sabato 9 ottobre 2021

Fisco, Draghi chiede consigli a B. condannato per frode. - Gianluca Roselli e Giacomo Salvini

 

La telefonata del premier al leader di Forza Italia.

Non potevano incontrarsi di persona causa acciacchi di salute e quindi si sono sentiti al telefono. Dopo il faccia a faccia con Matteo Salvini, ieri mattina il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha chiamato Silvio Berlusconi. Un colloquio che a Palazzo Chigi definiscono “lungo e cordiale” in cui si è parlato di riforma fiscale, legge di Bilancio e delle prossime riforme in cantiere a partire da quella sulla concorrenza. Non sarà l’ultimo colloquio che il premier avrà sul cronoprogramma per rispettare i tempi del Pnrr: nei prossimi giorni sentirà anche gli altri leader del governo, Giuseppe Conte ed Enrico Letta. Draghi ha capito che il dialogo con i capi delegazione dei partiti non basta più e vuole curare anche i rapporti con i leader: qualcuno ipotizza che sia un modo per preparare la sua ascesa al Quirinale. Allo stesso tempo la telefonata di Draghi di ieri ha anche l’obiettivo di mandare un messaggio a Salvini che giovedì era uscito dall’incontro di Chigi soddisfatto per aver ottenuto la possibilità di incontrare il premier “una volta a settimana”.

E invece ieri il presidente del Consiglio, sentendo Berlusconi, ha fatto capire che il dialogo con i leader sarà la nuova routine e che non c’è nessun favoritismo riservato al leader della Lega. Non solo: nella nota di Palazzo Chigi si fa anche sapere che Draghi e Berlusconi hanno “condiviso il percorso avviato sulla delega per la riforma fiscale”. E così è stato: il leader di Forza Italia ha detto sì alla legge delega che contiene anche la riforma del catasto approvata martedì, confermando il voto favorevole dei ministri Brunetta, Carfagna e Gelmini. Un passaggio che aveva provocato lo strappo della Lega che non ha votato in Cdm e che continua a creare tensioni nel Carroccio con Salvini che ancora ieri chiedeva al premier di impegnarsi “per iscritto” a non aumentare le tasse. Su quel versante il leader della Lega non ha ottenuto niente da Draghi e così oggi il premier ha chiesto la legittimazione di Berlusconi anche per mettere all’angolo il leader del Carroccio. Secondo fonti forziste, l’ex Cavaliere al premier ha chiesto rassicurazioni anche sulla manovra di bilancio, che sia “il più possibile espansiva” per favorire la crescita, a partire dal Superbonus. Ma nella telefonata c’è stato un momento anche più politico, con Berlusconi che ha tenuto a far sapere a Draghi che il sostegno al suo governo “fa bene a Forza Italia”. E che la linea del suo partito è quella di “rivendicare i successi del suo esecutivo”. “Con Draghi FI è tornata centrale nel dettare l’agenda”, dicono i berluscones. Cosa ben diversa dalle truppe davanti a Palazzo Chigi schierate da Salvini, che però, come si è visto nelle urne, è in continua emorragia di consensi. E le critiche forziste di queste ore alla strategia di Meloni e Salvini su campagna elettorale e scelta dei candidati non aiuta certo a rasserenare il clima nel centrodestra. Anzi. Dopo una serie di complimenti e elogi reciproci (il premier ha invitato Berlusconi a Roma quando si sarà rimesso al cento per cento), poi, i due sono scesi nel dettaglio del provvedimento più spinoso. Sulla riforma del fisco, Berlusconi ha confermato le posizioni dei suoi ministri (“per noi va bene) ma ha chiesto la garanzia a Draghi che “non ci sarà un aumento di tasse”.

Il leader di FI avrebbe preso le distanze anche dal riottoso Salvini: “Noi siamo responsabili, in questo momento ci vuole stabilità – sono state le parole di Berlusconi – il governo deve andare avanti e noi lo sosterremo lealmente fino in fondo”. Un breve focus sui prossimi passaggi che impegneranno il governo – la riforma della concorrenza e la legge di Bilancio – e i saluti finali. Se da Palazzo Chigi hanno reso nota la conversazione, è scoppiato un piccolo caso in Forza Italia visto che da Arcore non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale. Motivo: il partito è spaccato tra l’ala liberal rappresentata dai ministri e quella più filo leghista rappresentata da Antonio Tajani e Licia Ronzulli che hanno un po’ da ridire sulla riforma del catasto. Berlusconi ha deciso di non spaccare ancora il partito evitando di esporsi. Nel frattempo Giancarlo Giorgetti fa il pompiere: “Se Salvini e Draghi sono contenti, io sono felice. Ora è tornato il sereno”.

