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domenica 27 giugno 2021

Scoperto Dragon man, il parente più stretto dell'uomo. - Leonardo De Cosmo

 

Dopo la scoperta di una nuova specie di Neanderthal, arriva quella del fossile di una nuova specie umana, l'Homo longi o 'Dragon man', dal nome del sito, in Cina, in cui sono stati trovati i resti: 'Long Jiang', che vuol dire 'fiume del Dragone'.

La scoperta è pubblicata sulla rivista The Innovation in tre studi coordinati da Accademia delle Scienze Cinese e Museo di Storia Naturale di Londra. Vissuta 146 mila anni fa, la nuova specie potrebbe essere sorella dei Sapiens, una parentela ancor più stretta dei Neanderthal. Conclusioni che non convincono parte della comunità scientifica, che propende invece per una parentela con un'altra specie già nota, i Denisova.


Ricostruzione artistica di Dragon man nel suo habitat (fonte: Chuang Zhao)

La scoperta è stata fatta analizzando con nuove tecniche un cranio fossile molto grande, paragonabile a quello dei Sapiens, e quasi perfettamente conservato, trovato circa 100 anni fa nei pressi della città cinese di Harbin. La nuova specie rappresenterebbe il parente più prossimo ai Sapiens: "abbiamo ritrovato la nostra linea di discendenza fraterna persa da tempo", ha detto Xijun Ni, dell'Accademia delle Scienze Cinese e primo autore di uno dei due studi.

Cauta è però la posizione di parte della comunità scientifica, tra cui Giorgio Manzi, paleoantropologo della Sapienza Università di Roma: "non credo si possa parlare di nuova specie, né di parenti più prossimi ai Sapiens. Piuttosto di un reperto importante per definire meglio la linea dei cosiddetti Denisova, ominidi di cui conosciamo ancora poco ma che hanno avuto un ruolo importante nell'evoluzione umana".


ANSA 

mercoledì 24 febbraio 2021

"Neanderthal scomparso a causa del campo magnetico." - (29 MAGGIO 2019)

 

Estinti per colpa dell'esposizione eccessiva ai raggi UV. Uno studio Cnr-Ismar mette in relazione il campo magnetico con l'evoluzione umana. "Potrebbe verificarsi un nuovo crollo, come quello di 41mila anni fa". E dalla Francia spunta un'altra tesi sul declino: colpa del calo di fertilità.

FURONO le radiazioni Uv in dosi supermassicce a far scomparire l'uomo di Neanderthal, più che la competizione tra specie. E' la nuova ipotesi dei paleomagnetisti Luigi Vigliotti Jim Channell che hanno identificato la causa scatenante nell'Evento di Laschamp, una delle principali escursioni del campo magnetico terrestre, risalente a 41 mila anni fa (41.300+/-600 anni). In sostanza, il crollo (a circa il 25% del valore attuale) improvviso del campo magnetico terrestre fu determinante per la selezione dei nostri antenati, i Cro-Magnon, a scapito dei neanderthaliani che subirono un aumento delle radiazioni ultra-violette. Il tutto a causa di una variante genetica del recettore arilico (AhR), una proteina sensibile proprio ai raggi Uv. Così, in un lasso di tempo relativamente breve di circa 2000 anni, i Neanderthal lasciarono il passo ai Sapiens.
Lo studio, condotto dal Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Ismar) e dall'Università della Florida e pubblicato su Reviews of Geophysics, spiega come i ricercatore abbiano tratto queste conclusioni combinando le datazioni sulla scomparsa dei Neanderthal (41.030-39.260 anni fa) dai principali siti paleolitici con dati genetici.

