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martedì 1 agosto 2023

Visibilia Viva. - Marco Travaglio

 

Siamo molto preoccupati per Giorgia Meloni. E non per quisquilie come la rivolta dei poveri senza più Reddito, il crollo del Pil, il boom di bollette, inflazione e benzina,
le gaffe e le chiome del fidanzato-mezzobusto: a questo e a molto altro c’è rimedio.
Ma per l’unico guaio davvero irreparabile e definitivo che sta per investirla, ben più letale dei cambiamenti climatici e a prova di negazionisti:
Renzi nella maggioranza.
I cimiteri della politica sono lastricati di lapidi degli altri sventurati premier che ebbero in sorte anche solo un fugace contatto con la mortifera e pestilenziale presenza:
Letta, a cui bastò il tweet “Enrico stai sereno” per schiantarsi dopo 9 mesi; Conte, del cui secondo governo il nostro fu l’ideatore e poi il killer; Draghi, che mai riuscì a liberarsi dello stigma di essere salito a Palazzo Chigi grazie a lui e infatti perse tutto,
il Quirinale e poi il governo; e Salvini, che dal Papeete rovesciò Conte per prenderne il posto con “pieni poteri” quand’era in love col Rignanese e ne fu fregato.
Senza dimenticare il Renzi medesimo, che si autosterminò portandosi rogna da solo col geniale referendum e, già che c’era, rase al suolo anche il Pd di cui era anche segretario.
Alla lista delle vittime s’è aggiunto ultimamente il povero Calenda, l’ultimo allocco a mettersi in casa l’impiastro.
La Meloni è furba e ha buona memoria, ma può farci poco.
Le avance renziane non basta rifiutarle: bisogna non meritarle.
E lei le merita tutte, da quando ha rottamato la destra sociale, legalitaria e sovranista per metter su quella asociale che fa la guerra ai poveri, s’inchina a Biden e agli eurofalchi, regala impunità ai ladroni e alla razza cafona di nuovi ricchi e vecchi parvenu: praticamente tutti i cavalli di battaglia del berlusconismo e del renzismo (che si distinguono per numero di voti: tanti per B., nessuno per R.).
Infatti i Renzi boys votano tutto il peggio del suo governo, che non ne ha bisogno e non chiede nulla, ma si ritrova Iv in maggioranza a sua insaputa.
E i renziani in pancia sono peggio della tenia, che ti s’insinua nell’intestino quando meno te l’aspetti e si mangia tutto.
Guai a ignorare i sintomi anche più trascurabili: tipo la cena dello scorso weekend al Twiga, rivelata dal Corriere, fra la Santanchè, l’ex marito Canio, il compagno Dimitri e i renziani Boschi, Bonifazi, Nobili con tutta la panza e Ruggieri, nipote di Vespa e direttore responsabile del Riformista (quello che prende le querele per Renzi),
a cui Visibilia fornisce la pubblicità.
Il tutto due giorni dopo il voto sulla Santanchè, che Iv ha respinto sostenendo che sfiduciarla era farle un favore. Invece cenare da lei è farle un dispetto.
Chi ancora pensa che Renzi punti a FI si aggiorni: punta alla Meloni col progetto Fratelli d’Italia Viva.
Lei porta i voti, lui la sfiga.

martedì 4 maggio 2021

Report indaga su Renzi, Italia Viva tira fuori un falso dossier. Era finito anche nelle mani di Bechis, di Minzolini e del Foglio. - Clemente Pistilli

 

Un tempismo perfetto. Ieri, nello stesso giorno in cui Report ha mandato in onda l’incontro a dicembre in autogrill, nel pieno della crisi di governo, tra Matteo Renzi e lo 007 Marco Mancini, il renziano Luciano Nobili ha presentato un’interrogazione al ministro dell’economia e finanze Daniele Franco su “una presunta fattura da 45mila euro ad una società lussemburghese” che la trasmissione di approfondimento diretta da Sigfrido Ranucci avrebbe pagato “per confezionare servizi contro Renzi”. Un’accusa che lo stesso Ranucci rispedisce subito al mittente.

