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mercoledì 1 settembre 2021

Lombardia Film Commission, le motivazioni delle condanne ai due contabili della Lega: “Usarono il loro ruolo politico per arricchirsi”.

 

Il capannone di Cormano acquistato da Lombardia Film Commission, scrive il gup di Milano Guido Salvini, "rischiava di rimanere invenduto e di deteriorarsi e solo la decisione degli imputati di acquistarlo" gli ha attribuito il valore gonfiato di 800mila euro. Soldi che poi furono spartiti tra Di Rubba e Manzoni (condannati rispettivamente a 5 anni e 4 anni e 4 mesi per peculato), il venditore Michele Scillieri e l'imprenditore Francesco Baracchetti

Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, revisori contabili della Lega in Parlamento, hanno usato “la loro attività di origine politica” per “ottenere arricchimenti personali”, mettendo in pratica un “modello davvero deteriore”. Sono le dure valutazioni espresse dal gup di Milano Guido Salvini nelle motivazioni della sentenza con cui il 3 giugno scorso ha condannato Di Rubba a 5 anni di reclusione e Manzoni a 4 anni e 4 mesi per il caso del capannone di Cormano, nel Milanese, acquistato dalla Lombardia Film Commission in una compravendita con cui sarebbero stati drenati 800mila euro di fondi pubblici. Per il giudice – si legge nelle oltre 100 pagine del provvedimento – non si è trattato “di un peculato piccolo piccolo, come quello dell’impiegato comunale o del dipendente delle Poste che si appropria di beni”, bensì di un “piano costruito nel tempo“, già dal 2017, “che si è avvalso, per la sua realizzazione, delle competenze di Di Rubba (che all’epoca era presidente di Lfc, ndr) e Manzoni, inseriti ad alto livello in enti pubblici”, e di quelle di Michele Scillieri, commercialista esperto e di successo”, che ha patteggiato 3 anni e 4 mesi lo scorso febbraio. Per Di Rubba e Manzoni, finiti ai domiciliari, di recente la misura cautelare è stata convertita in quella più lieve dell’obbligo di dimora.

Insediarsi “in un Ente regionale e sfruttare tale posizione” per “dirottare su se stessi denaro pubblico – scrive il giudice – è un pessimo esempio perché aggiunge sfiducia e rifiuto da parte dei cittadini nei confronti delle amministrazioni territoriali e nella attività politica in genere”. Nell’inchiesta, coordinata dall’aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Stefano Civardi, gli imputati hanno anche mostrato reticenza. “È immediato notare come quelle di Di Rubba – si legge – siano dichiarazioni confuse, incerte, imbarazzate e in parte contraddittorie. Tutto avviene per caso, ogni avvenimento è sfocato, indistinto, come immerso in una nebbia lombarda”. Un intero capitolo è dedicato al concetto di prezzo come proprietà “non intrinseca” di un bene mobile o immobile. “Un immobile – scrive il giudice – è un ente fisico, ma il suo valore non è intrinseco ad esso, non è una sua proprietà, non fa parte della sua “sostanza” ma è determinato “dalle relazioni soggettive tra il proprietario e i possibili acquirenti”. Il capannone di Cormano “rischiava di rimanere invenduto e di deteriorarsi per un tempo indefinito, gravato in più dal debito erariale, e solo la decisione degli imputati, nei loro diversi ruoli, di acquistarlo” ha “attribuito in concreto il valore di 800.000 euro” a un bene “che altrimenti poteva non valere nulla“.

A vendere il capannone a Lfc fu Andromeda, società riconducibile a Scillieri: i commercialisti si spartirono il prezzo pagato dall’ente assieme all’imprenditore Francesco Barachetti (ancora a processo), sulla carta impegnato nella ristrutturazione. In più, nelle motivazioni, sono riportati passaggi di interrogatori nei quali Scillieri ha parlato di “prassi adottate dalla Lega Nord e di cui aveva avuto conoscenza personalmente, relative agli incarichi pubblici e alla successiva parziale retrocessione degli emolumenti (il “sistema del 15%” raccontato dal Fattondr)“. Prassi “condivise e collaudate” da Di Rubba e Manzoni. Per quanto riguarda i filoni d’indagine ancora aperti, infine, dovrebbero presto arrivare a Milano gli atti dell’inchiesta sulla sparizione dei 49 milioni di euro della Lega, una parte della quale è stata trasferita dalla Procura di Genova ai colleghi lombardi, mentre l’altra (su un presunto riciclaggio di dieci milioni in Lussemburgo) va verso l’archiviazione.