La 'convivenza' (non ché l'incrocio) tra "Neanderthal e Sapiens durò per alcune migliaia di anni, come dimostrano le 'impronte' lasciate nel nostro Dna e i tratti somatici di alcuni individui contemporanei", spiega Vigliotti. "La loro estinzione è stata oggetto di numerose ipotesi, incluso l'istinto 'fratricida' dei nostri antenati. Nel 2016 un gruppo di biologi molecolari ha scoperto l'esistenza di una piccola variante genetica Ala-381 nel recettore arilico dei Neanderthal rispetto al Val-381 dei Sapiens (e dei fossili Cro-Magnon), che fu interpretata come un vantaggio nell'assorbimento delle tossine prodotte dal fumo legato allo stile di vita trogloditico. Il recettore arilico è infatti fondamentale nel regolare l'effetto tossico della diossina. La coincidenza con i tempi dell'estinzione dei Neanderthal suggerisce che invece fu lo stress ossidativo prodotto dalla mancanza dello schermo fornito dal campo magnetico terrestre rispetto ai raggi Uv ad essere responsabile della loro scomparsa".

I raggi ultravioletti e l'estinzione dei mammiferi.

"Non è un caso che la fine del Laschamp segni l'uscita di scena dei Neanderthal e l'espansione dei Cro-Magnon, cioè dell'uomo moderno", spiega Vigliotti. "Il Laschamp non fu per altro fatale solo ai neanderthaliani. Nello stesso intervallo di tempo in Australia si estinsero 14 generi di mammiferi, soprattutto di grossa taglia, come dimostra la drastica diminuzione nei sedimenti delle tracce di sporormiella, un fungo coprofilo che vive sullo sterco di grandi animali erbivori, proprio in corrispondenza del minimo di intensità del campo magnetico terrestre. Un altro minimo osservato circa 13 mila anni fa portò alla scomparsa di 35 generi di grandi mammiferi in Europa e soprattutto in Nord America intorno a questo intervallo di tempo, quasi in un 'istante' geologico. Questi due focolai di estinzione - aggiunge - dipendono dalla diminuzione dell'ozono stratosferico durante gli episodi di bassa intensità di campo magnetico e dal ruolo della radiazione ultravioletta ben più che dall'overkill da parte dell'uomo o dal cambiamento delle condizioni climatiche".

La ricerca appena pubblicata analizza anche le relazioni tra intensità del campo magnetico ed evoluzione umana negli ultimi 200 mila anni, l'intervallo di tempo che ha visto lo sviluppo dell'Homo Sapiens. "Abbiamo integrato tutti i dati fossili esistenti con le datazioni delle ramificazioni principali dell'evoluzione umana in base all'analisi del Dna mitocondriale e del Cromosoma-Y. Nonostante la scarsità dei materiali fossili e i margini di errore delle metodologie utilizzate per ricostruire l'età delle ramificazioni dei vari aplogruppi (gruppi con lo stesso profilo genetico) umani, abbiamo trovato interessanti relazioni", dice il ricercatore Cnr-Ismar. "La datazione a circa 190 mila anni fa dei resti fossili del più antico Sapiens conosciuto (Omo Kibish, trovato in Etiopia) e del Mithocondrial Eve, il nostro più recente antenato comune su base matriarcale, coincide con un altro momento di assenza del campo magnetico terrestre noto come Iceland Basin Excursion".

Il ruolo del campo magnetico sull'evoluzione umana

"L'evoluzione umana - conclude Vigliotti - ha poi avuto vari sviluppi concentrati tra 100 e 125 mila anni fa, nell'ultimo interglaciale, che hanno fatto considerare il clima uno dei fattori che hanno guidato l'evoluzione. Anche in questo caso però registriamo un altro minimo del campo magnetico terrestre: l'evento di Blake (125-100 mila anni fa). Con il procedere delle conoscenze sulla ricostruzione del campo magnetico, del suo ruolo nel modulare i raggi Uv e di quello dell'AhR rispetto agli effetti di queste radiazioni, e quando saranno disponibili più accurate datazioni di nuovi reperti fossili e miglioramenti nella filogenesi umana, si chiarirà meglio il ruolo che l'intensità del campo magnetico gioca nell'evoluzione di tutti i mammiferi e forse non solo".

Il campo magnetico in continua evoluzione

Un nuovo crollo del campo magnetico non è da escludere. "Il campo magnetico terrestre - spiega infatti lo studioso - si sta già abbassando da più di 2mila anni, ma dal 1800 circa lo sta facendo più velocemente, a un ritmo 10 volte più alto del solito. Potrebbe crollare, come ha fatto 40mila anni fa causando l'estinzione dei Neanderthal, oppure stabilizzarsi o anche risalire. Impossibile prevederlo, così come è impossibile sapere in anticipo come reagirà l'umanità a un nuovo crollo".

