mercoledì 12 aprile 2017

E adesso quali sono i piani americani per la Siria ?




Cosa vuole fare l’amministrazione U.S.A. in Siria?
Lo si è capito pochi giorni fa. Vuole creare un’enclave curda ad est, da occupare poi con l’aiuto di mercenari. Ne farebbe leva per portare ad un regime change nella Siria ovest. Israele invece occuperebbe un altro pezzo del Golan.
La nuova strategia è ben congegnata, ma si rivelerebbe inefficace nel lungo termine. Le forze statunitensi ad est sarebbero circondate da avversari, lontani dal mare e sotto costante attacco di varie forze contrapposte:

Come vari militari  hanno dichiarato, la nuova strategia impone di intervenire solo in caso di utilizzo di armi chimiche o se venissero uccisi civili innocenti . Si spingerà per la cacciata di Assad – in caso, lo si farà dopo aver sconfitto lo Stato Islamico. L’interesse ufficiale americano in Siria è quello di combattere il terrorismo. O per alleviare la crisi umanitaria. O per ripristinare la stabilità.

Non ha senso. Non c’è alcun pro per Trump, rischia solo di perdere i propri sostenitori.
Ricattato dal Russiagate,  si è arreso ai neocons., che ora improvvisamente lo elogiano. Vogliono il caos, ma il caos non è un piano.
Washington non può dividere la Siria dai suoi alleati, Hezbollah, Iran e Russia. Quest’ultima è sì sotto pressione a Kaliningrad ed in Crimea e Siria, ma ha vissuto situazioni ben peggiori e queste hanno sempre aumentato la sua determinazione. Non si capisce perché dovrebbe piegarsi ora.
Trump ha usato una strategia intelligente contro la Clinton, sa senza dubbio sfruttare i propri punti di forza. Ha però pochi vantaggi nelle scelte per il Medio Oriente. Usare la forza militare bruta? Non è una strategia, è solo un gioco tattico. Se distrugge la Siria, poi anche Libano e Giordania cadranno in mano degli estremisti. Altri paesi seguiranno. L’Iraq caccerebbe nuovamente le truppe americane.
Perché gli U.S.A., o Israele, dovrebbero volerlo?
Trump non è uno sprovveduto, deve avere qualche piano. O almeno si spera. 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HMG

Agenzia delle Entrate, la difesa disperata del direttore: «Mazzette? No, è lo stipendio...»




Genova - Sulle prime ha provato a negare, non sapendo bene quali prove avessero in mano i finanzieri, aggrappandosi d’istinto a una giustificazione che con il senno di poi fa quasi sorridere: «Ma quali mazzette signori, questo è il mio stipendio...». Walter Pardini, 65 anni, «dirigente di seconda fascia», lavorava a Genova da un anno, come direttore provinciale dell’Agenzia delle Entrate.
Un toscano di Livorno che faceva la spola fra la sua casa a Lucca, una base a Camogli e l’ufficio di via Fiume, e del quale tutti parlano bene: «Una persona deliziosa e non sto scherzando», ribadisce un’impiegata mentre i finanzieri del nucleo di polizia tributaria finiscono di perquisire il suo ufficio. «Non avremmo mai immaginato un fatto tanto grave - aggiunge un collega - il direttore sembrava il ritratto del rigore e dell’onestà».
Mentre lasciano il palazzo per la pausa pranzo, escono anche i militari e con loro portano documenti e il pc di Pardini. Fino all’inizio del 2016 era stato in servizio a Livorno e qui potrebbe essere entrato in contatto con alcuni esponenti della Securpol, l’azienda di sicurezza privata per la quale agli occhi dei pm si stava prodigando in cambio di mazzette.
Il suo stipendio lordo, facilmente desumibile dal sito dell’ente per cui lavora, è stato di 106 mila euro nel 2016 e di 120 mila nel 2015 (netti sono fra i 5.500 e i 6.000 al mese). Gli inquirenti sospettano che Walter Pardini avesse già avuto abboccamenti con i commensali dell’ultima sera, sebbene al momento dell’arresto abbia provato a far finta di nulla. Poi gli hanno spiegato che l’intera serata alla “Manuelina” di Recco era stata registrata e filmata.
L’accusa nei suoi confronti è di corruzione e insieme a lui finiscono in manette tre consulenti della medesima Securpol, pure loro sotto inchiesta per corruzione: Luigi Pelella, 58 anni, avvocato con un passato da funzionario proprio all’Agenzia delle entrate, esponente di Forza Italia già candidato alle Regionali in Campania (nel 2015 prese 3.046 voti e non fu eletto); Francesco Canzano, 65 anni, commercialista di Caserta; Massimo Alfano, 48 anni, commercialista di Napoli.
All’incontro era presente anche il commercialista genovese Stefano Quaglia, indagato per concorso in corruzione, che non è stato fermato dalla Guardia di Finanza, e l’affaire Securpol avrebbe doveva essere discusso formalmente all’Agenzia delle entrate questa mattina. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati e dal sostituto Massimo Terrile, va avanti da mesi e parte dal trasferimento dell’azienda, avvenuto nel pieno delle grane con l’erario.
Per quale motivo, si chiedono gli inquirenti, spostare la sede fiscale nel capoluogo ligure dove la ditta non ha neppure una licenza? E c’è un ulteriore elemento che rende l’intera operazione sospetta: all’indirizzo di via Assarotti 10, che in teoria avrebbe dovuto ospitate gli uffici, non c’è nulla riconducibile alla Securpol.
Secondo le Fiamme gialle la Liguria è stata quindi scelta per ottenere una transazione favorevole e trattare personalmente con Pardini, nominato capo dell’ufficio provinciale delle entrate l’anno scorso, ruolo che gli avrebbe consentito un’ampia discrezionalità nel chiudere compromessi come quello richiesto dalla Securpol. Il trait d’union con il funzionario, secondo le Fiamme Gialle, sarebbe Pelella, grazie al suo passato nell’ente. Quaglia, sempre secondo i pubblici ministeri, sarebbe stato una sorta di facilitatore dell’accordo.
http://ilsecoloxix.it/p/genova/2017/04/12/ASESk1wG-direttore_disperata_stipendio.shtml