Report indaga su Renzi, Italia Viva tira fuori un falso dossier.

“Si tratta di un falso dossier che gira da due mesi”, assicura il conduttore. L’esponente di Italia Viva, in una nota con cui ha annunciato l’interrogazione, ha sostenuto che vuole “vederci chiaro e capire se soldi pubblici sono stati utilizzati per pagare informatori allo scopo di costruire servizi confezionati per danneggiare l’immagine di Renzi”. “Ci chiediamo con preoccupazione – ha specificato – se la Rai compri informazioni con i soldi degli italiani per le sue trasmissioni di inchiesta”.

Nell’interrogazione chiesto dunque se siano intercorsi rapporti economici nel mese di novembre 2020 fra la società Tarantula Luxembourg Sarl e la Rai TV. Se la redazione di Report abbia mai avuto rapporti con il dottor Francesco Maria Tuccillo, ex collaboratore della Piaggio Aerospace. E se vi siano stati rapporti economici fra la società lussemburghese e Tuccillo. Un’interrogazione relativa a servizi sulle vicende societarie di Alitalia e Piaggio Aerospace, in cui vengono citati i rapporti di Renzi con gli Emirati Arabi. Viene inoltre adombrato lo scambio di mail tra l’ex portavoce di Palazzo Chigi, Rocco Casalino, e la Rai, aventi ad oggetto servizi che sarebbero stati confezionati con l’obiettivo di danneggiare l’immagine di Renzi, circostanza quest’ultima smentita dallo stesso Casalino.

La riposta di Ranucci.

Ranucci però non ci sta e assicura che quel carteggio relativo ai rapporti sulla società lussemburghese è un falso. “Si tratta di un dossier falso – afferma Ranucci – e falsa è anche l’informazione sulle mail tra me e Casalino. Si sostiene tra l’altro che quello scambio sia stato su carta intestata, che io non uso mai. Ci troviamo di fronte – prosegue – a un dossier avvelenato, confezionato da una manina proprio mentre stiamo realizzando un servizio che andrà in onda questa sera (ieri per chi legge ndr) sull’incontro tra Renzi e Mancini, l’agente che era stato coinvolto in un’attività di dossieraggio illecito nel caso Telecom nel 2006 e nel rapimento di Abu Omar. Quel dossier era finito anche nelle mani di Bechis, di Minzolini e del Foglio. Nessuno ha pubblicato il mio nome, essendosi resi conto del tipo di materiale. In 25 anni – conclude – Report non ha mai pagato una fonte e soprattutto non ha mai realizzato servizi contro”.

Su Italia Viva il conduttore è ancor più diretto: “L’amarezza più grande è prendere atto che queste note vengono proprio dalle stesse persone che in queste ore hanno evocato la libertà
di espressione nel caso Fedez. La libertà di espressione non si può evocare come fosse una maglietta, che te la sfili la sera e la rimetti in un cassetto e la rindossi quando ti fa comodo”. E Renzi? Prova a difendersi. “Messaggio agli inconsolabili – scrive – il Governo Conte non è caduto per intrighi, complotti o incontri segreti (all’autogrill…).

LaNotizia

venerdì 15 gennaio 2021

Tutti da Nencini: è suo il simbolo che stacca l’ossigeno a Italia Viva. - Giacomo Salvini

 

Ieri pomeriggio il senatore più cercato a Palazzo Madama era Riccardo Nencini. Fiorentino, ultimo mohicano del socialismo italiano ed ex viceministro ai Trasporti nei governi Renzi e Gentiloni, è lui la chiave di volta dell’operazione “costruttori”. Nencini infatti porta in dote il simbolo del Psi, grazie al quale esiste il gruppo di Italia Viva al Senato. E se mercoledì pomeriggio, nel bel mezzo della crisi, Nencini iniziava a prendere le distanze da Renzi provando a fermarlo (“Matteo, pensaci bene”) ieri è uscito allo scoperto insieme al deputato Enzo Maraio, primi a mollare il leader di Iv: “Noi siamo costruttori – hanno scritto in una nota – Va ricomposto il quadro politico senza soluzioni di fortuna con drappelli di senatori presi uno a uno”.

