lunedì 26 aprile 2021

Epurati i Caschi Blu del Tigray: E l’Onu fa finta di non sapere. - Fanny Pigeaud

 

Le Nazioni Unite sono al centro di uno scandalo in Etiopia. Da settimane l’Onu allerta sui massacri nella regione del Tigray, dove l’esercito federale di Addis Abeba e l’esercito eritreo si battono contro il Fronte popolare di liberazione del Tigray (FLPT). Ma, al tempo stesso, l’organizzazione sta assistendo in silenzio all’“epurazione”, all’interno dei suoi stessi contingenti, dei caschi blu etiopi, originari del Tigray, che vengono arrestati dai soldati di Addis Abeba e inviati nel loro paese, dove alcuni di loro sarebbero stati torturati e uccisi. “Tacendo, l’Onu sta violando il suo dovere di promuovere e tutelare i diritti umani”, osserva un dipendente delle Nazioni Unite. Diversi mesi fa, l’Onu ha creato una task force per far fronte a questa situazione, ma è evidente che non sta dando risultati. All’interno dell’organizzazione si avverte un profondo imbarazzo.

Il segretariato generale di New York, di solito reattivo, ha impiegato una settimana a rispondere alle nostre domande. Diversi scambi di mail e diverse riunioni si devono essere tenute in quei giorni per decidere quali elementi rendere pubblici e quali tenere nascosti. Alla fine l’Onu non ha confermato le nostre informazioni, ma non le ha neanche smentite, limitandosi a fornire dettagli noti e ricordando, con le solite formule di rito, i principi generali dell’istituzione. “Il caso del presunto maltrattamento di caschi blu originari del Tigray è grave e preoccupante”, è stato ammesso da un portavoce del dipartimento per le operazioni di pace. Per il resto i fatti sono stati negati o minimizzati. Tutto è iniziato con l’offensiva militare lanciata il 4 novembre 2020 dal governo centrale dell’Etiopia contro le forze del FLPT, che dirige il Tigray. Quasi immediatamente, alcuni caschi blu originari del Tigray sono stati brutalmente allontanati dai contingenti etiopi della UNMIS, la missione di pace delle Nazioni Unite in Sud Sudan, il cui comando militare è assicurato da un etiope e che conta tre battaglioni etiopi, circa 2.000 uomini. La stessa cosa è successa all’interno della UNISFA, la missione Onu per la regione dell’Abyei, rivendicata dal Sudan e dal Sud Sudan, e il cui contingente di caschi blu è costituito esclusivamente da etiopi (4.500 uomini). A fine novembre 2020, la rivista americana Foreign Policy aveva già pubblicato alcuni elementi di un documento riservato delle Nazioni Unite, indicando che quattro ufficiali originari del Tigray della UNMIS erano stati forzati a rientrare in Etiopia. Si precisava che “tutti gli ufficiali e soldati del Tigray” erano sistematicamente fermati e posti in detenzione al loro arrivo a Addis Abeba. Alcuni sarebbero stati vittime di torture e uccisi. “Stiamo verificando i fatti”, aveva detto all’epoca un portavoce delle Nazioni Unite. Oggi, a cinque mesi da quella pubblicazione, la UNMIS declina ogni responsabilità: “Il mandato della UNMIS si limita al Sud Sudan. L’Etiopia è sola responsabile della condotta delle sue truppe”, ci è stato risposto. Nel frattempo, il numero due della UNISFA, il generale Negassi Tikue Lewte, originario del Tigray e sotto contratto con le Nazioni Unite, ha lasciato all’improvviso il suo incarico nel novembre 2020 e non si è più visto. Un ufficiale etiope ha spiegato al segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, che il generale Lewte era partito in vacanza e che aveva deciso di non tornare ad Abyei. Ha poi precisato che per Addis Abeba era un “disertore”.