Cartella esattoriale Equitalia: entro quanto tempo deve esse notificata?

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Entro quanto deve essere notificata una cartella esattoriale prima di decadere?

Quali sono i termini entro i quali Equitalia deve notificare la cartella esattoriale per evitare la decadenza della stessa? La legge prevede dei termini di decadenza che variano in base al tipo di credito da riscuotere: Equitalia, quindi, deve notificare la cartella esattoriale entro tale termine per poter effettuare la riscossione mediante il ruolo.
Decadenza e prescrizione, però, non sono la medesima cosa: la prescrizione interviene quando dopo un certo pediodo l’ente non notifica alcun atto che vada ad interrompere la prescrizione a cui, appunto, consegue la impossibilità di pretendere il pagamento. La decadenza, invece, è la sanzione che si paga per non aver esercitato le azioni necessarie ad esercitare il diritto di riscossione: Equitalia, appunto, decade qualora non notifica atti entro determinati termini.

Decadenza cartella esattoriale: ecco i termini

Per quel che riguarda Iva, Irpef e altri tributi erariali, la cartella esattoriale deve essere notificata, pena la decadenza, entro il 31 dicembre:
  • del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o a quello di scadenza del versamento dell’unica (o dell’ultima) rata se il termine per il versamento scade oltre il 31 dicembre
  • del quarto anno successivo a quelli di presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta
Per Ici, Imu, Tosap, Tari, Tarsu e altri tributi locali la cartella esattoriale deve essere sempre preceduta da avviso di accertamento. La decadenza interviene in maniera diversa per tributi posteriori o successivi al 2007.
Dal 1 gennaio 2007, infatti, vige l’obbligo di notifica dell’accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento dovevano essere effettuati. Per i tributi precedenti al 2007, invece, entro il 31 dicembre del terzo anno successido a quello di presentazione della denuncia ed entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui la denuncia doveva essere presentata in caso di omessa dichiarazione.
Per quel che riguarda, invece, le multe per le violazioni del codice della strada la notifica della cartella deve avvenire entro 2 anni dalla data di consegna del ruolo da parte del Comune ad Equitalia.

martedì 11 aprile 2017

Genova, arrestato il direttore provinciale dell'Agenzia delle entrate mentre intasca mazzetta da 7.500 euro.