L’operazione portata avanti dalla maggioranza sarebbe questa: Nencini dovrebbe togliere il simbolo al gruppo di IV per fare in modo che 5-6, ma c’è chi dice 8, renziani possano rientrare nel Pd. Tra questi c‘è Donatella Conzatti che mercoledì aveva aperto al “patto di legislatura” e ieri, in un altro vertice dei parlamentari di IV, ha addirittura paragonato Renzi a Conte. Gli altri pronti a lasciare Renzi e tornare nei dem sarebbero Daniela Sbrollini, Leonardo Grimani, Eugenio Comincini, Mauro Marino e forse anche l’ex M5S Gelsomina Vono. Questi ieri hanno criticato la scelta di aprire la crisi. Renzi, dalla sua, prova a bloccare l’operazione: “Bisogna votare il prima possibile in aula – ha detto ieri ai suoi parlamentari – ogni giorno che passa da Chigi cercheranno responsabili spaccando il nostro gruppo”. Ai renziani in uscita si aggiungerebbero gli ex grillini Gregorio De Falco (“se il governo cambia passo, io ci sono” dice al Fatto), Tiziana Drago (“Siamo disponibili”), qualcuno dal Maie e gli ex M5S Martelli, Pacifico, Ciampolillo e l’ex Pd Cerno. Non è escluso che un sostegno possa arrivare anche dall’Udc. Nel frattempo parte la controffensiva della Lega per portare via qualche possibile “responsabile” alla maggioranza. Martedì la conta in aula.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/15/tutti-da-nencini-e-suo-il-simbolo-che-stacca-lossigeno-a-italia-viva/6066366/


mercoledì 13 gennaio 2021

Una mossa che fa ridere il mondo. - Gaetano Pedullà

 

Al punto in cui siamo arrivati, meglio un governo pure con la madre di tutti gli Scillipoti, o anche le elezioni, piuttosto che andare avanti con Renzi, Boschi e Bellanova. Troppo ampio il solco con Conte e il resto della maggioranza, e troppo differente il senso dello Stato dimostrato da Italia Viva rispetto agli alleati, con poche eccezioni rimaste ben nascoste nel Pd. Se oggi faranno fuori l’Esecutivo nel punto più acuto di una pandemia, mentre c’è da sostenere un’imponente e complicata campagna vaccinale, non perdere i soldi stanziati in Europa, approvare uno scostamento di bilancio e il nuovo decreto ristori da 25 miliardi per le imprese messe in ginocchio dalle chiusure, non meravigliamoci quando nel mondo rideranno di un Paese tanto ridicolo.

Nella stessa situazione una comunità nazionale si stringe attorno all’interesse dei suoi cittadini, e se ne fotte dei vantaggi politici e personali di chicchessia. Ma qui abbiamo “statisti” che preferiscono regolare conti personali, peraltro senza mai dirci che caspita avrebbe fatto un Presidente del Consiglio misurato e apprezzato in Italia e fuori come Conte per meritare di essere decapitato dal partitello di un leader riuscito nella non facile impresa di precipitare in pochi anni dal quaranta al due per cento dei consensi. Un leader in confusione, ha detto l’ex compagno dem Goffredo Bettini, che nel suo cupio dissolvi non ha remore nel trascinare una nazione prostata nello stesso baratro del proprio inglorioso epilogo politico. La facciano finita allora le signore Bonetti e Bellanova, e lascino sul serio un Governo in cui hanno dedicato più tempo a criticare che a lavorare.

E vediamo se in Parlamento c’è ancora gente che vuole più bene al Paese che ai giochetti di Palazzo, comprese le avventure di maggioranze tecniche in cui i poteri forti non hanno mai smesso di sperare per spartirsi il bottino del Recovery Fund. Il Centrodestra e ancor di più il sistema ne diranno peste e corna, e il percorso parlamentare sarà un Vietnam quotidiano, con nuovi prezzi elettorali da pagare, ma è in queste circostanze che si misura chi pensa a se stesso e chi serve il Paese.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/una-mossa-che-fa-ridere-il-mondo/

mercoledì 27 maggio 2020

Italia Viva e Paese moribondo. - Gaetano Pedullà.