"Quello che abbiamo scoperto è che il campo magnetico terrestre influenza l'evoluzione: lo ha fatto 40mila anni fa causando la scomparsa dei Neanderthal e di altri mammiferi, risparmiando i Cro-Magnon. Del resto la vita si è sviluppata sulla terra in coincidenza con la stabilizzazione del nucleo terrestre, cioè la fonte del campo magnetico", spiega Vigliotti. "Sappiamo, inoltre, che il campo magnetico terrestre è in continua evoluzione. Non sta mai fermo - continua - e oscilla sempre. Sappiamo che si sta abbassando e che da un po' di tempo ha accelerato il ritmo, ma non possiamo prevedere cosa succederà". Molte le ipotesi e le speculazioni. "Potrebbe fermarsi oppure invertire tendenza e risalire", sottolinea Vigliotti. "E' possibile anche che continui a calare e con questo ritmo, nel giro di mille o duemila anni arrivare a zero", aggiunge. Le conseguenze sono altrettanto imprevedibili e imponderabili.

L'altra ipotesi: un calo della fertilità.

A escludere catastrofi e cambiamenti climatici come cause della scomparsa dell'uomo di Neanderthal è anche un altro studio, che prende in considerazione l'estizione dal punto di vista demografico. Secondo la ricerca pubblicato sulla rivista Plos One dai ricercatori guidati da Anna Degioanni, dell'università francese di Aix-Marseille, si sarebbe trattato di un calo della fertilità con una diminuzione dei tassi nelle donne giovani (sotto i 20 anni di età) di appena lo 2,7% abbinata a una diminuzione dello 0,4% della sopravvivenza dei bambini, con meno di un anno di età, che potrebbero aver portato alla diminuzione della popolazione e alla sua estinzione nell'arco di 4.000-10.000 anni. Il modello è stato creato sulla
base di dati raccolti osservando i moderni gruppi di cacciatori-raccoglitori e su grandi scimmie ancora esistenti, così come dati relativi ai neanderthaliani, disponibili da precedenti studi. "Questo studio sulla scomparsa dei Neanderthal - chiariscono però gli autori - non tenta di spiegare perché i Neanderthal si sono estinti, ma di identificare come potrebbero essere scomparsi".

https://www.repubblica.it/scienze/2019/05/29/news/_nenderthal_scomparso_a_causa_del_campo_magnetico_-227488046/

Leggi anche: 

https://www.repubblica.it/scienze/2020/02/19/news/un_fiore_nella_tomba_cosi_neanderthal_seppelliva_i_propri_cari-248989786/

https://www.repubblica.it/scienze/2017/03/09/news/i_neanderthal_si_curavano_con_aspirina_e_antibiotici-160152721/

sabato 28 marzo 2020

Dai molluschi ai cervi, il menù mare e monti dei Neanderthal.

La grotta vicino a Lisbona in cui sono stati trovati i resti che permesso di ricostruire la dieta dei Neanderthal (fonte:  Zilhao et al. Science) © Ansa
La grotta vicino a Lisbona in cui sono stati trovati i resti che permesso di ricostruire la dieta dei Neanderthal (fonte: Zilhao et al. Science)

Cozze, vongole, granchi, orate, foche: per la prima volta una ricerca dimostra che i Neanderthal mangiavano cibo di mare, proprio come facevano i loro contemporanei Sapiens dell'Africa meridionale, e che avevano un ricco menù di mare e monti che comprendeva anche oche, cervi, e persino pinoli. Il risultato, pubblicato sulla rivista Science, si deve alla ricerca guidata da Joao Zilhao, dell'università di Barcellona, e da Diego Angelucci, dell'università di Trento, che ha ricostruito il menù grazie ai reperti rinvenuti in una grotta vicino a Lisbona.

