Gli italiani non stanno cogliendo appieno l’era dei tassi bassi che offre l’opportunità di utilizzare la casa per ottenere una liquidità aggiuntiva.
L’Italia è considerata un Paese «cicala» quanto a debito pubblico (160% del Pil). Se però si capovolge la prospettiva e ci si concentra sul debito privato l’immagine degli italiani cambia profondamente: diventiamo delle formichine. Con un rapporto tra indebitamento delle famiglie e reddito vicino al 60%, l’Italia è sotto della media dell’area euro che secondo gli ultimi dati elaborati dalla European mortgage federation e relativi a fine 2020 si spinge oltre il 90%, con punte oltre il 100% in Francia e Spagna.
Si arriva alla stessa conclusione analizzando lo stock di mutui, il valore dei finanziamenti in essere. In Italia è pari a 391 miliardi rispetto ai 1.136 miliardi di Francia e ai 1.666 del Regno Unito, due Paesi comparabili per popolazione. Spostandoci in Germania, anche se ha 20 milioni di abitanti in più (+25%), il confronto stride comunque dato che la terra dove la parola «debito» si confonde con la parola «colpa» (difatti «schuld» vuol dire entrambe le cose) ha uno stock di mutui quattro volte superiore.
Debito pubblico e debito privato
In sostanza gli italiani utilizzano molto meno la leva del debito privato rispetto ai vicini, magari più virtuosi (si veda la Germania e il suo 60% di debito/Pil pre-pandemico) se l’asse si sposta sulle finanze pubbliche. Ma chi sta sbagliando? Quei Paesi che sono formiche nel pubblico e cicale nel privato, oppure gli italiani, cicale in pubblico e formiche in privato? Per quanto possa sembrare controintuitivo in realtà in passato era piuttosto normale aspettarsi una relazione inversa tra debito pubblico e debito privato. Perché nel momento in cui il debito pubblico – per larga parte espresso attraverso titoli obbligazionari emessi dallo Stato – si trasforma in credito privato quando viene acquistato dai cittadini/investitori è evidente che il peso delle passività domestiche cala.
Oggi però le proporzioni stanno cambiando. La quota di BTp direttamente in mano alle famiglie è scesa drasticamente: siamo sotto il 5% rispetto al 20-30% degli anni Ottanta. Compriamo meno BTp che in passato (anche perché da tempo non offrono rendimenti accettabili) ma continuiamo a mantenere un atteggiamento guardingo quando c’è da utilizzare la leva finanziaria. Come si spiega questo atteggiamento?
Tutti i risparmi nella casa.
«Molto dipende da una vecchia mentalità, ancora radicata, che ha portato tanti ad investire tutti i risparmi nella casa. Questi risparmi poi si tramandavano con l’eredità rendendo meno necessario l’indebitamento per comprare una nuova casa – spiega Alessio Santarelli, direttore generale per la divisione broking di MutuiOnline.it -. Questa mentalità però è permeata così tanto che anche chi oggi si trova a dover acquistare una nuova casa, cerca di utilizzare il più possibile la propria liquidità e il meno possibile quella offerta dalla banca. Lo dimostra il fatto che solo il 54% delle compravendite immobiliari è oggi sostenuta da un mutuo. Inoltre – prosegue Santarelli – tra i Paesi europei siamo quelli che chiedono i mutui più bassi, con un loan to value di poco superiore al 60% a fronte di una media europea superiore all’80%».Insomma, pare che ci portiamo dietro un vecchio mindset, non più adeguato ai tempi moderni, quelli in cui i tassi sono straordinariamente bassi e i prezzi delle case, fatto 100 il valore nel 2010, valgono 78.
Educazione finanziaria, siamo dietro lo Zimbabwe.
«Oggi, abbinando il concetto di mutuo a quello di investimento, è possibile difatti stipulare un mutuo a tasso 0 – sottolinea l’esperto di MutuiOnline.it -. Ma molti non lo sanno. E questo è un problema di cultura finanziaria». Su questo fronte le statistiche sono impietose. Secondo una nota ricerca a «quattro mani» di Standard and Poor’s e Banca mondiale l’Italia si colloca al 63esimo posto nel mondo in termini di educazione finanziaria, dietro lo Zimbabwe. Se ci si sposta sui giovani studenti il quadro migliora, ma resta comunque opaco dato che l’indagine Pisa dell’Ocse su un campione di 20 Paesi europei posiziona l’Italia tra il 12esimo e il 13esimo posto. Sul lato mutui, l’educazione finanziaria «svela» che i tassi sono oggi tra i più bassi in Europa con un Taeg medio dell’1,25% (dati European mortgage federation).
Il mutuo e gli investimenti.
«Ciò vuol dire che se si guarda agli investimenti e ai mutui in modo congiunto è possibile chiedere, utilizzando la leva dell’ipoteca che permette di accedere al denaro a costi inferiori rispetto a un comune prestito, una liquidità aggiuntiva non da destinare alla casa ma agli investimenti», spiega Santarelli. «E con i frutti dell’investimento si può ridurre, fino ad abbattere, la quota interessi sul mutuo».
Insomma, date le condizioni di mercato, il mutuo potrebbe essere visto anche come un’occasione storica per accedere a costi bassissimi a una fonte di liquidità da utilizzare per gli investimenti. Se ci si focalizza solo sul debito non si riesce a compiere quel salto di mentalità su cui altri Paesi vicini, più preparati dal punto di vista finanziario, si sono elevati. «Questo non vuol dire che bisogna correre a super-indebitarsi. Tutt’altro – conclude Santarelli -. Ma allo stesso tempo conservare un atteggiamento da formiche, in questa fase storica ancora di più, è un’occasione sprecata per migliorare la qualità della vita».
ILSole24Ore