giovedì 10 marzo 2016

Popolare Vicenza, un milione a Zonin nell’annus horribilis della banca. - Mario Gerevini

Gianni Zonin

Il compenso 2015 all’ex presidente per il lavoro fatto nell’anno più disastroso nella storia dell’istituto. I soci perdevano in media 42 mila euro a testa. Passata ai figli la quota di maggioranza della casa vinicola.

Un milione. L’ex presidente Gianni Zonin, dimessosi il 23 novembre scorso, indagato dalla procura vicentina per presunti reati nella gestione della Banca Popolare di Vicenza, incassa un milione di euro di compenso (in linea con il 2014) per il lavoro fatto nell’anno più disastroso nella storia dell’istituto. Quello in cui i soci hanno visto letteralmente sparire 5 miliardi di risparmi (42mila euro a testa), famiglie rovinate, aziende distrutte, la banca tramortita, la reputazione ai minimi termini e un drastico piano di salvataggio, appena approvato.

I dettagli degli stipendi saranno resi noti nell’assemblea di bilancio convocata ieri dal consiglio per il 26 marzo. 
Ma il milione a Zonin, come tutti gli emolumenti del vertice, è già contabilizzato. Sempre ieri si è saputo che l’Antitrust ha aperto un procedimento contro la Popolare, ora spa, per presunta pratica commerciale scorretta, cioè l’aver condizionato, in passato, l’erogazione di prestiti all’acquisto di azioni. Subito dopo le dimissioni, Zonin, con una manovra sulle sue holding, ha assicurato il controllo del gruppo vinicolo ai tre figli. Tre bonifici per un totale di 2,5 milioni sono arrivati nel conto dell’accomandita «Gianni Zonin Vineyards» alla sede storica della Popolare in Contrà Porti. Denaro per ricapitalizzare la sas, retta da un intreccio di titoli in proprietà e usufrutto tra il capostipite e i figli. L’aumento, però, viene sottoscritto solo dai figli che salgono così al 50,02% garantendosi, a cascata, il controllo del gruppo. 

Forse era previsto o forse è un’operazione dettata dalla prudenza: con l’aria che tira non si sa mai che un ipotetico sequestro vada a toccare la Casa Vinicola Zonin.
Il vertice della banca, tuttavia, si muove con grande prudenza. Del resto è noto che gran parte del consiglio (13 su 18) è tuttora espressione della vecchia gestione. Si può chiedere, per esempio, a Marino Breganze (68 anni) di agire eventualmente contro sé stesso o contro chi gli ha garantito la poltrona di vicepresidente per 16 anni, di consigliere per 29, 590mila euro di stipendio, compreso quello da attuale presidente di Banca Nuova? 
E il segretario del consiglio Giorgio Tibaldo (66) che è lì esattamente da 30 anni, e prende 220mila euro? Di uomini cresciuti fianco a fianco con Zonin è pieno il cda. «Io non parlo e lei non mi citi — dice al telefono uno dei nomi nuovi al vertice — ma ho visto cose che voi umani ...».
E il collegio sindacale, che avrebbe titolo per avviare autonomamente azioni di responsabilità? Due su tre sono professionisti di fiducia di Zonin. Il numero uno, Giovanni Zamberlan (in servizio da 28 anni, 200mila euro di emolumenti, quasi il doppio dei sindaci Eni), è ben conosciuto anche dal nuovo presidente della banca, Stefano Dolcetta che lo ritrova alla guida del collegio della «sua» Fiamm e di altre 6 aziende del gruppo. All’assemblea del 26 solo il bilancio è all’ordine del giorno. Nessun ricambio nel consiglio. E la Fondazione Cassa di Prato, che ha fatto un bagno di sangue con azioni di Vicenza, preannuncia battaglia.

Wuppertal, Germania, monorotaia sospesa.



Monorotaie sospese a Tokio e a Shonan in Giappone.