La ricerca è un'ulteriore prova a sostegno delle capacità intellettive di questi uomini considerati fino a pochi anni fa rozzi e primitivi, confermando invece che possedevano un buon sviluppo tecnologico e avevano familiarità con il mare e le coste. La grotta di Figueira Brava, protagonista della scoperta, è stata frequentata da gruppi di neandertaliani nel periodo compreso tra circa 106 mila e 86 mila anni fa.

"Lo scavo - spiega Angelucci - ha permesso di recuperare resti relativi all'occupazione della grotta da parte dei neandertaliani: strumenti in pietra scheggiata, resti di pasto, residui dell'uso del fuoco". I resti di pasto hanno sorpreso molto i ricercatori perché includono molluschi (cozze, vongole e patelle), crostacei (granceole e altri granchi), pesci (squali come lo smeriglio, il cosiddetto vitello di mare, e la verdesca, ma anche anguille, orate, gronghi, cefali, vari uccelli marini o acquatici (tra cui germani reali, oche selvatiche, gazze marine), e mammiferi marini (delfini e foche grigie).

A questi si aggiungono i resti dei prodotti della caccia, che includeva il cervo, lo stambecco, il cavallo, e la tartaruga terrestre, e resti di risorse vegetali, come vite selvatica, fico e pino domestico, di cui sono stati rinvenuti frammenti di legno, pigne e gusci di pinoli.

Secondo Angelucci, "i dati aggiungono un ulteriore contributo alla rivalutazione del modo di vita dei neandertaliani". Se è vero che il consumo abituale di alimenti di origine marina ha giocato un ruolo determinante nello sviluppo delle capacità cognitive dei nostri antenati Sapiens, "bisogna quindi riconoscere che questo processo avrà riguardato l'intera umanità e non solo una popolazione limitata dell'Africa australe che si è poi espansa fuori dal continente africano".


https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/ragazzi/news/2020/03/26/dai-molluschi-ai-cervi-il-menu-mare-e-monti-dei-neanderthal-_e447484f-8e47-46e9-9f09-2a33ede4c451.html

giovedì 20 febbraio 2020

Fiori per i riti funebri dei Neanderthal. -


Ricostruzione artistica di una cerimonia di sepoltura dei Neanderthal (fonte: Karen Carr)

I resti degli uomini dei Neanderthal nella grotta di Shanidar
(fonte: Graeme Barker)

Grotte come cimiteri, lo indica una nuova sepoltura.

I Neanderthal continuano a sorprendere: un fossile di 70.000 anni fa scoperto nel Kurdistan iracheno, nella grotta di Shanidar già nota per i resti di altri Neaderthaliani, contiene la testimonianza che i riti funebri comprendevano dei fiori. La stessa grotta aveva la funzione di un cimitero. La scoperta è frutto di un rocambolesco scavo archeologico cominciato nel 2014, interrotto poco dopo a causa degli attacchi dell'Isis e ripreso nell'anno successivo. Pubblicato sulla rivista Antiquity, il risultato si deve agli archeologi coordinati da Graeme Barker, dell'università britannica di Cambridge.

"Negli ultimi anni abbiamo avuto prove crescenti che i Neanderthal erano più sofisticati di quanto si pensasse, dai disegni nelle caverne, all'uso di conchiglie a scopo decorativo", rileva la prima autrice dello studio, Emma Pomeroy dell'università di Cambridge. 
"Se gli uomini di Neanderthal usavano la grotta di Shanidar come sito per il rito sepolcrale dei loro morti, questo - ha aggiunto - suggerisce una complessità culturale di alto livello".

La grotta di Shanidar è nota dagli anni '50, quando l'archeologo americano Ralph Solecki scoprì resti di dieci fra uomini, donne e bambini di Neanderthal. Alcuni erano raggruppati e uno degli scheletri era circondato di polline. Solecki affermò che questo mostrava che i Neanderthal seppellivano i loro morti e avevano riti funebri nei quali usavano fiori. La "sepoltura dei fiori" in particolare aprì una lunghissima controversia sul fatto che questi uomini primitivi fossero davvero capaci di tali raffinatezze culturali.