ILFQ

Brescia è in Ungheria. - Marco Travaglio

 

Non auguro a Piercamillo Davigo di finire sotto processo per rivelazione di segreto a Brescia, dove peraltro è un habitué. Però, da spettatore, non vedo l’ora di assistere a un processo che si annuncia meglio di uno spettacolo di cabaret. L’accusa, nell’avviso di conclusione delle indagini che prelude alla richiesta di giudizio, è nota: nell’aprile 2020 Davigo, allora al Csm, suggerì al pm milanese Paolo Storari di scrivere ai capi il suo dissenso per la mancata iscrizione dei reati emersi dai verbali dell’avvocato esterno dell’Eni Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria, datati dicembre 2019. Poi se ne fece consegnare una copia Word per segnalare il tutto al Csm, visto che Amara ne accusava due consiglieri. Cosa che fece a maggio, avvertendo il vicepresidente Ermini e gli altri due membri del Comitato di presidenza, Curzio e Salvi, cinque consiglieri, le sue due segretarie e il presidente dell’Antimafia (tutti tenuti al segreto d’ufficio, purtroppo violato – secondo l’accusa – da una delle segretarie).

In base a una circolare del Csm, Davigo ritiene che il segreto non sia opponibile ai membri del Csm e che trasmettere quelle carte per le vie ufficiali avrebbe significato avvisare tutti i consiglieri, compresi i due accusati da Amara. Infatti il Pg Salvi – titolare dell’azione disciplinare – non gli contestò alcuna violazione, anzi chiamò il procuratore di Milano, Greco, che iscrisse gl’indagati del caso Ungheria. Ora i pm bresciani accusano Davigo di aver violato il segreto insieme a Storari, ma solo un po’: non quando avvisò Curzio e Salvi; solo quando avvertì il terzo membro del Comitato di presidenza, Ermini, e tutti gli altri. Ma, se il segreto fosse intermittente, sarebbe un guaio pure per Ermini. Che corse ad avvertire Mattarella, presidente del Csm. E neppure Mattarella obiettò nulla, né il suo consigliere giuridico Erbani, che parlò della cosa con Davigo qualche settimana dopo. Se Davigo viola il segreto avvertendo Ermini, come fanno a non violarlo Ermini avvisando Mattarella e chi poi avvisa Erbani? Ermini, sentito a Brescia come testimone (ma non violò anche lui il segreto?), conferma che si fece pure consegnare da Davigo le copie dei verbali di Amara, ma poi le distrusse inorridito. E qui i pm dovrebbero sobbalzare: se quelle carte erano la prova del reato di Davigo, Ermini distruggendole commise favoreggiamento e andrebbe sentito come indagato, non come teste. Per molto meno (non aver iscritto Vannoni nell’inchiesta Consip), Woodcock finì davanti al Csm vicepresieduto da Ermini. Che ora potrebbe doversi occupare dei pm bresciani che non iscrissero Ermini indagando sui pm milanesi che non iscrissero il caso Amara. Non so voi, ma io per un processo così pagherei pure il biglietto.

ILFQ

Fine lavori, Sal e spese al 31 dicembre: le tagliole per 110% e bonus ordinari. - Cristiano Dell’Oste e Giorgio Gavelli

 

(Illustrazione Giorgio De Marinis)

In attesa di eventuali proroghe chi ha cantieri in corso deve prepararsi.

Come ogni anno, l’incertezza sulla proroga dei bonus edilizi innesca il problema della “fine lavori”. Stavolta, però, ci sono diverse variabili in più:

il superbonus del 110% è già confermato oltre il 31 dicembre (sia pure con scadenze differenziate);

tutti gli altri bonus ordinari sono in scadenza il prossimo 31 dicembre, compresi l’ecobonus sulle parti comuni e il sismabonus in versione “non 110%”, confermati per il quinquennio 2017-21. Fa eccezione il 50% (articolo 16-bis del Tuir), che anche senza proroga è a regime come 36% fino a 48mila euro per unità;

il 31 dicembre scade la possibilità di optare per la cessione o lo sconto in fattura dei bonus “non 110%”.

Le proroghe sono senz’altro auspicabili, ma non saranno formalizzate in fretta. E chi ha i cantieri in ballo deve regolarsi. Anticipiamo subito che la soluzione varia a seconda del bonus, del soggetto (per i condomìni e le imprese si veda l’articolo in basso) e non è scolpita nella pietra, perché le istruzioni sono spesso lacunose.

Bonus 50% e facciate.