ILFQ

mercoledì 24 giugno 2020

Giorgio Mulè: "Non serve adesso tagliare l'Iva, due punti di Iva non inciderebbero affatto sul rilancio dei consumi."

Regionali, Forza Italia: "L'On. Mulè sempre in prima linea per gli ...

Mi rivolgo a quel genio di Giorgio Mulè, FI, che a SkyTG24 ha criticato il governo per l'intenzione di abbassare le aliquote dell'Iva mettendo in evidenza che chi deve acquistare una maglietta che costa 120€ non viene invogliato a comprarla perchè con l'abbassamento di 2 punti di Iva risparmierebbe poco o nulla, per spiegargli che ciò che vuole fare il Governo non è abbassare l'Iva solo sulle magliette, ma su altri prodotti più costosi come auto, elettrodomestici ed altro, per sbloccare quel tipo di commercio che, per ora, è in stallo. 

E mi rivolgo anche a chi, possibilmente, ha assentito ascoltando l'intervento, chiedendogli di riflettere per non farsi abbindolare da questi falsi profeti, demagoghi in cerca di consenso popolare.

Questo tipo di persone, prestate alla politica per mero interesse personale, infatti, non può permettere che siano altri a decidere come impiegare la gran mole di denaro che sta per arrivare dalla UE. Il fatto che, molto probabilmente e come spero che avvenga, non potranno mettere le mai sul denaro in arrivo li manda nel pallone e farà di tutto, con tutti i mezzi possibili, legali ed illegali, per far cadere il Governo e tuffarsi nel ben di Dio.

Cetta.

sabato 21 marzo 2020

Coronavirus, Von der Leyen: 'Lo stop al patto per gestire la crisi'.


Ursula Von Der Leyen.


L'Italia potrà mettere nell'economia tanto denaro quanto serve.

La sospensione del patto di stabilità per gestire meglio la crisi dell'emergenza coronavirus, l'Italia potrà mettere nell'economia tanto denaro quanto serve, e i fondi strutturali inutilizzati potranno essere usati in tutti i settori prioritari. Lo spiega al Corriere la presidente della commissione Ue Ursula Von der Leyen, che ribadisce: nessuno stato membro può fronteggiare la minaccia da solo e ogni strumento utile sarà messo sul tavolo, si valuta anche l'opzione coronavirus bond. L'Italia? Un esempio meraviglioso per l'Ue per come affronta questa crisi.
"Il Patto è sospeso, ora il bilancio italiano può gestire la crisi. Fine degli egoismi". Così la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen sul Corriere della sera, dicendo che non permetterà mai che gli interessi dei singoli Stati prevalgano; e che si farà "tutto quanto è possibile per aiutare l'Italia. Siamo profondamente colpiti da come state affrontando questa crisi. Siete un esempio meraviglioso per il resto d'Europa. Lo ripeto: siamo tutti italiani". "Quello che tutti abbiamo capito - dice - è che nessuno Stato membro può fronteggiare questa minaccia da solo, dobbiamo lavorare insieme e aiutarci reciprocamente. Il virus non ha confini e l'Unione europea è più forte quando mostriamo piena solidarietà". Quanto ai coronavirus bond, "ogni strumento utile sarà messo sul tavolo. Sì, stiamo valutando l'opzione dei coronavirus bond. La Commissione concederà la massima flessibilità sugli aiuti di Stato e sul Patto di stabilità così il governo italiano potrà aiutare le imprese e il mercato del lavoro, e investire nel settore della sanità. Per la prima volta nella storia ho attivato la clausola di sospensione del Patto di stabilità. Significa che il governo italiano potrà mettere nell'economia tanto denaro quanto serve". Poi, prosegue, "abbiamo un'iniziativa per gli investimenti. Soldi che vengono dai fondi strutturali inutilizzati, che l'Italia non potrebbe più usare e che invece noi le lasciamo. I fondi potranno essere usati in tutti i settori considerati prioritari: sono 11 miliardi. In più attraverso la Banca europea per gli investimenti forniremo 8 miliardi di garanzie a livello europeo per i prestiti che le Pmi possono usare". Divisioni europee? "Non lo permetterò mai; dobbiamo tenere il mercato unico il più possibile operativo e fluido. Alcuni Stati membri hanno chiuso i confini interni: noi abbiamo immediatamente messo sul tavolo delle Linee guida per corridoi dedicati al trasporto delle merci essenziali e del materiale sanitario". "L'Unione europea è tutti noi - afferma - le crisi come questa ci fanno capire quanto preziosa sia la famiglia europea. È meraviglioso vedere la solidarietà tra i cittadini europei. Io credo che l'Unione europea ne uscirà più forte".

