lunedì 17 giugno 2019

L’America si ritrova incastrasta con un caccia invisibile da 400 miliardi di dollari che non è in grado di combattere. - David Axe



Questi velivoli hanno diversi difetti, precedentemente non dichiarati, “di categoria 1,” termine che, in gergo tecnico militare, indica l’esistenza problemi che possono impedire ad un pilota di portare a termine la propria missione.
Ecco una cosa che il pubblico non conosceva fino ad oggi: se uno dei nuovi caccia stealth F-35 americani dovesse impegnarsi in un elevato angolo di cabrata per evitare un attacco nemico, a causa di alcuni difetti di progettazione, l’aereo potrebbe improvvisamente andare fuori controllo e precipitare.
Inoltre, alcune versioni dell’F-35 non possono accelerare a velocità supersonica senza fondere i propri piani di coda o danneggiare il costoso rivestimento che contribuisce a fornire ai velivoli la capacità di sfuggire ai radar.
Il programma Joint Strike Fighter da 400 miliardi di dollari del Pentagono, uno dei più grandi e costosi programmi di armamento della storia, è sotto accusa da oltre un decennio per ritardi, costi alle stelle, problemi di progettazione e inconvenienti tecnici.
Ma le notizie sorprendenti di mercoledi scorso, riportate dalla pubblicazione commerciale Defense News, rivelano difetti che in precedenza erano noti solo al costruttore Lockheed Martin, ai militari e agli acquirenti stranieri dell’aereo.
I problemi appena emersi sottolineano la potenziale fragilità della potenza aerea americana, dal momento che i vari servizi della difesa sono impegnati sostituire un numero sempre maggiore degli aerei da combattimento più datati con ben 2.300 F-35, sperando in questo modo di essere in grado di affrontare le sempre più letali forze aeree cinesi e russe.
Questi problemi potrebbero anche aiutare a spiegare il perché il Segretario alla Difesa Patrick Shanahan avrebbe descritto il programma F-35 definendolo “fottuto.”
Defense News ha ottenuto documenti militari che descrivono in dettaglio una vasta gamma di problemi seri che interessano due delle tre versioni dell’F-35. L’F-35A dell’Air Force sembra essere esente da questi ultimi difetti, ma l’F-35B ad atterraggio verticale del Corpo dei Marines e l’F-35C abilitato alle portaerei della Marina sono entrambi afflitti da quelli che i militari definiscono carenze di “categoria 1.(Nel gergo militare, un difetto di categoria 1 potrebbe impedire al pilota di portare a termine la propria missione).
I responsabili del programma F-35 e l’ufficio del Segretario della Difesa non hanno risposto alle richieste di commenti.
Un problema, secondo la documentazione militare in possesso di Defense News, era emerso durante i voli di prova nel 2011. Nei test del 2011, un F-35B e un F-35C erano stati fatti volare a Mach 1.3 e Mach 1.4. Un’ispezione post-volo nel novembre 2011 aveva rivelato che l’F-35B aveva riportato “bolle e abrasioni” sul rivestimento stealth.
Ulteriori test supersonici nel dicembre 2011 avevano rivelato danni strutturali su un F-35C, derivanti dalle altissime temperature generate dall’unico motore Pratt & Whitney dell’aereo, uno dei motori per caccia più potenti mai realizzati.
Per evitare danni del genere, l’esercito ha ordinato ai piloti dell’F-35B e dell’F-35C di non volare a velocità supersonica per più di un minuto alla volta.
Ma ciò potrebbe rendere impossibile ai piloti raggiungere, o evitare, aerei da combattimento russi e cinesi che possono volare senza restrizioni oltre la velocità del suono. “E’ impossibile, con simili limitazioni, per la Marina o il Corpo dei Marines utilizzare l’F-35 contro una pari minaccia,” ha asserito Defense News, riportando le conclusioni dei documenti in suo possesso.
I risultati dei test ottenuti da Defense News hanno rivelato anche una seconda carenza di categoria 1, poco nota in precedenza, nei tipi F-35B e F-35C. Se, durante una cabrata ripida, l’angolo d’attacco (l’angolo fra il piano alare e il flusso dell’aria) del caccia supera i 20 gradi il velivolo potrebbe diventare instabile e potenzialmente incontrollabile.