Più di 50 anni più tardi gli archeologi sono ritornati a scavare nella grotta e hanno scoperto il cranio e le ossa del tronco quasi completo di un altro Neanderthal. Le prime analisi suggeriscono che è un adulto di mezza età ma ancora non è stato determinato il sesso.

Quattro dei Neanderthal, tra cui la "sepoltura dei fiori" e l'ultima scoperta, sono raggruppati e questo secondo gli esperti solleva la questione se gli uomini di Neanderthal tornassero nello stesso punto nella grotta per interrare i loro morti.


https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/ragazzi/news/2020/02/18/fiori-per-i-riti-funebri-dei-neanderthal-_7155928f-b180-4765-bd0e-cead27479235.html

domenica 7 aprile 2019

Uomo di Altamura.

Risultati immagini per uomo di altamura

L’Uomo di Altamura è una delle più straordinarie scoperte paleontologiche effettuate in Italia, i cui resti furono rinvenuti nel 1993, incastonati nelle formazioni carsiche della grotta di Lamalunga, nel territorio di Altamura, in Puglia. 


Immagine correlata

Si tratta degli unici resti di scheletro umano intero del Paleolitico, appartenuti a un Homo neanderthalensis vissuto tra i 180.000 ed i 130.000 anni fa, un caso eccezionale sia dal punto di vista geologico sia da quello archeologico, integro nella struttura scheletrica e in ottimo stato di conservazione. 
L’Uomo di Altamura era probabilmente un maschio adulto di 160-165 centimetri di altezza che, durante una battuta di caccia, cadde in uno dei tanti pozzi carsici presenti nella zona. Le fratture e le ferite riportate gli impedirono di uscire dalla grotta, che da quel momento divenne la sua tomba per sempre, a 8 metri di profondità. Con il passare dei millenni, le sue ossa vennero letteralmente inglobate nelle concrezioni calcaree fino alla scoperta, avvenuta nel 1993 da parte di un gruppo di speleologi.
 Lo straordinario reperto archeologico fu individuato dal CARS - Centro altamurano ricerche speleologiche all’interno della Grotta di Lamalunga, a circa 3 Km da Altamura,  caratterizzata da un sistema di cavità carsiche e stretti cunicoli. Vi si accede attraverso un inghiottitoio profondo circa dieci metri superato il quale, dopo un percorso di circa sessanta metri, ci si imbatte nello splendido scheletro fossile.  

Il primato dell’Uomo di Altamura è il suo essere stato il più antico Neanderthal su cui sia stato possibile eseguire analisi paleogenetiche, la lettura del DNA racchiuso nelle nostre cellule. Le informazioni genetiche ottenute hanno permesso di comprendere aspetti della comparsa e diffusione dei Neanderthal e i rapporti con diverse specie e popolazioni. Sono state acquisite indicazioni legate a malattie, elementi di nutrizione e, grazie alla combinazione tra gli studi molecolari e quelli morfologici, si è venuti a conoscenza dell’aspetto, delle proporzioni e dei “colori” di questo altamurano giunto a noi da un passato tanto remoto.
Nel 2017 è stata presentata al pubblico ed esposta nel Museo Nazionale di Altamura, una perfetta ricostruzione dell’uomo di Altamura, cominciata eseguendo una riproduzione digitale del cranio con dati morfologici raccolti mediante l’utilizzo dello scanner laser e della fotogrammetria, per poi arrivare a un modello in scala di impressionante impatto, opera dei fratelli Kennis, già noti per aver ridato vita a Öetzi, l’uomo del Similaun, conservato nel Museo Archeologico di Bolzano.

Uomo di Altamura - ricostruzione 3D
ricostruzione dell'Uomo di Altamura presente nel Museo Nazionale Archeologico della città.     
Oggi l’eccezionale storia dell’Uomo di Altamura, della sua epoca e del suo territorio, è raccontata nei quattro siti che compongono la “Rete museale Uomo di Altamura”, nei quali esposizioni, reperti, apparati didattici e attività laboratoriali consentono di vivere un’esperienza indimenticabile, riportati indietro di millenni nel cuore della murgia pugliese.


mercoledì 19 luglio 2017

Nuove ipotesi sull’ibridazione tra uomo e Neanderthal. - Dario Iori

Nuove ipotesi sull’ibridazione tra uomo e Neanderthal

Risultati di analisi effettuate sul DNA mitocondriale appartenente ad alcune specie di Homo fanno supporre che un gruppo di antenati dell’uomo moderno migrò dall’Africa all’Europa incrociandosi con i Neanderthal molto prima di quanto si supponesse in precedenza, contribuendo a fare luce sui loro complicati rapporti.