Partiamo dal caso più semplice, quello del 50% e del bonus facciate senza caratteristiche ecobonus. Per i “privati” si è sempre fatto riferimento alle spese sostenute nel periodo agevolato, senza necessità di raggiungere, entro la scadenza, né un determinato Sal né la fine lavori. Si detrae ciò che si è pagato nei termini, a prescindere che corrisponda o meno all’entità dei lavori realizzati; i pagamenti successivi beneficeranno delle detrazioni o saranno cedibili/scontabili secondo le regole che saranno in vigore in quel momento.

Anche la recente risposta ad interpello Dre Liguria 903-521/2021 va in questa direzione, aggiungendo un tassello importante: ciò vale anche in caso di sconto in fattura. Ad esempio, a fronte di una spesa fatturata di 1.000 con sconto 90%, pagare 100 entro il 31 dicembre “blinda” l’intero bonus, anche se i lavori finiranno in seguito. È una conclusione agevolata dal fatto che queste detrazioni – anche laddove trasferite a terzi – non richiedono alcuna particolare asseverazione o visto di conformità, e lo stesso Mef (risposta a question time del 7 luglio 2021 n. 5-06307) ha affermato che c’è completa indipendenza dai Sal effettivi. Questa soluzione vale a maggior ragione in caso di cessione del credito.

Certo, resta la questione che anticipare importi per lavori non ancora realizzati è un rischio, da gestire a livello contrattuale con adeguate garanzie (il cui onere non è tuttavia detraibile). Non va, poi, dimenticato che se i lavori non vengono terminati non si raggiunge l’obiettivo per cui il legislatore ha previsto l’agevolazione, e, quindi, salta il diritto a detrarre.

Ecobonus con asseverazione.

Per quanto riguarda i bonus caratterizzati da requisiti tecnici (ecobonus e mutatis mutandis sismabonus), essi prevedono una asseverazione, in corrispondenza della fine lavori o del Sal. Tuttavia, già l’articolo 4, comma 1-quater, del Dm 19 febbraio 2007 (efficace per i lavori iniziati sino al 5 ottobre 2020) prevedeva che il committente di lavori a cavallo di più periodi d’imposta potesse fruire della detrazione per le spese sostenute, attestando che i lavori non erano ultimati. La previsione non è presente nel nuovo Dm Requisiti del 6 agosto 2020, ma l’Enea (Faq 3E, ex 28, del 25 gennaio 2021) ha confermato la conclusione anche nel nuovo assetto normativo.

Si tratta di una detrazione sub judice, legata all’effettivo concretizzarsi dell’intervento (entro i tempi dettati dalle pratiche edilizie), per cui non sarà insolito che il fornitore che dispone lo sconto o l’acquirente del credito si facciano in qualche modo “attestare” l’intenzione di terminare l’opera, anche se le conseguenze fiscali negative di una eventuale mancata realizzazione graverebbero solo sul committente.

Detrazione in versione acquisti

Ci sono due bonus che nascono direttamente in capo all’acquirente dell’immobile: bonus acquisti ristrutturazione (articolo 16-bis, comma 3, del Tuir) e sismabonus acquisti (articolo 16, comma 1-septies, Dl 63/2013, anche maggiorato al 110%). In questi casi, l’Agenzia è ferma nel richiedere, entro il termine di scadenza della detrazione, sia il sostenimento delle spese sia la stipula dell’atto di acquisto dell’immobile (circolare 30/E/2020). Il che, pensando a quanto tempo manca, rispettivamente, al termine del 31 dicembre prossimo e del 30 giugno 2022 (scadenza “base” per il 110%), fa sembrare quasi una beffa il fatto che il Dl Semplificazioni (articolo 33-bis del 77/2021) abbia portato a 30 mesi il precedente periodo di 18 mesi dalla fine lavori per l’alienazione dell’unità immobiliare.

Superbonus.

Più tempo a disposizione, ma anche maggiori vincoli, per il superbonus. Anche l’uso diretto della detrazione richiede l’asseverazione, a cui è necessario aggiungere il visto di conformità se si fa cessione o sconto in fattura. Queste ultime due soluzioni, inoltre, hanno un preciso radicamento con i lavori realizzati: l’articolo 121 del Dl 34/2020 (comma 1-bis) fissa il limite massimo di due Sal almeno del 30% ciascuno. E resta il nodo di chi non raggiunge il 30% nel 2021 pur avendo anticipato spese rilevanti.

Le spese per i lavori trainati dal 110% hanno poi un vincolo in più: devono essere ricomprese tra la data di inizio e quella di fine lavori degli interventi trainanti (Dm Requisiti, articolo 2, comma 5). Attenzione quindi a non accelerare troppo la fine lavori, magari per cedere il credito, altrimenti il saldo dei lavori trainati sarà fuori dal 110 per cento.

Le situazioni possibili.

