti sospetti di denaro con somme che sarebbero transitate anche su conti correnti bancari "personali" intestati a collaboratori.
Uno dei casi sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti riguarda addirittura la segretaria del presidente Monteleone.
La magistratura indada su bilanci e spese di amministrazione relative agli uffici di Presidenza e della Vice presidenza.
L'indagine è coordinata dal pm Francesco Pinto e non sono eslusi altri clamorosi colpi di scena.
Chi è Rosario Monteleone, presidente dell'Assemblea in Liguria.
Presidente dell'Assemblea regionale in Liguria (dal 29/03/2010 ), segretario regionale dell'Udc, Rosario Monteleone è uno dei grandi elettori chiamati ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. In precedenza, Monteleone è stato vice presidente dell'Assemblea in Liguria, dal 2005 al 2010. Prima ancora, dal 2000, ha ricoperto il ruolo di assessore con deleghe al Patrimonio e Politiche abitative, demanio, igiene e artigianato per il comune di Genova.Sposato, con due figli, è nato a Careri (Rc) il 19 aprile 1958. Lavora per una multinazionale del settore trasporti. A giugno 2012 Giorgio Napolitano lo ha nominato cavaliere. Nella quinta votazione per il Quirinale su di lui sono confluiti 15 voti.
Nominato Cavaliere politico Udc vicino al boss della ‘ndrangheta in Liguria. - Chiara Pracchi
Due giugno, festa della Repubblica, è il giorno in cui vengono nominati i cavalieri della Repubblica. E fra i nominati oggi da Giorgio Napolitano figura anche Rosario Monteleone, presidente del Consiglio regionale della Liguria. Ma Monteleone, politico dell’Udc con una parentesi nella Margherita, compare nelle indagini che hanno portato all’inchiesta ‘Maglio’ e in alcuni passi dell’indagine ‘Crimine’, come ha denunciato oggi la Casa della Legalità di Genova. Monteleone non è indagato ma dagli atti emergerebbe una sua vicinanza con Mimmo Gangemi, il fruttivendolo di San Fruttuoso accusato di essere il capo della ‘ndrangheta in Liguria, a cui sarebbe ricorso più volte per ottenere appoggio elettorale.
Nell’inchiesta ‘Crimine’, nel mezzo della lotta che oppone Gangemi a Domenico Belcastro per le candidature da sostenere, Belcastro si lamenta con Giuseppe Commisso perché Gangemi vorrebbe sponsorizzare “un finanziere, uno sbirro. Cinque anni fa ha detto che lui che è sbirro questo qua, che è un infame, adesso ha voluto appoggiare a Monteleone, lui lo potete appoggiare. Uno vale l’altro, appoggiamo a Monteleone”. La ragione di questa scelta, spiega ancora Belcastro, risiede nel fatto che il politico avrebbe promesso un posto di lavoro al genero di Gangemi. Ma l’intercettazione rivela anche che i rapporti fra Monteleone e la consorteria non sono sempre stati pacifici e lineari.
In particolare, dalle indagini che hanno portato all’operazione Maglio (ma che non sono confluite nell’Ordinanza di misure cautelari) emerge che Monteleone si sarebbe servito dell’appoggio del clan già nelle elezioni del 2005. Una volta eletto, però, non avrebbe mantenuto i patti convenuti, provocando così una rottura con il sodalizio che, in spregio, lo avrebbe soprannominato “il lardone”. “Allora lo facciamo sto armistizio, la facciamo sta spaghettata?”, propone ancora Monteleone all’alba delle elezioni del 2010, in un tentativo di ricucire i rapporti con il clan. L’intercettazione è riportata in un rapporto del Ros in cui si evidenzia “come gli amministratori locali (alcuni di origine calabrese) ben conoscessero i caratteri organizzativi della struttura ‘ndranghetistica, rivolgendosi a personaggi inseriti nel locale del capoluogo di Regione, per far giungere richieste di appoggio elettorale alle strutture periferiche”.
