Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 15 luglio 2016
CHI CREA IL DENARO CHE USIAMO? - Fabio Conditi
Da qualche mese il sistema bancario è sotto l'occhio del ciclone, le persone hanno cominciato a rendersi conto che nel bene e nel male, è lì che si annidano molti dei problemi che abbiamo, ma nessuno capisce perché.
La questione ha cominciato a chiarirsi soprattutto quando per la prima volta nel 2012, Sir Marvyn King, Governatore della Bank of England, ha ammesso che nella creazione di denaro, il ruolo di gran lunga maggiore viene svolto dalle banche private, e non, come è scritto in molti testi di macroeconomia, dalle Banche Centrali.
Questo fatto sarebbe stato evidente a tutti, se solo si fossero analizzati i dati forniti da anni dalle principali Banche Centrali del mondo occidentale, perché, come abbiamo spiegato nel nostro precedente articolo su Comedonchisciotte che trovate QUI, più del 90% di tutta la moneta che usiamo è creata dal nulla dal sistema bancario attraverso i prestiti.
Quando faccio questa affermazione, la maggior parte delle persone mi chiedono : ma allora, se la banca crea il denaro dal nulla, come fa a fallire ?
Se vogliamo cominciare a fare un po’ di chiarezza, dobbiamo prima chiederci : che cos’è una banca ? Ci sono tre modelli che vengono in mente quando pensiamo ad una banca. Il primo è quello che ci è stato inculcato fin da piccoli, l'idea che la banca sia una sorta di salvadanaio all'interno del quale possiamo depositare i nostri soldi, al fine di accumularli in vista di un possibile utilizzo futuro.
Oggi devo dire che questa idea è stata messa a dura prova dalle ultime vicende bancarie, perché tutti i provvedimenti che sono stati adottati hanno reso sempre più rischiosi i depositi di denaro presso una banca, ma nonostante tutto il conto corrente venga ancora percepito dalle persone come il luogo dove sono custoditi i nostri risparmi.
Il secondo modello è quello che viene fornito dalla Banca d'Italia, che definisce le banche come "Intermediari", sostenendo che : "Nell'ordinamento italiano l'attività bancaria consiste nell'esercizio congiunto della raccolta di risparmio e di fondi liquidi tra il pubblico e della concessione del credito." Questa definizione delle banche è ancora più errata e rimane una delle convinzioni più radicate nell’immaginario collettivo, su come viene gestito il denaro all'interno del sistema bancario : la maggior parte delle persone è convinta che la banca presti solamente il denaro ricevuto in deposito dai clienti.
Il terzo e ultimo modello ci viene fornito dai testi universitari e si è radicato nella testa di molti esperti economici, oltre che di diversi "sovranisti monetari". Secondo questo modello la banca sarebbe un sorta di “moltiplicatore di moneta”, cioè è in grado di creare denaro attraverso un meccanismo chiamato "riserva frazionaria", che funziona in questo modo : supponiamo che io depositi presso una banca 100 euro, la banca dovendo garantire la cambiabilità di quel deposito in moneta contante, accantona il 10% come riserva (da qui deriva il nome di "riserva frazionaria") e presta i rimanenti 90 euro, che andranno a costituire un'altro deposito in banca. Anche su quest'ultimo la banca effettua una riserva del 10%, pari a 9 euro e presta i rimanenti 81 euro, e così via fino ad esaurimento degli euro rimanenti. Si può facilmente dimostrare che alla fine di tutti i passaggi, i 100 euro iniziali hanno prodotto depositi per 1.000 euro, cioè 10 volte i contanti iniziali. Ovviamente se la percentuale di riserva sale al 20%, si può facilmente verificare che il moltiplicatore monetario scende a 20, mentre se scende al 5% il moltiplicatore sale a 20, cioè è sempre inversamente proporzionale alla percentuale di riserva.
Nella realtà, nessuno di questi tre modelli rappresenta il funzionamento del sistema bancario moderno, perché le funzioni di deposito e prestito sono oggi totalmente separate ed indipendenti. La banca può prestare denaro creandolo letteralmente dal nulla quando gli viene chiesto un prestito, senza che debba prenderlo da qualche parte. Prima di vedere come viene creato il denaro attraverso il prestito, analizziamo cosa succede quando depositiamo 1.000 euro in contanti nel nostro conto corrente.