I responsabili delle Nazioni Unite si sono resi conto che l’Etiopia nascondeva delle informazioni gravi. “Il generale Lewte ha chiesto un permesso nel novembre 2020, che gli è stato accordato. Da allora non si è più presentato al lavoro. Siamo molto preoccupati per la sua sicurezza”, sostiene oggi l’ONU. Il generale è ancora vivo? Altri caschi blu avrebbero subito la stessa sorte negli ultimi mesi. Alcuni sarebbero stati arrestati mentre partecipavano alla missione Onu e trasferiti su aerei delle Nazioni Unite a Juba, la capitale del Sud Sudan, prima di essere imbarcati su aerei etiopi. L’ONU non ha voluto rispondere su questo punto. “Stiamo lavorando attivamente sul caso, ma per motivi di riservatezza e sicurezza non possiamo fornire ulteriori dettagli”, ci hanno risposto dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha sede a Ginevra. Da New York confermano che “tra il 13 e il 22 novembre 2020 quattro caschi blu etiopi sono stati trasferiti in Etiopia senza un’adeguata coordinazione con la UNMIS”. Il 22 febbraio, dei caschi blu del Tigray di un contingente in partenza per Addis Abeba hanno rifiutato di imbarcarsi all’aeroporto di Juba. È scoppiata una violenta rissa. Secondo le nostre informazioni, alcuni caschi blu sono stati obbligati a salire sull’aereo. Altri tredici sono riusciti a restare a Juba. Un quotidiano locale ha pubblicato le loro foto. Alcuni erano feriti. Al giornale hanno spiegato che temevano di essere vittime di persecuzioni in Etiopia e di aver chiesto l’asilo. La UNMIS ha confermato che le autorità del Sud Sudan si sono fatte carico dei tredici soldati, con l’appoggio dell’Alto Commissario per i rifugiati, ma quest’ultimo non ha fornito dettagli. Secondo una fonte informata, l’Etiopia avrebbe poi inviato una lettera ufficiale alla UNMIS, dicendo in sostanza che avrebbe ritrovato quei caschi blu, che li avrebbe rimpatriati e processati e che meritavano la pena di morte. L’ONU non ha né confermato né negato l’esistenza di questa lettera. Dopo questo episodio, un responsabile militare etiope ha accusato i soldati che si erano rifiutati di imbarcarsi di essere dei “traditori sostenuti dall’Alto commissariato per i rifugiati e dai cittadini del Tigray che lavorano alle Nazioni Unite” e di militare per il FLPT. “I caschi blu rimpatriati con la forza sono molti di più di quanto sia stato detto ufficialmente, prima e dopo il 22 febbraio 2021”, sostiene una delle nostre fonti, aggiungendo che due caschi blu del Tigray erano riusciti, la notte prima degli incidenti allo scalo di Juba, a fuggire dal campo dove erano detenuti. E non è tutto. Almeno un civile etiope sotto contratto con la UNMIS è dovuto fuggire dal Sud Sudan. È grazie a lui che si è potuto capire cosa stava succedendo ai caschi blu del Tigray: è stato lui infatti a tradurre dall’amarico dei messaggi che alcuni caschi blu avevano inviato ai civili della missione, con le foto dei colleghi torturati nei campi dell’Onu.

Quest’uomo, minacciato insieme alla sua famiglia dal governo etiope, è ormai costretto a nascondersi. L’ONU non gli ha offerto nessuna protezione, limitandosi a concedergli un congedo a tempo indeterminato. “Quest’uomo rischia di trovarsi in una situazione ancora più complicata se l’Onu dovesse decidere di rompere il suo contratto”, secondo uno dei colleghi. “L’ONU, che dovrebbe essere in prima linea nella difesa dei diritti umani, può continuare a limitarsi a esprimere preoccupazione e, in tutta coscienza, a lavorare con gli etiopi? Non si può fare nient’altro?”, si chiedono alcuni dipendenti dell’organizzazione. All’interno della task force, alcuni membri vorrebbero che l’Onu adottasse una posizione forte, anche se Addis Abeba dovesse ritirarsi dalle operazioni di pace. Altri preferiscono mantenere un basso profilo, dal momento che l’Etiopia fornisce all’Onu caschi blu in grande quantità, anche se altri Stati sono candidati a partecipare alle operazioni di pace, una fonte di reddito interessante per loro. L’alto commissariato per i diritti umani non conferma l’esistenza di conflitti interni: l’Onu e le sue agenzie stanno “lavorando di concerto” su questo fascicolo, viene riferito. Il caso non riguarda solo le Nazioni Unite. Diverse centinaia di caschi blu etiopi originari del Tigray in missione per l’Unione africana in Somalia sono stati trasferiti con la forza nel loro paese alla fine del 2020. Che fine hanno fatto? Il portavoce del presidente della Commissione dell’Unione africana, la cui sede è a Addis Abeba, e che nel novembre 2020 ha licenziato il suo capo della sicurezza, un etiope, su richiesta delle autorità etiopi, non ha risposto alle nostre domande.

(Traduzione di Luana De Micco)

ILFQ

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

L’Etica Renzomachea. “Renzi nel board del principe saudita. Il Parlamento studia un codice etico” (Stampa, 24.4). Ovviamente il Parlamento saudita.