Il direttore provinciale dell'Agenzia delle Entrate di Genova, Walter Pardini, è stato arrestato questa mattina dalla Guardia di Finanza mentre prendeva una tangente. Secondo gli investigatori non sarebbe stata la prima volta che Pardini intascava soldi. Il funzionario, il cui ufficio in via Fiume è stato perquisito, è accusato di corruzione. L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati  e dal sostituto procuratore Massimo Terrile.

Nell'inchiesta che ha portato all'arresto del direttore dell'Agenzia delle Entrate di Genova, sono state fermate altre tre persone, rappresentanti di una società di logistica di Napoli da alcuni mesi trasferitasi in Liguria. I tre stavano consegnando una busta al direttore Pardini con 7.500 euro. Le indagini sono partite dopo il trasferimento della sede della società da Napoli a Genova senza alcun apparente motivo. L'azienda aveva un contenzioso fiscale con le Entrate in Campania e, secondo gli investigatori, il cambio di sede sarebbe legato alle promesse ottenute da Pardini per un suo intervento sulla pratica in cambio di soldi. Questa mattina i finanzieri hanno aspettato il momento della consegna dei soldi e hanno fatto scattare l'arresto.

L'Agenzia delle entrate.
«La Direzione regionale della Liguria dell'Agenzia delle Entrate ringrazia e offre la massima collaborazione all'Autorità giudiziaria per far piena luce sulla vicenda che ha portato all'arresto del direttore della Direzione Provinciale di Genova, nell'ambito di un'inchiesta per reato di corruzione». È quanto si legge in una nota spiegando che l'Agenzia ha «immediatamente adottato la sospensione cautelare dal servizio» di Walter Pardini, in attesa del provvedimento dell'autorità giudiziaria «a seguito del quale verranno assunte tutte le misure disciplinari, contrattuali e risarcitorie per tutelare l'istituzione e la dignità dei propri dipendenti che operano onestamente e scrupolosamente». «L'Agenzia delle Entrate condanna con risolutezza i comportamenti disonesti, dinanzi al quale adotta con fermezza e celerità sanzioni disciplinari espulsive, e da anni orienta i propri sistemi di controllo interno nell'individuazione e prevenzione di ogni possibile abuso con particolare riferimento ai potenziali comportamenti fraudolenti», conclude la nota.


http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/genova_arrestato_agenzia_entrate_direttore_corruzione_tangente-2374669.html

lunedì 10 aprile 2017

Con clima pazzo boom di insetti 'alieni', Sos rischio allergie.

vespa orientalis © ANSA


Esperti, 5 mln punture e 400mila reazioni gravi l'anno, arma vaccino.


Insetti sconosciuti e vespe 'aliene' provenienti da Cina e Medio Oriente: 'incontri' sempre più frequenti anche in Italia, a causa del clima 'pazzo' e delle temperature elevate anche fuori stagione, e che rappresentano un pericolo. I nuovi insetti, infatti, aumentano il rischio di allergie e reazioni anche gravi. A mettere in luce il fenomeno sono gli esperti della Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) in occasione del 30/mo congresso nazionale a Firenze. Così, nel nostro Paese si sta ad esempio registrando l'arrivo di 'vespe migranti', originarie della Cina o Paesi mediorientali ma che ora trovano anche in Italia l'ambiente giusto per proliferare. E pungere: ogni anno sono 5 milioni gli italiani punti da un'ape, vespa o calabrone e circa 400.000 i casi di reazione allergica o shock anafilattico da puntura di insetto.
Gli imenotteri 'stranieri', avvertono gli allergologi, accrescono i rischi, perché con l'incremento delle popolazioni di insetti non soltanto aumenta la probabilità di essere punti, ma soprattutto cresce il pericolo di sensibilizzazione a nuove specie velenifere che potrebbero anche dare reazioni crociate con le autoctone. Tuttora, si contano circa 50 decessi l'anno da puntura di insetto, ma i casi fatali potrebbero aumentare proprio per colpa degli insetti 'migranti'. La cura, affermano gli esperti, è però possibile, almeno nei confronti delle specie note, e passa da una terapia semplice come la vaccinazione: il vaccino per il veleno degli imenotteri è efficace nel proteggere il 97% degli allergici, ma ad oggi soltanto un paziente su 7 lo sceglie. L'aumento della temperatura ha dunque effetti su diverse specie: "La Vespa orientalis per esempio, originaria di Sud Est europeo e Medio Oriente e presente soprattutto in Sicilia, sta risalendo la penisola perché trova un habitat proficuo. Peraltro le temperature più elevate possono anche modificare il comportamento degli animali. Così, i nidi di vespa si stanno ingrossando e possono diventare perenni anziché annuali - spiega Walter Canonica, presidente SIAAIC -. E nuove specie vengono portate pure attraverso il traffico di persone ed i viaggi: dalla Cina, in questo modo, è arrivata la Vespa velutina che si sta espandendo ed è già presente in Italia, in Piemonte e Liguria. Le nuove specie non sono più aggressive di quelle italiane, ma per il semplice fatto di essere nuove implicano un incremento dei rischi per gli allergici: la composizione del veleno, simile ma non identica, può farci trovare disarmati per la diagnosi e le terapie". Non va dunque sottovalutato il fatto che sono almeno 400.000 gli allergici agli imenotteri che rischiano uno shock grave: per evitarlo, dovrebbero rivolgersi all'allergologo per una terapia desensibilizzante. Recenti sentenze, ricorda Gianrico Senna, vicepresidente SIAAIC, "hanno già obbligato alcune Asl a somministrare gratis il vaccino ai pazienti: è un salvavita, e dovremmo perciò garantirlo a tutti gli allergici agli insetti". 
http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2017/04/09/con-clima-pazzo-boom-di-insetti-alieni-sos-rischio-allergie_4812e7a2-91a8-4dd5-9491-73aa54bff526.html