Ricordiamo un fatto importantissimo e cioè che la moneta bancaria altro non è che un debito della banca nei confronti del cliente, in base all'art.1834 del c.c. che recita : "Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, …, a richiesta del depositante". Quindi la banca in realtà crea una sorta di cambiale, con la quale però noi possiamo comprare qualsiasi bene o servizio, in quanto è accettata da tutti come fosse denaro contante. Tutto è basato sulla constatazione pratica che la maggior parte delle persone preferisce utilizzare (anche perché oggi costretta!) la moneta elettronica senza cambiarla quasi mai in contanti.
Quindi quando Tizio deposita 1.000 euro in contanti presso una banca, questa diventa proprietaria dei contanti, che mette nell’attivo del suo bilancio, e contemporaneamente crea un conto corrente a nome di Tizio, nel quale scrive la cifra di 1.000 euro. Da quel momento Tizio utilizzerà la moneta elettronica anziché i contanti, a meno che non decida di ritrasformare la moneta elettronica in contanti, ma questo come abbiamo già detto non avviene quasi mai.
L'importante è aver capito la vera natura della moneta bancaria, che è semplicemente una promessa di pagamento, la quale però non viene quasi mai restituita per essere cambiata, per cui la banca può tenere al suo interno solo una sempre più piccola quantità di contanti per garantire la cambiabilità nei soli e rari casi in cui questa richiesta venga effettuata.
Ma allora cosa succede quando Caio va in banca a chiedere un prestito di 100.000 euro per acquistare una casa da Sempronio ? Per semplicità facciamo l’ipotesi che Sempronio abbia un conto corrente presso la stessa banca di Caio, tratteremo un’altra volta il caso ben più frequente nel quale le due banche sono diverse, perché saremmo costretti a spiegare come avvengono i pagamenti tra le banche, che complica il discorso senza però cambiarne la sostanza.
Quando la banca concede il prestito, non fa altro che scrivere la cifra di 100.000 euro sul conto corrente di Caio, con la quale potrà essere comprata la casa di Sempronio, ma in cambio chiede la firma di un contratto di mutuo con ipoteche reali sul bene acquistato. In questo modo la banca ottiene un documento scritto che gli certifica che la cifra creata dal nulla e prestata a Caio, sarà da lui restituita con gli interessi, e questo gli permette di inserire questo contratto nel proprio attivo di bilancio, a garanzia del passivo creato con il prestito. In pratica è Caio stesso che dà le garanzie alla banca per creare quel denaro dal nulla, ma nonostante ciò è costretto comunque a pagare interessi alla banca.
Al compromesso questo passivo passerà dal conto corrente di Caio a quello di Sempronio, che abbiamo detto si trovano entrambi nella stessa banca, permettendo il trasferimento di proprietà della casa. In realtà Caio non ha ricevuto denaro contante, ma solo una promessa di pagamento in contanti, che ha poi girato a Sempronio, il quale anch’esso probabilmente non la incasserà mai, preferendo tenerla depositata presso la banca in forma elettronica, cioè nella forma di promessa di pagamento in contanti.
Quindi la banca crea delle promesse di pagamento in contanti che in realtà, se non ci fossero le leggi ad impedire l'utilizzo dei contanti, non riuscirebbe a mantenere perché non ha contanti a sufficienza per cambiare tutti i depositi che crea.
Ora, cosa succede se Caio non restituisce il debito che ha contratto ? La banca rimane sempre debitrice verso Sempronio di 100.000 euro, che ha ricevuto questa promessa al rogito notarile di vendita della sua casa, ma questo fatto non è un problema per la banca se ha l’assoluta certezza che Caio restituirà il capitale più gli interessi. Ma se Caio smette di pagare il debito che ha contratto, la banca dovrà onorare di tasca propria il debito di 100.000 euro che Caio ha trasferito a Sempronio, per cui dovrà mettere all’asta la casa acquistata da Caio per recuperare una parte di quel debito.