Per prevenire un possibile incidente, i piloti dovrebbero evitare cabrate ad alto angolo d’attacco ed altre difficili manovre. “I piloti degli F-35 hanno concordato che, in tali circostanze, è molto difficile ottenere le massime prestazioni dal velivolo,” ha riferito Defence News, citando i documenti in suo possesso.
Le implicazioni sono agghiaccianti. In un combattimento ravvicinato con un jet russo o cinese che può superare un angolo di attacco di 20 gradi, il pilota di un F-35 potrebbe trovarsi in serio svantaggio.
La rivelazione dei due difetti di prestazioni arriva in un momento critico per il programma F-35, vecchio ormai di 18 anni.
I funzionari del Pentagono hanno in progetto di terminare la fase di collaudo e sviluppo dell’F-35 verso la fine del 2019 e dare subito dopo il via libera alla produzione di massa dell’aereo.
Il caccia stealth gode di un forte sostegno da parte del Congresso, dovuto in parte alle migliaia di posti di lavoro sostenuti dal programma JSF, anche se al costo di circa 10 miliardi di dollari l’anno per i contribuenti americani. In previsione al via libera per la produzione di massa, il Pentagono e la Lockheed hanno raggiunto, agli inizi di giugno, un accordo informale su un contratto da 34 miliardi di dollari per 470 F-35.
L’Air Force ha dichiarato a The Daily Beast di essere fiduciosa riguardo alla sua versione dell’F-35. “I piani di dispiego e schieramento dell’F-35 non sono cambiati,” ha dichiarato il Comando del Combattimento Aereo dell’Aeronautica. “L’F-35 gioca un ruolo essenziale per il predominio americano nel combattimento aereo e siamo molto fiduciosi nelle sue capacità e prestazioni.
I militari e la Lockheed hanno identificato alcune possibili soluzioni ai problemi rivelati da Defence News. Un nuovo rivestimento potrebbe minimizzare il danno da calore. Un miglior software di controllo del volo potrebbe ridurre il rischio di un incidente durante le manovre difficili. Ci aspettiamo che questo problema venga risolto o minimizzato,” ha detto Greg Ulmer, vicepresidente della Lockheed, riferendosi al rischio di incidenti.
Ma se il programma non applica le correzioni prima dell’avvio della produzione di massa dell’F-35, è possibile che questi difetti vengano replicati pari-pari su decine o addirittura a centinaia di F-35. Ripristinare in un secondo tempo i jet carenti potrebbe costare miliardi di dollari.
In larga misura, il danno è ormai fatto. A causa della controversa decisione del Pentagono di produrre gli F-35 mentre erano ancora in fase di valutazione, Lockheed ha già consegnato circa 400 F-35 di prima serie all’Aviazione degli Stati Uniti, alla Marina, al corpo dei Marines e agli alleati statunitensi, come il Regno Unito e Israele.
L’Air Force, i Marines e Israele hanno già schierato i loro F-35 in combattimento contro gruppi di militanti armati di armi leggere.
Più di 100 di quei primi F-35 sono modelli B, che non possono volare in sicurezza oltre il muro del suono o cabrare troppo bruscamente. Avranno bisogno di essere sistemati. Non sarà a buon prezzo. I militari stanno già spendendo miliardi di dollari per modificare gli F-35 più vecchi. Il conto potrebbe diventare ulteriormente più salato, per rimediare ai difetti rivelati da Defence News.
Gli aggiornamenti richiederanno  tempo. “I vari servizi dovranno aspettare cinque anni o più per ottenere un velivolo perfettamente funzionante, se mai lo otterranno,” ha dichiarato a The Daily Beast Dan Grazier, analista del Project on Government Oversight [POGO] a Washington, DC.
Nel frattempo, i servizi della difesa possiedono decine di F-35 che non possono essere schierati in sicurezza in un combattimento ad alta tecnologia, secondo Grazier. “Il programma non è sicuramente pronto per il servizio attivo.”
David Axe
Fonte: thedailybeast.com
Link: https://www.thedailybeast.com/america-is-stuck-with-a-dollar400-billion-stealth-fighter-that-cant-fight?source=twitter&via=desktop
13.06.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