La Supersega. “Andrea Agnelli: ‘Patto di sangue, la Superlega andrà avanti’” (Maurizio Molinari, Repubblica, prima edizione, 21.4). “Andrea Agnelli: ‘La Superlega andrà avanti, trattiamo con l’Uefa’” (Maurizio Molinari, Repubblica, seconda edizione, 21.4). Commento sui social: “S’è sciolto il sangue”.

La voce del padrone. “Sul calcio l’effetto pandemia” (Gianni Riotta, Repubblica, 20.4). Ah, ecco di chi è la colpa della Superlega: non di Agnelli, ma del Covid.

Il fedelissimo. “Tra Pd e 5Stelle l’alleanza non funzionerà: Conte potrebbe lasciarli” (Matteo Renzi, leader Iv, Repubblica, 19.4). Purtroppo non tutti sono leali come lui.

Numerologia. “I numeri parlano chiaro: i gay sono più tutelati delle donne” (Carlo Giovanardi, ex deputato e sottosegretario Udc, Libero, 12.4). Soprattutto se i numeri li dài tu.

Se citofonando. “Un Paese dove c’è l’attore che chiama per denunciare il vicino di casa non è un Paese civile, non è un bel modello la delazione di Stato… è da Unione Sovietica. Ma vai a citofonare al vicino! Gli dici: ‘Guarda che stai facendo casino, non rischiare’. Invece chiamano la polizia per fare i fenomeni sui giornali! Che tristezza” (Matteo Salvini contro Alessandro Gassmann, Quarta Repubblica, Rete4, 19.4). E magari, già che ci sei, citofonando gli domandi pure se spaccia.

Nordio libera tutti. “La sentenza sull’ergastolo per chiudere gli anni bui” (Carlo Nordio, ex magistrato, Messaggero, 16.4). Gli anni cui in cui i mafiosi restavano in galera.

Paniz e pesciz. “Adesso tocca ai 1.500 parlamentari che dalla sera alla mattina hanno perso ogni tipo di sostentamento. È un atto di giustizia. Formigoni quale altra fonte di sostentamento ha? Come andrà avanti dopo quarant’anni dedicati alla vita politica?” (Maurizio Paniz, ex parlamentare FI, Corriere della sera, 15.4). In effetti, sono bei drammi.

L’imboscata. “Mi dica, dottor Davigo, cosa ne pensa del caso Grillo?” (Maria Elena Boschi, deputata Iv, intervistata dal Riformista, 22.4). Caso unico al mondo di un’intervistata che, invece di rispondere alle domande, ne fa delle altre a un terzo che non c’entra nulla.

L’Emerito. “Giustizia, perchè è consigliabile un’inchiesta parlamentare” (Sabino Cassese, Corriere della Sera, 23.4). Così finalmente gli imputati processeranno i magistrati.

Cartabia copiativa. “Ddl penale, la linea Cartabia: ‘Processo giusto e breve’” (Dubbio, 17.4). Ammazza che volpe.

Slurp. “Rivoluzione Draghi. L’approvazione del Pnrr è vicina: una svolta epocale che ha del miracoloso” (Foglio, 21.4). “Un Recovery da sogno. Esclusiva” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 23.4). “Il nostro libro dei sogni. L’Italia che sarà. Il Recovery di Draghi parola per parola” (Foglio, 24.4). Recoveràtelo.

Forchettoni. “Mani Pulite un colpo di Stato. La mia sanità avrebbe resistito meglio al virus” (Roberto Formigoni, Giornale, 22.4). Certo, come no. Ora però, da bravo, caccia la refurtiva.

La discontinua. “Questo governo è in forte discontinuità con il precedente” (Elena Bonetti, ministro Iv delle Pari opportunità e Famiglia nei governi Conte-2 e Draghi, Stampa, 19.4). Quindi tu non conti una mazza.

L’ideona. “Open Arms, la strategia di Salvini: portare in aula Conte e Toninelli” (Corriere della sera, 194). Non male la linea difensiva del trust di cervelli Bongiorno&Salvini: anziché sostenere di essere innocente, denunciare altri due complici. Così, se tutto va bene, scatta pure l’associazione per delinquere.

Bei tempi. “Napoli, una città che ha una caduta verticale della sua classe dirigente” (Paolo Cirino Pomicino, Repubblica, 23.4). Non ci sono più i tangentari di una volta.