Ci sono ovviamente dei requisiti, fissati dalle leggi bancarie, che la banca deve avere per creare nuovi depositi dal nulla e sono essenzialmente due, che cerchiamo di semplificare. Innanzi tutto deve possedere una riserva obbligatoria di contanti depositati presso la Banca d’Italia a garanzia dei depositi presenti nel proprio bilancio, ma questa riserva è pari solo all’1% di tutti i depositi, cioè nel nostro esempio 1.000 euro, e addirittura si azzera nel caso di depositi vincolati per più di 2 anni. Inoltre deve dimostrare di avere un patrimonio pari a circa l’8% del rischio di credito, che nel caso di un appartamento residenziale, è pari al 35%, per cui nel nostro esempio specifico questo patrimonio minimo si riduce fino al 2,8%.
Il denaro creato dal sistema bancario con questo meccanismo, che lo ripeto è più del 90% di tutto quello che usiamo, ha quindi una natura estremamente instabile, perché è fortemente condizionato dalle capacità finanziarie di chi ha richiesto il prestito e si è impegnato a restituire il capitale più gli interessi.
Questo significa che nei periodi di crisi economica come quello che stiamo vivendo, l’instabilità economica aumenta esponenzialmente proprio perché le persone hanno maggiormente bisogno di prestiti ma contemporaneamente hanno anche meno possibilità di poterli restituirli con gli interessi.
Per questo le banche nei periodi di recessione come quello attuale, smettono di prestare denaro all’economia reale, preferendo investire il denaro creato in titoli di stato o nei mercati finanziari, in quanto risultano comunque meno rischiosi e più redditizi.
Considerato che nell’Eurozona, la Banca Centrale Europea fino ad oggi ha creato denaro esclusivamente per prestarlo al sistema bancario o per acquistare Titoli sui mercati finanziari attraverso il Quantitative Easing, gli unici soggetti che possono creare denaro per immetterlo nell’economia reale sono solo le banche, che in Italia sono tutte private. Ma allora, visto che le banche possono creare denaro solo ed esclusivamente attraverso i prestiti, ne consegue che tutto il denaro che usiamo è gravato da interessi che sottraggono continuamente risorse dalla nostra economia.
Questo fatto dimostra che se tutte le banche smettessero di fare prestiti, non ci sarebbe denaro a sufficienza per rimborsare tutti i debiti e la moneta scomparirebbe dalla circolazione. Corollario ancora più assurdo è che senza il debito non ci sarebbe il denaro per far funzionare l’economia.
Ma essendo il debito matematicamente inestinguibile, come abbiamo dimostrato nel precedente articolo, ne consegue che la moneta a debito funziona come la ruota per i criceti, costringendoci a lavorare all’infinito per restituire un debito che non finisce mai.
Un sistema economico come questo, caratterizzato da una moneta creata attraverso un debito e gravata da interesse, poteva avere un senso quando la moneta rappresentava un corrispettivo in oro, perché non era possibile creare denaro se non si avevano a disposizione grandi quantità di metalli preziosi. Nella storia sono stati inventati molti strumenti monetari alternativi all’oro che avevano la funzione di amplificare la base monetaria aurea dell’epoca, perché non era insufficiente a permettere la grande quantità di scambi economici che lo sviluppo del commercio richiedeva.
I Mamrè della Palestina, le Lettere di Credito dei Templari, le Note di Banco delle prime banche private, le Banconote delle prime Banche Centrali, avevano la funzione di aumentare la massa monetaria aurea, altrimenti scarsa perché la quantità di oro era insufficiente per tutti gli scambi.
Ma dal 1971, cioè da quando Nixon ha definitivamente squarciato l’ultimo velo residuo che collegava il denaro ai depositi in oro, la moneta ha perso completamente qualunque valore intrinseco per diventare una vera e propria moneta fiduciaria caratterizzata da un valore esclusivamente convenzionale, per giunta garantito dall’unica istituzione detentrice ancora oggi della sovranità monetaria, cioè lo Stato per conto dei suoi cittadini.
Com'è possibile allora, che proprio lo Stato non abbia i soldi per garantire il benessere di tutti i suoi cittadini, nonostante il denaro possa essere creato dal nulla e senza alcun problema ?
