domenica 13 maggio 2018

Il clima 'ritmato' da variazioni periodiche dell'orbita terrestre.

Le periodiche variazioni dell'orbita terrestre influiscono sul clima  © Ansa
Le periodiche variazioni dell'orbita terrestre influiscono sul climaRIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA/Ansa

Causate da Venere e Giove, sono rimaste impresse nelle rocce.

Il clima sulla Terra è influenzato dalle periodiche variazioni dell'orbita terrestre, che ogni 405.000 anni diventa un po' più ellittica a causa dell'attrazione gravitazionale esercitata dal pianeta più vicino, Venere, e dal 'gigante' del Sistema solare, Giove. La prova dell'esistenza di questo fenomeno è 'scritta' in antichi sedimenti risalenti ad oltre 200 milioni di anni fa e ritrovati nel cuore del deserto dell'Arizona. Descritti sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas) da un gruppo di ricerca coordinato dalla Rutgers University del New Jersey, potranno essere usati come un 'orologio geologico' per ricalcolare con maggiore precisione la storia del nostro pianeta e delle sue forme di vita. 

"Si tratta di un risultato sorprendente - spiega il primo autore dello studio, Dennis V. Kent - perché questo lungo ciclo, che finora era stato previsto per un periodo di 50 milioni di anni sulla base dei movimenti planetari, viene così confermato per almeno 215 milioni di anni". Questo significa che era attivo già prima della comparsa dei dinosauri e che lo è ancora oggi: secondo i calcoli saremmo a metà del ciclo, nella fase in cui l'orbita è meno ellittica. Fra 202.500 anni, quando l'eccentricità tornerà ad essere massima, diventeranno più evidenti le differenze tra le stagioni, con le estati più calde, gli inverni più freddi, i periodi di secca più siccitosi e i periodi umidi più ricchi di precipitazioni.


Due stelle 'intruse' nella Via Lattea.

Rappresentazione artistica di una veloce nana bianca che potrebbe essere sopravvissuta all’esplosione della compagna (fonte: DAVID A. AGUILAR/ Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics) © Ansa
Rappresentazione artistica di una veloce nana bianca che potrebbe essere sopravvissuta all’esplosione della compagna (fonte: DAVID A. AGUILAR/ Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics)

Arrivano dalla Grande Nube di Magellano.


Scoperte due stelle 'intruse' nella Via Lattea: sono velocissime e arrivano da un'altra galassia, la Grande Nube di Magellano. Lo indicano le analisi preliminari, riportate da Science sul suo sito, del catalogo di 1,3 miliardi di stelle compilato dal satellite Gaia, dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e appena reso disponibile agli astronomi di tutto il mondo. Il catalogo è una delle più grandi banche dati dell'astronomia: contiene informazioni su posizione, movimento, luminosità e colori di 1,3 miliardi di stelle della Via Lattea, raccolte dal satellite lanciato nel 2013

In pochi giorni dal rilascio dei dati, avvenuto il 25 aprile, c'è stato già un diluvio di scoperte, tutte pubblicate sul sito arXiv. Per esempio il gruppo guidato da Tommaso Marchetti all'università di Leida, nei Paesi Bassi, si è concentrato sulle stelle che si muovono velocemente, che sono molto affascinanti perché, ripercorrendo a ritroso la loro traiettoria, è possibile risalire al luogo da dove arrivano e agli eventi violenti che le hanno 'accelerate'. 

Delle 28 studiate, è risultato che almeno due arriverebbero da un'altra galassia, forse la Grande Nube di Magellano. Grazie ai dati di Gaia, è stato confermato che anche un'altra stella velocissima, nota dal 2005 e chiamata HVS3, arriva dalla Grande Nube di Magellano, addirittura dal 'cuore' della galassia, come dimostra Denis Erkal, dell'università britannica del Surrey. 

Gli astronomi ipotizzano che tutte queste stelle nomadi potrebbero aver ricevuto un 'calcio' dalla forza di gravità di un grande buco nero presente nella Grande Nube di Magellano. Altri astronomi si sono concentrati sullo studio delle nane bianche, i resti di stelle simili al Sole: Ken Shen, dell'università della California a Berkeley, ne ha scoperte tre che sfrecciano velocissime, a circa 2.400 chilometri al secondo. Le tre stelle secondo gli astronomi, sarebbero 'sopravvissute' a un cataclisma cosmico. Un tempo ognuna ruotava in coppia con una stella dalla massa più grande, che quando è esplosa come supernova avrebbe scagliato la compagna nello spazio.


The Platters - Only you



Solo Tu puoi far si che questo mondo sembri giusto
Solo Tu puoi rendere il buio luminoso
Solo Tu e nient’altro che Tu
Puoi emozionarmi come fai
E riempire il mio cuore con amore solo per te
Solo 
Tu puoi suscitare tutto questo cambiamento in me
Perché è vero, tu sei il mio destino
Quando tieni la mia mano
Capisco la magia che fai
Sei il mio sogno diventato realtà
La mia unica e solo te
Solo Tu puoi suscitare tutto questo cambiamento in me
Perché è vero, tu sei il mio destino
Quando tieni la mia mano
Capisco la magia che fai
Sei il mio sogno diventato realtà
La mia unica e solo te
Una e solo te

venerdì 11 maggio 2018

Storia: La Giornata della Vittoria russa. - Michael Jabara Carley

(o la storia della Seconda Guerra Mondiale che non si sente spesso in Occidente).

La Giornata della Vittoria russa (o la storia della Seconda Guerra Mondiale che non si sente spesso in Occidente)

Ogni 9 maggio la Federazione Russa celebra la sua festa nazionale più importante, la Giornata della Vittoria, il den’ pobedi.