Alcuni ominidi, presumibilmente appartenenti alla specie Homo sapiens, circa 270.000 anni fa si spostarono dall’Africa all’Europa e si incrociarono con i Neanderthal. Ad affermarlo sono alcuni scienziati del Max Planck Institute for the Science of Human History di Lipsia e dell’Università di Tübingen (entrambe in Germania), che hanno pubblicato i risultati della loro ricerca su Nature communication. Le loro conclusioni derivano dall’analisi del DNA mitocondriale ottenuto dal femore di un neanderthaliano, rinvenuto nel 1937 all’interno della grotta di Hohlenstein- Stadel (HST) in Germania sud-occidentale. Tali resti, secondo le stime risalgono a 124.000 anni fa, ben prima dell’arrivo precedentemente stimato di Homo sapiens (45.000 anni fa) sul continente europeo.

In passato, alcune indagini bastate sul confronto del DNA nucleare di Homo neanderthaensis e di Homo sapiens avevano portato i ricercatori a stimare che la separazione tra i due avvenne tra i 765.000 e i 550.000 anni fa, e a concludere che i Neanderthal fossero strettamente imparentati con l’uomo di Denisova, specie ancora poco nota, i cui resti furono rinvenuti per la prima volta nel 2008 all’interno della Grotta di Denisova in Siberia (Pikaia ne ha già parlato qui). In questo scenario, i Denisoviani costituirebbero il sister group dei Neanderthal, a seguito della separazione dal gruppo che avrebbe portato all’uomo moderno.

Ma il DNA nucleare non è l’unico portatore di materiale genetico presente all’interno della cellula: tralasciando l’RNA, c’è anche il DNA contenuto nei mitocondri, che viene a ragione definito DNA mitocondriale (mtDNA). Tale componente del patrimonio genetico è di eredità esclusivamente materna e può essere un utile strumento per ricostruire il lignaggio materno e, utilizzando come riferimento il tasso di mutazione ( ovvero il numero medio di mutazioni che avvengono per unità di tempo), stimare il lasso di tempo intercorso dal momento in cui due individui hanno condiviso un progenitore comune.

Ebbene, il mtDNA racconta un’altra storia: gli studi effettuati su di esso indicano infatti che i Neanderthal e l’uomo moderno si separarono all’incirca 400.000 anni fa, molto più recentemente quindi rispetto ai risultati ottenuti dall’analisi del DNA nucleare. Il DNA mitocondriale di Homo neanderthalensis inoltre risulta molto più simile a quello di Homo sapiens che a quello appartenente ai Denisoviani. Come è possibile che le analisi del DNA nucleare e di quello mitocondriale diano risultati così diversi? In un certo momento della storia, i due gruppi devono essere venuti a contatto mescolando i propri corredi genetici. Ciò in realtà è già stato ampiamente dimostrato ed è risaputo che abbiano avuto luogo eventi di ibridazione tra la nostra specie ed i Neanderthal (Pikaia ne ha già parlato qui qui ad esempio). Tale incontro però sarebbe stato di molto antecedente rispetto a quelli già noti agli scienziati.

Per verificare questa ipotesi, i ricercatori del Max Planck Institute,guidati da Johannes Krause, hanno confrontato il mtDNA proveniente dal femore di HST con quello di altri 17 esemplari di Neanderthal più antichi, 3 denisoviani e 54 uomini moderni. I risultati ottenuti mostrano che il DNA mitocondriale proveniente da Hohlenstein- Stadel è decisamente molto diverso rispetto a quello dei primi neandertaliani presenti in Europa 430.000 anni fa.