Questo è una domanda sulla quale vale la pena di riflettere e che approfondiremo nei prossimi articoli.
Per chi non vuole aspettare, è possibile visitare i siti www.monetapositiva.it e www.qe4people.blogspot.it.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16663
STRAGE FERROVIARIA. AVEVATE DECISO CHI DOVEVA MORIRE PRIMA. - Pino Aprile
Non è un incidente, è un crimine con molti colpevoli. Quei poveri viaggiatori uccisi sul binario unico sono vittime dell'immondo comitato di affari e tangenti che rovescia tonnellate di miliardi di euro su linee ad alta velocità inutili e sovradimensionate (fra Milano e Torino è stata progettata per merci e passeggeri, solo per far salire i costi, e per esser "economica" dovrebbero correrci almeno 400 treni al giorno; invece ne passano una quarantina e nemmeno uno merci); mentre al Sud si lasciano città senza treno, come Matera, altre ne vengono private, perché "non conviene"; e nel 2016 si sta ancora a binario unico su lunghi tratti, in regioni in pieno boom turistico, come la Puglia, la Calabria, la Sicilia, costringendo venti milioni di persone a collegamenti con velocità medie inferiori a quelle di un secolo fa, ma a prezzi, di fatto, più alti che nel resto del Paese e con vere e proprie truffe (frecciargento-fecciaschifo dismesse dal Nord, che percorrono gli stessi tratti dei regionali, ma a prezzi 7 volte maggiori e impiegandoci più tempo).
Siete (voi che questo avete costruito) assassini. Non possiamo portarvi dinanzi a un tribunale, perché avete fatto in modo da rendervi assolti; ma di fronte alla coscienza del mondo (esclusa la vostra, si capisce, della cui esistenza non abbiamo prove) siete condannati per omicidio plurimo, strage.
Signor Renzi Matteo, spieghi ai parenti di quei morti perché su 4560 milioni per le ferrovie ne ha destinati 4500 da Firenze in su e 60 da Firenze in giù(se sono arrivati sotto Firenze...).
Signor Delrio Graziano, informi chi sta piangendo per aver perso la ragione della sua vita che i suoi geologi stanno analizzando le rocce per capire se si può fare il treno fra Napoli e Bari. Poi, magari, spieghi ai suoi figli cos'è l'equità, il rispetto degli altri (valuti se è il caso di raccontare come ha fatto a non accorgersi che la sua Reggio Emilia, con lei sindaco, diventava "il bancomat della 'ndrangheta", mentre lei faceva visita ufficiale, per la festa del patrono, a Cutro, patria del boss Grande Arachi);
Signor Mauro Moretti, lei che, da capo di Trenitalia, pare cambiasse discorso quando si parlava di Sud (e se no, come ci diventava, da sindacalista, numero uno dell'azienda) vada dai sopravvissuti, a dire che ha fatto solo il suo dovere spendendo i soldi di tutto il Paese, solo in una parte del Paese; venda anche a loro la favola dell'azienda privata con i soldi nostri.
Non veniteci a parlare di errore umano; non veniteci a dire che i lavori per raddoppiare la linea erano in corso; non diteci che quelle sono le Ferrovie del nord Barese e voi siete altro... Lo sappiamo cosa siete.
Non cercate i colpevoli, cercate uno specchio.
Fra lacrime di rabbia e di dolore, vi maledico; auguro ai vostri figli di non somigliarvi, per essere, come meritano, migliori. Voi che, come quanti vi hanno preceduto, avete spezzato un Paese in due aumentando i privilegi per alcuni e sottraendo diritti ad altri, siete colpevoli per esservi adeguati ai voleri di quelli cui dovete obbedienza e dei quali dovete garantire gli interessi; colpevoli come i nostri rappresentanti (si fa per dire: li scegliete e ce li imponete) che vi vendono la propria gente, per essere i primi degli ultimi; colpevoli come noi, per non essere stati capaci di tirarvi giù dai luridi seggi da cui vi illudete di contare qualcosa. Quando il mondo era civile, i responsabili di disastri come questo ne vivevano il tormento a vita.