Durante le prime ore di quel giorno nel 1945 il Maresciallo Georgij Konstantinovič Žukov, comandante del 1° Fronte bielorusso, che aveva preso d’assalto Berlino, ricevette la resa incondizionata tedesca. La Grande Guerra Patriottica era andata avanti per 1418 giorni di inimmaginabile violenza, brutalità e distruzione. Da Stalingrado e dal Caucaso settentrionale e dalla periferia nord-occidentale di Mosca alle frontiere occidentali dell’Unione Sovietica a Sebastopoli nel sud e Leningrado e ai confini con la Finlandia, nel nord, il paese era stato devastato. Si stima che 17 milioni di civili, uomini, donne e bambini, siano morti, anche se nessuno conoscerà mai la cifra esatta. Villaggi e città furono distrutti; famiglie vennero spazzate via senza che nessuno le ricordasse o piangesse la loro morte.

Most Soviet citizens lost family members during the war. No one was left unaffected.

La maggior parte dei cittadini sovietici perse membri della propria famiglia durante la guerra. Nessuno rimase indenne.

Dieci milioni o più di soldati sovietici morirono nella lotta per espellere il mostruoso invasore nazista, e infine occupare Berlino alla fine di aprile 1945. I morti dell’Armata Rossa furono lasciati insepolti in mille luoghi lungo i percorsi verso ovest o in fosse comuni non segnate, non essendoci il tempo per una corretta identificazione e sepoltura. La maggior parte dei cittadini sovietici perse i membri della famiglia durante la guerra. Nessuno rimase indenne.
La Grande Guerra Patriottica iniziò alle 3:30 del mattino, il 22 giugno 1941, quando la Wehrmacht nazista invase l’Unione Sovietica lungo un fronte che si estendeva dal Baltico al Mar Nero con 3,2 milioni di soldati tedeschi, organizzati in 150 divisioni, sostenuti da 3.350 carri armati, 7.184 pezzi di artiglieria, 600.000 camion, 2.000 aerei da guerra. Le forze finlandesi, italiane, romene, ungheresi, spagnole, slovacche, tra gli altri, alla fine si unirono all’attacco. L’alto comando tedesco calcolò che l’Operazione Barbarossa avrebbe impiegato solo 4-6 settimane per finire l’Unione Sovietica. In occidente, l’intelligence militare statunitense e quella britannica concordavano. Inoltre, quale forza aveva mai battuto la Wehrmacht? La Germania nazista era il colosso invincibile; la Polonia era stata distrutta in pochi giorni; il tentativo anglo-francese di difendere la Norvegia fu un fiasco; quando la Wehrmacht attaccò ad ovest, il Belgio si affrettò a lasciare il combattimento; la Francia crollò in poche settimane; l’esercito britannico venne cacciato da Dunkerque senza più nulla, senza armi da fuoco o camion; nella primavera del 1941, la Jugoslavia e la Grecia scomparvero nel giro di poche settimane a poco prezzo per gli invasori tedeschi.

The Red Army’s losses were unimaginable, two million soldiers lost in the first three and a half months of the war.

Le perdite dell’Armata Rossa furono inimmaginabili, nei primi tre mesi e mezzo di guerra morirono due milioni di soldati.

Ovunque la Wehrmacht avanzasse in Europa, era una passeggiata… Fino al giorno in cui i soldati tedeschi attraversarono le frontiere sovietiche. L’Armata Rossa fu colta di sorpresa, nel bel mezzo di misure di mobilitazione, perché il dittatore sovietico Josif Stalin non credeva agli avvertimenti di pericolo della sua stessa intelligence, ma che fosse una provocazione della Germania hitleriana. Il risultato fu una catastrofe. Ma a differenza della Polonia e diversamente dalla Francia, l’Unione Sovietica non abbandonò il combattimento dopo le previste 4 o 6 settimane. Le perdite dell’Armata Rossa furono inimmaginabili: nei primi tre mesi e mezzo di guerra morirono due milioni di uomini. Le province baltiche andarono perse. Smolensk cadde, e poi Kiev, nella peggiore sconfitta della guerra. Leningrado era circondata. Un vecchio chiese ad alcuni soldati: “Da dove vi state ritirando?” Ci furono sventure ovunque, troppo numerose da menzionare. Ma in luoghi come la Fortezza di Brest e in centinaia di campi e boschi senza nome, incroci stradali e villaggi e città, le unità dell’Armata Rossa combatterono spesso fino all’ultimo soldato. Combatterono per uscire dell’accerchiamento per ricongiungersi alle proprie linee o per sparire nelle foreste e nelle paludi della Bielorussia e dell’Ucraina nordoccidentale, per organizzare le prime unità partigiane ad attaccare la retroguardia tedesca. Alla fine del 1941, tre milioni di soldati sovietici erano morti (principalmente prigionieri di guerra che morirono in mani tedesche); 177 divisioni furono cancellate dall’ordine di battaglia sovietico. Tuttavia, l’Armata Rossa combatté, perfino respingendo i tedeschi a Yelnya, a sud est di Smolensk, alla fine di agosto. La Wehrmacht sentì il morso dell’Armata Rossa malconcia, ma non sconfitta. Le forze tedesche stavano subendo 7000 vittime al giorno, un’esperienza nuova per loro.

At places like the fortress of Brest, Red Army units fought on often to the last soldier.

In luoghi come la Fortezza di Brest, le unità dell’Armata Rossa combatterono spesso fino all’ultimo uomo. La scritta recita, in russo, “Muoio ma non mi arrendo. Addio, patria”.