Lo step. “Vaccini, la volata di fine aprile. Prossimo step: 430mila al giorno” (Repubblica, 19.4). Ma non erano già 500mila a metà aprile?

I titoli della settimana/1. “Il coprifuoco scatta alle 23” (Messaggero, 21.4). “Coprifuoco alle 22, strappo Lega” (Messaggero, 22.4). Ma il titolista chi è: Salvini?

I titoli della settimana/2. “Berlusconi ancora ricoverato. Rinviata la sentenza Ruby ter” (Giornale, 16.4). È il Ricoveri Plan.

I titoli della settimana/3. “Accanimento su Berlusconi costretto a inseguire i pm” (Verità, 22.4). In barella.

I titoli della settimana/4. “Le monetine in testa a Craxi furono la ‘fine della politica’” (Alessandro Gnocchi, Giornale, 20.4). “A proposito di politica: non ci sarebbe qualche cosarellina da mangiare?” (Totò, Fifa e arena, 1948).

ILFQ

VACCINI: PFIZER supera ASTRAZENECA nel numero di SEGNALAZIONI avverse. Gli AGGIORNAMENTI.

 

Ormai da diverse settimane si discute sulle reazioni, talora gravi, provocate dalla somministrazione del vaccino AstraZeneca. Le ultime notizie paiono tuttavia smentire tutto ciò, anzi sarebbe Pfizer a superare di gran lunga il siero dell'azienda anglo-svedese per numero delle segnalazioni avverse, almeno per quanto riguarda l’Italia.

A fare chiarezza è il report dimostrato dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) che ha esaminato tutti i dati inerenti ai vaccini somministrati nel periodo che va dal 27 dicembre 2020 al 26 marzo 2021. E’ emerso che, su 9 milioni di dosi inoculate, sono state segnalate circa 46 mila reazioni e, di queste, solo il 7,1% ha riscontrato gravi sintomi, con un tasso di 36 eventi gravi ogni 100 mila dosi.

Ma vogliamo entrare ancor più nello specifico analizzando i dati del periodo preso in riferimento.
Su 46.237 segnalazioni, l’87% dei casi, sia lo stesso giorno della vaccinazione o al massimo il giorno successivo, ha avuto reazioni come febbrecefaleadolori muscolari o articolari, dolore in sede di iniezionebrividi nausea.
Ancora più importante è il dato che proviene dai singoli vaccini, tra cui PfizerAstraZeneca Moderna (i tre disponibili in Italia nel periodo preso in esame). Tra le segnalazioni si è visto che l’81% provenivano da Pfizer, il 17% da AstraZeneca e infine solo il 2% da Moderna. Ovviamente questi valori sono rapportati con il numero di dosi rese disponibili dalle diverse case farmaceutiche.
Infine, ci sono dei dati anche per quanto riguarda i decessi. Finora sono stati segnalati 100 casi di decesso correlati temporaneamente alle vaccinazioni anti-COVID. Tra questi, 76 sono stati registrati dopo la somministrazione di Pfizer, 12 il Moderna e 12 AstraZeneca, che porta il tasso generale di segnalazioni per i decessi pari a 1,1 casi ogni 100mila dosi per Pfizer-BioNTech2,8 per Moderna e 0,7 per AstraZeneca.

Insomma, è vero che tutti questi dati sono stati rilevati in base al rapporto tra segnalazioni e dosi disponibili, ma è palese come essi evidenzino che non è solo AstraZeneca a provocare alcune reazioni avverse.

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COVID: un FARMACO usato da 50 anni BLOCCA i DANNI ai POLMONI. La SCOPERTA dei RICERCATORI.


Crescono le speranze per guarire dal CORONAVIRUS con un FARMACO. Si chiama NICLOSAMIDE ed è un farmaco antiparassitario utilizzato da 50 anni per l’apparato intestinale e in passato ampiamente usato contro il verme solitario. Ma da ora potrebbe rivelarsi un alleato anche contro i danni polmonari causati dalla proteina spike del coronavirus.

Solitamente, come detto, viene usato per trattare le infezioni intestinali. Ma ora il farmaco antiparassitario potrebbe rivelarsi un grande alleato dei polmoni nella lotta al COVID-19. A dimostrarlo è stato un team di ricercatori del King’s College di Londra, insieme all’Università degli studi di Trieste e del Centro di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) di Trieste, che ha scoperto il meccanismo che porta alla fusione anomala delle cellule polmonari infettate dal coronavirus e come la niclosamide abbia un’azione preventiva, riuscendo a bloccare questo processo guidato dalla proteina spike.