Questi sono omicidi: l'iniquità è un'arma che colpisce a distanza, anche di tempo e il delitto non si rende manifesto. È vero che gli scontri possono avvenire anche dove il binario è doppio, ma è più facile che accadano dove è unico. Quindi, lasciandolo unico al Sud e doppio altrove, avete decretato chi deve morire prima.
Che è l'essenza del potere.
E della vostra colpa.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16660
giovedì 14 luglio 2016
Camera nega autorizzazione a utilizzo intercettazioni di Luigi Cesaro (Forza Italia).
L’inchiesta riguarda il periodo in cui Cesaro era Presidente della provincia di Napoli; l’ipotesi accusatoria è quella di turbativa d’asta e corruzione, nell’ambito di una vicenda che riguarda le procedure d’appalto per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nel comune di Forio, al fine di favorire la società Cite.
Pd e Sinistra italiana votano con Fratelli d’Italia e Forza Italia. Ed è così che l’Aula della Camera nega l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni telefoniche di Luigi Cesaro (Forza Italia) richiesto dal gip del Tribunale di Napoli il 14 aprile 2016. Contro l’autorizzazione hanno votato in 285, i voti a favore dell’istanza dell’autorità giudiziaria sono 74: quelli del Movimento 5 Stelle e Scelta civica. Mentre 20 sono stati gli astenuti (Lega). L’inchiesta riguarda il periodo in cui Cesaro era Presidente della provincia di Napoli; l’ipotesi accusatoria è quella di turbativa d’asta e corruzione, nell’ambito di una vicenda che riguarda le procedure d’appalto per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nel comune di Forio, al fine di favorire la società CITE.
Il relatore Marco Di Lello ha tuttavia sottolineato che compito della Camera non è quello di entrare nel merito della inchiesta, ma di verificare solo se sia stata rispettato l’articolo 68 della Costituzione. L’autorizzazione è stata negata perché le intercettazioni non sono avvenute casualmente, ma in una data successiva (gennaio 2012) all’inizio delle inchiesta anche a carico di Cesaro, sapendo dunque che era parlamentare in violazione quindi della legge.
Il nome di Cesaro era emerso nell’ambito dell’inchiesta che il 16 gennaio scorso aveva portato alla richiesta di arresti domiciliari, trasmessa a Palazzo Madama per il senatore e coordinatore regionale di Forza Italia Domenico De Siano. Per la stessa vicenda erano finiti ai domiciliari un imprenditore e un funzionario comunale, mentre il gip aveva disposto l’obbligo di firma per altri sei indagati. Cuore dell’inchiesta le ipotizzate su mezzette e appalti per la raccolta dei rifiuti in tre comuni: Lacco Ameno, Forio d’Ischia e Monte di Procida.
I fatti si riferiscono a un arco di tempo che va dal 2010 al 2012. Decisive per gli sviluppi dell’inchiesta proprio le intercettazioni telefoniche.
I fatti si riferiscono a un arco di tempo che va dal 2010 al 2012. Decisive per gli sviluppi dell’inchiesta proprio le intercettazioni telefoniche.
Che avevano “monitorato” anche la campagna di tesseramento di Forza Italia in vista del congresso provinciale del 2012: tessere sarebbero state acquistate, questa l’ipotesi degli inquirenti napoletano, dalla componente politica di De Siano e Cesaro al prezzo di dieci euro. Ciò per acquisire maggior peso all’interno del partito e fare in modo così di inserire propri candidati nel ”listino bloccato” per le elezioni politiche dell’anno successivo. Venivano avvicinati in particolare giocatori delle sale bingo ai quali sarebbero stati regalati in cambio del tesseramento un buono da 10 euro per partecipare al gioco. Una vicenda comunque non penalmente rilevante, tanto che non faceva parte delle contestazioni elencate nell’ordinanza cautelare. De Siano si era dimesso dall’incarico e aveva annunciato di voler rinunciare alle prerogative parlamentari per poter essere giudicato. Cesaro aveva invece detto di essere sereno “certo di aver sempre agito nella massima correttezza politica e istituzionale”.
mercoledì 13 luglio 2016
Scontro fra treni in Puglia. 27 i morti, 50 i feriti. Io lo racconto così.
Scommettiamo che non sapremo mai chi è il responsabile?