Shonan



Tokio

TRIVELLE FUORILEGGE: ECCO COME LE PIATTAFORME ITALIANE INQUINANO ACQUA E AMBIENTE (E PERCHÉ VOTARE SI). - Germana Carillo

trivelle rapporto greenpeace

Contaminazioni ben oltre i limiti di legge e sostanze chimiche pericolose che inquinano l’ambiente e non fanno altro che nuocere agli essere umani: nei sedimenti (ma anche nelle cozze!) che vivono in prossimità di piattaforme offshore presenti in Adriatico si trova questo e molto altro. 
A rivelarlo è il rapporto “Trivelle fuorilegge” pubblicato da Greenpeace in cui vengono resi pubblici per la prima volta i dati ministeriali relativi all’inquinamento generato da oltre 30 trivelle operanti nei nostri mari.
I dati elaborati da Greenpeace mostrano una contaminazione che supera i limiti previsti dalla legge per almeno una sostanza chimica pericolosa nei tre quarti dei sedimenti marini vicini alle piattaforme (76% nel 2012, 73,5% nel 2013 e 79% nel 2014). E non solo: i parametri ambientali sono oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% dei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Anche nelle cozze la presenza di sostanze inquinanti ha mostrato evidenti criticità.
Il quadro che emerge è di una contaminazione grave e diffusa – afferma Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace –. Laddove esistono dei limiti fissati dalla legge, le trivelle assai spesso non li rispettano. Ci sono contaminazioni preoccupanti da idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti, molte di queste sostanze sono in grado di risalire la catena alimentare fino a raggiungere gli esseri umani. Nei pressi delle piattaforme monitorate si trovano abitualmente sostanze associate a numerose patologie gravi, tra cui il cancro. La situazione si ripete di anno in anno ma ciò nonostante non risulta che siano state ritirate licenze, revocate concessioni o che il Ministero abbia preso altre iniziative per tutelare i nostri mari”.
trivelle fuorilegge
Lo scorso luglio Greenpeace aveva chiesto al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, tramite istanza pubblica di accesso agli atti, di ottenere i dati di monitoraggio delle piattaforme presenti nei mari italiani.
Il Ministero fornì allora solo i dati di monitoraggio di 34 impianti, relativi agli anni 2012-2014, dislocati davanti alle coste di Emilia Romagna, Marche e Abruzzo. Delle altre 100 e più piattaforme operanti nei nostri mari, Greenpeace non ha ricevuto alcun dato: o il Ministero non dispone di informazioni in merito (e dunque questi impianti operano senza piani di monitoraggio), oppure lo stesso Ministero ha creduto bene di non consegnare a Greenpeace tutta la documentazione in suo possesso.
Alla scarsa trasparenza del Ministero e al quadro ambientale critico si aggiunge il fatto non proprio confortante che i monitoraggi sono stati eseguiti da ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale che è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Ambiente, su committenza di ENI, proprietaria delle piattaforme oggetto di indagine.
Con questo rapporto dimostriamo chiaramente che chi estrae idrocarburi nei nostri mari inquina, e lo fa oltre i limiti imposti dalla legge senza apparentemente incorrere in sanzioni o in divieti – dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. Quel che a nessun cittadino sarebbe concesso, è concesso invece ai petrolieri, il cui operato è fuori controllo, nascosto all’opinione pubblica e gestito in maniera opaca. Sono motivi più che sufficienti per spingere gli italiani a partecipare al prossimo referendum sulle trivelle del 17 aprile, e a votare Sì per fermare chi svende e deturpa l’Italia”.
Mappa piattaforme
Ecco, allora, un motivo in più perché il 17 aprile prossimo andremo a votare SI, per cancellare la norma che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo.
Certo è, e torna a sottolinearlo Legambiente, la decisione del governo di fissare il referendum il 17 aprile, e di non averlo voluto accorpare alle elezioni amministrative che si terranno più avanti, limiterà molto le possibilità di coinvolgimento e quindi di partecipazione degli italiani a una consultazione che interessa tutto il Paese.
trivelle si
Secondo la legge, la propaganda elettorale inizia infatti dal 30° giorno antecedente la votazione; in questo caso il 18 marzo. “Sarebbe stato necessario avere più tempo a disposizione per spiegare che tutto il petrolio presente sotto il mare italiano basterebbe al nostro Paese per sole 7 settimane – spiega Rossella Muroni, presidente di Legambiente – mentre già oggi produciamo più del 40% di energia da fonti rinnovabili. E che se si vuole mettere definitivamente al riparo i nostri mari dalle attività petrolifere occorre votare Sì, perché così le attività petrolifere in mare entro le 12 miglia andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni”.
Insomma, i margini di informazione su questa consultazione popolare sono davvero ristretti, ma noi ce la metteremo tutta affinché sempre più persone prendano consapevolezza dell’importanza di partecipare a questo referendum e dire SI!
trivelle referendum greenpeace

Spaccio di droga e tratta sessuale, la mafia nigeriana in Italia.