1. Detrazioni ordinarie e Sal differenti.
Un condominio esegue lavori sulla facciata esterna (agevolati al 90%) e l’amministratore ne paga i 2/3 entro il 31 dicembre 2021, insieme a lavori sulla facciata interna (detraibili al 50%), pagati per 1/3: nelle dichiarazioni dei redditi 2022 si può detrarre la quota di ciascun bonus pagata nel 2021.

2. Pagamenti per il superbonus inferiori al 30% in un anno.
Il proprietario di una villetta avvia un intervento di 110% ecobonus. Nel 2021 paga solo il 20% della spesa e i lavori si fermano al 20% del Sal: secondo la Dre Veneto (interpello 907-1595/2021) non può fare cessione né sconto in fattura, ma deve usare la prima rata del 110% in dichiarazione dei redditi.

3. Le spese sostenute nel corso del 2022.
Un privato sta ristrutturando un appartamento ma non riesce a completare i lavori nel corso del 2021 e non vuole pagare in anticipo l’impresa. Prevede di pagare 22mila euro nel 2022: salvo proroghe, la spesa sarà detraibile al 36% (entro il massimale di 48mila euro, scomputando le spese 2021).

Non sblocca la cessione il Sal raggiunto nel 2022.

Per cedere il credito d’imposta del 110% (o fare lo sconto in fattura) è necessario che le spese sostenute e lo stato avanzamento lavori siano pari almeno al 30% in uno stesso periodo d’imposta. Un interpello inedito della Direzione regionale delle Entrate del Veneto (prot. 907-1595/2021) sembra chiudere la porta alle speranze di molti ritardatari.

Detto diversamente, chi si troverà a pagare una frazione delle spese agevolate entro il prossimo 31 dicembre, dovrà realizzare lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo, altrimenti potrà solo usare la prima rata del superbonus sotto forma di detrazione nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2022 (salvo poter cedere le rate successive). Niente da fare neppure per chi centrerà la soglia del 30% dopo il 31 dicembre, ma prima del termine per comunicare l’opzione alle Entrate (16 marzo, salvo proroghe).

Se le conclusioni raggiunte dalla Dre Veneto (basate sul testo del provvedimento dell’8 agosto 2020) verranno confermate, l’asseverazione del tecnico dovrà “fotografare” un Sal di almeno il 30% (o un secondo Sal di almeno il 60%) raggiunto al 31 dicembre. Mentre il visto dovrà attestare le spese sostenute nell’anno precedente (senza percentuale minima), perché, in assenza di spese, non sorge la detrazione. Sia l’asseverazione sia il visto dovrebbero poter essere rilasciati anche nell’anno successivo, purché entro il termine per l’invio della comunicazione.

Più semplice il compito di chi non vuol cedere ma solo detrarre. Serve l’asseverazione (non il visto) e non c’è Sal minimo da raggiungere.

Tutto questo si replicherà al sopraggiungere delle scadenze finali del superbonus, in corrispondenza delle quali andrà attestata la fine lavori o il raggiungimento del Sal “qualificato”.

Versioni «eco» e «sisma» con avanzamenti separati.

Via libera ai conteggi autonomi per individuare lo stato avanzamento lavori del 30% necessario alla cessione del credito. Lo dice la Direzione regionale delle Entrate del Veneto, con l’interpello inedito 907-1595/2021, confermando una interpretazione emersa tra gli operatori nei mesi scorsi. Si legge nella risposta: «Si ritiene che (...) sia consentito, separatamente per ciascuno dei due interventi “Superbonus” (efficientamento energetico e antisismici) applicare la regola del Sal (30 per cento minimo per ogni stato avanzamento)».

Il quesito riguarda un immobile su cui vengono eseguiti lavori agevolati dal 110% in versione “eco” e in versione “sisma”. In pratica, l’Agenzia consente riscontri separati: ad esempio, se a fronte di una spesa di 1.000 per ciascuno dei due interventi nel 2021 viene pagato 350 per il superbonus “sisma” e solo 100 per quello “eco”, la cessione o lo sconto in fattura è possibile per il 110% “sisma” e non per quello “eco” (al contrario, se il conteggio fosse unico, non sarebbe possibile cedere nessuno dei due bonus, perché il 30% di 2.000 è 600 e la spesa solo 450). La risposta delle Entrate è coerente con il fatto che i due tipi di superbonus richiedono asseverazioni diverse.

L’interpello non affronta i lavori trainati. È ragionevole, comunque, considerare che questi interventi vadano inseriti nella base di calcolo su cui determinare il Sal, ad esempio includendo il cambio delle finestre nella spesa per il 110% in versione “eco” (anche perché inclusi nella stessa asseverazione del lavoro trainante).