Scommettiamo che la colpa è di qualche testa di rapa parente di qualche politico posto a capo della viabilità ferroviaria?
(scusate la terminologia poco appropriata, ma non sono del settore)
Se c'è un binario unico è chiaro che due treni che viaggiano in senso opposto siano destinati a scontrarsi.
I politici, unici veri colpevoli del disastro, farebbero meglio a stare zitti e fare une mea culpa. Non è possibile, con tutti i soldi che entrano nelle casse dello stato, che mantengano un binario unico in alcuni tratti del territorio mentre spendono miliardi in carri armati e aerei da guerra F35!
Tutto affidato ai telefoni?
Oltre al binario unico?
Nel 2016?
E si va avanti con la fiera della vanità!
A cominciare dai politici, i veri ed unici responsabili del misfatto, per continuare con il corollario di chi ama mettersi in mostra quasi noncurante del dolore di chi ha perso, per l'incuria e l'irresponsabilità di chi avrebbe dovuto fare un semplice gesto per evitare il disastro, i propri cari.
Ancora, però, non ho sentito le parole rassicuranti che tutti noi vorremmo sentire in questi momenti di sgomento, dolore, impotenza: "Poichè siamo responsabili di ciò che è avvenuto, provvederemo a compiere il nostro dovere nel più breve tempo possibile per evitare che si verifichino altre tragedie simili nel futuro."
Scontro fra treni. Ipotesi errore umano.
Ipotesi? Stanno cercando un capro espiatorio?
Stanno studiando qualche strategia?
Stanno studiando qualche strategia?
Tra le ipotesi semaforo verde per un contatto. - (IlFQ)
Non ci posso credere!
La colpa, forse, è ancora del caso!
La colpa, forse, è ancora del caso!
Partito anche il sistema "scaricabarile".
le manovre telefoniche le facevamo anche noi, io personalmente ne ho fatta qualcuna, ma ben 40 anni fa....e non alle ferrovie.
Siamo nel 2016, porca miseria!
Siamo nel 2016, porca miseria!
Vogliamo il colpevole! E che non sia il solito capro espiatorio, vogliamo anche il responsabile, non solo l'esecutore!
E' morto il boss Bernardo Provenzano.
Bernardo Provenzano è deceduto nell'ospedale San Paolo di Milano dove era stato ricoverato il 9 aprile 2014, proveniente dal centro clinico degli istituti penitenziari di Parma. Ne dà notizia il Dap.
"Ho saputo solo pochi minuti fa della morte di Bernardo Provenzano da un sms del figlio Angelo". Così all'Adnkronos l'avvocato Rosalba Digregorio, legale del boss mafioso. "Per me Provenzano è morto quando è caduto anni fa - dice l'avvocato Digregorio - Da allora è in stato vegetativo".
I familiari di Bernardo Provenzano due giorni fa hanno fatto una istanza al Dap per potere incontrare nuovamente il loro congiunto, ma fino a ieri non avevano avuto alcuna risposta", continua l'avvocato. "So che il Dap era in attesa dei pareri delle procure competenti, cioè Palermo, Caltanissetta e Firenze - spiega l'avvocato - ma fino a ieri non avevano ottenuto alcuna risposta e nel frattempo il mio cliente è morto". La moglie del boss, Saveria Palazzolo, e i figli, Angelo e Paolo, hanno incontrato Bernardo Provenzano lo scorso 10 luglio, quando già le sue condizioni si erano aggravate. Ma ne avevano chiesto un altro, proprio per le sue condizioni nettamente peggiorate. Lo stesso legale, nei giorni scorsi, come spiega, ha avanzato una richiesta di differimento pena per Provenzano. "Ma non è mai arrivata la risposta...", dice oggi.
"Bernardo Provenzano, per me, non è morto oggi ma quattro anni fa quando era caduto in carcere. In realtà da quel momento, il 41 bis è stato applicato alla moglie e ai figli, dal momento non era più in grado di intendere e volere, e neppure di parlare". Provenzano era caduto alla fine del 2012 mentre era nel carcere di Parma, in circostanze misteriose. Soccorso dal personale della polizia penitenziaria era stato ricoverato d’urgenza all’ospedale di Parma. Non è escluso che il magistrato disponga l'autopsia sul suo cadavere.
