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venerdì 11 maggio 2018

Occupazione, «lavoro federale per tutti». La sinistra Usa riscopre Roosevelt. - Marco Valsania

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Gli Stati Uniti hanno un insolito problema occupazionale. Con il tasso dei senza lavoro ai minimi storici del 3,9%, alla ribalta sale oggi l’esercito di sotto-occupati e degli occupati marginali. Vale a dire, accanto ai 6,6 milioni di ufficialmente ancora senza busta paga, gli oltre dieci milioni di americani che sfuggono a restrittive statistiche ufficiali. 
Perché restano fuori dalla forza lavoro, incapaci di dimostrare d’aver cercato attivamente un impiego. Oppure perché fanno parte dei cosiddetti forzati del part-time, impiegati poche ore al giorno nonostante aspirino a mestieri a tempo pieno.

Il «lavoro federale» di Sanders.
È da questa realtà meno rosea dietro agli exploit del mercato del lavoro che trova slancio una nuova proposta di legge formulata dai leader della sinistra del Partito Democratico, anzitutto l’ex e forse futuro candidato alle primarie presidenziali Bernie Sanders. Una proposta che prescrive non il reddito di cittadinanza, piuttosto un lavoro federale a tutti coloro che lo desiderano e ne abbiano bisogno, retribuito 15 dollari l’ora più benefit (calcolati in altri tre dollari). Qualche centro di ricerca ne ha già stimato il costo totale: 450 miliardi di dollari l’anno, meno del budget del Pentagono e l’equivalete del 2,3% del Pil.
L’idea, ancora nel recente passato considerata improponibile, trova eco tanto da suscitare dibattito e l’interesse della bibbia del business americano, il Wall Street Journal. Gli stessi detrattori non la denunciano tanto come contraria ai valori dell’individualismo e al governo ridotto all’osso. Non inveiscono contro il costo per le casse pubbliche, in realtà inferiore ai 450 miliardi, forse la metà visto che, come sottolineano i fautori del programma, non tutti gli aventi diritto se ne avvarrebbero e che ridurrebbe automaticamente altri servizi di assistenza.

Un programma «deprimente».
I critici semmai mettono l’accento sull’effetto deprimente che potrebbe avere altrove sulla creazione di occupazione, cioè sulla marcia di investimenti privati e economia di mercato. Con il 39% dei lavoratori, 54 milioni, che guadagna proprio 15 o meno dollari l’ora, l’attrazione dei nuovi impieghi federali potrebbe farsi sentire e, se in alcuni casi spingesse semplicemente al rialzo i salari di tutti, altrove potrebbe cancellare parte degli impieghi meno pagati. Un esempio citato deriva da uno studio di Harvard del 2011: quando un parlamentare diventa presidente di una Commissione importante, nello Stato che l’ha eletto arrivano maggiori fondi federali e però quel medesimo Stato soffre poi di contrazioni negli investimenti e impieghi privati.

Quando lo disse Roosevelt.
L’idea d’un programma federale per prosciugare non tanto lo stagno della politica inviso a Donald Trump ma quello della disoccupazione e della sotto-occupazione, ha tuttavia precedenti illustri. Nel 1944 il presidente democratico icona nazionale Franklin Delano Roosevelt, nel Discorso sullo Stato dell’Unione, propose esattamente una legge per offrire garanzie di lavoro e reddito. Un «Second Bill of Rights», una Seconda Carta dei Diritti in aggiunta ai principi iscritti nella Costituzione. Che recitava, tra gli altri, i seguenti «diritti»: lavoro, salario adeguato e decenti condizioni di vita.

giovedì 15 marzo 2018

Le tasse calano per le multinazionali (-9%) ma non per i cittadini (+6%). - Enrico Marro