giovedì 6 febbraio 2020

A chi interessa se cascano i Benetton? - Tommaso Merlo



A nessuno. Se i Benetton fallissero domani mattina non fregherebbe nulla a nessuno. Anzi, ci sarebbero manifestazioni di giubilo per le strade di tutta Italia. I Benetton ormai sono il simbolo del lobbysmo avido e cinico che tanto male ha fatto al nostro paese. Sono l’emblema di potentati che grazie ad una politica stracciona e venduta, si è arricchito a dismisura sulle spalle dei poveri cristi. Sono state queste lobby a comandare in Italia per decenni. Comprandosi la politica e i media e quindi il consenso. La tragedia del ponte Morandi è solo uno dei tanti esempi di quello che genera quel sistema sostanzialmente mafioso in cui interessi egoistici s’impongono su quelli collettivi e perfino sulla legalità. Un sistema che ha prosperato anche grazie ad una etica pubblica da uomini delle caverne. Dopo mesi dal crollo del Morandi, ormai l’unica cosa che sorprende è la faccia tosta dei Benetton, è constatare che invece di vergognarsi e di sparire dalla circolazione, fanno ancora di tutto per non mollare l’osso delle concessioni e per rifarsi una verginità. Davvero impressionante. Glaciali. A momenti non chiedevano nemmeno scusa dopo il crollo e da subito si sono arroccati per difendersi. Scaricando le responsabilità su altri, sguinzagliando eserciti di avvocati, mandando lettere di supplica ai giornali e spingendosi perfino a strumentalizzare i quattro ragazzini delle sardine finiti penosamente nella loro rete. Come se i Benetton fossero certi che tra cavilli e prescrizioni tutto finirà legalmente in nulla, come se sapessero che l’Italia ha la memoria corta e se tengono duro ben presto “a nessuno interesserà più che sia cascato un ponte”.  Del resto in Italia ha sempre funzionato così. Del resto i sistemi culturalmente mafiosi funzionano così. Poveri cristi per strada a gridare e piangere i loro cari con qualche cartello in mano, Lorsignori a sguazzare nell’oro e nell’impunità e nei loro grotteschi sogni di gloria. Anche il comportamento dei vecchi partiti dopo il crollo è stato un classico. Dopo decine di morti, una politica sana avrebbe reagito compatta per cacciare a calci i Benetton ed invece in Italia sono iniziati i soliti distinguo e le palle in tribuna. A far reagire compatta la politica non sono serviti nemmeno gli scandali emersi dopo la tragedia, nemmeno il profondo sconcerto e dolore che ha attraversato il paese, nemmeno la semplice constatazione che il concessionario autostradale ha dimostrato di non essere in grado di svolgere adeguatamente un lavoro per cui si è arricchito vergognosamente. Mafiosità del sistema. Etica pubblica delle caverne e lo spietato egoismo che sta devastando il mondo. I Benetton sono una famiglia dal patrimonio miliardario. Si tratta di gente che problemi di soldi non ne avrà per generazioni. Gente che non sa neanche più come spenderli i soldi. E allora perché non si levano dai piedi? Perché? L’avidità non ha limiti ma le ragioni della loro agghiacciante resistenza devono essere più profonde. Hanno paura. Paura di vedere il loro impero di cartone finire in frantumi e con esso l’immagine che hanno di se stessi. Paura di scoprire il nulla che c’è dietro al loro patrimonio, al loro status, ai loro deliri esistenziali. Paura. Paura di dover ammettere di aver sbagliato e non solo a gestire quelle dannate autostrade ma a spendere la propria vita ad accumulare soldi e potere alimentando un disgustoso sistema. Paura di scoprire chi sono veramente e di finire per non piacersi affatto guardandosi allo specchio. Paura di rendersi conto che in Italia non frega niente a nessuno se cascano i Benetton. Anzi, ci sarebbero manifestazioni di giubilo per tutto il paese.

