C’è chi le chiama con un vezzeggiativo "micro-misure". E chi, con un linguaggio più appropriato, mance e mancette: elettorali, clientelari, settoriali, territoriali, categoriali e via di seguito.
Certo è che oltre il 50 per cento delle proposte della legge di Bilancio ha una sorta di impronta digitale di qualche parlamentare che ha fatto il diavolo a quattro per farla inserire nella versione originaria del pacchetto o, in corso d’opera, nelle successive riscritture in commissione e nel maxi-emendamento finale. Altro che assalto alla diligenza vecchia e nuova maniera, stile Prima e anche Seconda Repubblica, la manovra per il 2018 passerà alla storia per il record della parcellizzazione e frammentazione delle misure.
Una sorta di manovra «a coriandoli» se si considera che, come hanno stimato gli addetti ai lavori, su più di 230 voci, circa l’85 per cento riguarda poste inferiori a 100 milioni di euro ciascuna e, anzi, oltre il 65 per cento contempla interventi inferiori a 10 milioni.
Più che una legge di Bilancio che disegna la politica economica del governo, individuando le priorità e gli orizzonti strategici, quella che è passata al Senato è un super elenco della spesa.
Una lista di finanziamenti a pioggia senza capo né coda: dal Vajont al commissario per il terremoto dell’Irpinia, dalla Chiesa di Aulla ai carnevali, dal Centro del libro parlato di Feltre all’Accademia Vivarium Novum di Frascati, fino ai fondi e ai fondini per le fondazioni di ogni genere e natura, per gli archivi dei partiti, per la Xylella e per i parchi e parchetti naturali. Per non parlare di questa o quella categoria: dai pescatori ai precari storici di Palermo.
Un caleidoscopio del localismo e del clientelismo che non è neanche 2.0 ma sembra uscito pari pari dalle cronache parlamentari degli anni Ottanta, quando, con meno infondate motivazioni politico-parlamentari (era il tempo delle preferenze), era in auge il famoso, allora, «sportello Pomicino», dal nome dell’allora mitico presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Paolo Cirino Pomicino.
D’altra parte, la pratica è nota e non conosce obsolescenza né latitudini: è ampiamente studiata nei manuali di scienza della politica e ha addirittura un nome che risale agli usi del Far West: ‘logrolling’, il rotolamento dei tronchi nelle praterie, effettuato tutti insieme dai pionieri per la costruzione della casa di ciascuno. Proprio come accade nelle sedute delle commissioni, quando i parlamentari si danno man forte nello scambio di voti per far passare emendamenti che avrebbero solo il voto di chi li propone. E interesse zero per la quasi totalità dei cittadini.
Manovra finanziaria, il testo finale