Privatizzazioni: Letta al Washington Post, venderemo il 4,9% di Terna. - Andrea Bassi
Il governo sarebbe pronto a vendere il 4,9% di Terna. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, lo ha anticipato in un'intervista al Washington Post, che però ha riportato una percentuale sbagliata (il 49%, mentre la Cdp possiede solo il 29% della società della rete elettrica). La vendita sarebbe "one shot". Dunque la partecipazione pubblica tramite Cassa si fermerebbe al 24%, in modo da mantenere la presa su una società considerata strategica (la rete elettrica è tra quelle sulle quali sono riconosciuti i poteri di golden power).
Il punto è anche un altro. Con la vendita del pacchetto del 5% di Terna e con lo Stato al 24% della società della rete, si romperebbe ufficialmente il tabù del 30%. La vecchia soglia dell'Opa considerata anche come limite minimo per poter esercitare il controllo sulle società pubbliche controllate dal Tesoro. L'operazione Terna, dunque, potrebbe aprire a repliche anche su Enel, Eni e Finmeccanica, dove lo Stato possiede quote ancora superiori al 30%.
Tra le società indicate da Letta che saranno inserite nel piano di privatizzazioni c'è anche Fincantieri, altra società partecipata dalla Cassa Depositi e Prestiti tramite Fintecna. Stamattina, l'amministratore delegato della società cantieristica, Giuseppe Bono, si è mostrato freddo sull'ipotesi. Per la quotazione di Fincantieri, ha detto, "sono pronto da 7-8 anni". Secondo Bono, quando Letta parla di privatizzazione pensa alla quotazione dell'azienda: "non credo - ha spiegato l'a.d. di Fincantieri - che pensi di venderla, credo che pensi di quotarla tenendo una quota che consenta al governo di mantenere il controllo". In ogni caso, Bono dice no a qualunque ipotesi di vendita di una quota del capitale ad altri player internazionali: "non abbiamo bisogno di partner, noi vogliamo comandare a casa nostra".
Si stanno svendendo tutti i nostri gioielli di famiglia dopo, naturalmente, averli spolpati.
Caponata di melanzane: la ricetta siciliana.
Piatto tipicamente siciliano, la caponata è molto gettonata soprattutto nei mesi estivi, quando lamelanzana è di stagione. Gli ingredienti sono facilmente reperibili e sono tutti vegetali. Il piatto può essere consumato anche freddo, lasciato insaporire per qualche ora.
L'ingrediente numero uno è la melanzana, ma non una qualunque. La regina di questo piatto è laVioletta lunga palermitana, quella caratterizzata dalla forma allungata. Perché questa varietà? Essendo più soda rimane integra anche dopo la 'doppia' cottura. Ed ecco come prepararla:
Ingredienti
- 1 kg di melanzane della varietà “ Violetta lunga palermitana”
- 500 grammi di sedano (vanno usati solo i gambi, le foglie solo per guarnire)
- 2 cipolle
- 150-200 gr. Di olive verdi già snocciolate
- Un pugno di capperi dissalati
- Un cucchiaio di pinoli
- Salsa di pomodoro, qb
- 50-70 gr di zucchero di canna
- Mezzo bicchiere di aceto nero
- Basilico
- Olio extravergine d'oliva
Preparazione
Tagliare le melanzane a dadini, metterle sotto sale per circa un'ora e poi sciacquarle con acqua fresca e dopo averle asciugate o sgocciolate, friggerle. Non cuocetele del tutto, ma fatele soltanto dorare, fino a metà cottura.
Nel frattempo lavare il sedano privandolo delle foglie e tagliare il gambo a pezzetti (circa un cm). Farlo bollire fino a farlo ammorbidire. Fare poi un soffritto di cipolla abbondante, tagliata finemente aggiungendo la salsa di pomodoro, le olive, il sedano già bollito e i capperi. Infine aggiungere le melenzane e continuare a cuocere facendo in modo che il sugo le copra almeno in parte.