"E pensare che volevano riscrivere la Carta... - Daniela Ranieri

Risultati immagini per costituzione salvata

Li abbiamo bloccati in 20 milioni, e va bene; ma l’abbiamo scampata bella. A leggere le intercettazioni in cui Luca Lotti, ex ministro della Repubblica, esprime con linguaggio da taverna ad alcuni componenti del Csm le sue preferenze in fatto di nomine a capo di Procure che indagano su di lui e sui genitori di Matteo Renzi, una spina nel cuore ci ricorda la raccapricciante circostanza per la quale il gruppetto di amici toscani di cui Renzi era il capo-scout e Lotti il paggetto, a un certo punto della nostra storia (appena 3 anni fa), si era messo in testa di cambiare un terzo della Costituzione.
Costituzione che è fondata sul principio della separazione dei poteri, tra le altre cose e senza nemmeno tirare in ballo il respiro etico che la ispira. Il silenzio di Renzi sul cicaleccio del Lotti beccato – e sui suoi tweet allusivi, sinistri e cifrati di queste ore – non è solo l’eco tombale del suo proverbiale ciarlare, ma anche il rimbombo del nostro terrore, al solo pensare a chi stavamo dando in mano l’unica cosa ancora sacra del nostro convivere.
Un ’antica leggenda tedesca racconta di un cavaliere che giunse di notte in una locanda dopo aver cavalcato su una pianura gelata. Alla domanda del locandiere “da dove venite?”, il cavaliere indicò un punto lontano oltre la pianura. Il locandiere sbiancò, e disse al cavaliere che aveva appena attraversato il lago di Costanza ricoperto di ghiaccio. Ecco, ci sentiamo più o meno così: il locandiere-trojan ha rivelato che il renzismo aspirante costituente, col suo codazzo di miracolati figli di banchieri presi dai presepi e dai campetti del Valdarno, era un lago gelato dagli abissi oscuri che abbiamo attraversato quasi indenni credendolo (alcuni) un placido campo di fiori innevati. (Ah: il cavaliere, dalla paura postuma, morì sul colpo).

domenica 16 giugno 2019

Tu chiamalo se vuoi: Csm. Magistrati per bene insorgete! - Saverio Lodato



Che vergogna di Paese. Ogni ora che passa, ogni nuova intercettazione svelata, ogni nuova dichiarazione a propria discolpa da parte delle persone coinvolte, squaderna sotto gli occhi di milioni di italiani il quadro spaventoso di una certa magistratura che tramava a fin di nomine, scatti di carriere, aggiustamenti di indagini sgradite, consolidamento di un potere invisibile, di bassissimo conio, parallelo a quello sancito per legge che lo vorrebbe invece autonomo e indipendente dalla politica. 
È sin troppo ovvio che se ciò accade, la politica può leccarsi i baffi, portando all’incasso assai di più di quanto stimato in questi giorni da Giuliano Ferrara, per il quale - come ha scritto - la magistratura è da quasi trent’anni che predica bene e razzola male. Si direbbe che Ferrara aveva visto lungo.
Che vergogna di Paese. 
Uno dei coinvolti dice, a sua discolpa, che “di notte” ognuno può fare ciò che gli pare. Come dire che tutti i gatti, al buio, sono neri.
Un altro dice che, in quello che un collega giornalista ha definito lucidamente un Csm “by night”, qualcuno “dormiva”. Ci fu un tempo in cui i mafiosi dicevano, nelle Corti d’Assise, a loro difesa:“Presidente, io non c’ero, e se c’ero dormivo”. Questi sono gli argomenti Alti degli Alti membri dell’Alto sinedrio chiamato Csm.
Infine c’è lui, il politico Pd che sino a ieri si leccava i baffi, che si “autosospende” maramaldeggiando: “non c’è reato”. Mentre giuristi e politici di fine concetto sfogliano l’inconsueta margherita: “Il reato ci fu o non ci fu?”. E già che c’è, il maramaldo ci mette il carico contro i “moralisti” “senza morale”, incarnandosi nel povero “Enzo Tortora”, puntando l‘indice contro altri dirigenti Pd all’insegna del “così fan tutte”.
Che vergogna di Paese. 
Qualche giorno fa scrivevamo che il Capo dello Stato Sergio Mattarella si trovava a fronteggiare una situazione da far vacillare le ginocchia a chiunque. 
Oggi, man mano che il verminaio sta venendo alla luce, riteniamo che sia la parte sana della magistratura a dover far sentire la sua voce per coadiuvare lo sforzo del Capo dello Stato, non a caso tirato in ballo anche lui da troppi maramaldi che avevano trovato la pacchia convinti di essere “a prova di Trojan”. 
Magistrati per bene - perché siete migliaia - insorgete. Fate sentire la vostra voce. Denunciate lo schifo, le camarille, le sporche alleanze con una politica squallida che stanno sfregiando il vostro lavoro, il vostro ruolo, la vostra funzione.
Mettete nero su bianco il vostro disagio. Come fecero, all’indomani della strage di Capaci, tantissimi giovani sostituti procuratori che denunciarono, con nomi e cognomi, gli usurpatori del Tempio - magistrati anche loro - che avevano spianato la strada a chi poi avrebbe ucciso Giovanni Falcone.