E' di appena tre mesi fa l'ultima proroga al carcere duro per il boss mafioso. Lo aveva deciso il ministro della Giustizia Andrea Orlando che aveva firmato il rinnovo del carcere duro per il capomafia, a dieci anni esatti dal suo arresto, avvenuto l'11 aprile del 2006, in una masseria del corleonese. Secondo il Guardasigilli "non è venuta meno la capacità di Provenzano di mantenere contatti con esponenti tuttora liberi dell'organizzazione criminale di appartenenza, anche in ragione della sua particolare concreta pericolosità". Anche se in tre diversi processi la sua posizione è stata stralciata e la sua posizione da imputato è stata sospesa proprio per le sue gravi condizioni di salute. Tra questi c'è il processo sulla trattativa tra Stato e mafia.
I FUNERALI - "Vieterò i funerali pubblici per Bernardo Provenzano". Lo ha annunciato il Questore di Palermo, Guido Longo, subito dopo avere appreso della morte del boss. Longo, che si trovava a Palazzo delle Aquile per assistere alla messa per Santa Rosalia, alla presenza di autorità civili e militari. Di più non ha voluto aggiungere il Questore: "Di solito non commento la morte di qualcuno".
CORLEONE - "Per Corleone la morte di Bernardo Provenzano è una liberazione". Lo ha detto all'Adnkronos il sindaco di Corleone (Palermo) Leoluchina Savona, commentando la morte del capomafia. Il sindaco ha appreso della morte del boss in Portogallo, dove si trova per il Cammino di Santiago de Compostela, insieme con il parroco e altri religiosi. "Per la nostra comunità - dice - la sua morte è come la liberazione da un cancro, da una malapianta che affliggeva i cittadini".
Metro C: 47 varianti e conto extra di 700 milioni. E quattro anni fa la Corte dei Conti disse: “Moralmente inaccettabile” - Marco Pasciuti
L'inchiesta della Procura di Roma, con 13 indagati arriva dopo una serie di denunce sulla lievitazione del budget, passato da 2,2 a 3,7 miliardi senza che l'opera fosse consegnata. L'Autorità anticorruzione: "Carenza nei rilievi archeologici preventivi, così lievitavano i costi". Nel 2013 l'esposto dei radicali in Comune. Già l'anno prima la magistratura contabile aveva definito la spesa "insopportabile per la finanza pubblica"
Ignazio Marino li aveva cacciati tutti il 17 luglio 2014 “per giusta causa”. E perché nell’operato della società era stato “rilevato un livello di criticità tale da far dubitare dell’affidabilità dell’attuale gestione aziendale, in particolar modo rispetto alle scadenze dei tempi di realizzazione della linea C della metropolitana”. Quel giorno, dopo un anno di braccio di ferro e reciproci scambi di accuse sui continui rinvii dei lavori, il sindaco “marziano” firmava un’ordinanza con cui revocava il cda di Roma Metropolitane: il presidente Massimo Palombi, i consiglieri Andrea Laudato e Massimo Nardi e il dg Luigi Napoli. Oggi tutti indagati nell’inchiesta della Procura di Roma che vuole fare luce sugli aumenti dei costi della Metro C.
Perché l’indagine di piazzale Clodio parte da lontano, affonda le proprie radici nei gangli più reconditi del fangoso potere capitolino in maniera inversamente proporzionale alla difficoltà e alle lentezze con cui binari e gallerie sono stati scavati nel ventre di Roma. Numerose sono state negli anni le mani levate a segnalare ambiguità, opacità e lungaggini, molteplici i dubbi avanzati sull’esecuzione e la regolarità dei lavori da attori della società civile ai partiti politici. A partire dall’associazione Italia Nostra, firmataria di un esposto già nel 2013, fino al Partito Radicale. “Due anni fa presentavamo il primo dei nostri esposti sugli abusi, le illegalità e gli sprechi negli appalti della Metro C di Roma, le cui ragioni sarebbero poi state pienamente accolte da Corte dei Conti e Autorità Anticorruzione”, commenta Riccardo Magi, segretario del partito, che ricorda anche la richiesta di dimissioni dell’assessore Improta, finito poi nel registro degli indagati insieme ad altre 12 persone. “Solo lo scorso giugno abbiamo diffidato il governo dall’assumere ogni iniziativa amministrativa, economica, politica a favore della prosecuzione della Metro C, chiedendo la rescissione in danno del contratto”.