Lo so, lo so, sono complottista, ma io di morti per reazioni allergiche alle punture di insetti non ne ho sentito parlare mai prima d'ora: non è che abbiano ingigantito il problema per aumentare il consumo di vaccini?

venerdì 7 aprile 2017

Smontata dall’intelligence russa la campagna di falsificazione sull’attacco chimico a Idlib: il deposito di armi chimiche era dei terroristi.



La Difesa russa commenta il presunto attacco chimico in Siria
L’aviazione siriana ha effettuato un attacco aereo contro un magazzino dei terroristi dove si fabbricavano munizioni chimiche per utilizzarle in Siria ed in Iraq, lo ha dichiarato il rappresentante della Difesa russa Ígor Konashénkov.
“Il giorno 4 di Aprile fra le ore 11,00 e le 12,30 gli aerei dell’aviazione siriana hanno attaccato un raggruppamento di veicoli blindati ed un magazzino dei terroristi ubicato nei dintorni della città di Jan Sheijun”, ha precisato Konashénkov, citando i dati forniti dai radar russi.
Il magazzino attaccato veniva utilizzato per la produzione di proiettili con ogive chimiche, ha sottolineato il militare, in una riunione con i giornalisti.
“Questa stessa fabbrica forniva armi chimiche per gli estremisti in Iraq. L’utilizzo di questi proiettili è stato confermato tanto dalle organizzazioni internazionali, come dalle autorità irachene”, ha spiegato il rappresentante russo.
Inoltre queste stesse munizioni sono state utilizzate ad Aleppo nell’autunno dell’anno scorso. In quell’occasione gli specialisti russi avevano consegnato i dati sull’utilizzo delle sostanze chimiche da parte degli estremisti all’Organizzazione per il divieto di Armi Chimiche (OPAQ), ha ricordato Konashénkov.
I sintomi di intossicazione riscontrati ad Aleppo erano gli stessi che si possono vedere nelle registrazioni diffuse nel caso di Jan Sheijun, attraverso i social media, ha aggiunto Konashénkov.
“Affermiamo che questa informazione è obiettiva e verificata”, ha dichiarato Konashénkov in conclusione.
Il Martedì l’Oservatorio Siriano per i Diritti (con base a Londra) aveva denunciato l’attacco chimico che aveva prodotto circa 80 morti e 200 feriti, secondo la versione della Coalizione delle Forze Oppositori ed avevano accusato di quello le truppe governative.
L’ONU ha iniziato una indagine sull’incidente mentre che l’OPAQ si è dichiarata preoccupata circa il presunto utilizzo di armi chimiche.
Nonostante questo gli USA, il Canada ed altri paesi dell’area NATO hanno immediatamente accusato il Governo della Siria, senza attendere i risultati dell’indagine degli specailisti dell’ONU e della OPAQ.
Il possente apparato dei media, TV e Giornali occidentali, come spinto da una unica regia, è immediatamente balzato sull’episodio per montare una impressionante campagna di accuse di “crimini di guerra” contro il Governo di Bashar Al-Assad e le forze siriane, omettendo di informare che le armi chimiche erano in possesso dei gruppi ribelli jihadisti, già usate da questi gruppi terroristi in altre occasioni, gli stessi che sono appoggiati e sostentuti dagli USA e dall’Arabia Saudita.
Fonti: Sputnik Mundo - RT News
Traduzione e sintesi: L.Lago