Sul fatto che la grande crisi finanziaria del 2008 abbia rappresentato uno spartiacque storico pochi hanno dubbi. Anche sotto il profilo della pressione fiscale, con i Governi alle prese con il contenimento del deficit e la riduzione dei debiti pubblici. Il risultato è che nei Paesi Ocse il livello di tassazione sulle persone fisiche dal 2008 a oggi è aumentato in media del 6%, secondo i dati di Kpmg, mentre la pressione fiscale sulle imprese è scesa del 5%. Fin qui restiamo nel regno della logica: non tartassare le imprese in teoria significa sostenere il lavoro, e quindi i redditi delle persone fisiche.
Quello che però fa impressione è come le grandi multinazionali riescano a “tagliarsi” le tasse a una velocità quasi doppia rispetto alla media delle imprese: secondo uno studio del Financial Times, dal 2008 a oggi le big corporation sono riuscite a diminuire del 9% la tassazione sui profitti rispetto al periodo precrisi, grazie anche alle note tecniche di elusione legalizzata effettuate parcheggiando montagne di denaro in sofisticate scatole societarie all’estero.
Ma le grandi multinazionali, elusione a parte, hanno anche raccolto i frutti della corsa mondiale ad abbassare la corporate tax, con diversi Paesi in competizione per attrarre le grandi società. L’aliquota media per le imprese nei Paesi Ocse, che superava quota 32% nel 2000, è progressivamente calata al 26% nel 2008 e al 25% nel 2015, come attesta lo studio “Tax Policy Reforms in Oecd”. I Paesi che hanno tagliato di più nel periodo 2000-2015 risultano essere Germania, Canada, Grecia e Turchia, con le soltanto Ungheria e Cile che hanno ritoccato verso l’alto le aliquote.
Anche l’Italia, dal 1° gennaio 2017, ha ridotto dal 27,5% al 24% l’Ires, l’imposta sul reddito delle imprese, mentre da quest’anno la riforma fiscale voluta da Donald Trump ha quasi dimezzato la corporate tax statunitense, passata dal 35% al 21% con un risparmio stimato per le società di circa 500 miliardi di dollari.
Il risultato della gara globale ad attrarre le grandi compagnie è che dal 2000 a oggi, stando allo studio del Financial Times, le maggiori multinazionali mondiali sono riuscite a “tagliarsi” le tasse di un terzo del totale. Il gettito fiscale perduto è stato compensato dall’aumento di altre imposte, spiega invece l’analisi dell’Ocse, in particolare l’Iva, che nei Paesi Ocse è passata da un’aliquota media del 17,6% nel 2008 al 19,2% nel 2015.
Un esempio da manuale resta quello dell’Irlanda. La famosa corporate tax al 12,5% che fin dall’inizio degli anni Duemila ha fatto la fortuna della Tigre Celtica si ritrovava, negli anni Ottanta, all’astronomico livello del 50%. Con un Pil che continua a macinare record proprio grazie alle multinazionali che hanno spostato la loro sede nell’isola di Smeraldo “fondendosi” con controparti irlandesi, Dublino è un ottimo esempio di come un’aggressiva detassazione possa far correre il prodotto interno lordo. E di come le multinazionali abbiano gioco facile, in questo risiko fiscale planetario, a lasciare che siano i cittadini (o le piccole imprese) a contribuire alle finanze pubbliche dei singoli Stati.

sabato 27 maggio 2017

G7: intesa su freno al protezionismo. Trump e Merkel disertano le conferenze stampa finali.

G7: intesa su freno al protezionismo. Trump e Merkel disertano le conferenze stampa finali

Insolita decisione dei leader di Stati Uniti e Germania. Concluso il vertice con i Paesi africani sul tema delle migrazioni. Nuova riunione dei Grandi Sette fino alle 15. Prime indiscrezioni sul dossier: stallo sul clima, "più tempo agli Usa" per prendere decisione sull'accordo di Parigi.

TAORMINA - Quello di oggi è il secondo e ultimo giorno di quello che è stato definito "il G7 più impegnativo degli ultimi anni". Dopo la prima giornata di vertice, conclusasi con l'accordo sul terrorismo, restano ancora divergenze tra i leader riguardo al clima, alla questione migranti e al commercio internazionale. Secondo le prime indiscrezioni sul dossier finale del G7, è stata raggiunta un'intesa comune sul nodo della lotta al protezionismo. Stallo invece sul rispetto degli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici: agli Stati Uniti è stato concesso più tempo per prendere una decisione.

Il vertice con i Paesi africani. Il programma di inizio mattina prevedeva all'hotel San Domenico a Taormina una sessione "outreach" dedicata al tema delle grandi migrazioni. Presenti i leader di Tunisia, Niger, Nigeria, Kenya ed Etiopia, alcune organizzazioni internazionali, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale. Assente la premier britannica Theresa May, ripartita ieri pomeriggio per seguire da vicino le indagini sulla strage avvenuta lunedì a Manchester. Al termine del vertice, foto di gruppo in giardino, prima dell'inizio del nuovo vertice tra i 'Sette Grandi'.

Ad aprire i lavori il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: "Quest'anno abbiamo messo al centro di questa sessione aperta i rapporti con l'Africa. Già Taormina e la Sicilia dicono quanto è importante per noi il rapporto con l'Africa, ci troviamo nel cuore del Mediterraneo e oggi la discussione si concentra sull'esigenza di partnership a tutto campo tra G7, organismi internazionali e Paesi africani". Il premier ha aggiunto che "oltre all'innovazione della produttività", all'Africa servono "infrastrutture di qualità e investimenti per lo sviluppo del capitale umano", per poi ricordare che il prossimo G20, in programma il 7 e 8 luglio in Germania, "avrà una linea di continuità con l'incontro di oggi, dedicando attenzione particolare all'Africa e all'attrazione degli investimenti". Il primo ministro italiano ha sottolineato come l'agenda del G7 debba dialogare "con quella per lo sviluppo per l'Africa, l'agenda 2063, che è un caposaldo strategico per lo sviluppo del Continente".

E al termine della sessione estesa ai leader dei Paesi africani è arrivato un post di Donald Trump su Twitter: "Un grande meeting del G7 oggi. Molte importantissime questioni in discussione. In cima alla lista naturalmente il terrorismo".