Migliaia di migranti arrivano in Europa, spinti da sogni e false promesse. Il reportage di Vice on SkyTG24 

Ogni anno dalla Nigeria arrivano in Italia decine di migliaia di migranti, spinti da grandi sogni e false promesse, indebitandosi per pagare il viaggio. Una volta in Italia, però – in assenza di documenti e opportunità di lavoro legale – alcuni finiscono in strada, a spacciare droga o a prostituirsi, nelle reti di una organizzazione criminale nigeriana, sempre più potente, che inizia ad assumere le sembianze di una ‘mafia’.

I reporter di Vice hanno indagato sullo spaccio di droga e la tratta sessuale a partire da alcuni punti di snodo principali: dall’aeroporto di Malpensa, dove hanno assistito al fermo di un presunto corriere, al blitz della squadra mobile dei ‘Falchi’ di Palermo, che perlustrano in moto le piazze di spaccio di Ballarò. Vice ha incontrato anche alcune giovani donne sfruttate per la prostituzione, che stanno trovando il coraggio di rompere il muro di omertà e uscire dalla tratta sessuale, e ascoltato la denuncia di Emeka, giovane nigeriano aggredito e sfregiato con un’ascia – simbolo del Secret Cult dei Black Axe, una delle organizzazioni segrete della Nigeria a cui si appoggiano le organizzazioni criminali nigeriane anche in Italia.


http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2016/03/09/vice-on-sky-tg24-mafia-nigeriana.html

Le mafie sono le uniche "aziende" che attecchiscono in Italia. 
....e non mi pare che lo stato le ostacoli, perchè, se lo facesse, non si espanderebbero, verrebbero respinte.

Cetta

Da casa all’ufficio in auto blu? Da sei mesi a tre anni di reclusione. - Fabrizio Caccia

Auto di rappresentanza nel cortile della prefettura di Milano (Fotogramma)

Diventerà reato penale l’abuso delle autovetture di servizio. Il via libera della Camera è previsto per la prossima settimana. Palazzi in allarme: si rischia il peculato d’uso. Il M5S: «Eliminare l’anacronistico status symbol».

Non si potrà neanche compiere il percorso da casa all’ufficio: si rischieranno da sei mesi a tre anni di reclusione per peculato d’uso. 
Palazzi in allarme, la notizia è questa: diventerà reato penale l’abuso dell’utilizzo delle auto blu. Lo prevede un emendamento del Pd alla proposta di legge sull’acquisto e la dismissione delle autovetture di servizio, attualmente in discussione in Commissione affari costituzionali di Montecitorio.

Il M5S: «Eliminarle del tutto»
L’esecutivo ha dato parere favorevole alle modifiche dem, opponendosi invece ad alcuni cambiamenti proposti dalla Lega. Si comincerà a votare il 9 marzo in Commissione affari costituzionali e il via libera dell’Aula è previsto per la settimana prossima. Si è stabilita inoltre la proroga al 31 dicembre 2017 del divieto di acquisizione di nuove autovetture e continueranno ad essere comminate le sanzioni amministrative fino a 10mila euro per chi non rispetta i limiti d’acquisto e non fornisce i dati che vengono richiesti dal ministero della Pubblica amministrazione. Ma il M5s chiede di fare di più. «Occorre eliminare l’anacronistico e dispendioso status symbol», è l’appello dei grillini perché «è inaccettabile che lo Stato sperperi 400 milioni di euro».