Mentre la Wehrmacht avanzava, gli Einsatzgruppen, gli squadroni della morte delle SS, seguivano, uccidendo ebrei, zingari, comunisti, prigionieri di guerra sovietici o chiunque si mettesse sulla loro strada. Collaborazionisti nazisti del Baltico e dell’Ucraina davano una mano negli omicidi di massa. Donne e bambini sovietici venivano denudati e costretti a fare la fila, in attesa dell’esecuzione. Quando arrivava il gelido inverno i soldati tedeschi sparavano agli abitanti del villaggio o li cacciavano dalle loro case, vestiti di stracci come mendicanti, derubandoli dei focolari, dei vestiti invernali e del cibo.
A occidente coloro che avevano predetto un rapido collasso sovietico, i soliti sovietofobi occidentali, vennero buggerati e dovettero rimangiarsi le loro previsioni. L’opinione pubblica capì che la Germania hitleriana era entrata in un pantano, non in un’altra campagna di Francia. Mentre l’uomo comune britannico plaudiva la resistenza sovietica, il governo britannico fece relativamente poco per aiutare. Alcuni ministri del governo erano persino restii a definire alleata l’Unione Sovietica. Churchill si rifiutò di lasciare che la BBC suonasse l’inno nazionale sovietico, l’Internazionale, la domenica sera insieme a quelli degli altri alleati.

Western public opinion understood that Hitlerite Germany had walked into a quagmire, not another campaign in France.

L’opinione pubblica occidentale capì che la Germania hitleriana era finita in un pantano, la campagna di Francia non si sarebbe ripetuta.

L’Armata Rossa si ritirò ancora, ma continuò a combattere disperatamente. Non era una guerra normale, ma una lotta violenta senza precedenti contro un invasore omicida per la patria, la famiglia, il paese, per la vita stessa. A novembre l’Armata Rossa lanciò degli opuscoli sulle linee tedesche, che citavano Carl von Clausewitz, il teorico militare prussiano: “È impossibile mantenere o conquistare la Russia”. Era una vera spacconata in quelle circostanze, ma era anche la verità. Alla fine, davanti a Mosca, nel dicembre del 1941, l’Armata Rossa, sotto il comando di Žukov, respinse le truppe della Wehrmacht trecento chilometri a sud. L’immagine dell’invincibilità nazista fu distrutta. La Barbarossa era troppo ambiziosa, la blitzkrieg aveva fallito e la Wehrmacht subì la sua prima sconfitta strategica. A Londra Churchill accettò, a malincuore, di lasciare che la BBC suonasse l’inno nazionale sovietico.

The image of Nazi invincibility was shattered.

L’immagine dell’invincibilità nazista venne distrutta.

Nel 1942 l’Armata Rossa continuò a subire sconfitte e pesanti perdite, combattendo quasi da sola. Nel novembre di quell’anno a Stalingrado sul Volga, tuttavia, l’Armata Rossa lanciò una controffensiva, che portò ad un’importante vittoria e alla ritirata della Wehrmacht sulle sue linee di partenza nella primavera del 1942… Tranne che per la Sesta Armata tedesca, catturata nel kotel o calderone di Stalingrado. Lì, 22 divisioni tedesche, alcune delle migliori di Hitler, furono distrutte. Stalingrado fu la Verdun della Seconda Guerra Mondiale. “È un inferno”, disse un soldato. “No… questo è dieci volte peggio dell’inferno”, lo corresse qualcun altro. Alla fine dei combattimenti invernali del 1943, le perdite dell’Asse furono sbalorditive: 100 divisioni tedesche, italiane, romene, ungheresi furono distrutte o fatte a pezzi. Il Presidente degli Stati Uniti, Franklin Roosevelt, riconobbe che le sorti della guerra erano cambiate: la Germania hitleriana era condannata.

Women soldiers during the Battle of Stalingrad.
Donne soldato durante la Battaglia di Stalingrado.

Era il febbraio del 1943. In quel mese non c’era una sola divisione britannica, americana o canadese che combattesse in Europa contro la Wehrmacht. Non una. Allo sbarco in Normandia mancavano sedici mesi. Gli inglesi e gli americani stavano all’epoca combattendo due o tre divisioni tedesche in Nord Africa, uno spettacolo collaterale rispetto al fronte sovietico. L’opinione pubblica occidentale sapeva chi stava portando il fardello della guerra contro la Wehrmacht. Nel 1942, l’80% delle divisioni dell’Asse era schierato contro l’Armata Rossa. All’inizio del 1943 c’erano 207 divisioni tedesche sul fronte orientale. I tedeschi tentarono un’ultima spinta, un’ultima offensiva contro il saliente di Kursk nel luglio del 1943. Quell’operazione fallì. L’Armata Rossa quindi lanciò una controffensiva in tutta l’Ucraina, che portò alla liberazione di Kiev a novembre. Più a nord, Smolensk era stata liberata il mese prima.
Lo spirito del popolo sovietico e della sua Armata Rossa era formidabile. Il corrispondente di guerra Vasilij Semënovič Grossman ha catturato la sua essenza nei suoi diari personali. “Notte, tempesta di neve”, scrisse all’inizio del 1942, “Veicoli, artiglieria. Si stanno muovendo in silenzio. All’improvviso si sente una voce roca. “Ehi, qual è la strada per Berlino?” Un ruggito di risate”.

Western public opinion knew who was carrying the burden of the war against the Wehrmacht

L’opinione pubblica occidentale sapeva chi stava sopportando il peso della guerra contro la Wehrmacht.