Il presidente americano ha anche comunicato che "molti Paesi della Nato sono stati d'accordo ad aumentare il loro contributo considerevolmente, come dovrebbero. Se il denaro comincerà ad essere versato la Nato sarà molto più forte".

Niente conferenza stampa finale per Trump e Merkel. A sorpresa, la cancelliera tedesca e il presidente americano non parleranno al termine della seconda giornata di lavori del G7. Merkel avrà solo un breve colloquio con i giornalisti tedeschi e non con la stampa internazionale. 


Trump invece lascerà Taormina dopo il pranzo di lavoro con gli altri leader, per recarsi alla base di Sigonella, dove parlerà in quello che secondo il suo portavoce Sean Spicer "non sarà solo un messaggio alle truppe" Usa. Poi l'imbarco sull'Air Force One che lo riporterà con la first lady Melania a Washington. Al suo posto, parleranno con la stampa il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, generale H.R. McMaster, ed il direttore del Consiglio economico, Gary Cohn.

Decisioni insolite, che sottolineano il gelo tra i due leader dopo le polemiche emerse ieri in seguito ad alcune dichiarazioni di Trump, che ha definito i tedeschi "molto cattivi" sul commercio internazionale. Si terranno invece regolarmente le conferenze del premier italiano Paolo Gentiloni alle 15, e a seguire, salvo cambiamenti di programma, quelle del presidente francese Emmanuel Macron, del premier giapponese Shinzo Abe e del premier canadese Justin Trudeau.

Commercio internazionale. Il tema del commercio internazionale risulta essere "ancora una questione aperta". Il nodo riguarda la decisione di includere o meno nel documento finale una condanna ad "ogni forma di protezionismo". Ma da quanto emerge, gli Stati Uniti, pur continuando a prediligere la strada degli accordi bilaterali, avrebbero accettato che nel comunicato finale sia inserita l'espressione "lotta al protezionismo". Un traguardo che, secondo fonti diplomatiche, è un grande successo della presidenza italiana e del G7 nel suo insieme.

Clima. Secondo quanto trapela da alcune fonti al G7, dopo "un confronto franco e onesto" sulla questione del clima ci sarà "un'unica dichiarazione a sette" al termine del vertice, nella quale i sei altri partner si impegneranno "a lasciare più tempo agli Stati Uniti per prendere una decisione sull'accordo di Parigi". Una presa d'atto dello stallo sul tema del rispetto dell'accordo sui cambiamenti climatici. I Paesi europei, sostenuti da Giappone e Canada, si sono impegnati a fondo per spiegare agli Usa le ragioni "non solo ambientali, ma anche economiche" che spingono a favore dell'accordo di Parigi.

Migranti. Il tema è ancora in discussione nella riunione di oggi, ma da quanto trapela da Taormina c'è consenso sulla formulazione degli impegni sui migranti nel comunicato finale dei Sette. Non vi sarà tuttavia un documento separato, allegato al comunicato, contenente un piano per la gestione dei flussi migratori.

Caso Russia-Ucraina. All'ordine del giorno anche una discussione sulla crisi tra Russia e Ucraina: nel dossier finale i Sette Grandi si impegneranno a prendere "ulteriori azioni" nei confronti della Russia, se non rispetta gli accordi di Minsk sull'Ucraina. Sulla necessità di non levare le sanzioni a Mosca ci sarebbe quindi anche l'accordo degli Usa.

Tensione a Giardini Naxos. Proprio mentre a Taormina i leader saranno impegnati nelle conferenze stampa finali, nella vicina Giardini Naxos è previsto un corteo "no summit", in cui sono attese più di tremila persone. Un'ordinanza del sindaco Lo Turco ha previsto per oggi la chiusura di negozi, scuole e uffici. Tuttavia, molte attività sono chiuse già da ieri per timore di scontri tra i manifestanti e le forze dell'ordine. I commercianti della zona hanno realizzato barriere in legno e alluminio a protezione delle proprie vetrine.


http://www.repubblica.it/esteri/2017/05/27/news/taormina_g7_secondo_giorno-166531413/

G7?
Più che di G7 io parlerei del G1+6...: gli USA + gli altri.
Grande confusione, pertanto, su "protezionismo" e "clima", uniche certezze, invece, sulle sanzioni alla Russia.
Gentiloni: "..all'Africa servono "infrastrutture di qualità e investimenti per lo sviluppo del capitale umano.."
Questi personaggi alquanto bizzarri, son bravi a stabilire ciò che serve alle altre popolazioni, mentre sono pessimi amministratori delle popolazioni che sono stati chiamati a governare.
Paradossi e dintorni.
"Niente conferenza stampa finale per la Merkel." 
Ha, ha, ha....La Merkel non si fida dei nostri giornalisti...neanche io mi fiderei...
"Trump, invece, lascerà Taormina per recarsi alla base di Sigonella."
Naturamente, Trump a Sigonella è a casa sua....