Gli scienziati hanno dunque ipotizzato che un gruppo di primitivi H. sapiens uscì dall’Africa tra 470.000 e 220.000 anni fa (ben prima quindi di quanto precedentemente ipotizzato), introducendo il proprio DNA mitocondriale nella popolazione europea dei Neanderthal. Il gruppo non doveva essere sufficientemente numeroso per avere un profondo impatto sul DNA nucleare, ma abbastanza ampio per rimpiazzare il DNA mitocondriale dei cugini europei.

I risultati della ricerca non sono definitivi, e sarà necessario analizzare i DNA nucleari e mitocondriali di altri Neanderthal, provenienti da Hohlenstein- Stadel e da altri siti, per avere maggiori informazioni riguardo la storia delle popolazioni neanderthaliane europee. Ciò che è certo però è che la storia del genere umano è una vicenda complessa, fatta di migrazioni, incroci e vicende ancora ampiamente da chiarire.


Riferimento:Cosimo Posth, Christoph Wißing, Keiko Kitagawa, Luca Pagani, Laura van Holstein, Fernando Racimo, Kurt Wehrberger, Nicholas J. Conard, Claus Joachim Kind, Hervé Bocherens, Johannes Krause. Deeply divergent archaic mitochondrial genome provides lower time boundary for African gene flow into NeanderthalsNature Communications, 2017; 8: 16046 DOI:10.1038/NCOMMS16046
Immagine da Wikimedia Commons


http://pikaia.eu/luomo-migro-dallafrica-incrociandosi-con-i-neanderthal-270-000-anni-fa/

mercoledì 12 luglio 2017

Anche i nostri antenati preistorici usavano l'aspirina.

Ominidi più colti e intelligenti di quanto pensassimo


Anche i nostri antenati preistorici usavano l'aspirina


Considerato rozzo e primitivo, in realtà l'Uomo di Neanderthal sapeva utilizzare sostanze quali la corteccia di pioppo da cui si estrae l'acido acetilsalicilico e il fungo da cui si ricava la penicillina a scopo di automedicazione. Probabile anche l'abitudine di scambiarsi effusioni e baci.

La ricerca, pubblicata su Nature, è davvero sensazionale. Stando a quanto scoperto da un gruppo internazionale di scienziati guidato dall’Australian Centre for Ancient Dna (Acad), dalla Dental School dell'università di Adelaide, e dall’Università di Liverpool, l’Uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis) - considerato rozzo e primitivo - era già in grado di utilizzare medicinali.
In Spagna, nel tartaro di un esemplare adolescente di questo ominide vissuto nel periodo paleolitico medio (compreso tra i 200 mila e i 40 mila anni fa) sono state trovate tracce della corteccia di pioppo dalla quale si estrae l’acido acetilsalicilico, il principio attivo della moderna aspirina, e del fungo penicillio oggi utilizzato per produrre l'antibiotico penicillina. Secondo David Caramelli, del Dipartimento di biologia dell’Università di Firenze, «è assai probabile che queste sostanze venissero assunte dai nostri antenati proprio a scopo di automedicazione».
Del resto, già nel 2012 e sempre in Spagna, tra i denti di altri Neanderthal erano state rinvenute tracce di camomilla e achilea, piante dal sapore particolarmente amaro che, dunque, presumibilmente venivano assunte unicamente per le loro proprietà medicamentose. L’anno successivo si scoprì addirittura che, per evitare la formazione di ascessi, i nostri antenati utilizzavano già rudimentali stuzzicadenti.
Dunque, come afferma Laura Weyrich, coordinatrice dello studio: «ce li immaginiamo come ‘uomini delle caverne’, ma dovremmo riscrivere i libri di storia: i Neanderthal avevano un comportamento simile al nostro, erano competenti e intelligenti».
Un’ultima curiosità, emersa dalla ricerca, è la presenza di un batterio rinvenuto nella bocca di alcuni degli antenati ritrovati, un batterio che si trova anche nella nostra saliva; «segno, questo - sostiene Caramelli - che forse che questi ominidi sapevano già scambiarsi effusioni e baci».

http://salute.ilgiornale.it/news/25381/neanderthal-antenati---baci/1.html