venerdì 15 luglio 2016

CHI CREA IL DENARO CHE USIAMO? - Fabio Conditi



Da qualche mese il sistema bancario è sotto l'occhio del ciclone, le persone hanno cominciato a rendersi conto che nel bene e nel male, è lì che si annidano molti dei problemi che abbiamo, ma nessuno capisce perché.
La questione ha cominciato a chiarirsi soprattutto quando per la prima volta nel 2012, Sir Marvyn King, Governatore della Bank of England, ha ammesso che nella creazione di denaro, il ruolo di gran lunga maggiore viene svolto dalle banche private, e non, come è scritto in molti testi di macroeconomia, dalle Banche Centrali.

Questo fatto sarebbe stato evidente a tutti, se solo si fossero analizzati i dati forniti da anni dalle principali Banche Centrali del mondo occidentale, perché, come abbiamo spiegato nel nostro precedente articolo su Comedonchisciotte che trovate QUI, più del 90% di tutta la moneta che usiamo è creata dal nulla dal sistema bancario attraverso i prestiti.

Quando faccio questa affermazione, la maggior parte delle persone mi chiedono : ma allora, se la banca crea il denaro dal nulla, come fa a fallire ?
Se vogliamo cominciare a fare un po’ di chiarezza, dobbiamo prima chiederci : che cos’è una banca ? Ci sono tre modelli che vengono in mente quando pensiamo ad una banca. Il primo è quello che ci è stato inculcato fin da piccoli, l'idea che la banca sia una sorta di salvadanaio all'interno del quale possiamo depositare i nostri soldi, al fine di accumularli in vista di un possibile utilizzo futuro.



Oggi devo dire che questa idea è stata messa a dura prova dalle ultime vicende bancarie, perché tutti i provvedimenti che sono stati adottati hanno reso sempre più rischiosi i depositi di denaro presso una banca, ma nonostante tutto il conto corrente venga ancora percepito dalle persone come il luogo dove sono custoditi i nostri risparmi.

Il secondo modello è quello che viene fornito dalla Banca d'Italia, che definisce le banche come "Intermediari", sostenendo che : "Nell'ordinamento italiano l'attività bancaria consiste nell'esercizio congiunto della raccolta di risparmio e di fondi liquidi tra il pubblico e della concessione del credito." Questa definizione delle banche è ancora più errata e rimane una delle convinzioni più radicate nell’immaginario collettivo, su come viene gestito il denaro all'interno del sistema bancario : la maggior parte delle persone è convinta che la banca presti solamente il denaro ricevuto in deposito dai clienti.

Il terzo e ultimo modello ci viene fornito dai testi universitari e si è radicato nella testa di molti esperti economici, oltre che di diversi "sovranisti monetari". Secondo questo modello la banca sarebbe un sorta di “moltiplicatore di moneta”, cioè è in grado di creare denaro attraverso un meccanismo chiamato "riserva frazionaria", che funziona in questo modo : supponiamo che io depositi presso una banca 100 euro, la banca dovendo garantire la cambiabilità di quel deposito in moneta contante, accantona il 10% come riserva (da qui deriva il nome di "riserva frazionaria") e presta i rimanenti 90 euro, che andranno a costituire un'altro deposito in banca. Anche su quest'ultimo la banca effettua una riserva del 10%, pari a 9 euro e presta i rimanenti 81 euro, e così via fino ad esaurimento degli euro rimanenti. Si può facilmente dimostrare che alla fine di tutti i passaggi, i 100 euro iniziali hanno prodotto depositi per 1.000 euro, cioè 10 volte i contanti iniziali. Ovviamente se la percentuale di riserva sale al 20%, si può facilmente verificare che il moltiplicatore monetario scende a 20, mentre se scende al 5% il moltiplicatore sale a 20, cioè è sempre inversamente proporzionale alla percentuale di riserva.

Nella realtà, nessuno di questi tre modelli rappresenta il funzionamento del sistema bancario moderno, perché le funzioni di deposito e prestito sono oggi totalmente separate ed indipendenti. La banca può prestare denaro creandolo letteralmente dal nulla quando gli viene chiesto un prestito, senza che debba prenderlo da qualche parte. Prima di vedere come viene creato il denaro attraverso il prestito, analizziamo cosa succede quando depositiamo 1.000 euro in contanti nel nostro conto corrente.