Il quale - ricordiamolo sempre - si ribellò sino alla fine all'Italia della vergogna, al Csm di allora, che pure, rispetto a quello di oggi, potremmo definire un collegio di educande svizzere. Tempo ne rimane poco.

saverio.lodato@virgilio.it 

La rubrica di Saverio Lodato

Foto © Paolo Bassani


http://www.antimafiaduemila.com/rubriche/saverio-lodato/74880-tu-chiamalo-se-vuoi-csm-magistrati-per-bene-insorgete.html?fbclid=IwAR3gXZO1YMtpmPx8fxyphRBeytZZouj4qqikHoMFfidwS6VhEOIfFz0QB8U

Amore, stasera ti porto fuori a vedere un film.

Troppi rumori, anziano spara e uccide titolare chiosco.

 © ANSA

Infastidito dagli schiamazzi provenienti dal chiosco sotto casa, ha preso la pistola e ha sparato. Così a Palma Campania (Napoli) un anziano di 83 anni ha ucciso la scorsa notte il proprietario del chiosco, di 67 anni, deceduto in ospedale per le lesioni riportate.
Feriti gravemente anche la figlia e il genero della vittima, soccorsi dal 118 e trasportati negli ospedali di Sarno e Nola. Gli spari dopo una discussione. L'anziano è stato trovato nella sua abitazione, sotto choc. L'arma con la quale ha sparato era regolarmente detenuta. Sequestrate anche altre armi trovate in casa. I Carabinieri hanno bloccato l'anziano e lo hanno arrestato.

Quando "qualcuno" impone leggi che sconvolgono il concetto della sicurezza e fanno credere che uccidere per difendersi, (ma poi da chi o da che cosa) sia permesso legalmente, vuol solo dire che abbiamo sbagliato tutto e che le buone intenzioni sono andate a farsi benedire cedendo il passo al pressapochismo causato dall'impreparazione a legiferare con logica e cognizione di causa.
ByC.

MACIGNO TAGLIATO DA UN LASER NELL'ETA' DEL BRONZO!!! CHI E' STATO?



Situato nell'Oasi di Tamya in Arabia Saudita è un affascinante megalito chiamato Al-Naslaa. E 'perfettamente suddiviso in mezzo e ha curiosi simboli raffigurati sulla sua superficie. 
Se non fosse sufficiente, le due rocce si dividono a metà con precisione laser, sono riuscite a rimanere in piedi per secoli e sono in qualche modo perfettamente equilibrate. Le pietre erano divise a metà con una precisione degna di un taglio laser.
Immagina di camminare nel deserto, esplorando l'ignoto e incontrerai una massiccia pietra in piedi, divisa in mezzo da una perfetta linea geometrica. 
Che cosa sarebbe la prima cosa che salta alla tua mente?
Le pietre in piedi di Al-Naslaa veramente sono un mistero. Situato in Arabia Saudita, le due pietre divise a metà hanno creato confusione tra gli esperti fin dalla loro scoperta. 
Considerato come uno dei petroglifi più fotogenici sulla superficie del pianeta, la roccia massiccia è divisa a metà con estrema precisione. 
Tuttavia, secondo alcuni, il taglio di precisione laser non è stato creato artificialmente .
Secondo molti, è uno dei più grandi misteri dell'uomo, e questa incredibile struttura in pietra antica attrae migliaia di turisti ogni anno che vengono ad Al-Naslaa per osservare la sua perfezione e l'equilibrio, che ha dato origine a innumerevoli teorie che cercano di spiegare la sua origine. 
La roccia è in perfetto equilibrio, sostenuta da due basi e la cosa più strana è che si divide perfettamente in metà. 
Tutto suggerisce che ad un certo punto deve essere stata lavorato da strumenti estremamente precisi, alcuni hanno anche avventurato e hanno detto strumenti come il laser.