I numeri del «dimagrimento»
Il dimagrimento del parco macchine comunque è progressivo. 
Nel 2012 la spesa totale era stimata per 1.050 milioni, 128 milioni in meno rispetto all’anno precedente. Il governo nei giorni scorsi ha fornito gli ultimi dati. Lo scorso anno il numero di auto delle pubbliche amministrazioni si è ridotto notevolmente, passando dalle 66.619 autovetture del 2014 alle 23.203 del 2015. Per le amministrazioni centrali dello Stato le autovetture in uso sono passare dalle 567 del 2014 alle 274 del 2015. Diminuite anche le auto blu con autista dei ministeri, passate dalle 159 del 2014 alle 59 del 2015: quasi i due terzi in meno. Nel corso dell’ultimo anno, poi, anche le regioni hanno più che dimezzato il parco auto passando dalle 2.883 autovetture del 2014 alle 1.277 del 2015, di cui 759 sono di proprietà. Ed ora ecco in arrivo ulteriori restringimenti anche per il puro e semplice utilizzo: sarà meglio evitare, così, i tragitti impropri. auto blu, reato penale, 
Andare a fare la spesa in auto blu potrebbe costare carissimo.


Ma se non consentono l'arresto per motivi più gravi, come potremo mai credere che lo facciano per questo motivo?

Cè da pensare che, se hanno approvato l'emendamento, dovrebbero anche aver previsto anche l'escamotage per bypassarlo.

Infatti, la LEGGE 28 aprile 2014, n. 67, per i reati per i quali e’ prevista  la  pena  dell’arresto  o della reclusione non superiore nel massimo a tre anni, secondo quanto disposto dall’articolo 278 del codice di procedura penale,  prevedere che la pena sia quella della reclusione  domiciliare  o  dell’arresto domiciliare.