Ricordiamo un fatto importantissimo e cioè che la moneta bancaria altro non è che un debito della banca nei confronti del cliente, in base all'art.1834 del c.c. che recita : "Nei depositi di una somma di danaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà ed è obbligata a restituirla nella stessa specie monetaria, …, a richiesta del depositante". Quindi la banca in realtà crea una sorta di cambiale, con la quale però noi possiamo comprare qualsiasi bene o servizio, in quanto è accettata da tutti come fosse denaro contante. Tutto è basato sulla constatazione pratica che la maggior parte delle persone preferisce utilizzare (anche perché oggi costretta!) la moneta elettronica senza cambiarla quasi mai in contanti.
Quindi quando Tizio deposita 1.000 euro in contanti presso una banca, questa diventa proprietaria dei contanti, che mette nell’attivo del suo bilancio, e contemporaneamente crea un conto corrente a nome di Tizio, nel quale scrive la cifra di 1.000 euro. Da quel momento Tizio utilizzerà la moneta elettronica anziché i contanti, a meno che non decida di ritrasformare la moneta elettronica in contanti, ma questo come abbiamo già detto non avviene quasi mai.

L'importante è aver capito la vera natura della moneta bancaria, che è semplicemente una promessa di pagamento, la quale però non viene quasi mai restituita per essere cambiata, per cui la banca può tenere al suo interno solo una sempre più piccola quantità di contanti per garantire la cambiabilità nei soli e rari casi in cui questa richiesta venga effettuata.
Ma allora cosa succede quando Caio va in banca a chiedere un prestito di 100.000 euro per acquistare una casa da Sempronio ? Per semplicità facciamo l’ipotesi che Sempronio abbia un conto corrente presso la stessa banca di Caio, tratteremo un’altra volta il caso ben più frequente nel quale le due banche sono diverse, perché saremmo costretti a spiegare come avvengono i pagamenti tra le banche, che complica il discorso senza però cambiarne la sostanza.



Quando la banca concede il prestito, non fa altro che scrivere la cifra di 100.000 euro sul conto corrente di Caio, con la quale potrà essere comprata la casa di Sempronio, ma in cambio chiede la firma di un contratto di mutuo con ipoteche reali sul bene acquistato. In questo modo la banca ottiene un documento scritto che gli certifica che la cifra creata dal nulla e prestata a Caio, sarà da lui restituita con gli interessi, e questo gli permette di inserire questo contratto nel proprio attivo di bilancio, a garanzia del passivo creato con il prestito. In pratica è Caio stesso che dà le garanzie alla banca per creare quel denaro dal nulla, ma nonostante ciò è costretto comunque a pagare interessi alla banca.

Al compromesso questo passivo passerà dal conto corrente di Caio a quello di Sempronio, che abbiamo detto si trovano entrambi nella stessa banca, permettendo il trasferimento di proprietà della casa. In realtà Caio non ha ricevuto denaro contante, ma solo una promessa di pagamento in contanti, che ha poi girato a Sempronio, il quale anch’esso probabilmente non la incasserà mai, preferendo tenerla depositata presso la banca in forma elettronica, cioè nella forma di promessa di pagamento in contanti.

Quindi la banca crea delle promesse di pagamento in contanti che in realtà, se non ci fossero le leggi ad impedire l'utilizzo dei contanti, non riuscirebbe a mantenere perché non ha contanti a sufficienza per cambiare tutti i depositi che crea.

Ora, cosa succede se Caio non restituisce il debito che ha contratto ? La banca rimane sempre debitrice verso Sempronio di 100.000 euro, che ha ricevuto questa promessa al rogito notarile di vendita della sua casa, ma questo fatto non è un problema per la banca se ha l’assoluta certezza che Caio restituirà il capitale più gli interessi. Ma se Caio smette di pagare il debito che ha contratto, la banca dovrà onorare di tasca propria il debito di 100.000 euro che Caio ha trasferito a Sempronio, per cui dovrà mettere all’asta la casa acquistata da Caio per recuperare una parte di quel debito.