Ma di che farmaco si tratta esattamente? La niclosamide è un antiparassitario che originariamente, negli anni ’50, veniva utilizzato come molluschicida contro le lumache. Successivamente, a partire dal 1982, è stato approvato come trattamento per le infezioni intestinali da tenia negli esseri umani ed è già conosciuto per essere attivo contro alcuni VIRUS. Per capire in che modo la niclosamide potesse proteggere le cellule dal coronavirus, i ricercatori hanno analizzato i campioni dei polmoni di 41 pazienti deceduti per CORONAVIRUS.

Dalle analisi, hanno scoperto che, molto spesso, presentavano cellule polmonari fuse, che potevano contenere ben oltre 20 nuclei diversi. Partendo da queste informazioni, il team ha proseguito le indagini, esaminando oltre 3mila farmaci approvati per l’uso negli esseri umani che fossero in grado di bloccare questo meccanismo di fusione. Selezionando e concentrandosi su quelle più promettenti, i ricercatori sono giunti alla conclusione che la molecola più efficace nel proteggere dal danno polmonare era appunto la niclosamide. In sintesi, si legge su Il Sole 24 Ore, questo farmaco si è dimostrato in grado di inibire la replicazione virale, sopprimere l’attività della TMEM16F e prevenire così la formazione dei sincizi (la fusione di due o più cellule) indotti dalla spike nei test di laboratorio.

IlMeteo.

Covid: scoperto nuovo anticorpo monoclonale che protegge da virus e sue varianti.


Pubblicato studio europeo con ricercatori S. Matteo di Pavia.

È stato pubblicato sulla rivista "Nature" uno studio condotto da un team di ricercatori europei, al quale ha partecipato la Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia, che ha portato allo sviluppo di un anticorpo monoclonale in grado di proteggere dalle varianti di SARS-CoV-2. La notizia è stata rilanciata dalla Commissione Europea, ente finanziatore del progetto di ricerca che attraverso il commento di Mariya Gabriel, (Commissario per l’istruzione, gioventù, sport e cultura della Comunità Europea) ha espresso molta soddisfazione per il risultato: «Grazie al lavoro dei ricercatori finanziati dall’UE, questa nuova scoperta potrebbe prevenire e trattare i casi di Covid-19, salvando delle vite».

La peculiarità di questo anticorpo monoclonale consiste nel riconoscimento contemporaneo di due diversi antigeni del virus: da qui il nome di «anticorpo bispecifico». I ricercatori hanno unito due anticorpi naturali in una singola molecola artificiale e test preclinici hanno dimostrato che protegge dalle varianti di SARS-CoV-2, inclusa quella inglese. A differenza degli anticorpi che riconoscono un singolo antigene, il doppio legame degli anticorpi bispecifici riduce sensibilmente la selezione di varianti resistenti. L’anticorpo bispecifico ha elevata efficacia e caratteristiche che lo rendono un ottimo candidato per la sperimentazione clinica, con buone possibilità di utilizzo sia nella prevenzione della malattia sia nella cura di pazienti.

«L'anticorpo è stato sviluppato nell’ambito dell’attività del progetto di ricerca ATAC (Antibody Therapy Against Coronavirus), finanziato dall’European Research Council (ERC) - spiega Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia Molecolare del San Matteo -. Fanno parte del consorzio di ricerca, oltre al Policlinico di Pavia, anche il Karolinska Institutet, Stoccolma in Svezia, l’Istituto di Ricerca in biomedicina di Bellinzona in Svizzera, l'Università di Braunschweig in Germania e il Joint Research Center della Commissione Europea. Ha collaborato anche la Rockfeller University di New York. Il progetto di ricerca si proponeva di sviluppare un’immunoterapia contro il Covid-19 sfruttando tre diversi approcci per massimizzare le possibilità di successo e sfruttare i vantaggi di ciascun approccio. Il primo approccio è consistito nella «immunoterapia con plasma iperimmune», sviluppato principalmente a Pavia. Il secondo approccio, «immunoterapia con gamma-globuline», è stato seguito dal Karolinka Institutet di Stoccolma. L’approccio "immunoterapia mediante anticorpi monoclonali» è stato sviluppato dalla Technische Universität Braunschweig, e dall’IRB di Bellinzona. Quest’ultimo, ha avuto successo nel generare anticorpi monoclonali umani altamente reattivi. Le caratteristiche biologiche e l’efficacia degli anticorpi monoclonali cosi prodotti sono state definite dal nostro gruppo di ricerca presso il San Matteo».