MATTEO RENZI


Nulla di nuovo dalla Destra abituata a difendersi dai processi e non nei processi. A meno di una improbabile giravolta dell’Aula del Senato, Matteo Salvini non andrà a processo per la vicenda Open Arms, come chiesto dai pm siciliani. Le novità arrivate dal voto della Giunta per le autorizzazioni sono invece significative per Cinque Stelle e Matteo Renzi. Per quanto riguarda il Movimento, la decisione della senatrice Riccardi in dissenso con il gruppo non è un banale incidente di percorso, ma l’ennesima prova che senza un capo politico o una decisa regolata il Movimento butta via a secchi la sua credibilità.
È chiaro che fare gli Stati generale può spaccare il fronte degli eletti e indebolire il premier Giuseppe Conte, ma continuare a far finta di niente equivale a un lento suicidio. Vale perciò la pena di riflettere se sia meglio rischiare una fine spaventosa o uno spavento senza fine. Più sorprendente la mossa di Italia Viva, ormai sempre più vicina al Centrodestra che agli alleati della maggioranza giallorossa. Proprio nel giorno in cui la Lega elegge in Lombardia una consigliera regionale renziana alla guida della Commissione d’inchiesta su Fontana e Gallera e la loro discussa gestione dell’emergenza pandemia, i Mattei rivelano ormai apertamente i loro amorosi sensi, rafforzando il convincimento che prima o poi i due convoleranno a nozze.
Un matrimonio senza amore e di effimero interesse, ma che s’ha da fare pur di liberarsi degli odiati (da entrambi) Cinque Stelle. Dove può portare tutto questo per adesso è ignoto. Ai poteri finanziari ed europei oggi più che mai fa comodo un Governo tecnico, che con la scusa del Mes o di qualche altro aiuto economico ci imponga una patrimoniale e altri salassi. Per questo si sta saldando un fronte largo e preoccupante, che va dai vecchi volponi della politica di destra e sinistra al capitalismo nazionale, con i giornali e le televisioni di complemento che stanno bombardando Conte e chi lo sostiene più lealmente come se non ci fosse un domani. Nella speranza di dar vita a un nuovo governo, fosse anche sulle macerie e liquidando quel che resta della ricchezza del Paese.

mercoledì 19 febbraio 2020

Renzi annuncia rinforzi ma il Governo ormai può andare avanti anche senza di lui. Contro Conte l’ex rottamatore può finire davvero rottamato. - Gaetano Pedullà