Nel 2012 era stata la Corte dei Conti a scoperchiare il vaso di Pandora. “Per l’incidenza perniciosa della corruzione – scandiva il 22 febbraio 2012 nella sua relazione il procuratore regionale della sezione giurisdizionale del Lazio, Angelo Raffaele De Dominicis, nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario – si son riversati sulla finanza pubblica costi veramente insopportabili e moralmente inaccettabili come ad esempio i problemi emersi nella prima fase di realizzazione della linea C della Metropolitana di Roma”.
Si riferiva, il magistrato, al report stilato dalla sezione centrale di controllo della Corte, che aveva prodotto un documento pubblicato agli inizi dello stesso mese di febbraio ”sui costi quasi triplicati per l’esecuzione di questa importante arteria sotterranea”. I numeri: ”Aggiornato a 3.379.686.560 euro” senza le opere complementari, ”con la progettazione definitiva della tratta più complessa” (del centro storico), per la Corte dei Conti, il costo era destinato ad aumentare ancora. E ”notevolmente”.
Gli anni passavano veloci, i lavori procedevano con lentezza esasperante, mentre la parcella dei costruttori lievitava di conseguenza. La fotografia definitiva sul continuo aumento dei costi la scattava quattro anni più tardi l’Autorità nazionale anticorruzione. Nel rapporto pubblicato il 2 luglio 2015, l’ente presieduto da Raffaele Cantone certificava che al progetto iniziale – dal 2007 a quella data – erano state apportate 47 varianti e che dopo 7 anni il preventivo iniziale era aumentato di 700 milioni.
La delibera, trasmessa alla Corte dei Conti, riportava tutti i passaggi della gara e del contratto per la nuova linea metropolitana a partire dal 2005, quando a gennaio una delibera Cipe individuava il tracciato fondamentale, base d’asta: 2,5 miliardi di euro. Stazione appaltante la società del Comune capitolino Roma Metropolitane. Il 28 febbraio 2006 la gara veniva aggiudicata per circa 2,2 miliardi all’associazione temporanea di imprese costituita da Astaldi, Vianini Lavori, Consorzio Cooperative Costruzioni e Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari che costituiscono la società “Metro C”, contraente generale.
Questo, il background. Da lì aveva inizio una storia costellata di decine di varianti e contenziosi. Di varianti, l’Anac ne contava 47: 7 a parità di importo, 5 in diminuzione e 33 in aumento, per un incremento dell’importo contrattuale di circa 316 milioni. Sta di fatto che il documento che l’Authority ha trasmesso alla Procura della Corte dei conti, annotava come “il costo dell’investimento per il cosiddetto ‘Tracciato fondamentale’ della linea C fosse aumentato nel tempo passando dal valore iniziale di 3.047 milioni a 3.739 milioni di euro“.
Ed è proprio l’Anac a illuminare la causa di quegli aumenti di costo. Ovvero le varianti, capitolo indissolubilmente intrecciato con quello dei rilievi archeologici. L’operato di Roma Metropolitane nell’appaltare l’opera “appare non coerente con i principi di trasparenza e di efficienza per aver messo a gara un progetto di tale rilevanza in carenza di adeguate indagini preventive, per una parte molto estesa del tracciato, senza tenere in debito conto i pareri espressi dalla Soprintendenza archeologica”, mette nero su bianco l’Authority.
E questo “ha determinato una notevole aleatorietà delle soluzioni progettuali da adottare nella fase di esecuzione e, ad appalto già in corso, rilevanti modifiche rispetto alle previsioni contrattuali, imputabili in parte anche al contraente generale”. In pratica nel progettare il percorso si faceva in modo di non tenere conto della possibilità di imbattersi nei resti di una villa romana, di una esedra o di un acquedotto. Quando accadeva, si faceva una variante al progetto. Ogni volta. Così il costo dell’opera non ha fatto che aumentare.
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