A cottura ultimata occorre fare l'agrodolce. Nulla di più semplice. Alle melanzane già pronte va aggiunto l'aceto e subito dopo lo zucchero. Il tutto va lasciato cuocere a fuoco moderato per qualche minuto. Meglio lasciarla riposare qualche ora. Una volta che la caponata si è raffreddata, guarnite con le foglie di sedano messe da parte e col basilico.
giovedì 17 ottobre 2013
Slot: una pagina vergognosa per Letta e il Pd. - Riccardo Bonacina
A fine agosto ne avevo scritto dicendo: "Questo no! Questo non è possibile! Sto parlando del decreto sull'Imu presentato ieri sera da Letta, Alfano e Saccomanni. E Mi riferisco al fatto che tra le voci a copertura dell'abolizione della prima rata Imu ci siano 600 milioni per una sanatoria prevista ai concessionari delle slot machine.
È un'indecenza", commentavo (per leggere l'articolo con dettagli della sanatoria ecco il link). Ma siccome al peggio non c'è mai fine, martedì la notizia di un ulteriore sconto di 100 milioni ai signori delle slot. Cosa volete che vi dica oggi? Per evitare parolacce e improperi ai nostri governanti vediamo di spiegare l'ennesimo orrore stando ai fatti.
Allora. La proposta di sanatoria contenuta nel decreto Imu, chiedeva di chiudere un contenzioso risalente al 2007 (contestati 98 miliardi di evasione) con una cifra del 25% di quanto la Corte dei Conti chiedeva ai concessionari slot, 2,5 miliardi di multa. Martedì un emendamento del governo, presentato in Aula alla Camera, sul Decreto Imu chiede di abbassare ulteriormente la percentuale al 20%.. Coloro che pagano subito il 20% del danno quantificato nella sentenza di primo grado potranno così chiudere subito il proprio contenzioso davanti alla Corte dei Conti.
Se i dieci concessionari decidessero di aderire, prosegue questa sarebbe la ripartizione con le multe rimodulate al 20%: Bplus 179 milioni, Cirsa Italia 24 milioni, Sisal Slot 49 milioni, Gtech 20 milioni, Gmatica 30 milioni, Codere 23 milioni, HBG 40 milioni, Gamenet 47 milioni, Cogetech 51 milioni e Snai 42 milioni. Per un totale, invece di 600 milioni di soli 500.
Una vera vergogna e la prova del nove della nullità della politica incapace di tenere a bada gli appetiti dell'industria più rampante d'Italia, quella dell'azzardo legale. La terza industria italiana!
Una politica che non riesce a stabilizzare una misura primaria e necessaria come il 5 per mille alle realtà non profit (questione, guarda un po' di 100 milioni), si inchina a imprese che come Gtech nel 2012 hanno realizzato super profitti, Gtech, ha avuto ricavi (netti di imposte indirette come il Preu) pari a 3 mld di euro, ebitda al 34% pari a 1 mld di euro e utile operativo pari al 17% (!) .
Una politica degna di questo nome avrebbe proposto una sanatoria corrispondente al 75-80% della multa e se le concessionarie non avessero aderito, si sarebbe automaticamente previsto di innalzare il Preu (questo avremmo voluto vedere scritto nell'emendamento di un governo serio), un sostituto di imposta (tassa unica sul gioco), tasse che non si vedono nei bilanci delle concessionarie perché è tassazione alla fonte ( New slot: 12,7 % Poker e simili online: 20% Giochi di abilità online 3%). Essendo tassa sostitutiva: il Preu assorbe ogni altra imposizione indiretta, quindi non pagano neppure l'Iva!
Invece, il governo Letta ha abbassato ancora un po' i propri pantaloni. E con lui anche il Parlamento che ha dato l'ok all'emendamento. Da segnalare, nel capitolo "Vergogna", il fatto che su 297 deputati del Pd solo 8 hanno votato no all'emendamento disobbedendo all'indicazione del Gruppo Parlamentare (Epifani che schifo, però!). Ecco i loro nomi in rigoroso ordine alfabetico: Lorenzo Basso, Bobba Luigi, Bragantini Paola, Cani Emanuele, Coppola Paola, Donati Marco, Senaldi Angelo, Tullio Mario.