Fa più schifo chi ammazza i bimbi o chi se ne fa scudo per propaganda? Dietro il gas, c’è di peggio. - Mauro Bottarelli



Prima di tutto, un grazie a Maurizio Blondet per lo spazio e l’interesse dedicato ai miei articoli negli ultimi giorni. Ora, veniamo a noi. Avrei voluto cominciare questo articolo con una lunga carrellata di fotografie di bambini ammazzati in bombardamenti e attacchi in Yemen, Iraq, Afghanistan, Donbass: insomma, in tutti i quei posti di cui non frega un cazzo alle anime belle che da ieri stanno battendosi senza esclusione di bugie per accaparrarsi il ruolo di testimonial dell’Unicef per i prossimi 20 anni. I bambini, ecco la parola magica: gli ipocriti in servizio permanente ed effettivo da ieri hanno la loro coperta di Linus, ammorbano i social network con pensierini zuccherosi e nauseabondi, mostrano al mondo la loro sensibilità ferita attraverso concetti la cui profondità e genuinità è pari a quella di un organismo monocellulare del Borneo. Ipocriti: la guerra ammazza e ammazza anche i bambini. Erano bambini anche quelli della strage di Gorla nella mia Milano ma se provi a ricordarli invocano la legge Mancino: se ti ammazzano i liberatori la tua infanzia non conta, sei solo un danno collaterale della grande campagna in nome della libertà e della verità.       


                                                                                      Lo stesso vale in Yemen: avete mai visto prime pagine indignate per i bambini massacrati nelle feste di nozze o nei mercati utilizzati come bersagli dai jet sauditi, armati con munizionamenti di prima categoria tutti media in USA, Germania, Francia e Gran Bretagna? Guarda caso, le stesse nazioni che oggi chiederanno la testa di Assad a quel simposio di craniolesi corrotti conosciuto come Consiglio di sicurezza dell’ONU, ente di suprema farsa di un’istituzione che ha posto l’Arabia Saudita, la stessa che fa strage di bimbi in Yemen e decapita cittadini come passatempo, a capo del Comitato per i diritti umani. E questa gente parla: non so chi mi fa più schifo, se chi ammazza in bambini in guerra svolgendo il proprio compito, per quanto aberrante o chi si fa scudo di quei corpi in nome della propaganda e delle false versioni di comodo che deve vendere alla massa, per tenerla buona e al guinzaglio. Vi fa schifo la guerra? Piangete i bambini? Riguardatevi la scena finale di “Finché c’è guerra, c’è speranza” con Alberto Sordi, eccola.

Poi ditemi se avete ancora voglia di difendere gli esportatori di democrazia che armano la mano di satrapi e dittatori vari, gli stessi però che hanno la fortuna mediatica di stare dalla parte giusta della Storia. E che, quindi, possono ammazzare in assoluta serenità e con il silenzio assenso del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Siete pronti a rinunciare al Mac-world in cui vivete, facendo i liberal, pur di non vedere più bambini morire.
Come siano andate le cose a Idlib, pare ormai abbastanza chiaro: le truppe di Assad non hanno bombardato con gas letali ma centrato un deposito dei ribelli stipato con quel veleno, facendo sprigionare un nube tossica: non è Sarin, come piacerebbe ai Torquemada della carta stampata ma, comunque sia, ammazza. Giova farsi una domanda: che cazzo ci fanno i guerriglieri anti-Assad con armi vietate dalle Convenzioni? Giocano al piccolo chimico tra un assalto e l’altro? Pensavano che fossero innocui detersivi? Chissà se all’ONU oggi qualcuno avanzerà questa domanda? O, magari, una ancora più interessante: chi ha fornito quella merda ai ribelli, visto che non mi pare che cresca spontaneamente sulle piante siriane? Ce lo dice questa fotografia di fonte americana, 