martedì 28 marzo 2017

L’America rischierà la terza guerra mondiale per prevenire l’emergere di un superstato UE-Russia. - MIKE WHITNEY

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“La Russia è parte organica e inalienabile dell’Europa in senso allargato e della civiltà Europea. I nostri cittadini si considerano Europei. Per queste ragioni la Russia propone un movimento verso la creazione di uno spazio economico comune che vada dall’Atlantico al Pacifico, una comunità a cui gli esperti Russi si riferiscono come “l’Unione di tutta Europa”, che rafforzerà il potenziale Russo nel suo sforzo economico verso la ‘Nuova Asia’. ” – Presidente della Russia Vladimir Putin, “La Russia e il Mondo in cambiamento”, Febbraio 2012.
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L’inarrestabile demonizzazione di Vladimir Putin è soltanto una parte della multiforme strategia di Washington per fare arretrare il potere Russo in Asia centrale e mettere la parola fine al sogno di Putin di “Una più grande Europa”. Insieme al tentativo di liquidare il Presidente Russo come “bandito del KGB”, o “dittatore”, i media hanno inoltre insinuato che Mosca abbia avuto ingerenze sulle elezioni USA e che la Russia sia un pericoloso aggressore seriale che pone una crescente minaccia alla sicurezza della UE e degli USA. Il mattatoio mediatico, che si è pure intensificato dopo l’elezione di Donald Trump nel Novembre 2016, è stato accompagnato da pesanti sanzioni, attacchi asimmetrici ai mercati Russi e alla valuta, l’armamento e addestramento di antagonisti della Russia in Ucraina e Siria, la soppressione calcolata dei prezzi del petrolio greggio e il ripetuto tentativo di sabotare le relazioni commerciali Russe in Europa. In breve, Washington sta facendo qualsiasi cosa in suo potere per prevenire che Europa e Russia possano fondersi nella più grande area di libero scambio mondiale, che verrebbe inevitabilmente a rappresentare il centro della crescita e della prosperità mondiale per il prossimo secolo.
Ecco per quale motivo il Dipartimento di Stato si è unito alla CIA per rovesciare il governo Ucraino nel 2014. Washington confidava nel fatto che annettendo un ponte terrestre vitale tra EU e Asia, i manovratori di potere USA potessero riuscire a controllare i gasdotti fondamentali che stanno avvicinando sempre di più i due continenti in una alleanza che escluderà gli Stati Uniti. La prospettiva che la Russia soddisferà i crescenti bisogni energetici Europei, mentre il sistema di ferrovie ad alta velocità Cinesi faranno arrivare ancora più prodotti a basso costo, suggeriscono che il centro di gravità dell’economia mondiale si sta spostando rapidamente, e con esso l’irreversibile declino degli USA. E quando il dollaro verrà inevitabilmente cestinato come mezzo di scambio primario tra i partner commerciali in una emergente area di libero scambio EU-Asia, il riciclaggio di ricchezza sotto forma di debito USA crollerà rapidamente, precipitando i mercati USA nell’abbisso, mentre l’economia intera affonderà in una palude. Impedire a Putin di creare una “armoniosa comunità di economie che vada da Lisbona a Vladivostok” non è un compito secondario per gli USA, è una questione di vita o di morte.
Ricordiamo la dottrina Wolfowitz“Il nostro obbiettivo primario è prevenire l’emergere di un nuovo rivale, sia esso sul territorio della fu Unione Sovietica o in altro luogo, ogni rivale che possa costituire una minaccia come quella precedentemente costituita dall’Unione Sovietica. Questa è una considerazione fondamentale che definisce la nuova strategia di difesa regionale, ed essa richiede che noi non perdiamo mai di vista la necessità di prevenire che ogni potere ostile possa dominare una regione le cui risorse possano, sotto controllo consolidato, rivelarsi sufficienti a generare dominio globale”.
Le relazioni di Washington con la Russia saranno sempre problematiche perchè la Russia pone una perenne minaccia alle ambizioni degli Stati Uniti di dominare il mondo. La geografia è destino, e la geografia Russa contiene vastissime riserve di petrolio e gas naturale, delle quali l’Europa ha bisogno per riscaldare le sue case e fornire energia alla sua economia. La relazione simbiotica tra fornitore e utilizzatore finale porterà a un certo punto all’abbandono delle barriere commerciali, l’abbassamento delle barriere tariffarie e il progressivo integrarsi delle economie nazionali in un mercato comune di tutta la regione. Questo potrebbe rappresentare il peggiore incubo di Washington, ma è anche la massima priorità strategica di Putin. Ecco ciò che egli stesso sostiene:
“Dobbiamo prendere in considerazione la possibilità di una cooperazione più estesa nella sfera energetica, comprendente l’aspirazione a un comune complesso energetico Europeo. Il gasdotto Nord Stream sotto il Mar Baltico, e il gasdotto South Stream sotto il Mar Nero costituiscono importanti passi in questa direzione. Questi progetti hanno l’appoggio di molti governi e coinvolgono le massime compagnie Europee del settore energetico. Una volta che i gasdotti iniziano ad operare a piena capacità, l’Europa avrà un flessibile ed affidabile sistema di approvvigionamento energetico che non dipende dai capricci politici di un solo Stato. Ciò rafforzerà la sicurezza economica del continente non soltanto nella forma, ma specialmente nella sostanza. Ciò è particolarmente importante in luce della decisione di alcuni Stati Europei di ridurre o rinunciare del tutto all’energia nucleare”.
Se l’Europa vuole un socio affidabile in grado di soddisfare i suoi bisogni energetici, la Russia corrisponde alla descrizione. Sfortunatamente gli USA hanno tentato ripetutamente di sabotare entrambi i gasdotti allo scopo di mettere a repentaglio i rapporti Europa-Russia. Washington preferirebbe che l’Europa riducesse drammaticamente il suo utilizzo di gas naturale o che si rivolgesse ad altre fonti più costose che non passano per la Russia.In altre parole, i bisogni naturali Europei vengono sacrificati agli obiettivi geopolitici USA, tra i quali il maggiore è prevenire la formazione di una Più Grande Europa.
La guerra di Washington contro la Russia è sempre più militarizzata. Di recente il pentagono ha stanziato più truppe da combattimento in Siria e Kuwait, suggerendo che i pianificatori bellici USA intendono muoversi dalla strategia attuale di armamento di milizie jihadiste (per rovesciare il governo Siriano legittimo di Bashar Al Assad) a un uso più diretto della forza marziale per conquistare e controllare territorio nell’Est della Siria. Ci sono segni di un esacerbarsi della violenza anche in Ucraina, dal momento che il Presidente Trump sembra determinato soltanto a usare un approccio più duro per dirimere le controversie regionali rispetto al predecessore Barack Obama.