Cetta

Adozioni internazionali. Tutte le bugie del governo. . Chiara Rizzo



«La Cai operativa? Ma se si è riunita solo nel 2014. È un soviet». Intervista a Simone Pillon, avvocato, membro della commissione.
Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola – Un clamoroso calo delle adozioni internazionali di cui quasi nessuno parla, mentre il dibattito mediatico è per lo più concentrato sulla, non meno importante, stepchild adoption. Eppure, l’Italia – per anni paese modello in tutto il mondo per l’accoglienza (nazionale e internazionale) in famiglia di minori – vive un brusco cambio di tendenza. Una rivoluzione all’incontrario. Il governo Renzi come risponde al problema della flessione? Semplicemente nega che vi siano problemi. Lo scorso 5 marzo, rispondendo in Senato a due interrogazioni presentate da Carlo Giovanardi e Maurizio Sacconi, il rappresentante dell’esecutivo in aula (che quel giorno era, va ricordato, il sottosegretario alle politiche Agricole Andrea Olivero) ha rassicurato tutti: «L’operatività della commissione, intensissima negli ultimi mesi, è pienamente garantita e in atto». «Ma quando mai? Ci siamo visti una volta in due anni», denuncia a Tempi Simone Pillon, avvocato, membro della suddetta commissione.
Pillon, non siete pienamente operativi?
No. Lo scorso 19 marzo è stata l’ultima volta che ho inviato una richiesta di convocazione della commissione con posta elettronica certificata e la mia richiesta non è stata nemmeno riscontrata. Non ho avuto alcuna risposta. La commissione non viene convocata dal 27 giugno 2014.
Si tratta della riunione in cui il magistrato Silvia Della Monica è stata nominata vicepresidente della commisione?Sì, è stata la prima riunione presieduta dall’attuale vicepresidente, che però fa anche la presidente.
Scusi, ma la presidenza non l’ha assunta su di sé il premier Matteo Renzi?
In teoria presidente della Cai dovrebbe essere il presidente del Consiglio o qualcuno da lui delegato tra i membri dell’esecutivo. Ci dovrebbe poi essere anche un organo tecnico, rappresentato dal vicepresidente, che deve essere una persona diversa. Nell’interrogazione parlamentare del 5 marzo, Olivero ha semplicemente spiegato che «la scelta del presidente del Consiglio di tenere su di sé la competenza delle adozioni internazionali, delegando le sue funzioni alla vicepresidente Silvia Della Monica, è stata gradita in sede internazionale». Il vicepresidente, poi, dovrebbe essere un magistrato con esperienze in giustizia minorile.
Invece?
Ho guardato il curriculum che è stato pubblicato online e non ne ho trovato traccia. È stata consigliere di Cassazione e magistrato a Firenze prima. È stata anche senatrice in quota Pd. Non mi risultano esperienze nel settore minorile, ma se qualcuno ha notizie diverse sono pronto ad ascoltare.
Ma in questa prima riunione del 2014, Della Monica cosa vi ha detto? Vi avrà presentato il suo programma per guidare la Cai, no?
Ci ha detto che ci saremmo aggiornati presto perché quel giorno doveva correre in Senato. La riunione del 2014 è durata dieci minuti. Una successiva riunione non è mai stata fissata.
Magari Della Monica si è rimboccata le maniche da sola, e ha continuato a lavorare in tutto questo tempo.
No. La vicepresidente non può prendere decisioni di alcun tipo in assenza della commissione, e le decisioni non possono essere operative se non vengono prima ratificate dalla Cai. L’unica cosa che è accaduta dal 2014 è che abbiamo assistito a una violenta rivoluzione della norma giuridica, perché un organo democratico, la commissione, è diventato monocratico e qualsiasi decisione abbia adottato il vicepresidente è priva di ratifica.
Il 5 marzo, invece, il sottosegretario Olivero ha garantito: «Nell’ambito dei rapporti internazionali, si è lavorato intensamente in questo anno, con esiti molto importanti. La commissione ha invitato e ricevuto molte delegazioni per importanti sessioni di lavoro».
Quello che so è che le adozioni sono crollate e che molti paesi stranieri si lamentano dell’assenza della commissione che non avvia i contatti necessari, a livello burocratico, per aprire nuovi canali. Moltissime famiglie mi chiamano perché non hanno alcuna notizia, addirittura ce ne sono state alcune che mi hanno raccontato di essere state convocate dalla vicepresidente, lasciate attendere ore, per poi non essere ricevute. La vicepresidente dice di voler fare “poche ma buone” adozioni. La verità è che si è trasformato un virtuosissimo sistema di collaborazione pubblico-privato qual era la Cai – un sistema copiato pure dagli Stati Uniti – in una specie di scatola vuota. Anzi peggio, oggi la Cai è divenuta un soviet in cui tutto passa dal volere e dal capriccio di una singola persona.
Lei ha chiesto dei chiarimenti?
Ho denunciato pubblicamente quanto accade. Ogni tanto mi convoca qualche senatore per chiedermi se ci sono novità e provare a far pressioni sul governo, ma allo stato attuale è tutto fermo.
A suo avviso c’è una motivazione dietro tutto quello che starebbe avvenendo in seno alla Cai?
Certamente. Io penso che c’è una motivazione culturale alla base di tutto quello che sta accadendo: demolire la collaborazione tra pubblico e privato che era in atto nella commissione, per imporre una visione “statocentrica” dove il privato è sottomesso allo Stato che fa e disfa a suo piacimento.

Se la C.A.I., Commissione per le Adozioni Internazionali, non si riunisce dal 2014, tutta questa gente, tra cui la presidentessa - nonché vicepresidentessa, senatrice del PD, e consigliera della Suprema Corte di Cassazione, che cosa fa?
COMPOSIZIONE DELLA C.A.I.
Presidente: Presidente del Consiglio dei Ministri, dott. Matteo RENZI. Per delega, Presidente è la Cons. Silvia DELLA MONICA
Vice Presidente: Cons. Silvia DELLA MONICA, consigliere di Cassazione
Componenti:
3 rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
1 rappresentante del Ministero degli Affari Esteri;
1 rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione;
1 rappresentante del Ministero dell'Interno;
2 rappresentanti del Ministero della Giustizia;
1 rappresentante del Ministero del Lavoro Salute e Politiche Sociali;
1 rappresentante del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
4 rappresentante della Conferenza unificata Stato-Regioni;
3 rappresentanti delle associazioni;
3 esperti.
Non vi sentite turlupinati?
Cetta.