Qualcuno, poi ha deciso di uscire dall'Aula per non prendere parte al voto, non sentendosi di andare contro l'indicazione del Gruppo Parlamentare ma neppure di dire sì all'emendamento della vergogna.
Ma l'arcano è presto spiegato:
La lobby del gioco e i soldi al pensatoio di Letta. - Ilario Lombardo
Roma - Tutto è incominciato con il servizio delle Iene sulle lobby che, secondo un collaboratore di un senatore, pagano alcuni parlamentari per fare pressioni e modificare le leggi in Commissione. Un assist perfetto, colto al volo dal Movimento 5 Stelle, che oggi si presenterà nell’aula di Palazzo Madama per denunciare «anni di intrecci di interessi tra la politica e la lobby del gioco». A leggere l’interrogazione sarà Giovanni Endrizzi, il senatore veneto che al Sert di Rovigo si occupa delle patologie generate dalla dipendenza dall’azzardo.
Il M5S chiederà l’attenzione del Parlamento soprattutto su un nome : Enrico Letta. Proprio il premier che nel 2011, quando era semplice deputato Pd, ha ricevuto una finanziamento come sponsor per il suo think tank VeDrò, da parte di Lottomatica e Sisal, due multinazionali dell’azzardo, la seconda dal 2010 presieduta dall’ex ministro di Prodi, Augusto Fantozzi. La cifra del contributo si aggira intorno ai 20 mila euro.
Sicilia, l’Eldorado dei baby pensionati: ricchi grazie a legge dell’era Cuffaro. - Giuseppe Pipitone
L’ultimo in ordine di tempo si chiama Giovanni Tomasello, ha 57 anni e di mestiere faceva il segretario generale dell’Assemblea regionale Siciliana. Da ieri si è unito alla pletora di baby pensionati sfornati ogni anno dalla Regione Sicilia: motivi di famiglia ha spiegato il super dirigente nella lettera al presidente del Parlamento regionale Giovanni Ardizzone.
La storia delle maxi pensioni dei dirigenti dell’Ars non è esattamente una novità. Il prestigio del Parlamento più antico d’Italia non può evidentemente morire dentro le mura di Palazzo dei Normanni, dove il decreto Fornero è rimasto, fino ad oggi, fuori dalla porta. Da queste parti non c’è traccia di esodati, decreti che aumentano l’età minima pensionabile ed altre amenità. C’è invece una leggina piccola piccola, che l’Ars varò nel 2005, quando il governatore era Salvatore Cuffaro. All’epoca, nessuno sospettava che l’allora presidente, poi condannato per mafia, avesse una naturale pulsione per accudire i poveri, e che anni dopo potesse finire presto a scontare la pena affidato ai servizi sociali alla missione Speranza e Carità di Biagio Conte.
Sarà per questo che quella norma minuscola approvata dal parlamento siciliano individuava nell’ultimo stipendio percepito la base pensionabile dei dipendenti della Regione Sicilia. Una bella fortuna per Felice Crosta, che dopo pochi mesi a capo dell’Agenzia per i rifiuti è andato in pensione alla modica cifra di 41 mila euro al mese, ovvero 1400 euro al giorno. Quel mezzo milione di euro di pensione fece il giro d’Italia con il risultato che la Corte dei Conti decise di alleggerire l’assegno annuale di Crosta ad “appena” 219 mila euro. Queste però sono storie di pensioni normali. O meglio, pensioni d’oro, anzi di platino, riconosciute a persone che hanno più o meno raggiunto l’età pensionabile. Perché la Sicilia è anche, e forse soprattutto, terra di pensionati baby, ancora in forma, e in grado di essere attivi su più fronti, mentre percepiscono assegni a sei cifre dalla collettività.