Le imprese seguono il criterio di competenza

Per i privati il concetto di «spesa sostenuta» si lega alla data di effettuazione del bonifico tracciato, così come per tutti i soggetti che seguono “la cassa” (esercenti arti e professioni, enti non commerciali).

Per le imprese, invece, comprese quelle minori che seguono un regime solo “improntato” alla cassa (circolare 24/E/2020), si segue il criterio di competenza, vale a dire l’articolo 109 del Tuir, ossia «la consegna o spedizione» per i beni mobili e «l’ultimazione della prestazione» per i servizi. Riteniamo che anche in questo caso debba essere riconosciuta efficacia ai Sal accettati e liquidati dal committente in via definitiva, in base all’articolo 1666 del Codice civile, così come da tempo l’Agenzia ha sostenuto per i crediti d’imposta sugli investimenti.

Ciò significa che le imprese devono fare riferimento ai “lavori realizzati” (nel senso di accettati e ultimati) indipendentemente dai movimenti finanziari. Nella inevitabile complessità che ciò comporta, tuttavia, il fatto che la competenza contabile sia meglio ancorata agli “step” di esecuzione dei lavori rispetto “alla cassa” potrebbe risultare di più facile gestione per gli uffici amministrativi, con meno rischi di pagamenti anticipati per accelerare il bonus.

Per spese sostenute da soggetti diversi dalle imprese e dagli enti commerciali relative a interventi sulle parti comuni degli edifici, rileva la data del bonifico effettuato dal condominio, indipendentemente dalla data di versamento della rata condominiale da parte del singolo condòmino. È questa, quindi, la data a cui fare riferimento per verificare se si è rispettato il termine per fruire dell’agevolazione, fermo restando che il condòmino non avrà diritto a fruire del bonus fino a quando non avrà versato al condominio quanto dovuto per i lavori.

ILSole24Ore

Calabria ultima nella Ue per occupazione entro tre anni dalla laurea.

 

Solo 37,2% degli occupati a fronte di 59,5% in Italia e 81,5% medio nell'Unione Europea.


Ci sono due regioni italiane tra le tre peggiori per occupazione di giovani laureati a tre anni dal titolo: nel 2020 - secondo gli ultimi dati di Eurostat che ha pubblicato il libro sulle regioni nel quale si affronta anche il tema dell'istruzione e del lavoro - in Italia entro tre anni dalla laurea risulta occupato appena il 59,5% dei giovani tra i 20 e i 34 anni, a fronte dell'81,5% della media Ue a 27. In Calabria la percentuale è in calo al 37,2%, mentre in Sicilia è al 38,3%.

La terza regione peggiore è in Grecia. La regione che fa meglio è quella dello Schwaben, in Germania, col 97,6%, in crescita rispetto al 2019.

ANSA

venerdì 8 ottobre 2021

Rischio stagflazione, cos’è e perché torna d’attualità? - Riccardo Sorrentino

 

(ilustrazine Giorgio De Marinis)

Come negli anni 70, uno shock sull’offerta che fa alzare tutti i prezzi si potrebbe trasformare, attraverso le aspettative, in un mix infausto di inflazione e recessione.

Torna d'attualità “la parola con la S”. Una di quelle che si fa fatica a pronunciare, come l'altra “la parola con la R”, la recessione. La stagflazione, inflazione elevata più recessione, sembrava aver abbandonato le economie negli anni 80, quando dopo la crisi petrolifera aveva tormentato i sonni, le retribuzioni e i risparmi dei cittadini di tutto il mondo avanzato.

Problemi dal lato dell'offerta.

Allora come oggi una crisi dal lato dell'offerta - 50 anni la riduzione della produzione del petrolio, oggi le difficoltà di approvvigionamento di materie prime e semilavorati - sta scuotendo le economie. Le esportazioni di Eurolandia - ha notato la presidente della Bce Christine Lagarde al Forum di Sintra - sarebbero state superiori dell'8% se non ci fossero state le strozzature nell'offerta.

Solo un rischio.

Al momento, la stagflazione è solo un rischio. L'inflazione, nelle proiezioni delle banche centrali - che, al di là della loro correttezza, segnano le politiche monetarie - appare ancora come temporanea, destinata rapidamente a rientrare. Molti invitano a guardare cosa è successo ai prezzi del legno, scivolato rapidamente dopo i forti rialzi iniziati a novembre 2020 e terminati solo a maggio scorso. Lagarde ha invitato a guardare al Giappone dopo Fukushima: allora la produzione tornò alla normalità dopo sette mesi, in Eurolandia potrebbe prendere più tempo.

Aspettative sotto controllo. 