Anche la NATO ha stanziato truppe e armamenti sul fianco Occidentale Russo, mentre gli USA hanno disseminato basi militari in Asia centrale. La NATO non ha mai smesso di spingere verso Est dal momento in cui il Muro di Berlino cadde nel Novembre 1989. L’accumulo di mezzi bellici ostili sul perimetro Occidentale della Russia è una fonte di crescente preoccupazione a Mosca, e per ottime ragioni. I Russi conoscono la loro storia.
Al tempo stesso, gli Stati Uniti stanno costruendo un sistema terrestre di difesa missilistica antiaerea in Romania (Star Wars), che integra l’arsenale missilistico USA in un luogo a soli 900 km da Mosca. Il sistema missilistico USA, che è stato “certificato per le operazioni” nel Maggio 2016, cancella il deterrente nucleare Russo e distrugge l’equilibrio strategico di potere in Europa. Putin ha risposto con appropriate contromisure. Ecco i suoi commenti sull’argomento:
“Sembra che i paesi NATO, in primo luogo gli Stati Uniti, abbiano sviluppato una particolare visione della sicurezza, molto diversa dalla nostra. Gli Americani sono ossessionati dall’idea di ‘assoluta invulnerabilità’ per loro stessi. Ma l’assoluta invulnerabilità di una nazione significa assoluta vulnerabilità per tutti gli altri. Non possiamo assolutamente essere d’accordo”.
La settimana scorsa l’amministrazione Trump ha annunciato che impiegherà il sistema Terminal High Altitude Area Difense (THAAD) in Corea del Sud, citando la necessità di rispondere alle provocazioni da parte della Corea del Nord. In realtà gli USA sfruttano il Nord come pretesto per poter minacciare Russia e Cina come “limiti assiali” dell’ Heartland Eurasiatico, come mezzo per contenere la vasta massa di terre emerse che Sir Halford Mackinder ha chiamato “l’area fondamentale, che si estende tra il golfo Persico e il fiume Yang Tze in Cina”.
Washington spera che controllando le rotte marine critiche, circondando la regione con basi militari, e inserendosi aggressivamente dove necessario, possa riuscire a prevenire l’emergenza di un colosso economico che possa sminuire l’importanza degli Stati Uniti come superpotenza globale. Il futuro dell’America dipende dalla sua capacità di fare deragliare l’integrazione economica del centro del Mondo e riuscire nel grande gioco nel quale tutti gli altri hanno fallito. Ecco un estratto da un articolo di Alfred W. McCoy intitolato “La geopolitica del declino globale Americano”, il quale aiuta a illuminare la natura della contesa che sta avendo luogo in questo momento per il controllo della cosiddetta “Isola-Mondo”.
In seguito alla seconda guerra Mondiale gli USA si sono ritrovati “Prima potenza nella storia a controllare i punti strategici assiali di entrambe le estremità dell’Eurasia”. Con la paura dell’espansione Russa e Cinese come “catalizzatore della collaborazione”, gli USA hanno guadagnato bastioni strategici sia in Europa Occidentale che in Giappone. Con questi punti assiali come ancoraggio, Washington ha proceduto a creare un arco di basi militari basate sul modello marittimo precedente della Gran Bretagna, visibilmente concepite per circondare l’ “Isola-Mondo”.
“Avendo preso possesso dei limiti assiali dell’ Isola-Mondo, sottraendoli alla Germania nazista e al Giappone Imperiale nel 1945, per tutti i 70 anni successivi gli Stati Uniti si sono affidati a strati sempre più fitti di potenziale bellico per contenere Cina e Russia nei limiti dell’ Heartland Eurasiatico. Spogliata del suo rivestimento ideologico, la grande strategia di Washington del contenimento anti-comunista nella guerra fredda, non è stato molto altro che un processo di successione imperiale”.
Alla fine della guerra fredda nel 1990, l’accerchiamento della Cina comunista e della Russia richiedevano 700 basi in territori stranieri, una potenza aerea di 1763 jet da combattimento, un vasto arsenale nucleare, oltre 1000 missili balistici, una potenza navale di 600 navi, tra cui 15 portaerei nucleari, tutti unificati dall’unico sistema al mondo di comunicazione globale satellitare”. – (La geopolitica del declino Americano globale, Alfred W. McCoy)
Negli ultimi 70 anni la strategia Imperiale ha funzionato senza contrattempi, ma adesso la rinascita Russa e l’esplosiva crescita Cinese minacciano di liberarsi dal giogo dell’abbraccio costrittivo di Washington. Gli alleati Asiatici hanno iniziato a puntellare l’Asia e l’Europa con gasdotti e ferrovie ad alta velocità che uniranno insieme i vari staterelli distanti dispersi nelle steppe, attirandoli nell’ Unione Economica Euroasiatica, collegandoli a un superstato prospero e in espansione, epicentro del commercio e dell’industria globale. L’uomo della “grande scacchiera”, Zbigniew Brzezinski, ha riassunto l’importanza dell’Asia centrale nel suo classico del 1997 sostendendo che:
“L’Eurasia è il maggiore continente del globo e la sua importanza geopolitica è assiale. Una potenza che domina l’Eurasia controllerebbe due tra le tre regioni più avanzate ed economicamente produttive. Circa il 75% della popolazione mondiale vive in Eurasia e la maggior parte della ricchezza fisica effettiva si trova anche essa in questa area, sia nelle sue imprese che nel suo suolo. L’Eurasia conta per il 60% del PIL mondiale e per circa tre quarti delle risorse energetiche note del globo” (La Grande scacchiera:  La supremazia Americana e i suoi imperativi geostrategici, Zbigniew Brzezinski, pag.31).
Un nuovo impero globale sta gradualmente emergendo in Asia Centrale e mentre l’impatto trasformazionale dell’integrazione economica dell’area non si è ancora realizzato, gli sforzi da parte degli USA per fermare questa possibile alleanza nella sua fase embrionale appaiono sempre più inefficaci e disperati. L’iperbolica propaganda sul presunto “hacking Russo” dell’elezione presidenziale USA è solo uno tra i numerosi esempi di ciò, armare i militanti Nazi a Kiev ne è un altro.
Il punto è che sia la Russia che la Cina si stanno servendo dello sviluppo dei mercati e della semplice ingenuità per avere la meglio su Washington, mentre Washington si basa quasi esclusivamente sull’inganno, attività occulte, forza militare bruta. In parole povere gli ex comunisti stanno stracciando i capitalisti nel loro stesso gioco. Ancora McCoy:
“La Cina si sta affermando in modo profondo nell’ ‘Isola-Mondo’ in un tentativo di dare una forma completamente nuova ai fondamentali geopolitici del dominio globale. Per fare ciò sta usando una fine strategia che fino a questo momento ha eluso la comprensione da parte delle elites al potere in USA.
 