Un esempio? Pier Camillo Russo di mestiere faceva il segretario generale della Regione Siciliana, fino a quando chiese di andare in pensione ad appena 47 anni. Il motivo? Doveva accudire il padre malato. Poco male, perché grazie ad un altro paio di leggine, la 104 del 1992 e la 335 del 1995, i dipendenti pubblici con familiari che versavano in gravi condizioni di salute potevano chiedere e ottenere di andare in quiescenza. Chiaramente addolorato, Russo era diventato pensionato della Regione Sicilia e con un assegno di quasi settemila euro al mese poteva dedicarsi ad accudire il padre. Poco dopo però ci ha ripensato, accettando l’invito dell’ex governatore Raffaele Lombardo ad entrare in giunta come assessore all’Energia: pensionato baby della Regione Sicilia e amministratore della stessa in un colpo solo. Il caso di Russo, però, non è l’unico. Anzi i pensionati baby, all’ombra di Mamma Regione, non si contano più. Solo nel 2012, secondo la Corte dei Conti, i dipendenti andati in pensione ben prima dell’età pensionabile sono ben 365: tutti ben remunerati da un sostanzioso assegno mensile. Perché in Sicilia niente deve mai essere esiguo, nemmeno le pensioni degli ex dipendenti andati a riposo ancora quarantenni.
Un ex direttore generale percepisce ogni mese di pensione 6.420 euro, mentre un dirigente si ferma a quota quattromila. Cifra aumentate esponenzialmente negli ultimi anni, dato che nel 2008 la pensione di un direttore generale si fermava a cinquemila euro al mese, il trenta per cento in meno rispetto ad oggi. Cifre che incidono e non poco sul bilancio regionale: nel 2012 i pensionati della Regione Sicilia erano infatti 16.377 e costavano alle casse isolante 656 milioni di euro all’anno, circa il dieci per cento dei sei miliardi di debiti che – sempre secondo la corte dei conti – gravavano sui bilanci di Palazzo d’Orleans a fine 2012.
Senza contare che il Fondo Pensioni della Regione, che gestisce gli assegni per i pensionati, costa da solo altri 385 mila euro all’anno. Ma non è tutto. Perché Pier Camillo Russo non è l’unico ad aver fatto marcia indietro, volendo continuare a servire la collettività anche dopo la pensione. Cosimo Aiello, per esempio, era andato in pensione a 51 anni per assistere la madre malata. Grazie alla nomina a capo di gabinetto, arrivata provvidenzialmente poco prima della pensione, poteva contare un assegno mensile invidiabile. Il lavoro però è sacro e non è facile separarsene facilmente. Ecco quindi che Aiello, subito dopo la pensione, ha iniziato a collezionare incarichi: consulente del Teatro Bellini di Catania alla modica cifra di 48 mila euro, commissario dell’orchestra sinfonica siciliana, commissario dell’Ersu (l’ente che assegna le borse di studio agli universitari), più la nomina a commissario dell’ente portuale di Catania, poltrona che secondo Il Sole 24 Ore varrebbe ben centomila euro al mese. Tutto questo mentre continuava a percepire la pensione, che gli era stata concessa a causa delle gravi condizioni in cui versava la madre. Un vizio tipico dei baby pensionati della Regione Sicilia: escono dalla porta e rientrano dalla finestra. Tutto a spese dei contribuenti.
La pensione dell’ex gran commis di Palazzo dei Normanni, quindi non ha niente a che vedere con le minime da 500 euro perché così dice la legge siciliana. Lo stesso trattamento sarà riservato al suo successore, Sebastiano Di Bella, subito nominato dallo stesso Ardizzone, che ne avrà evidentemente apprezzato le doti, dato che lo ha già avuto alle sue dipendenze come capo di gabinetto. E se il nuovo segretario generale dell’Ars, essendo già sulla sessantina, ha messo nel mirino la maxi liquidazione, il predecessore di Tomasello, Gianliborio Mazzola, nel 2007 era riuscito a fare perfino di meglio, incassando una buonuscita da un milione e settecento mila euro. Lapidario il commento dell’allora presidente di Palazzo dei Normanni Gianfranco Micciché. “Quando ho firmato la sua liquidazione, mi sono sentito un deficiente ”. E chissà come si saranno sentiti tutti gli altri siciliani, quelli che devono aspettare i 67 anni d’età per per avere poche centinaia di euro al mese.
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