I soldati non erano sempre coraggiosi. A volte scappavano. “Un commissario di battaglione armato di due revolver cominciò a gridare: “Dove state andando figli di puttana, dove? Avanzate, per la nostra Patria, per Gesù Cristo, figli di puttana! Per Stalin, figli di puttana!””… Tornarono alle loro posizioni. Quei compagni furono fortunati; il commissario avrebbe potuto spararli tutti. A volte lo faceva. Un soldato si offrì volontario per giustiziare un disertore. “Hai avuto pietà di lui?” Chiese Grossman. “Come si può parlare di pietà”, rispose il soldato. A Stalingrado sette uzbeki vennero riconosciuti colpevoli di autolesionismo. Vennero tutti fucilati. Grossman lesse una lettera trovata nella tasca di un soldato sovietico morto. “Mi manchi tanto. Per favore, vieni a trovarci… Sto scrivendo questo, e le lacrime si stanno riversando. Papà, per favore, torna a casa e facci visita”.
Le donne combattevano a fianco degli uomini come cecchini, artiglieri, carristi, piloti, infermiere partigiane. Mandavano anche avanti il fronte interno. “I villaggi sono diventati il regno delle donne”, scrisse Grossman, “Guidano trattori, fanno la guardia a magazzini e stalle… Le donne portano sulle loro spalle il grande fardello del lavoro. Dominano… mandano pane, aerei, armi e munizioni al fronte”. Quando la guerra arrivò sul Volga, non rimproverarono i loro uomini di aver rinunciato a tanto terreno. “Le donne guardano e non dicono niente”, scrisse Grossman, “…non una parola dura”. Ma nei villaggi vicino al fronte, a volte lo facevano.

It was just a matter of time before the destruction of Nazi Germany

La distruzione della Germania nazista era solo una questione di tempo.

Nel frattempo, gli alleati occidentali attaccarono l’Italia. Stalin aveva richiesto a lungo un secondo fronte in Francia, cosa alla quale Churchill oppose resistenza. Voleva attaccare il “ventre molle” dell’Asse non per aiutare l’Armata Rossa, ma per ostacolare la sua avanzata nei Balcani. L’idea era di avanzare rapidamente a nord dello stivale italiano, quindi dirigersi a est verso i Balcani per tenere fuori l’Armata Rossa. La strada verso Berlino era tuttavia a nord-est. Il piano di Churchill fu un fallimento; gli alleati occidentali non arrivarono a Roma fino al giugno del 1944. C’erano circa 20 divisioni tedesche in Italia che combattevano contro le forze alleate superiori di numero. Ad est c’erano ancora più di duecento divisioni dell’Asse, dieci volte quelle in Italia. Il 6 giugno 1944, quando l’Operazione Overlord ebbe inizio in Normandia, l’Armata Rossa si trovava sulle frontiere polacche e romene. Una quindicina di giorni dopo lo sbarco in Normandia, l’Armata Rossa lanciò l’Operazione Bagration, un’enorme offensiva che si incuneò nel centro del fronte orientale tedesco e portò ad un’avanzata di 500 chilometri verso ovest, mentre gli alleati occidentali erano ancora fermi sulla penisola normanna del Cotentin l’Armata Rossa era diventata una potenza inarrestabile. Era solo una questione di tempo prima della distruzione della Germania nazista. Quando la guerra finì nel maggio 1945, l’Armata Rossa aveva rappresentato la causa dell’80% delle perdite della Wehrmacht, e quella percentuale era molto più alta prima dell’invasione della Normandia. “Coloro che non hanno mai provato tutta l’amarezza dell’estate del 1941”, scrisse Vasilij Grossman, “non potranno mai apprezzare pienamente la gioia della nostra vittoria”. Le truppe e il popolo cantavano molti inni di guerra [in francese] per tenere alto il morale. Sviashchennaia voina, “La Guerra Sacra” era uno dei più popolari. I russi si alzano ancora in piedi quando lo sentono.
Gli storici spesso discutono su quando sia avvenuta la svolta decisiva della guerra nel teatro europeo. Alcuni propongono il 22 giugno 1941, il giorno in cui la Wehrmacht ha attraversato le frontiere sovietiche. Altri indicano le battaglie di Mosca, Stalingrado o Kursk. Durante la guerra l’opinione pubblica occidentale sembrava più favorevole all’Armata Rossa di alcuni leader occidentali, Winston Churchill, per esempio. Roosevelt era migliore, un leader politico più pragmatico, che riconosceva facilmente il ruolo preponderante dei sovietici nella guerra contro la Germania nazista. L’Armata Rossa, disse a un generale dubbioso nel 1942, stava uccidendo più soldati tedeschi e distruggendo più carri armati tedeschi di tutti gli altri alleati messi insieme. Roosevelt sapeva che l’Unione Sovietica era il fulcro della grande coalizione contro la Germania nazista. Io chiamo FDR il padrino della “grande alleanza”. Tuttavia, nell’ombra si nascondevano i soliti odiatori dell’Unione Sovietica, che stavano solo aspettando il loro momento prima di emergere di nuovo. Quanto maggiore era la certezza della vittoria sulla Germania nazista, tanto più rumorosi divennero gli oppositori della grande alleanza.
Gli americani possono essere suscettibili riguardo al ricordo dell’Armata Rossa che recita il ruolo principale nella distruzione della Wehrmacht. “Che ne dite della Legge Affitti e Prestiti”, dicono, “senza le nostre scorte, l’Unione Sovietica non avrebbe potuto sconfiggere i tedeschi”. In effetti, la maggior parte delle forniture della Legge Affitti e Prestiti non arrivarono nell’URSS fino a dopo Stalingrado. I soldati dell’Armata Rossa chiamavano scherzosamente il cibo arrivato tramite la Legge Affitti e Prestiti il “secondo fronte”, dato che quello vero tardava ad arrivare. Nel 1942 l’industria sovietica stava già surclassando la Germania nazista nelle principali categorie di armamenti. Il T-34 era un carro armato americano o sovietico? L’educato Stalin ricordava sempre di ringraziare il governo degli Stati Uniti per le jeep e gli autocarri Studebaker, perché avevano aumentato la mobilità dell’Armata Rossa. Dissero i russi, voi avete contribuito con l’alluminio, noi abbiamo contribuito con il sangue… fiumi di sangue.