Anche le aspettative di inflazione sono sotto controllo: puntano - come ha ricordato il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco nel suo intervento alle Giornate di economia “Marcello De Cecco” - al 2,8% in un orizzonte temporale di un anno, scendono intorno all'1,8% nel medio-lungo periodo, che è quello rilevante per la politica monetaria. «C'è ancora un po' di distanza dal nostro obiettivo simmetrico del 2%», ha commentato Lagarde a proposito degli stessi dati. Secondo Francesca Caselli e Prachi Mirsa, del Fondo monetario internazionale, le aspettative di inflazione di 14 Paesi, misurate dai break even sui bond - gli spread tra titoli non indicizzati e quelli protetti da inflazione - sono rimaste ben ancorate all'obiettivo (o più in basso) durante tutta la fase pandemica.

Retribuzioni sotto controllo.

È però sotto attenta osservazione, e in tutto il mondo, l'andamento delle retribuzioni e delle richieste salariali nelle trattative sindacali. Prezzi più alti, anche se limitati ad alcuni settori, anche se limitati nel tempo, comportano una riduzione dei salari reali, del potere d'acquisto delle famiglie e quindi dei consumi e della crescita (cambia anche il “paniere” dei consumi).

La spirale prezzi-salari-prezzi.

Le famiglie, chiedendo stipendi più alti per compensare le loro perdite, potrebbero allora scatenare il più temuto degli effetti: una spirale prezzi-salari-prezzi con una concomitante crescita bassa, per i maggiori costi, fino alla recessione. La stagflazione, appunto. La cura, soprattutto in una fase in cui la politica monetaria dovrebbe restare espansiva a lungo, sarebbe dolorosissima. Come lo è stata negli anni 70 - durò una decina d'anni - forse di più.

Usa tranquilli.

Al momento nessuno, nel mondo dei decisori, nomina la parola stagflazione. Negli Stati Uniti, i banchieri centrali appaiono relativamente tranquilli: il mercato del lavoro è lì più flessibile. «Una volta che i vincoli creati dal Covid svaniranno - ha detto Lael Brainard, del board della Fed - non vedo ragioni perché il mercato del lavoro non debba essere forte come, o più forte, prima della pandemia. La nostra forward guidance sulla massima occupazione e sull'inflazione media pone una soglia molto più alta per il rialzo dei tassi ufficiali che per il rallentamento del ritmo degli acquisti di titoli».

Eurolandia inquieta.

In Eurolandia, dove permangono in alcuni Paesi meccanismi di indicizzazione dei salari, Lagarde ha dedicato un intero discorso ai nuovi trend di domanda, offerta e di politica ecologica che potrebbero portare in altro l'inflazione, ma non ne ha tratto implicazioni di politica monetaria, che avrebbero creato malintesi, sui tempi e sulle intenzioni della Bce.

Impatto strutturale sui prezzi.

Luis de Guindos, vicepresidente della Bce europea, ha però espresso qualche contenuta preoccupazione: «Questo aumento dell'inflazione - ha detto in Spagna - non risponde soltanto a effetti di base (puramente statistici, ndr), ma è anche una componente che avrà un impatto più strutturale», come strozzature nelle forniture, distorsioni nei mercati dei prodotti e dei servizi, più alti costi dell'energia. «Tutto questo sta avendo un impatto che va al di là di quanto ci aspettavamo solo qualche mese fa».

Umiltà e vigilanza.

De Guindos ha rassicurato: «Nel mercato del lavoro non abbiamo visto aumenti rilevanti, per il momento. Dobbiamo però essere attenti e cauti perché le trattative sui salari stanno solo iniziando e la percezione dell'inflazione diventa sempre più evidente con il passare del tempo». Non diversamente aveva detto il governatore irlandese Gabriel Makhlouf, il quale - pur considerando esagerati certi timori sull'inflazione - aveva ricordato che «noi dobbiamo interpretare i dati (sull'inflazione, ndr) e i risultati dei nostri modelli con cautela. Umiltà e vigilanza sono necessarie in modo da poter reagire se le condizioni cambieranno». Se l'alta inflazione dovesse diventare permanente, ha detto, la politica monetaria dovrebbe prenderne atto.

Il nodo dei debiti.

Si aprirebbe una stagione difficile. A causa della pandemia - alcuni Paesi anche nei mesi e negli anni precedenti alla diffusione del virus - i governi stanno seguendo politiche fiscali espansive che hanno gonfiato l'indebitamento. Il sostegno della politica monetaria ha però permesso di contenere molto il carico degli interessi, a livelli inimmaginabili in precedenza.

Un bivio sgradevole.