GazzettadelSud

domenica 25 aprile 2021

Recovery plan, nella notte la presentazione al cdm: su richiesta dell’Ue definiti i tempi della riforma fiscale. La proroga del Superbonus in manovra. Pd: “Quote di assunzioni per giovani e donne”.

 

L'appuntamento è slittato per due volte a causa prima delle tensioni politiche, poi dell'interlocuzione con Bruxelles sulle riforme, passata anche per una telefonata tra Draghi e la presidente della Commissione von der Leyen. Dopo ore di confronto il premier ha detto di aver ottenuto via libera. I ministri non hanno votato: prima è prevista la presentazione alle Camere. Ma per eventuali modifiche ci saranno solo due giorni, poi il testo va inviato a Bruxelles.

E’ finito poco prima della mezzanotte di sabato il consiglio dei ministri durante il quale il ministro dell’Economia Daniele Franco ha presentato al resto del governo il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un appuntamento slittato per due volte e iniziato solo a tarda sera (la prima convocazione era per le 10 del mattino) a causa prima delle tensioni politiche sulla proroga del Superbonus, poi della lunga interlocuzione con Bruxelles sulle riforme, passata anche per una telefonata tra il premier Mario Draghi e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Dopo ore di confronto, in particolare sui piani che riguardano fisco e concorrenza ma anche sulle semplificazioni per velocizzare gli appalti, l’ex presidente della Bce ha informato i ministri di aver ottenuto “green light” da Bruxelles, ma ci sono ancora questioni – “molto marginali” – su cui la discussione continua. Nella versione finale comunque ci sono già alcune modifiche: per esempio vengono definiti i tempi per la riforma fiscale. Il governo presenterà al Parlamento entro il 31 luglio 2021 una legge delega.

Il piano non è stato votato: prima è in calendario il passaggio alle Camere, a cui Draghi riferirà lunedì e martedì pomeriggio. Il premier, stando a quanto hanno riferito i ministri, avrebbe lasciato intendere che il testo non è blindato ma aperto a migliorie da parte del Parlamento, ma i tempi per l’invio ufficiale a Bruxelles sono quelli noti: entro il 30 aprile, venerdì prossimo. Quindi il tempo per le eventuali modifiche si riduce a poche ore. La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che lo aveva già sottolineato nei giorni scorsi, oggi su Twitter scrive che “nessuno in Italia ha ancora visto il testo, nonostante il Parlamento lo debba votare martedì. Democrazia, Costituzione e sovranità popolare buttate nella discarica. Tutto normale? Ai presidenti di Senato e Camera e al Capo dello Stato sta bene così?”.

Le richieste di Bruxelles – L’Europa ha chiesto maggiore chiarezza sui modi, sulle azioni e soprattutto sui tempi: vale per il fisco dove si chiede di dettagliare l’entrata in vigore della riforma Irpef e in cosa consisterà la riforma delle aliquote, per la giustizia (serve un cronoprogramma con la percentuale di abbattimento dei tempi dei processi), per la concorrenza (vanno specificati nel dettaglio gli interventi di semplificazione). Il premier, viene spiegato, ha fornito in prima persona rassicurazioni sull’impegno del paese a dare puntuale attuazione agli obiettivi del Piano in particolare per quanto riguarda le riforme strutturali, uno dei maggiori crucci dell’Europa che teme le lungaggini italiane.

La soluzione per la proroga del Superbonus: rinvio alla manovra – Sul fronte di scontro interno, quello della maxi detrazione del 110% per gli interventi di efficientamento energetico per la cui proroga si è speso anche il leader in pectore del M5s Giuseppe Conte, la pace è arrivata attraverso una soluzione di compromesso: c’è l’impegno del ministro dell’Economia a valutare il prolungamento al 2023 a settembre con la manovra, quando il quadro sull’utilizzo dell’incentivo sarà più chiaro e si capirà anche se serviranno davvero risorse in più. Tutto dipende dall’effettivo successo della misura e dunque dal costo che va preventivato. Nel Pnrr ci sono oltre 18 miliardi, che in base alle stime attuali bastano però solo fino a fine 2022 (giugno 2023 solo per gli immobili Iacp). Al termine del cdm il Movimento ha espresso “soddisfazione“, dando per acquisito che il superbonus “avrà copertura fino al 2023”.