The everyman in Europe and the United States knew very well who had carried the load against the Wehrmacht.

L’uomo comune in Europa Stati Uniti sapeva chi aveva retto l’urto della Wehrmacht.

Non appena la guerra finì, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti iniziarono a pensare ad un’altra guerra, questa volta contro l’Unione Sovietica. Nel maggio 1945 l’alto comando britannico ideò l’Operazione “Unthinkable”, un piano top secret per un’offensiva, rinforzata dai prigionieri di guerra tedeschi, contro l’Armata Rossa. Che bastardi ingrati. Nel settembre 1945, gli americani previdero l’uso di 204 bombe atomiche [in inglese] per distruggere l’Unione Sovietica. Il padrino, il Presidente Roosevelt, era morto in aprile, e in poche settimane i sovietofobi americani invertirono la sua politica. La grande alleanza fu solo una tregua in una Guerra Fredda che era iniziata dopo la presa del potere bolscevica nel novembre del 1917, e che riprese nel 1945.
In quell’anno i governi degli Stati Uniti e del Regno Unito dovettero ancora confrontarsi con l’opinione pubblica. L’uomo comune in Europa e negli Stati Uniti sapeva benissimo chi aveva sopportato il peso contro la Wehrmacht. Non si poteva riprendere la vecchia politica di odio contro l’Unione Sovietica così, senza cancellare la memoria del ruolo dell’Armata Rossa nella vittoria della Germania hitleriana. Così i ricordi del patto di non-aggressione nazi-sovietico dell’agosto del 1939 furono tirati fuori dall’armadio, anche se i ricordi della precedente opposizione anglo-francese [in inglese] alle proposte sovietiche di una sicurezza collettiva contro la Germania nazista, e specialmente del tradimento [in inglese] della Cecoslovacchia, vennero omesse dalla nuova narrativa occidentale. Come ladri nella notte, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti svaligiarono il vero resoconto della distruzione della Germania nazista.
Già nel dicembre 1939, gli inglesi pianificarono di pubblicare un libro bianco [in inglese] che incolpava Mosca per il fallimento dei negoziati per un’alleanza anglo-franco-sovietica durante la primavera e l’estate precedenti. I francesi obiettarono perché era più probabile che il libro bianco persuadesse l’opinione pubblica che la parte sovietica fosse stata seria riguardo alla resistenza alla Germania nazista mentre britannici e francesi non lo erano. Il libro bianco venne accantonato. Nel 1948 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti pubblicò una raccolta di documenti che attribuivano la colpa della Seconda Guerra Mondiale a Hitler e Stalin. Mosca replicò con una propria pubblicazione che dimostrava le affinità occidentali con il nazismo. Iniziò in Occidente la battaglia per far ricordare il Patto di Non-Aggressione dell’Unione Sovietica, e per dimenticare il ruolo preponderante dell’Armata Rossa nel distruggere la Wehrmacht.

By the end of the war, memories of the Nazi-Soviet non-aggression in August 1939 were brought out of the closet.

Alla fine della guerra vennero tirati fuori dal cassetto i ricordi del patto di non aggressione nazi-sovietico dell’agosto del 1939.

Quanti di voi non hanno visto un film di Hollywood che afferma che gli sbarchi in Normandia sono stati la grande svolta della guerra? “E se gli sbarchi fossero falliti?”, si sente spesso. “Oh… non sarebbe successo molto”, è la risposta appropriata. La guerra sarebbe durata più a lungo e l’Armata Rossa avrebbe piantato le sue bandiere sulle spiagge della Normandia provenendo da est. Poi ci sono i film sulla campagna di bombardamenti alleati contro la Germania, il fattore “decisivo” nel vincere della guerra. Nei film di Hollywood sulla Seconda Guerra Mondiale, l’Armata Rossa è invisibile. È come se gli americani (e gli inglesi) rivendicassero gli allori che non hanno guadagnato.
Mi piace chiedere agli studenti del mio corso universitario sulla Seconda Guerra Mondiale, chi ha sentito parlare di Overlord? Tutti alzano la mano. Poi chiedo chi ha sentito parlare dell’Operazione Bagration? Quasi nessuno alza la mano. Chiedo scherzosamente chi ha “vinto” la guerra contro la Germania nazista e la risposta è “l’America”, naturalmente. Solo pochi studenti, di solito quelli che hanno fatto altri corsi con me, risponderanno l’Unione Sovietica.
La verità è una strada in salita in un mondo occidentale dove le “bufale” sono la norma. L’OSCE e il Parlamento europeo danno la colpa della Seconda Guerra Mondiale all’Unione Sovietica, leggasi Russia e il presidente Vladimir Putin. Hitler è quasi dimenticato in questa baraonda di accuse prive di prove. Dietro il falso racconto storico ci sono gli Stati baltici, la Polonia e l’Ucraina, che vomitano odio per la Russia. I Paesi baltici e l’Ucraina ora ricordano i collaboratori nazisti come eroi nazionali e celebrano le loro azioni. In Polonia, per alcune persone, questo è difficile da digerire; si ricordano dei collaboratori nazisti ucraini che hanno assassinato decine di migliaia di polacchi in Volinia. Sfortunatamente, tali ricordi non hanno fermato i teppisti polacchi dal vandalizzare i monumenti alle vittime di guerra dell’Armata Rossa o dal dissacrare i cimiteri di guerra sovietici. I “nazionalisti” polacchi non sopportano la memoria dell’Armata Rossa che libera la Polonia dall’invasore nazista.

The veterans, fewer each year, come out wearing uniforms that often do not fit quite right or threadbare jackets covered with war medals and orders.