                                                                                           la quale mostra in tutta la sua plasticità la fabbricazione saudita degli armamenti chimici utilizzati in Siria. Guarda caso, nel dicembre del 2012, quando armare e addestrare i ribelli anti-Assad era ancora ragione di vanto e non qualcosa da fare di nascosto, fu la stessa CNN a mostrare un video in cui si vedevano militari Usa del “Destructive Wind Chemical Battalion” addestrare miliziani anti-governativi all’uso del gas nervino, con tanto di simulazione a danno di alcuni poveri conigli. Nel marzo del 2013, il 19 per l’esattezza, ecco che due attacchi chimici furono condotti nel villaggio di Khan al-Assel a ovest di Aleppo e nel sobborgo di Damasco denominato al-Atebeh. Morirono 31 civili, oltre ad alcuni soldati regolari siriani di guardia alle città. Il giorno dopo il governo siriano chiese ufficialmente all’ONU di condurre un’inchiesta al riguardo: stranamente, la richiesta non ottenne la stessa eco mediatica del Consiglio di sicurezza di oggi.


Il 30 marzo, poi, il governo turco ammise che le sue forze di sicurezza trovarono un cilindro da 2 chili di gas sarin nell’abitazione di un miliziano di Jibhat al-Nusra, gruppo terroristico operante in Siria e supportato dall’Arabia Saudita. Lo stesso Paese che presiede il Comitato per i diritti umani dell’ONU. Tanto più, poi, che gli agenti chimici di Assad sono sotto controllo della stessa ONU al 2014, quando si raggiunse un accordo e nello stesso anno fu il Massachussets Institute of Technology a smentire chi voleva le truppe lealiste come utilizzatrici di agenti chimici nell’attacco del 21 agosto 2013 a Goutha che costò la vita a decine di civili. Furono i ribelli ad usarli e questa scoperta bloccò i piani di attacco di Barack Obama, il quale aveva posto il limite della cosiddetta “linea rossa” nei confronti di Assad: attacchi con i gas avrebbero significato reazione militare Usa.
Guarda caso, quella formula è tornata a campeggiare sui giornali: Assad avrebbe superato il limite. Cosa si fa, un nuovo intervento? Queste prime pagine: 





paiono chiederlo a gran voce, l’ultima a dire il vero molto sobria e dubitativa nel titolo principale, salvo poi ospitare l’editoriale di Fiamma Nierenstein, la quale non sta bene se non evoca Hitler almeno una volta al giorno, caratteristica questa che le ha negato la possibilità di diventare ambasciatrice d’Israele in Italia, visto che la comunità ebraica ha eretto le barricate non appena l’ipotesi è stata paventata (tanto per farvi capire l’elemento). D’altronde, è in buona compagnia, come potete vedere:

lui, però, è uno che può permettersi di parlare di certe cose, il fosforo bianco utilizzato contro pericolosissimi civili palestinesi (anime belle dei miei coglioni, c’erano dei bambini anche lì) durante l’operazione “Piombo fuso” resta a testimoniarlo a imperitura memoria. E adesso, cosa si fa? Guerra ad Assad? Ovvero, guerra alla Russia? E chi la fa, l’Unione Europea in stile Sturmtruppen? Perché gli USA sono stati abbastanza paraculi nel gestire la situazione. Certo, hanno detto che quanto accaduto è inaccettabile e avrà conseguenze ma hanno anche sottolineato come l’accaduto sia responsabilità della linea di politica estera di Barack Obama: troppo debole con Damasco o troppo accondiscendente con i ribelli? Difficile dirlo, visto che a Washington ci sono due governi: uno legittimamente in carica e uno che opera dietro le quinte.


Il primo ha scelto la linea morbida con Assad, rinunciando ufficialmente al regime change e concentrando i suoi sforzi su tre priorità: Iraq, dove poco fa l’Isis ha fatto 50 morti in un attacco (ora controllo se ci sono bambini, in caso avverto le redazioni dei dolenti mediatici), Yemen e Corea del Nord, la quale ha appena lanciato un nuovo missile a medio raggio nel Mar del Giappone, portando gl USA a dire che “abbiamo già parlato troppo”. Ricordo a lorsignor che un giretto in Corea l’hanno già fatto, vedano un po’ se tenerne conto. Di fatto, è l’Europa che vuole chiudere i conti con Assad, senza però avere un esercito per farlo: gessetti contro il regime? Federica Mogherini, Alto rappresentante della politica estera UE, ha dichiarato che Bashar al-Assad dovrà rispondere di crimini contro l’umanità e sulla stessa lunghezza d’onda si è espresso Paolo Gentiloni: un tonante “me cojoni” è risuonato dal palazzo presidenziale di Damasco, coprendo anche i rumori del traffico infernale del mattino. Siamo all’ennesima pantomima diplomatica?