La Lega in cdm non ha espresso riserve, nemmeno sullo stop di quota 100 la cui sperimentazione si conclude a fine anno e che il Pnrr ufficializza non verrà rinnovata. Giancarlo Giorgetti si sarebbe limitato a soffermarsi sugli aspetti di sua competenza. E il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, avrebbe fatto un intervento apparso “collaborativo”. In compenso poco dopo la fine del cdm il leader Matteo Salvini ha fatto una diretta facebook in cui pur esprimendo sostegno al governo rilancia la battaglia contro il coprifuoco alle 22, che il governo non ha voluto modificare per non dare un segnale di totale abbandono delle restrizioni nonostante dal 26 aprile in zona gialla i ristoranti all’aperto riaprano anche la sera.

Pd: “C’è clausola di condizionalità per assunzioni di donne e giovani” – Soddisfatto anche il Pd, che rivendica quella che qualcuno ha ribattezzato norma Letta, cioè una clausola sulla condizionalità per donne e giovani. Tradotto: ciascun progetto del Recovery dovrebbe avere una ‘quota’ obbligatoria per l’assunzione di donne e giovani. In pratica nei bandi di gara ci saranno clausole dirette a “condizionare l’esecuzione dei progetti” alla loro assunzione. “Un provvedimento che nei prossimi anni potrà trasformare il mercato del lavoro e ridurre disuguaglianze e divari”, scrive su Twitter la capogruppo dem al Senato, Simona Malpezzi. Quanto ad altre questioni più locali che nelle scorse ore avevano agitato le acque, la viceministra dell’Economia Laura Castelli domenica mattina ha assicurato che “il centro per l’intelligenza artificiale sarà a Torino, come previsto. Con le modifiche apportate ieri, infatti, il Pnrr prevede bandi per identificare le città Campioni Nazionali di R&S, ma ‘tenendo conto delle mappature precedenti’. Questo, nel rispetto di quanto deciso dal Consiglio dei Ministri del 4 settembre 2020, permette alla Città di Torino di vedere assegnato direttamente il I3A. Dunque i bandi interverranno solo dove non sono state fatte scelte precedenti”.

Il comunicato: “Soddisfa i parametri fissati dai regolamenti europei” – Il comunicato del cdm ricorda che “l’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del programma Next Generation EU”. Si tratta del “Dispositivo per la Ripresa e Resilienza e del Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori di Europa (REACT-EU). Il solo RRF garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto, da impiegare nel periodo 2021-2026″. A questi fondi si aggiungono appunto quelli del React Eu più 30 miliardi di risorse nazionali a debito. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza “prevede un corposo e organico pacchetto di investimenti e riforme, con l’obiettivo di modernizzare la pubblica amministrazione, rafforzare il sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze, per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni”.

Come è noto si articola in 6 missioni: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Il governo rivendica che il piano “è in piena coerenza con i sei pilastri del Ngeu e soddisfa i parametri fissati dai regolamenti europei, con una quota di progetti “verdi” pari al 40 per cento del totale e di progetti digitali del 27 per cento. Il 40 per cento circa delle risorse territorializzabili sono destinate al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale”.

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È rimorto il M5S. - Marco Travaglio

 

Quando morì papa Luciani, 33 giorni dopo papa Montini, Lotta Continua titolò: “È rimorto il papa”. Ieri invece è rimorto il M5S. La notizia, come disse Mark Twain per smentire le indiscrezioni sul proprio decesso, “è grossolanamente esagerata”. Ma in Italia ormai le notizie le dà un branco di spostati, convinti che qualcuno li legga e che la realtà non aspetti altro per adeguarsi. Purtroppo per loro, accade l’opposto. Stiamo parlando degli stessi geni che tre mesi fa raccontavano di un Recovery Plan scritto coi piedi da Conte e dai suoi ministri incapaci e invocavano i Migliori per riscriverlo da cima a fondo e salvare l’Italia. Ora che i Migliori l’hanno fotocopiato e ci hanno aggiunto qualche marchettina pro Eni, pro Confindustria e anti-ambiente, peraltro in ritardo, tutti gridano al miracolo per non dover ammettere di avere mentito ai lettori. Che peraltro, stando ai dati delle edicole e dei sondaggi, mostrano di essersene accorti. Ma dicevamo dell’ennesima morte dei 5Stelle: più che una notizia, una rubrica fissa settimanale che esce sulle migliori testate dalla loro nascita (4.10.2009). Stavolta il decesso sarebbe causato da tre fattori letali concomitanti: il video di Grillo sul figlio, la dipartita di Davide Casaleggio e della sua piattaforma Rousseau e il vuoto di leadership in attesa di Conte.