MATTEO RENZI

Matteo Renzi sembra comportarsi proprio come quei bambini che quando fanno un capriccio prima di ritornare sui loro passi, per non perdere la faccia, devono dimostrare di aver ottenuto qualcosa. Non importa quanto grande. è quanto ha fatto al Senato con quella che è parsa un’impuntatura su un passaggio relativo all’uso delle intercettazioni (leggi l’articolo) per poi convergere su un testo rimaneggiato due volte con un’aggiuntina finale da parte dei renziani. E l’impressione è che questa tattica la riproponga sui vari dossier in campo: fisco, scuola, salute, sicurezza, riforme, giustizia, autonomia, a cui sono dedicati i vari tavoli tematici del governo con Iv sempre presente.
Ma il duello a distanza tra il premier Giuseppe Conte e il senatore di Rignano continua ed è di quelli che logorano. Un drappello composto da ex M5S, transfughi di FI (e forse Iv) sarebbe pronto ad andare in soccorso del Governo. E benché tutti gli interessati smentiscano, sarebbero pronti a uscire allo scoperto al momento opportuno. I senatori pronti a proteggere la maggioranza andrebbero dai dieci ai quindici. In barba alla campagna acquisti di Renzi che conquista la deputata di Leu Michela Rostan e Tommaso Cerno, senatore Pd. Nuovi ingressi che galvanizzano l’ex premier che annuncia per oggi dal salotto di Bruno Vespa l’annuncio di qualcosa “che può avere un senso per il prosieguo della legislatura”.
Appoggio esterno al governo? Forse sì, forse no. Probabilmente si tratterà dell’ennesimo ultimatum a Conte accusato di non far ripartire il Paese e di averlo fatto piombare in un immobilismo improduttivo. “Se c’è un governo senza di noi, noi rispettiamo il Parlamento. Però se non hanno i numeri e se siamo decisivi per la maggioranza, allora dico: ‘Ascoltate anche noi’…”, sentenzia Renzi. Il premier continua a lavorare a testa bassa: “Personalmente ho sempre preferito impiegare tempo e risorse per lavorare e non per alimentare polemiche”, dichiara. Ma non ha nessuna intenzione di farsi logorare dal senatore fiorentino. E non esclude di poter andare alle Camere a chiedere un voto sull’Agenda 2023. “Tutte le forze hanno condiviso l’obiettivo di imprimere la massima accelerazione all’agenda di governo”, dice aprendo il tavolo sulla giustizia cui partecipano Maria Elena Boschi e Lucia Annibali per Iv.
E sulla giustizia, ovvero sulla prescrizione, Renzi non intende mollare. Oggi si vota la fiducia sul Milleproroghe e il cosiddetto Lodo Annibali, cioè la sospensione per un anno dell’efficacia della legge Bonafede, torna in aula come ordine del giorno al decreto e sarà posto ai voti. Assieme a un altro, sulla stessa scia, di Forza Italia. A fine mese poi a Montecitorio in aula si voterà il ddl Costa (FI) che cancella la riforma pentastellata. Iv ha fatto sapere che voterà a favore. Nessuna speranza che passi, ma il voto dei renziani potrebbe in quel caso rendere evidente una rottura a livello politico. Di cui verrà chiesto conto a Renzi. Sempre che questi non formalizzi già stasera da Vespa l’addio.
Slitta al 27 la votazione per il rinnovo dell’Agcom e del Garante della privacy. In maggioranza, causa soprattutto Iv, l’accordo sembra lontano. Sul presidente di Agcom, tra le altre cose, serve il sì dei due terzi delle commissioni parlamentari Lavori pubblici. C’è chi accusa l’ex premier di forzare per strappare più nomine. A fine marzo si rinnoveranno i ponti di comando delle grandi partecipate pubbliche: Enel, Eni, Poste, Mps, Terna, Enav.

domenica 15 dicembre 2019

Craxi amari. - Luisella Costamagna

Craxi amari

Per evitare il tritacarne delle opinioni contrastanti su Matteo Renzi, è bene affidarsi ai dati di fatto. E il primo, inequivocabile, dato di fatto è che Renzi ieri ha parlato al Senato per rispondere all’inchiesta che riguarda la sua fondazione e attaccare i magistrati, chiamando su questo a raccolta tutta la politica e citando come auctoritates Giovanni LeoneAldo Moro e – soprattutto – Bettino Craxi. Poi uno dice la separazione e il rispetto tra poteri dello Stato…
Il secondo dato di fatto è che sul finanziamento pubblico ai partiti gli italiani si sono espressi con estrema chiarezza nel referendum del ’93, in occasione del quale il 90,3%, pari a 31 milioni di elettori, votò per l’abolizione. Ed è un altro dato di fatto che poi, negli anni, la politica abbia cercato di “aggirare” quel voto, per garantirsi comunque fondi per finanziarsi – perché la politica costa (non ditelo a noi italiani…) – attraverso rimborsi elettorali e fondazioni.
Tutto legale, per carità – anche perché le leggi se le facevano loro – ma un ulteriore dato di fatto è che le fondazioni politiche sono spuntate come funghi e non sempre c’è stata piena trasparenza su bilanci e finanziatori (me n’ero occupata, ad esempio, a proposito della Fondazione Kairos di Alessandra Moretti per le elezioni regionali in Veneto). Tutto legale dunque, ma fino a prova contraria.
E siamo alla fondazione Open e a Renzi: su eventuali problemi di natura penale – si sta indagando per finanziamento illecito, corruzione, riciclaggio – spetta, certo, solo alla magistratura fare piena luce e pronunciarsi.
Ma sul prestito da 700mila euro per l’acquisto della casa, sia pure usato parzialmente e restituito, fatto da un imprenditore a un ex presidente del Consiglio, che qualche anno prima lo aveva nominato nel cda di una società di Cassa Depositi e Prestiti (quindi pubblica), si pone indubbiamente un problema, se non di natura penale, di opportunità (ed eventuale conflitto d’interessi).
Infine, l’ultimo dato di fatto: se la valutazione della politica spetta ai cittadini, agli italiani, e non alla “barbarie” di magistrati e media “politicizzati e strumentali”, affidiamoci a loro. E a vedere i sondaggi il consenso per Renzi e il suo nuovo partito invece di salire cala – anche in virtù di queste vicende, degli attacchi e delle querele ai giornalisti – e ora è tra il 3 e il 4% massimo. Non se n’è già parlato (e ne stiamo parlando) pure troppo? Sipario.