Il primo passo è consistito in un sensazionale progetto di creazione di una infrastruttura che assicuri l’integrazione economica del continente. Stendendo un elaborata e complessa rete di ferrovie ad alto volume ed alta velocità, come anche gasdotti ed oleodotti, nelle vaste distese Eurasiatiche, la Cina potrebbe rendere realtà l’intuizione di Mackinder in un modo imprevisto. Per la prima volta nella storia il rapido movimento transcontinentale di carichi di materie prime fondamentali: petrolio, minerali, prodotti, sarà possibile su una scala prima impensabile, unificando così potenzialmente la grandissima estensione di terre in questione in una unica zona economica che si estende per 6500 miglia da Shangai a Madrid. In tal modo la leadership Pechinese spera di spostare il baricentro del potere geopolitico via dalla periferia marittima e fin dentro all’ Heartland continentale.” (Tomgram: Alfred McCoy, Il gran gioco di Washington e perchè sta fallendo, TomDispatch).
Washington di certo non lascerà che il piano Russo-Cinese vada avanti senza lottare contro. Se sanzioni economiche, attività occulte e sabotaggio economico non funzioneranno, i manovratori di potere USA passeranno a strategie più letali. I recenti stanziamenti di truppe in Medio Oriente suggeriscono che i legislatori ritengono che un confronto militare diretto possa essere la migliore opzione disponibile, dopotutto una guerra contro la Russia combattuta in Siria o in Ucraina non necessariamente potrebbe degenerare in una guerra nucleare a tutto campo. Nessuno vuole arrivare a questo. Ma se la guerra può essere contenuta entro i confini Siriani, ciò sarebbe un modo pratico per chiamare a raccolta gli alleati Europei, abbattere definitivamente il piano Russo di “integrazione economica” e immobilizzare la Russia in un lungo pantano che ne prosciugherebbe le risorse. Forse i pianificatori militari USA potrebbero avere in mente questo?
E’ un piano rischioso, ma non dubitiamo che Washington potrebbe tentarlo volentieri se ciò fosse necessario a rafforzare la supremazia globale Americana.
Traduzione per www.comedonchisciotte.org  a cura di  CONZI