L'idea - sostenuta per prima dall'Ocse, l'organizzazione delle economie avanzate - è di riportare alla normalità la politica fiscale e quella monetaria in modo molto graduale, in modo da evitare i problemi che si sono presentati proprio in Eurolandia dopo la crisi fiscale scoppiata nel 2010. Se le banche centrali fossero costrette invece a contrastare un aumento dei prezzi con un orientamento più restrittivo, i governi (e le imprese) si troverebbero in difficoltà; mentre se decidessero di concedere loro un po' di spazio in più, potrebbero incontrare difficoltà le famiglie “a reddito fisso” e i risparmiatori già colpiti dai tassi bassi.

Tema caldo su Google.

Il tema inizia a diventare “caldo”, su Internet. Su Google, le ricerche del termine stagflation, in tutto il mondo, avevano raggiunto il minimo dell'anno nella settimana tra il 7 e il 14 agosto (l'indice era a quota 24) mentre è ora, dopo una rapidissima crescita al massimo (fissato a 100) dal 2004 a oggi. Il precedente picco, a maggio, era stato a quota 70.

Strozzature «a ondate».

Il timore è che le strozzature nelle forniture - complici anche le varianti del Coronavirus e l'ineguale distribuzione dei vaccini nel mondo - possano susseguirsi a ondate, interessare un settore dopo l'altro. È un rischio su cui ha richiamato l'attenzione in diverse pubblicazioni di metà settembre Mohamed El-Erian, presidente del Queen College. Le difficoltà dell'offerta «possono durare uno o due anni, se non più», ha scritto; e potrebbero ora soffiare «venti stagflazionistici sull'economia globale che non sono familiari per chi non ha vissuto negli anni 70».

Spese per infrastrutture.

El-Erian propone che le spese pubbliche - il suo riferimento è al piano di Joe Biden - siano indirizzate ad aumentare crescita e produttività e quindi alle infrastrutture fisiche; mentre le banche centrali si occupano dell'inflazione e delle aspettative e le autorità finanziarie globali si coordinano per ridurre l'assunzione di rischi, soprattutto da parte degli operatori non bancari.

Le previsioni di Roubini.

A sollevare il tema, a fine agosto, è stato però - ancora una volta - Nouriel Roubini. «Si può ora argomentare che una stagflazione moderata è in corso», aveva scritto su Project Syndicate. Ricordando un fatto importante: negli anni 70-80, i debiti (pubblici e privati) in rapporto al Pil erano molto più bassi di oggi.

IlSole24Ore

730, obbligo di tracciabilità ed effetto Covid: così calano bonus e redditi. - Cristiano Dell’Oste e Giovanni Parente

 

(Illustrazione di Giorgio De Marinis)

Secondo la Consulta dei Caf l’imponibile scende dell’11% .Persi 78 euro medi di spese mediche detraibili. Giù gli sconti per scuola e figli.

Quasi 2.700 euro di reddito perso nell’anno della pandemia: -11,2 per cento. E un taglio netto alle detrazioni fiscali: 78 euro in meno di spese mediche – in media – abbinato a un calo del 3% dei beneficiari. I modelli 730 presentati quest’anno fotografano l’effetto combinato del Covid e dell’obbligo di pagamento tracciabile scattato dal 2020. Un doppio fattore che ha generato la prima riduzione delle tax expenditures dopo anni di annunci, come emerge dai dati sui modelli 730/2021 elaborati dalla Consulta nazionale dei Caf per Il Sole 24 Ore del Lunedì.

La «cassa» pesa sui redditi.

La perdita di reddito (2.697 euro in meno rispetto ai 730 presentati nel 2020) dipende soprattutto dal boom della cassa integrazione durante il 2020. Anche perché il grosso dei 18 milioni di dichiarazioni dei redditi gestite dal sistema dei Caf riguarda lavoratori dipendenti e pensionati.

E se è vero che non c’è stato un picco di licenziamenti e dimissioni, i modelli 730 sono un po’ come i dati sulla fattura elettronica per i titolari di partita Iva: un termometro dell’impatto della crisi economica.

Impatto che si vede anche dall’aumento dei contribuenti che hanno scelto di farsi accreditare il rimborso fiscale dall’agenzia delle Entrate anziché dal proprio datore di lavoro. Erano il 7,2% due anni fa, quest’anno sono arrivati all’11,2% sul totale dei modelli inviati dai Caf. Ciò non significa che tutti questi lavoratori siano rimasti senza un sostituto d’imposta, ma indica una chiara preferenza (vuoi perché il sostituto è incapiente, vuoi perché è in difficoltà con i pagamenti).

I pagamenti in contanti.

Non dipende solo dalla pandemia il calo delle detrazioni nei modelli 730 di quest’anno. Certamente ci sono persone che hanno rinviato visite mediche o piccoli interventi non urgenti. Così come molte mense scolastiche o asili nido hanno ridotto o rimborsato le rette. E lo stesso vale per le attività sportive dei ragazzi, a lungo impossibili durante i periodi di lockdown e zona rossa. Ma dall’inizio del 2020 è scattata anche la regola secondo cui le spese detraibili al 19% sono agevolate dal Fisco solo se pagate con strumenti diversi dal contante (con alcune eccezioni come i medicinali e le prestazioni presso strutture pubbliche o convenzionate).