I veterani, sempre meno ogni anno, sfilano indossando uniformi non della loro misura o giacche logore ricoperte di medaglie di guerra e ordini militari.

In Russia, tuttavia, la propaganda mendace dell’Occidente non ha alcun effetto. L’Unione Sovietica, e anche la Federazione Russa, ha prodotto i suoi film sulla Seconda Guerra Mondiale, i più recenti sono sulla difesa della Fortezza di Brest e di Sebastopoli e sulla Battaglia di Stalingrado. Il 9 maggio di ogni anno i russi ricordano i milioni di soldati che hanno combattuto e sono morti, e i milioni di civili che hanno sofferto e sono morti per mano dell’invasore nazista. I veterani, sempre meno ogni anno, escono con uniformi che spesso non sono della loro misura o giacche logore coperte da medaglie di guerra e ordini militari. “Trattateli con tatto e rispetto”, scrisse Žukov nelle sue memorie: “È un piccolo prezzo dopo quello che hanno fatto per voi nel 1941-1945”. Come avete fatto, mi sono chiesto osservandoli nella Giornata della Vittoria di alcuni anni fa, come avete fatto a farcela, vivendo costantemente con la morte e con così tanto dolore e difficoltà?

An Immortal Regiment march in Moscow
Una marcia del Reggimento Immortale a Mosca.

Ora, ogni anno nella Giornata della Vittoria, marcia il “reggimento immortale”, il bessmertnyi polk; i russi nelle città di tutto il paese e all’estero marciano insieme portando grandi fotografie di membri della famiglia, uomini e donne, che hanno combattuto in guerra. “Ti ricordiamo”, vogliono dire, “e non ti dimenticheremo mai”.

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Articolo pubblicato su Strategic Culture il 9 maggio 2018.Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[le note in questo formato sono del traduttore]

Occupazione, «lavoro federale per tutti». La sinistra Usa riscopre Roosevelt. - Marco Valsania

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Gli Stati Uniti hanno un insolito problema occupazionale. Con il tasso dei senza lavoro ai minimi storici del 3,9%, alla ribalta sale oggi l’esercito di sotto-occupati e degli occupati marginali. Vale a dire, accanto ai 6,6 milioni di ufficialmente ancora senza busta paga, gli oltre dieci milioni di americani che sfuggono a restrittive statistiche ufficiali. 
Perché restano fuori dalla forza lavoro, incapaci di dimostrare d’aver cercato attivamente un impiego. Oppure perché fanno parte dei cosiddetti forzati del part-time, impiegati poche ore al giorno nonostante aspirino a mestieri a tempo pieno.

Il «lavoro federale» di Sanders.
È da questa realtà meno rosea dietro agli exploit del mercato del lavoro che trova slancio una nuova proposta di legge formulata dai leader della sinistra del Partito Democratico, anzitutto l’ex e forse futuro candidato alle primarie presidenziali Bernie Sanders. Una proposta che prescrive non il reddito di cittadinanza, piuttosto un lavoro federale a tutti coloro che lo desiderano e ne abbiano bisogno, retribuito 15 dollari l’ora più benefit (calcolati in altri tre dollari). Qualche centro di ricerca ne ha già stimato il costo totale: 450 miliardi di dollari l’anno, meno del budget del Pentagono e l’equivalete del 2,3% del Pil.
L’idea, ancora nel recente passato considerata improponibile, trova eco tanto da suscitare dibattito e l’interesse della bibbia del business americano, il Wall Street Journal. Gli stessi detrattori non la denunciano tanto come contraria ai valori dell’individualismo e al governo ridotto all’osso. Non inveiscono contro il costo per le casse pubbliche, in realtà inferiore ai 450 miliardi, forse la metà visto che, come sottolineano i fautori del programma, non tutti gli aventi diritto se ne avvarrebbero e che ridurrebbe automaticamente altri servizi di assistenza.

Un programma «deprimente».
I critici semmai mettono l’accento sull’effetto deprimente che potrebbe avere altrove sulla creazione di occupazione, cioè sulla marcia di investimenti privati e economia di mercato. Con il 39% dei lavoratori, 54 milioni, che guadagna proprio 15 o meno dollari l’ora, l’attrazione dei nuovi impieghi federali potrebbe farsi sentire e, se in alcuni casi spingesse semplicemente al rialzo i salari di tutti, altrove potrebbe cancellare parte degli impieghi meno pagati. Un esempio citato deriva da uno studio di Harvard del 2011: quando un parlamentare diventa presidente di una Commissione importante, nello Stato che l’ha eletto arrivano maggiori fondi federali e però quel medesimo Stato soffre poi di contrazioni negli investimenti e impieghi privati.

Quando lo disse Roosevelt.
L’idea d’un programma federale per prosciugare non tanto lo stagno della politica inviso a Donald Trump ma quello della disoccupazione e della sotto-occupazione, ha tuttavia precedenti illustri. Nel 1944 il presidente democratico icona nazionale Franklin Delano Roosevelt, nel Discorso sullo Stato dell’Unione, propose esattamente una legge per offrire garanzie di lavoro e reddito. Un «Second Bill of Rights», una Seconda Carta dei Diritti in aggiunta ai principi iscritti nella Costituzione. Che recitava, tra gli altri, i seguenti «diritti»: lavoro, salario adeguato e decenti condizioni di vita.

mercoledì 9 maggio 2018

Io so quale sarà la prossima nazione ad essere invasa dagli Stati Uniti. - Lee Camp



Alla fine di questo articolo, sarà chiaro quale sarà la prossima nazione ad essere invasa e devastata dagli Stati Uniti. O, in mancanza di ciò, quale sarà la prossima nazione che il nostro complesso industriale militare e di intelligence cercherà a tutti i costi di invadere.