E ancora: “Vediamo un buon potenziale nell’espansione della cooperazione nel settore petrolifero e del gas. Le nostre società hanno raggiunto una serie importante di accordi per lo sviluppo di grandi giacimenti di idrocarburi in Iran; inoltre i due Paesi cooperano nel quadro del Gas Exporting Countries Forum, in cui si stabilizzano i mercati globali del petrolio”, ha sottolineato Putin al “Teheran Times”. Rouhani, dal canto suo, ha espresso la speranza che i due Paesi “accrescano ulteriormente le proprie relazioni bilaterali” e ottenuto la rassicurazione dell’imminente adesione iraniana nella Shanghai Cooperation Organization. Le delegazioni di Iran e Russia, infine, hanno firmato 14 trattati di cooperazione che coprono vari ambiti: economia, politica, ma anche scienza e cultura. Piccolo particolare, quel consesso – la Shanghai Cooperation Organization – ha come base fondante il superamento del dollaro come valuta di scambio e riferimento globale.

Non a caso, Donald Trump ha già definito “molto difficile” l’incontro che si terrà domani e dopo in Florida con il presidente cinese, Xi Jinping, la cui agenda ufficiale parte dal protezionismo commerciale per passare alla questione coreana fino alle isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale. Il Pentagono, poi, vede l’asse Russia-Iran come la minaccia principale, soprattutto perché a sovrintendere alle politiche reali dell’amministrazione Trump c’è il potente e fidato consigliere Steve Bannon, ufficiale di Marina durante la crisi degli ostaggi in Iran, uno per cui la Repubblica islamica rappresenta una minaccia ontologica. Guarda caso, una visione del mondo che accomuna anche Israele e l’eterna indecisa Turchia, tornata ieri a menar fendenti contro Mosca. Nel frattempo, dell’attentato a San Pietroburgo è sparita ogni traccia. Come non fosse mai accaduto.
C’è poi dell’altro. L’affaire russo-siriano sta silenziando al di fuori degli USA il caso Russiagate, con non poco caos attorno alla deposizione della cosiddetta “talpa”, Susan Rice, che avrebbe smascherato i rapporti di Michael Flynn con l’ambasciatore russo, portandolo alle dimissioni. Barack Obama sapeva o no di questa pletora di infiltrati? Proprio oggi il Wall Street Journal spara la notizia in base alla quale la Rice non sarebbe stata l’unica a operare in tal senso, lasciando intendere la presenza di almeno un altro funzionario di alto livello nell’intrigo. Inoltre, serve gettare una bella cortina fumogena su questo,






ovvero il sistema “Marble” svelato da WikiLeaks nella sua ultima pubblicazione di documenti, stranamente passata sotto silenzio sui media occidentali. Di cosa si tratta? Niente di che, solo del sistema in base al quale la CIA opera con tattiche di hacking che lasciano tracce in lingua russa, cinese, farsi, araba e coreana. Insomma, loro spiano, intercettano, violano e manipolano ma le briciole informatiche portano a qualche altro Pollicino. Una bella figura di merda globale, in caso si scoprisse che il famoso caso di hackeraggio al Comitato democratico altro non era se non un’operazione di false flag cybernetica dell’intelligence per montare il caso Russiagate, cosa ne dite? In giorni come questi, tornano in mente le parole di André Malraux ne “Il tempo del disprezzo”, parole che come le scritte sui muri delle celle delle galere, trasudano destini: “Bisognava attendere. Era tutto. Resistere. Vivere a rilento, come i paralitici, gli agonizzanti, con quella volontà tenace e sepolta, come un volto nelle tenebre più profonde. Se no, la follia”. Quante cose possono nascondersi dietro il corpo martoriato di un bambino siriano, ucciso una seconda volta dagli sciacalli del politicamente corretto. In nome di una libertà per conto terzi che si riduce quasi sempre a interessi poco nobili e confessabili.