Molti contribuenti non erano informati e hanno continuato a usare i contanti. Tant’è vero che la Consulta nazionale dei Caf ha chiesto di rinviare di 12 mesi la stretta. Ma le esigenze di gettito hanno impedito di accogliere la richiesta e ora i primi effetti si vedono nei 730, anche se è impossibile separarli dalle ricadute della pandemia.

Il risparmio per l’Erario, comunque, è evidente. I 78 euro medi di minori spese mediche detraibili – uniti al calo del 3% dei beneficiari – si traducono in una diminuzione della detrazione usata dai cittadini: 164,6 milioni di euro di bonus in meno. E questo solo riferendosi ai 730 inviati dai Caf, cui andranno aggiunti quelli gestiti dagli altri intermediari, quelli inviati tramite il fai-da-te e i modelli Redditi PF. Insomma, mentre la Nota di aggiornamento al Def conferma l’obiettivo di riordinare le agevolazioni nell’ambito della riforma fiscale, l’obbligo di tracciabilità dimostra di aver prodotto già un primo risultato. Anche se a pagare il conto potrebbero essere soprattutto i contribuenti più svantaggiati, che la riforma vorrebbe tutelare.

Non solo per la tracciabilità, l’effetto nelle dichiarazioni 2021 rischia comunque di essere molto consistente. Le minori detrazioni per spese scolastiche solo nei modelli dei Caf sono 20,8 milioni (80 euro e l’1,3% di beneficiari in meno). Quelle per le attività sportive dei ragazzi 3,4 milioni (25 euro e il 2,4% di beneficiari in meno).

ILSole24Ore

Caro Sallusti, provo a spiegartelo una volta per tutte, definitivamente: - Lorenzo Tosa

 

A un certo punto, in palese difficoltà e imbarazzo di fronte all’inchiesta di “Fanpage”, il direttore di “Libero” Alessandro Sallusti ha tirato fuori un classico della retorica della destra:

“Perché la sinistra non ha mai detto che il comunismo è stato il male assoluto?”

Come se il comunismo non solo fosse paragonabile al fascismo ma addirittura peggio.

Caro Sallusti, provo a spiegartelo una volta per tutte, definitivamente:

1. Perché sulla Costituzione italiana che dovresti conoscere a memoria c’è anche la firma di Umberto Terracini, fondatore e membro di spicco del Partito Comunista. E nessuna dei fascisti.

2. Perché l’Italia non ha mai avuto un regime comunista, mentre per un ventennio è stata soffocata, massacrata e, infine, distrutta da una delle dittature più feroci, razziste e sanguinarie della storia dell’uomo.

3. Perché, al netto di tutte le enormi storture e contraddizioni, il Manifesto di Marx ed Engels su cui poggia il comunismo era un ideale (tradito e forse utopistico) di riscatto ed emancipazione delle classi oppresse, mentre il fascismo e, in particolare il nazismo, si basano sull’idea stessa della superiorità di una razza su un’altra, sulla soppressione dei diritti elementari, sull’eliminazione fisica degli oppositori, degli ebrei, degli “impuri”, dei fragili, dei deboli, degli omosessauli, dei “diversi”.

4. Perché, se il fascismo in Italia è stato sconfitto e abbattuto, lo dobbiamo anche e soprattutto ai comunisti.

5. Perché, se questo Paese ha leggi e conquiste degne di un Paese civile (dal suffragio universale al divorzio, dall’aborto ai diritti dei lavoratori), lo dobbiamo anche ai comunisti.

6. Perché il fascismo e il nazismo sono durati circa un ventennio e sono inscindibili dai rispettivi regimi e dittatori, mentre il comunismo ha oltre 150 anni di Storia, si è diffuso in tutto il mondo, in Italia è stato per un secolo simbolo di civiltà, progresso, democrazia, uguaglianza, senza mai governare, e l’orrore prodotto dal comunismo al potere non è stata la sua essenza ma una catastrofica - e forse inevitabile - degenerazione.

Per tutte queste ragioni, equiparare fascismo e comunismo è in assoluto una sciocchezza storica.
Farlo in Italia, nel Paese di Gramsci e Berlinguer, è semplicemente una bestemmia.

E non te lo dice un comunista, solo uno che ha studiato la Storia.

È ora che lo facciate anche voi. Non è mai troppo tardi. 

Lorenzo Tosa - Fb 8.10.2021