Ci sono ovviamente dei requisiti, fissati dalle leggi bancarie, che la banca deve avere per creare nuovi depositi dal nulla e sono essenzialmente due, che cerchiamo di semplificare. Innanzi tutto deve possedere una riserva obbligatoria di contanti depositati presso la Banca d’Italia a garanzia dei depositi presenti nel proprio bilancio, ma questa riserva è pari solo all’1% di tutti i depositi, cioè nel nostro esempio 1.000 euro, e addirittura si azzera nel caso di depositi vincolati per più di 2 anni. Inoltre deve dimostrare di avere un patrimonio pari a circa l’8% del rischio di credito, che nel caso di un appartamento residenziale, è pari al 35%, per cui nel nostro esempio specifico questo patrimonio minimo si riduce fino al 2,8%.

Il denaro creato dal sistema bancario con questo meccanismo, che lo ripeto è più del 90% di tutto quello che usiamo, ha quindi una natura estremamente instabile, perché è fortemente condizionato dalle capacità finanziarie di chi ha richiesto il prestito e si è impegnato a restituire il capitale più gli interessi.
Questo significa che nei periodi di crisi economica come quello che stiamo vivendo, l’instabilità economica aumenta esponenzialmente proprio perché le persone hanno maggiormente bisogno di prestiti ma contemporaneamente hanno anche meno possibilità di poterli restituirli con gli interessi.
Per questo le banche nei periodi di recessione come quello attuale, smettono di prestare denaro all’economia reale, preferendo investire il denaro creato in titoli di stato o nei mercati finanziari, in quanto risultano comunque meno rischiosi e più redditizi.



Considerato che nell’Eurozona, la Banca Centrale Europea fino ad oggi ha creato denaro esclusivamente per prestarlo al sistema bancario o per acquistare Titoli sui mercati finanziari attraverso il Quantitative Easing, gli unici soggetti che possono creare denaro per immetterlo nell’economia reale sono solo le banche, che in Italia sono tutte private. Ma allora, visto che le banche possono creare denaro solo ed esclusivamente attraverso i prestiti, ne consegue che tutto il denaro che usiamo è gravato da interessi che sottraggono continuamente risorse dalla nostra economia.

Questo fatto dimostra che se tutte le banche smettessero di fare prestiti, non ci sarebbe denaro a sufficienza per rimborsare tutti i debiti e la moneta scomparirebbe dalla circolazione. Corollario ancora più assurdo è che senza il debito non ci sarebbe il denaro per far funzionare l’economia.



Ma essendo il debito matematicamente inestinguibile, come abbiamo dimostrato nel precedente articolo, ne consegue che la moneta a debito funziona come la ruota per i criceti, costringendoci a lavorare all’infinito per restituire un debito che non finisce mai.
Un sistema economico come questo, caratterizzato da una moneta creata attraverso un debito e gravata da interesse, poteva avere un senso quando la moneta rappresentava un corrispettivo in oro, perché non era possibile creare denaro se non si avevano a disposizione grandi quantità di metalli preziosi. Nella storia sono stati inventati molti strumenti monetari alternativi all’oro che avevano la funzione di amplificare la base monetaria aurea dell’epoca, perché non era insufficiente a permettere la grande quantità di scambi economici che lo sviluppo del commercio richiedeva.



I Mamrè della Palestina, le Lettere di Credito dei Templari, le Note di Banco delle prime banche private, le Banconote delle prime Banche Centrali, avevano la funzione di aumentare la massa monetaria aurea, altrimenti scarsa perché la quantità di oro era insufficiente per tutti gli scambi. 
Ma dal 1971, cioè da quando Nixon ha definitivamente squarciato l’ultimo velo residuo che collegava il denaro ai depositi in oro, la moneta ha perso completamente qualunque valore intrinseco per diventare una vera e propria moneta fiduciaria caratterizzata da un valore esclusivamente convenzionale, per giunta garantito dall’unica istituzione detentrice ancora oggi della sovranità monetaria, cioè lo Stato per conto dei suoi cittadini.
Com'è possibile allora, che proprio lo Stato non abbia i soldi per garantire il benessere di tutti i suoi cittadini, nonostante il denaro possa essere creato dal nulla e senza alcun problema ?
Questo è una domanda sulla quale vale la pena di riflettere e che approfondiremo nei prossimi articoli.
Per chi non vuole aspettare, è possibile visitare i siti www.monetapositiva.it e www.qe4people.blogspot.it.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16663