martedì 3 dicembre 2019

“Assuzioni, raccomandazioni e corruzione”, ecco le accuse al renziano Sammartino. 13 gli indagati.

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Assunzioni in aziende private, raccomandazioni per promozioni o trasferimenti in sanità o partecipate, spintarelle per la rateizzazione di cartelle esattoriali, ma anche l’ipotesi di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio per la liquidazione di un trattamento di fine rapporto. Sono le contestazioni fatte dalla Procura di Catania nell’avviso di conclusione indagine, e contestuale avviso di garanzia, nell’inchiesta per corruzione elettorale notificato al deputato regionale di Italia viva all’Assemblea siciliana, Luca Sammartino. Lo scrive La Sicilia rivelando che ci sono anche altri 12 indagati.
Tra questi, ci sono: il sindaco di Aci Castello, Carmelo Scandurra, per un episodio avvenuto prima della sua elezione; l’assessore di Mascalucia, Nino Rizzotto Salamone; l’ex consigliere comunale di Catania, Giuseppe Musumeci; il consigliere di Militello, Salvatore Cannata Galante; l’ex consigliere comunale di Caltagirone, Alfredo Scozzarella; il consigliere della seconda Circoscrizione di Catania, Giuseppe Damiano Capuano; l’ex consigliere municipale etneo Marco Mirici Cappa.
L’inchiesta coordinata dal procuratore Carmelo Zuccaro, dall’aggiunto Agata Santonocito e dal sostituto Fabio Saponara verte su indagini della Digos della Questura sulla campagna elettorale per le politiche del 2018. Luca politico, recordman delle preferenze alle elezioni regionali del 2017, era candidato alla Camera dei deputati nel collegio uninominale di Misterbianco e ottenne oltre 16mila voti, non sufficienti per essere eletto. Secondo l’accusa avrebbe fatto o promesso i ‘favori’ contestati nell’avviso di conclusione indagini in cambio di voti.
Sammartino in passato è stato indagato dalla Procura di Catania per le Regionali del 2017 in Sicilia nell’ambito di un’inchiesta sulla regolarità del voto espresso da persone anziane di una casa di cura della provincia etnea, ma il fascicolo fu successivamente archiviato.

lunedì 4 novembre 2019

Arrestato il radicale Antonello Nicosia, ritenuto "messaggero dei boss mafiosi".

Nicosia

Assistente della deputata Occhionero (IV), secondo la Procura faceva da tramite fra capimafia in carcere e i clan. intercettato, insultava Falcone ed elogiava Messina Denaro. In manette anche il capomafia di Sciacca Accursio Dimino.


La Procura di Palermo ha fermato 4 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa e favoreggiamento. In carcere, tra gli altri, sono finiti il capomafia di Sciacca Accursio Dimino e Antonello Nicosia, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani, per anni impegnato in battaglie per i diritti dei detenuti. Insieme a una parlamentare di cui si sarebbe detto collaboratore ha incontrato diversi boss detenuti. Secondo la Procura avrebbe fatto da tramite tra capimafia, alcuni dei quali al 41 bis, e i clan, portando all’esterno messaggi e ordini.