Noi tutti vorremmo sapere perché l’America fa quello che fa. E non intendo riferirmi al perché gli Americani fanno quello che facciamo noi. Penso che questa domanda se la potrebbe fare, fra molti secoli, qualche futuro professore, mentre mostra ai suoi studenti un video telepatico di qualche incontro attuale di UFC [Ultimate Fighting Championship – arti marziali miste] dove i contendenti si prendono a calci in faccia davanti ad una folla che fa il tifo (non per l’uno o per l’altro dei due combattenti, ma piuttosto per (vedere) più calci in faccia).

Ma sembra che noi tutti diamo per scontato che l’America, intesa come entità e come corporazione, abbia un qualche genere di più alta motivazione per i suoi comportamenti, per le azioni portate avanti dalla sua classe dirigente. Però, in pratica, la maggior parte di tutti noi si rende condo che le ragioni che ci vengono ammannite dagli addetti stampa e dai ridicoli conduttori dei telegiornali della sera sono le stronzate più marce e puzzolenti che ci possano essere.

Sappiamo che l’invasione dell’Iraq non aveva nulla a che fare con le armi di distruzione di massa. Sappiamo adesso che la distruzione della Libia non è avvenuta affatto per “fermare un uomo cattivo.” Anche se si da uno sguardo veloce a quello che hanno fatto fino ad ora i dittatori di tutto il mondo, si scoprirà che agli Stati Uniti non importa assolutamente nulla il fatto che siano buoni o cattivi, che usino il loro tempo libero per uccidere migliaia di innocenti o per dedicarsi al giardinaggio. Infatti gli Stati Uniti concedono aiuti militari al 70% dei dittatori di tutto il mondo

(Speriamo però solo durante le vacanze).

Allora, se non è per le motivazioni che ci vengono fornite, perché gli Stati Uniti , invadono, distruggono e talvolta occupano alcune nazioni? E’ chiaro che sotto ci devono essere risorse petrolifere o giacimenti di minerali rari. Ma c’è qualcos’altro che collega fra di loro tutte le nostre guerre recenti.

Come ha riferito il Guardian, subito prima dell’inizio della guerra in Iraq, “nell’ottobre del 2000, l’Iraq aveva insistito per abbandonare il dollaro americano, la valuta del nemico, per il molto più flessibile euro.”

Comunque, un esempio non fa tendenza. Se così fosse, io sarei un famoso campione mondiale di beer-pong [1], mentre ho un personal best di 1-27 (numeri che certamente non mi fanno annoverare nella categoria dei professionisti).

Ma c’è dell’altro. Appena la Libia aveva iniziato a fare i primi passi verso una valuta africana su base aurea, convincendo tutti i suoi vicini africani ad adottarla, noi abbiamo invaso anche lei, con l’aiuto della NATO. L’autrice Ellen Brown l’aveva fatto notare al momento dell’invasione:

[Gheddafi] aveva dato inizio ad un movimento per il rifiuto del dollaro e dell’euro e si era appellato alle nazioni arabe ed africane perché usassero, al loro posto, la nuova valuta, il dinaro d’oro.


Anche John Perkins, l’autore di “Confessions of an Economic Hitman”, ha sostenuto che la vera ragione dell’attacco alla Libia è stato l’allontanamento di Gheddafi dal dollaro e dall’euro.

Questa settimana, The Intercept ha riferito ha riferito che la cacciata di Gheddafi, voluta sopratutto dal Presidente francese Nicolas Sarkozy, è, in pratica, da collegarsi al fatto che Sarcozy aveva segretamente ricevuto alcuni milioni da Gheddafi e questa sua corruzione stava per diventare di pubblico dominio. Ma l’articolo nota anche che “il reale zelo militare [di Sarcozy] e il suo desiderio di un cambio di regime si erano manifestati solo dopo che [Hillary] Clinton e la Lega Araba avevano manifestato il loro desiderio di vedere estromesso [Gheddafi].” Il fatto poi che Gheddafi avesse in progetto di eliminare l’uso del petrodollaro in Africa ha certamente fornito le motivazioni necessarie. (Non ci vuole molto per eccitare gli Stati Uniti ad intraprendere una nuova campagna di bombardamenti.

Sono quasi sicuro che noi abbiamo invaso una volta il Madagascar, negli anni ‘70, solo perché laggiù si fumava roba buona).
In questo momento starete pensando, “ Ma, Lee, la tua teoria è ridicola. Se queste invasioni riguardassero tutte quante l’attività bancaria, allora i ribelli libici, aiutati dalla NATO e dagli Stati Uniti, dopo aver abbattuto Gheddafi avrebbero dovuto subito instaturare un nuovo sistema bancario.”

In pratica, non avevano aspettato così a lungo. Nel bel mezzo di quella guerra brutale, i ribelli libici si erano creati la loro banca centrale.

La Brown ha affermato: “Diversi autori hanno notato un fatto strano, che i ribelli libici abbiano avuto il tempo, durante la rivolta, di crearsi una banca centrale, ancora prima di dotarsi di un governo (vero e proprio)”.

Caspita, detto così sembra proprio che tutto giri attorno al sistema bancario.

Molti di voi conoscono la famosa frase del Generale Wesley Clark sulle sette nazioni (da invadere) in cinque anni. Clark è un generale a quattro stelle, è stato a capo del Comando Alleato Supremo della NATO ed ha partecipato alle elezioni presidenziali del 2008 (chiaramente, potrebbe fare di meglio). Ma è abbastanza probabile che, fra 100 anni, l’unica cosa per cui sarà ricordato sarà per il fatto di averci fatto sapere quello che il Pentagono gli aveva detto nel 2002: “Abbatteremo sette nazioni in cinque anni. Cominceremo con l’Iraq, poi la Siria, il Libano, poi la Libia, la Somalia, il Sudan. Torneremo indietro e ci faremo anche l’Iran fra cinque anni.”