Libero: “Bancarotta M5S: Casaleggio taglia le paghe”. Domani: “Senza Conte, senza Grillo, senza Casaleggio, senza stelle: del M5S non rimane più nulla”. Belpietro su La Verità: “Senza capo e con i debiti il M5S è allo sbando”. Casaleggio jr. su La Verità: “Senza la regola della piattaforma, Grillo&C. copieranno i soliti partiti”. Corriere: “Addio al veleno tra i 5Stelle e la piattaforma Rousseau”. Rep: “Il big bang dei 5Stelle”, “Il Movimento a rischio estinzione”. Pensano che basti ripetere in stereo una cazzata perché si avveri. Come quando scrivevano che il M5S avrebbe perso le elezioni del 2013 e del 2018 (infatti le stravinse), che al referendum renziano del 2016 avrebbe vinto il Sì (infatti stravinse il No) o che al referendum antigrillino del 2020 sul taglio dei parlamentari avrebbe vinto il No (infatti stravinse il Sì). Sono fatti così, vanno capiti: non ne azzeccano una, però insistono. Ora pensano che agli elettori interessi qualcosa di casa Grillo o della bottega Casaleggio. Dopo 12 anni, non hanno ancora capito perché molti guardano ancora ai 5Stelle: perché gli altri fanno mediamente o ribrezzo o pena. Chi combatte i vitalizi ai corrotti? Il M5S. Chi ha costretto ieri Draghi a rimangiarsi i tagli all’ecobonus 110%? Il M5S e un post di Conte su Facebook. Che poi chissà come farà Conte a postare tutta quella roba sui social, essendo morto ancor prima di nascere.

ILFQ

25 aprile - Festa della Liberazione.

 

Sì, onore a chi ha dato la vita per liberarci da chi ci opprimeva, dolore per chi ha perso la vita per ottenere solo una libertà condizionata.
Mi sono spesso domandata come mai, se sappiamo benissimo che cosa serve ad ognuno di noi per vivere bene, esistono tante ideologie su come farlo?
E l'unica spiegazione che ho trovato logica è che chi si propone di amministrarci non lo fa perché ha rispetto di noi e vuole il nostro bene, ma solo perché ha voglia di assaporare il potere per poi esercitarlo a suo vantaggio; ma, c'è un ma: essendo in tanti a volersi proporre per giungere allo scopo che avrebbero dovuto fare?
La soluzione al dilemma fu la creazione di varie ideologie/fazioni che poi hanno chiamato partiti.
Da sempre sappiamo che "divide et impera" è il motto di chi ama esercitare potere sulle masse rese sempre più ignoranti per rendere deboli e facilmente domabili le loro menti.
Alcuni ideologi tentano in ogni modo di riportare tutto allo stato di puro fascismo pretendendo i "pieni poteri", altri un po' meno autoritari, si definiscono elargitori di democrazie, mentre, sia gli uni che gli altri provvedono a privarci di ciò avevamo acquisito in passato lottando strenuamente.
Naturalmente, i componenti dei vari partiti, fregandosene altamente di noi e di ciò che ci serve per vivere bene, mirano a creare differenze di ogni tipo tra loro e noi, perché ci sia ben chiaro che noi, con il nostro avallo, strappato con promesse che mai si sarebbero sognati di mantenere, li abbiamo eletti e fatti assurgere all'agognato potere; potere che esercitano come meglio gli aggrada, favorendo se stessi e levando a noi ciò che serve e assegnandoci solo doveri e responsabilità.
Doveri e responsabilità che non toccano la loro sfera, poiché loro altro non sono che i nuovi re, i nuovi vassalli, perché loro sono scevri da colpe, sono immuni, sono gli ELETTI.

La storia si ripete, sempre.

E' triste e doloroso doverlo ammettere, i nostri avi ci hanno liberati dai fascisti, onore e merito a loro, l'unica soddisfazione è che non sapranno mai in che mani siamo andati a finire per aver creduto alle false promesse di cinici affabulatori di popolo.
E non parliamo di democrazia quando chiunque voglia invalidare la volontà espressa da noi, popolo sovrano, lo fa tranquillamente, con la legalità che, da nuovi re/dittatori hanno creato "pro domo sua", per mettersi il ferro dietro la porta e creare paletti invalicabili per tornare a troneggiare, imponendoci un governo retto da persone scelte da loro e riassumere il tanto agognato POTERE al quale non rinunzieranno mai!
Avremmo bisogno di altre giornate da dedicare alla Liberazione vera, al buon Governo, al rispetto della Democrazia, e al rispetto della nostra Costituzione!

cetta