BOOM DI IMMIGRAZIONE DI AFRICANI IN ITALIA, CON L’AIUTO DELLE ONG E DELLA POLITICA DELLE “FRONTIERE APERTE”. - MALACHIA PAPEROGA

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Dopo la messa a nudo del colossale business dei rifugiati, dal sito Gefira un altro articolo di denuncia dell’attività delle ONG e dell’operato del Governo italiano sulla questione immigrati. Al di là della facciata, le ONG sono semplicemente diventate dei moderni trafficanti di schiavi, mentre il governo pianifica immigrazioni di massa nel maldestro tentativo di risolvere i problemi demografici europei. Intanto la moderna tratta degli schiavi,  ammantata di falsi buoni propositi, sta ponendo le premesse di una guerra tra poveri. 
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Lo scorso gennaio, abbiamo visto (1) come le ONG (Organizzazioni Non Governative, NdVdE), in collaborazione con il Governo italiano, hanno continuato a trasportare immigrati dalle coste della Libia all’Italia,  e come questo abbia condotto a uno sfruttamento degli immigrati nelle aziende agricole italiane e nel business della prostituzione, in collusione col crimine organizzato.
I primi dati disponibili, relativi all’inizio del 2017, mostrano che l’affare è in pieno boom: si registra un aumento del 57% rispetto ai primi mesi del 2016, aumento che diventa dell’81% se consideriamo l’intero periodo invernale(2), mentre la percentuale degli immigrati trasportati dalle navi delle ONG è passata dal 5% al 40% nel 2016, passando a più della metà del totale negli ultimi mesi (3). In pratica, nel Mediterraneo le ONG si stanno sostituendo ai trafficanti di persone.
Il quotidiano italiano “Il Giornale” è riuscito ad infiltrarsi nel business dei trafficanti, e ha confermato il ruolo attivo delle ONG: i trafficanti ricevono tra i 2.600 e i 3.200 dollari per organizzare le spedizioni umane da Libia, Tunisia, Egitto e Siria; imbarcano circa 45 persone per ogni nave e percorrono solo poche miglia, dopo di che i migranti vengono presi in carico dalle “missioni umanitarie” (4). Per i trafficanti questo significa poco lavoro e molto profitto, mentre le ONG ottengono la gratificazione personale di aver aiutato i migranti a realizzare il loro sogno di sbarcare in Europa. Le autorità italiane stanno attualmente conducendo indagini sul ruolo delle ONG, dato che trasportare persone attraverso i confini nazionali senza autorizzazione, anche se non a scopo di lucro, potrebbe costituire un atto illegale (5). I dati definitivi del 2016 rivelano che 180.000 immigrati hanno messo piede sul suolo italiano, con un tasso di respingimento di 60 (6), la qual cosa, comunque, non significa che son stati rimpatriati. In febbraio il Primo Ministro ad interim Paolo Gentiloni ha firmato un accordo con le autorità libiche per gestire gli afflussi (7), tuttavia le attività delle ONG non cadono sotto questi accordi. Frontex e il Commissario Europeo Dimitris Avramopoulos dicono che il rimpatrio degli immigrati illegali dovrebbe essere accelerato (8), il che non significa che l’obiettivo della Commissione europea sia di fermare l’afflusso: vogliono solo trasformare l’immigrazione caotica in un trasferimento organizzato di massa della popolazione: a marzo, in una conferenza a Ginevra (Svizzera), Avramopoulos stesso ha ammesso che l’obiettivo è di creare centri di smistamento sulle coste africane, da cui i migranti possano cercare lavoro e un futuro in Europa, così da accogliere fino a 6 milioni di persone nei prossimi anni per compensare il declino demografico europeo(9).
Un recente rapporto, apparso sul quotidiano tedesco Die Welt, ha dato ulteriori indicazioni sulla reale posizione dei leader europei: l’accordo stretto dalla Cancelliera Merkel, dal Primo Ministro Olandese Rutte e dal Presidente turco Erdogan riguardo i rifugiati siriani include una clausola precedentemente secretata circa il trasferimento annuale in Europa di 150.000 – 300.000 persone cosiddette rifugiate dalla Turchia all’Europa(10).