Intercettato, Nicosia insultava Giovanni Falcone e di Matteo Messina Denaro diceva: ”È il nostro premier”. 

L’audio choc: “Falcone vittima di un incidente sul lavoro”


La parlamentare al cui seguito Nicosia è entrato in istituti di pena di alta sicurezza è Giuseppina Occhionero, 41 anni, avvocato, molisana, eletta alle ultime elezioni politiche nelle liste di Leu e recentemente passata a Italia Viva, il partito di Matteo Renzi. La deputata non è al momento indagata, ma sarà sentita dai pm di Palermo come testimone. Sostenendo di essere collaboratore della donna, Nicosia poteva avere incontri con padrini mafiosi. Nelle conversazioni intercettate, l’esponente Radicale sottolineava il vantaggio di entrare negli istituti di pena insieme alla deputata in quanto questo genere di visite non erano soggette a permessi. Nicosia, secondo i magistrati, non si sarebbe limitato a fare da tramite tra i detenuti e le cosche, ma avrebbe gestito business in società col boss di Sciacca Dimino, con cui si incontrava abitualmente, fatto affari coi clan americani e riciclato denaro sporco.

Da alcune intercettazioni emergerebbero anche progetti di omicidi. L’inchiesta, condotta da Ros e Gico, è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara e Francesca Dessì.

Da Nicosia insulti a Falcone, Messina Denaro è “il nostro premier”. Insulti pesantissimi a Giovanni Falcone che, la cui morte viene definita “incidente sul lavoro” e che “da quando era andato al ministero della Giustizia più che il magistrato faceva il politico”. Un linguaggio volgare quello usato da Antonello Nicosia, intercettato per mesi dal Ros e dal Gico della Finanza. Sprezzanti i giudizi sul giudice ucciso dalla mafia a Capaci nel 1992. “All’aeroporto bisogna cambiare il nome... Non va bene Falcone e Borsellino... Perché dobbiamo arriminare (girare, ndr) sempre la stessa merda... Sono vittime di un incidente sul lavoro, no?”. Definiva inoltre il boss Matteo Messina Denaro “il nostro primo ministro”. Non sapendo di essere intercettato, Antonello Nicosia parlava così della Primula rossa di Cosa nostra. Al telefono discuteva animatamente del padrino di Castelvetrano. E invitava il suo interlocutore parlare con cautela di Messina Denaro. “Non devi parlare a matula (a vanvera, ndr)”, diceva.

Chi è Antonello Nicosia. Direttore dell’Osservatorio Internazionale dei diritti umani (Oidu), pedagogista, laureato in Scienze della Formazione multimediale con una tesi sul “Trattamento penitenziario, ascoltare e progettare per rieducare sorvegliare e rieducare, l’esperienza carcere”, Antonello Nicosia, originario di Sciacca, fermato oggi per associazione mafiosa insieme al boss di Sciacca Accursio Dimino, è stato eletto per due anni (2017-2018) come componente del Comitato Nazionale dei Radicali Italiani. Per i pm sarebbe vicino all’ala di Cosa nostra che fa riferimento al boss latitante Matteo Messina Denaro. Nel curriculum allegato al sito dell’Oidu elenca esperienze nella formazione professionale in particolare nella progettazione di corsi per svantaggiati sociali e disoccupati. Sempre nel curriculum si dice “assistente parlamentare” e “docente a contratto nella scuola pubblica come esperto nei corsi PON”. Nel 2011 è stato coordinatore del progetto “La Tavola Multiculturale” attività a favore della formazione e dell’integrazione degli immigrati. Nicosia indica tra i suoi titoli quello di ricercatore presso l’Invalsi, Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, e quello di insegnante di Storia della mafia nell’Università della California. Per i pm, oltre a portare all’esterno i messaggi dei mafiosi che incontrava durante le sue visite in carcere, avrebbe gestito gli affari del clan in America e riciclato denaro sporco.