La maggior parte di queste cose si è verificata. Abbiamo, naturalmente, aggiunto all’elenco alcune nazioni, come lo Yemen. Stiamo dando una mano a distruggere lo Yemen sopratutto per rendere felice l’Arabia Saudita. Sembra che il nostro governo e i nostri media si preoccupino solo dei bambini siriani (per giustificare un cambio di regime). Non potrebbe importarcene di meno dei bambini iemeniti, iracheni, afgani, palestinesi, nord-coreani, somali, di Flint (Michigan), di Baltimora, dei bambini nativi americani, portoricani o Na’vi…. un momento, penso che questi siano di “Avatar.” Non era un film? Sto iniziando a confondere i miei ricordi con i film in 3D.

La Brown si spinge anche oltre nella sua analisi delle rivelazioni di Clarke:
Che cosa hanno in comune queste sette nazioni?… Nessuna di esse è nell’elenco dei 56 membri del BIS ( Bank for International Settlements). Questo evidentemente le tiene al riparo dai poteri regolatori dei banchieri della banca centrale svizzera. I più infidi di tutto il gruppo potrebbero essere stati la Libia e l’Iraq, le due nazioni che sono state effettivamente attaccate.

Quello che sto cercando di dire è: tutto gira intorno al sistema bancario.

Adesso starete pensando: “Ma, Lee, allora, perché gli Stati Uniti sono così smaniosi di trasformare la Siria in uno stato fallito, se la Siria non ha mai abbandonato il dollaro? Tutta la tua stupida teoria va in frantumi proprio qui.”

Per prima cosa, non mi piace il vostro tono. Secondo, nel febbraio 2006, la Siria ha cessato di utilizzare il dollaro come valuta forte primaria.

Penso di intravvedere una certa tendenza. Infatti, è stato riportato, il 4 gennaio, che il Pakistan stava abbandonando il dollaro nel commercio con la Cina e, nello stesso giorno, gli Stati Uniti lo hanno inserito nella lista nera per le violazioni alla libertà di culto. Lo stesso giorno? Dovremmo veramente credere che il Pakistan abbia smesso di commerciare in dollari con la Cina nello stesso giorno in cui ha iniziato a tirare pugni sul naso ai cristiani, senza neanche una buona ragione? No, chiaramente il Pakistan ha violato la nostra fredda e dura religione valutaria.

Tutto questo ci lascia con un’unica domanda: chi sarà il prossimo nell’elenco delle invasioni americane, illegali ma ammantate di giustificazioni fasulle? Beh, la settimana scorsa l’Iran lo ha finalmente fatto: è passato dal dollaro all’euro. E, ovviamente, questa settimana il complesso industriale-militare, i media corporativi ed Israele, si sono messi tutti insieme a dire che l’Iran sta mentendo sul suo programma di riarmo atomico. Quante sono le probabilità che una notizia del genere possa essere data solo dopo pochi giorni dall’abbandono del dollaro da parte dell’Iran? Quante sono le possibilità?

La cosa bella riguardo alla fabbrica del consenso del nostro stato corporativo è quanto essa sia prevedibile. Vediamo come i media mainstream pubblichino sempre più articoli, che spingono tutti sul fatto che l’Iran è uno sponsor del terrorismo e sta cercando di sviluppare l’atomica (che è un’arma di distruzione di massa, WMD, ma, per qualche strana ragione, i nostri media sono riluttanti a dire “loro hanno le WMD”). Qui c’è un articolo del 2017 di PSB dove si afferma che l’Iran è lo stato che, più di tutti gli altri, sponsorizza il terrorismo.

Bisogna allora pensare che l’elenco degli sponsor del terrorismo non comprenda la nazione che ha prodotto le armi che hanno migliorato in modo significativo le capacità militari dello Stato Islamico. (Sono gli Stati Uniti).

O la nazione che ha sganciato centinaia di bombe al giorno in Medio Oriente. (Sono gli Stati Uniti). Ma quelle bombe non causano nessun terrore. Quelle sono chiaramente bombe felici. Pare che abbiamo appena sganciato 1995 Richard Simmons [comico americano] su gente ignara.

Il punto è, mentre guardiamo i nostri patetici media corporativi continuare la preparazione del consenso alla guerra con l’Iran, non caschiamoci.
Tutte queste guerre sono per le banche. E ci muoiono milioni di persone. Altri milioni ne hanno la vita distrutta.
Io e voi in questo gioco siamo solo delle pedine, ma, l’ultima cosa che le elites vogliono, sono delle pedine che mettano in dubbio la narrativa ufficiale.

(Lee Camp è un comico americano, scrittore, attore ed attivista. Considerato da Salon “il John Oliver di Russia Today”, Camp è l’ospite del primo telegiornale comico di RT of America “Renacted Tonight”, che affronta la scaletta delle nozie con una salutare dose di satira e umorismo. L’esperienza giornalistica di Lee è molto vasta, avendo scritto per The Onion, Comedy Central e The Huffington Post, compresa una raccolta di saggi di successo, come Moments of Clarity e Neither Sophisticated Nor Intelligent. I suoi spettacoli di cabaret sono stati rappresentati anche a Comedy Central,  ABC’s Good Morning America, Showtime’s The Green Room con Paul Provenza, Al-Jazeera, BBC’s Newsnight, E!, MTV, e Spike TV.)

5.06.2018

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da MARKUS

[1] una gara di bevute in cui i giocatori cercano di gettare palline da ping-pong dentro boccali di birra; il perdente deve bere il contenuto del boccale in cui entra la pallina.

https://comedonchisciotte.org/io-so-quale-sara-la-prossima-nazione-ad-essere-invasa-dagli-stati-uniti/