La logica economica dietro la politica delle “frontiere aperte”, come l’ha definita il Commissario al Commercio Cecilia Malmstrom (11), è di fornire lavoratori a basso costo alle aziende europee e rispondere alla scarsità di forza lavoro causata dalla popolazione che invecchia. Tuttavia, recenti ricerche hanno rivelato che questa logica è errata: il livello sempre più alto di automazione ha provocato la sparizione dei lavori che richiedono basse competenze (12). Per esempio, un tipico lavoro fatto da immigrati con basso livello di competenze, ossia il tassista, si trova ormai sull’orlo dell’estinzione, dovendo affrontare la concorrenza del trasporto privato di Uber e nel prossimo futuro delle macchine con auto pilota. I piani di migrazione di massa della Commissione europea sembrano quindi mal progettati e probabilmente finiranno per mettere milioni di persone del terzo mondo sotto la permanente dipendenza dallo stato sociale europeo, già oggi pesantemente a corto di risorse. I dati OCSE confermano che nella maggior parte dei paesi OCSE, in particolare in quelli che affrontano grossi afflussi di stranieri, come la Francia, la Germania, il Belgio, l’Olanda o l’Italia, la disoccupazione tra gli stranieri è più alta (quasi il doppio in alcuni casi, e anche di più) che tra gli autoctoni(13).
Peter Sutherland, Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per la Migrazione e i Rifugiati, autore di un articolo sull’immigrazione (14) con il già citato Commissario Malmstrom (al tempo responsabile degli Affari Interni, inclusa l’immigrazione), aggiunge un’altra logica economica alle frontiere aperte: L’Unione europea dovrebbe fare del suo meglio per indebolire l’identità nazionale in Europa (15), al fine di promuovere la crescita economica. Questa argomentazione è anti-storica, dato che le nazioni europee hanno raggiunto il picco del loro sviluppo tecnologico, politico ed economico, prima lasciandosi dietro il resto del mondo e poi conquistandolo, proprio nell’era degli Stati-Nazione, mentre da quando hanno adottato la politica delle frontiere aperte sono in costante declino. Un’ultima argomentazione che viene spesso avanzata, anche dal probabile futuro Presidente francese Emmanuel Macron, è che la migrazione di massa non può essere arrestata (16). Tuttavia, la semplice applicazione della legge messa in atto dall’amministrazione Trump negli Stati Uniti, inclusa la deportazione degli immigrati illegali, nei primi mesi del 2017 ha portato alla riduzione del 40% degli sconfinamenti illegali  (17). Sembra quindi che i flussi migratori dipendono dalla volontà dei governi occidentali. Quando i governi, incluso quello italiano, scelgono la politica delle frontiere aperte e della migrazione di massa, i canali di migrazione proliferano e le persone arrivano, legalmente o illegalmente. Quando i governi scelgono l’applicazione della legge, come negli Stati Uniti, gli afflussi vengono ridotti drasticamente.
Nel frattempo, in Italia si prepara la guerra tra poveri: dopo aver sentito che il Governo italiano aveva assegnato 10 abitazioni alle cooperative che gestiscono il business degli immigrati a Taranto, nel mezzogiorno, i cittadini si sono rivoltati, hanno occupato gli edifici e ci hanno installato famiglie italiane in stato di bisogno(18). Altrove, a Caserta, un reporter televisivo che cercava di filmare un documentario sull’enorme mercato illegale di merci contraffatte gestito da immigrati, è stato inseguito e picchiato dagli immigrati stessi (19).
1.Perchè il governo italiano non riesce a risolvere il problema dei trafficanti di immigrati? Perché non vuole farlo.
2.Secondo i dati, il numero di migranti salvati nel mediterraneo registra il massimo da tre anni.
3.Ong che salvano i migranti: due procure sospettano complicità con gli scafisti.
4.Il trafficante: Vai in Italia, ti vengono a prendere loro.
5.Ong che salvano i migranti: due procure sospettano complicità con gli scafisti.
6.Applications and granting of protection status at first instance: 2016.
7.Migranti, Gentiloni: “Accordo Italia-Libia è svolta”.
8.Migranti. Monito Ue: paesi ricollochino o rischio sanzioni; servono più rimpatri, impedire la fuga.
9.L’Europe va avoir besoin de 6 millions d’immigrés.
10.Report: Merkel and Rutte made concrete promises with Turkey over refugee quota.
11.EU may fill ‘void’ in global trade left by U.S. under Trump: Malmstrom.
12.Secular Stagnation? The Effect of Aging on Economic Growth in the Age of Automation.
13.Foreign-born unemployment.
14.Europe’s immigration challenge.
15.EU should ‘undermine national homogeneity’ says UN migration chief.
16.Emmanuel Macron: Europe faces ‘unstoppable mass migration’ says French PM hopeful.
17.Illegal Border Crossings Appear to Drop Under Trump.
18.Taranto: «No case agli immigrati» E 10 famiglie italiane le occupano.
19.Caserta, aggredito l’inviato di Striscia La Notizia.