Ogni parte della pietra divisa ha una roccia minima o un ammortizzatore in basso, impedendo che tocchi il suolo.
Le scoperte archeologiche dimostrano che in epoca antica la zona in cui si trova la roccia era abitata. Infatti, è uno dei petroglifi più fotogenici della zona.
Il megalito è stato scoperto da Charles Huver nel 1883 e, sin dalla sua scoperta, è stato oggetto di dibattito tra esperti che hanno diviso le opinioni in merito alla sua origine.
Nel 2010 SCTH - la Commissione Saudita per il Turismo e il Patrimonio Nazionale ha annunciato la scoperta di una roccia vicino a Tayma con un'iscrizione geroglifica del Faraone Ramses III. 
Sulla base di questa scoperta, i ricercatori hanno ipotizzato che Tayma faceva parte di un importante itinerario tra la costa del Mar Rosso della penisola araba e la valle del Nilo. 
Recenti scoperte archeologici mostrano che Tayma è stata abitata fin dall'età del bronzo.
Come notato la divisione tra due rocce in piedi e la sua superficie piana è un evento completamente naturale.
UnusualPlaces offre una spiegazione naturale per il taglio enigmatico, laser:
"... Probabilmente il terreno si è spostato leggermente sotto uno dei due supporti e la roccia si è divisa. 
Potrebbe essere da un area vulcanica di qualche minerale più debole che si è solidificato prima che tutto fosse esumato. Oppure, potrebbe essere una vecchia crepa di pressione (si vede una crepa parallela a destra di essa) che è stata spinta / distanziata da alcuni. O, potrebbe essere una vecchia linea di faglia (minore), poiché il movimento di faglia crea una zona di roccia indebolita che si erode relativamente più facilmente della roccia circostante ... " 


Ma questa è ovviamente un'altra teoria. Il taglio estremamente preciso, divide le due pietre, ha sollevato più domande rispetto alle risposte.
Se vogliamo capire la sua origine, forse dovremmo viaggiare indietro nel tempo.
Secondo i rapporti, la menzione più antica della città oasi appare come "Tiamat" nelle iscrizioni assire risalenti all' VIII secolo aC. 
L'oasi si sviluppò in una città prospera, ricca di pozzi d'acqua e di edifici belli.
Inoltre, gli archeologi hanno scoperto iscrizioni di Cuneiforme forse risalenti al VI secolo aC presso la città dell'oasi. 
Come si può vedere, oltre ad essere un'area in cui sono state fatte numerose scoperte archeologiche, l'area in cui si trova l'incredibile megalite di Al-Naslaa è anche ricca di storia.
E' possibile che esistessero altri sistemi di taglio di cui oggi non siamo ancora a conoscenza?

sabato 15 giugno 2019

Radio Radicale, dove sono finiti i 300 milioni di fondi pubblici. - Patrizia De Rubertis



Trecento milioni di euro arrivati quasi sempre a fine anno nelle leggi di Stabilità, nei decreti Milleproroghe o in altri provvedimenti ad hoc hanno permesso a Radio Radicale di svolgere per 25 anni “servizio pubblico”, senza alcun tipo di valutazione (come l’affidamento con una gara) e nonostante sia una radio privata e legata a un partito. Ed è una ricorrente che il salvataggio dell’emittente fondata nel 1976 da Marco Pannella arrivi sempre in extremis grazie a denaro pubblico. Come l’ultima boccata di ossigeno arrivata dall’accordo Lega-Pd che giovedì ha concesso a Radio Radicale altri 3 milioni nel 2019 (e 4 milioni nel 2020). Che si vanno ad aggiungere ai 5 già stanziati per l’anno in corso. Un unicum nel panorama editoriale quello conquistato dall’emittente.
Radio Radicale nasce 43 anni fa, per iniziativa di un gruppo di deputati militanti dell’omonimo partito, e diventa subito il megafono delle battaglie di Marco Pannella, tra cui quella contro il finanziamento pubblico ai partiti. Ma senza quei fondi e a fronte di costi di gestione sempre più alti, sono costretti a chiudere nel luglio 1986. I dirigenti decidono di sospendere tutti i programmi per lasciare la parola agli ascoltatori che tra messaggi di stima e bestemmie la trasformano nell’emittente più ascoltata d’Italia (l’esperimento è stato ripetuto anche nel 1993, sempre per salvarsi dalla chiusura). Ma la svolta arriva nel 1990 con la legge 230 quando si aprono le porte dei contributi pubblici: da allora la radio percepisce ogni anno circa 4 milioni di euro. La secondo svolta è datata 21 novembre 1994: viene firmata la convenzione, approvata con un decreto del ministro delle Telecomunicazioni Giuseppe Tatarella, che da allora eroga alla società Centro di produzioni S.p.a. (ossia Radio Radicale con il suo archivio in via Principe Amedeo a Roma) 10 milioni di euro ogni anno per la trasmissione delle sedute parlamentari. È merito di un bando del governo Berlusconi, che i maligni dicono sia stato cucito su misura (niente musica e zero pubblicità), se la radio – che navigava in cattive acque – si salva di nuovo. I Radicali continuano a essere contrari a dare i soldi dei contribuenti ai partiti, ma da allora la radio ha incassato oltre 300 milioni di euro. Il bando, fatto per decreto, non è stato mai convertito in legge. È stato rinnovato per ben 17 volte, da tutti i governi, con una specie di regime transitorio. Contributi all’editoria e rinnovo della convenzione che hanno permesso di percepire 14 milioni di euro ogni anno.
Chi c’è dietro la radio? Fino alla fine degli anni Novanta l’azionista unico dell’emittente era l’Associazione politica nazionale Lista Marco Pannella. Poi l’assetto proprietario cambia nel marzo 2000 quando l’imprenditore Marco Podini (già padrone della catena di supermercati A&O e dei discount Md), aderendo all’appello pubblico di Pannella in un altro momento di difficoltà della radio, acquista tramite la Pasubio Spa il 25% di Radio Radicale per 25 miliardi di lire. Emittente finanziata fino ad allora solo da soldi pubblici, e il cui valore totale schizza così a 100 miliardi di lire. Pochi mesi prima la Rai aveva fatto un’offerta per rilevare tutta la società per una ventina di miliardi. Podini annuncia un aumento della sua partecipazione al 50%, che però non avverrà mai. L’imprenditore siede insieme alla sorella Maria Luisa nel cda della società (la quota è passata nel frattempo alla Holding Lillo) ed è anche il presidente della Dedagroup, una società che si occupa di information technology. Così come l’altro gruppo che possiede, la Piteco, una software house italiana quotata in Borsa.
Da allora le quote della società che controlla la radio sono rimaste immutate: all’associazione Pannella, editore dell’emittente, resta il 62,68% e un’altra piccola quota, del 6,17%, è in mano alla commercialista Cecilia Maria Angioletti. Il resto è in mano alla holding finanziaria Lillo attiva nel campo della distribuzione alimentare che fattura 2,3 miliardi di euro l’anno. Nel 2017, ultimo dato aggiornato del bilancio, i ricavi complessivi della radio hanno raggiunto gli 8,3 milioni con un incremento di 21mila euro sull’anno prima, garantiti dagli introiti della convenzione. A cui si aggiungono 4 milioni di contributi dal fondo dell’editoria. Il costo del personale (a Radio Radicale lavorano 52 dipendenti tra cui 20 giornalisti impiegati) è salito a 4 milioni dai 3,8 del 2016 (compresi contributi e Tfr) con il direttore Alessio Falconio e l’ad Paolo Chiarelli che guadagnano poco più di 100mila euro. Utili ce ne sono stati pochi negli ultimi anni, ma non è sempre andata così. Il 2010, per dire, si chiuse con un utile di 168 mila euro, ma il cda deliberò di distribuire un dividendo di 600 mila euro attingendo alle riserve. Negli ultimi 3 anni i conti hanno sempre chiuso in rosso (nel 2017 di 6.500 euro).