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giovedì 28 maggio 2020

Il ritorno dello Gedi. - Marco Travaglio

Virus, Copasir: «Fake news contro l'Italia, c'è volontà di destabilizzare»
Da qualche settimana mi svegliavo la mattina con uno strano senso di vuoto. Come se mi mancasse qualcosa e non sapessi che cosa. Poi ieri ho letto Repubblica e ho capito: le fake news russe. E, già che ci siamo, pure cinesi. Ecco cos’era quella sgradevole sensazione: “Da Russia e Cina fake news contro l’Italia. È una guerra fredda”. E chi lo dice? Il Copasir, che dovrebbe controllare i servizi segreti, ma s’è preso una vacanza e ora indaga – insieme a un’ottantina di task force italiane ed europee – sulle fake news d’importazione (missione senz’altro più agevole che indagare su quelle italiane). E ha partorito un “report” di notevole “portata” “di cui Repubblica è venuta in possesso”. E, siccome a caval donato non si guarda in bocca, è passata sopra al dettaglio che il presidente del Copasir è il leghista Raffaele Volpi, detto The Fox, compare di partito di quelli che andavano e venivano dall’hotel Metropol di Mosca a trattare tangenti sui carburanti. Gente che di Russia se ne intende. Infatti il quotidiano di Sambuca Molinari smaschera “Sputnik, ma anche Russia Today” come “fonti esposte della disinformatia russa, fabbricanti di narrative artefatte”. E Repubblica se ne intende anche più di Volpi e del Copasir, visto che dal 2010 al 2015 allegava come suo inserto settimanale Russia Oggi, a cura del Cremlino di Putin. E ora scopre, grazie a una “chiosa” di Volpi, che Russia Today e Sputnik “tendono a fomentare polemiche contro l’Ue e i Paesi dell’Alleanza euro-atlantica” (mai esistita, ma fa niente).
L’allerta, come si può immaginare, è ai massimi livelli. “Senza alcuna pietà per le migliaia di morti che si accumulavano negli obitori italiani”, “la fucina della disinformazione russo-cinese ha continuato a sfornare centinaia di fake news” per “condizionare l’opinione pubblica italiana” e “indebolire il fronte delle democrazie occidentali nello scacchiere geopolitico mondiale”. Mica pizza e fichi. Ma anche per “delegittimare un competitor come gli Stati Uniti” (casomai a delegittimarlo non bastassero le cazzate fatte e dette da Trump). Stiamo parlando della “nuova frontiera della Guerra Fredda del terzo millennio”, “luogo di intersezione tra le maggiori potenze globali” e pensate un po’: “il Coronavirus è il palcoscenico perfetto che i regimi autocratici stavano aspettando”. Corbezzoli. In tre mesi Mosca e Pechino ci hanno trasformati in 60 milioni di agenti putiniani e di guardie rosse xijinpinghiane con la sola forza del pensiero, a colpi di “decine di profili fasulli”, “account anonimi” e “un esercito di troll”, senza dimenticare “le famigerate botnet” che, qualunque cosa siano, non hanno bisogno di presentazioni.
Gli esempi delle fake news che ci hanno russocinesizzati in blocco fanno accapponare la pelle. 
1) Il video con “una voce da un balcone” che urla “Grazie Cina!”, mentre “anziani commossi e famiglie si abbracciano e applaudono per le mascherine e gli aiuti ricevuti”: terribile. 
2) “La notizia falsa che i nostri servizi fossero a conoscenza del virus già nel novembre 2016 e avessero taciuto… rimasta sul sito di Rainews per mezza giornata”, addirittura (cioè più segreta dei servizi segreti): agghiacciante. 
3) “13 articoli apparsi sul sito Sputnik” sul “virus creato in un laboratorio americano in Ucraina” e su “Bill Gates finanziatore del virus” (evidentemente ha un conto in banca pure il Covid-19): mostruosi. 
4) Altri “due articoli dal contenuto discutibile”: da non dormirci la notte. 
5) “Casi apparentemente ‘autoctoni’, ma di cui non è ancora chiara l’origine”, tipo “il gruppo pubblico su Facebook i cui iscritti, facendo leva sulla difficoltà economica di cui soffre la popolazione della Puglia, inneggiano alla rivoluzione, al disordine sociale, contro il governo italiano”: la famosa insurrezione del Tavoliere e della Capitanata, da pelle d’oca. Ma anche “il gruppo privato ‘Rivoluzione Nazionale’ che incoraggia i raid ai danni di supermercati nel palermitano”: da barricarsi in casa.
Noi per la verità ci eravamo fatti l’idea che a soffiare sul fuoco delle sommosse e degli assalti ai supermercati fosse La Stampa, italianissima cugina di Repubblica, con titoli rasserenanti come “Rivolte al Sud: a Palermo prime razzie alimentari” (18 marzo), “Il Nord a rischio di tensioni sociali” (12 maggio), che sarebbero parsi un po’ eccessivi persino a Maria Giovanna Maglie. Ma si sa che questi troll russo-cinesi si annidano dappertutto, anche tra gli intrepidi cavalieri Gedi. Ieri, per dire, mentre l’annuncio della Von der Leyen sul Recovery Fund spazzava via tutte le panzane sul nostro governo perdente in Europa e condannato a chiedere l’elemosina al Mes, ci siamo abbeverati alla fonte purissima dei nemici delle fake news: Repubblica. E abbiamo scoperto, dal nostro idolo Stefano Folli, che Conte è “imbarazzato” perché i renziani hanno salvato Salvini e dimostrato che sul blocco della Open Arms il premier “non poteva non essere informato e quindi era consenziente, dal momento che Salvini, nei giorni della Open Arms, non è stato smentito da Palazzo Chigi”. In realtà Conte lo smentì con una lettera ufficiale lunga due metri e pubblicata anche su Facebook il 15 agosto 2019. Ma queste son cose note ai giornalisti, dunque non a Folli. Resta solo da appurare (magari dal Copasir) se le sue fake news arrivino dalla Russia, o dalla Cina, o siano produzione propria.

mercoledì 29 aprile 2020

Golpubblica. - Marco Travaglio


Dal 25 Aprile, festa della Liberazione, il centrodestra (notoriamente privo di mezzi di comunicazione) ha un nuovo quotidiano: la Repubblica, agnellizzata da Maurizio Molinari. Chi pensava che il neodirettore avrebbe atteso un po’ prima di imprimere la svolta al giornale fondato da Scalfari, per tranquillizzare giornalisti e lettori in subbuglio dopo il brutale licenziamento di Verdelli, sbagliava. La sterzata è arrivata ieri: una fake news in copertina (“Messe, dietrofront di Conte”); la quotidiana intervista all’Innominabile, che voleva devastare la Costituzione e ora la insegna al premier; una ventina di pagine sui piagnistei di quelli che vogliono riaprire tutto subito, con tanti saluti ai morti (appena 3-400 al giorno, dunque spariti); e soprattutto la nota politica di Stefano Folli che, per la noia che emana, viene letta solo dagli addetti ai lavori, sempreché riescano ad arrivare in fondo senza cadere in catalessi. Nato a La Voce Repubblicana con Molinari e Oscar Giannino (quello che mentì sulla laurea e persino sullo Zecchino d’Oro, anche lui giornalista di centrodestra, ingaggiato dal gruppo Stampubblica e parcheggiato a Radio Capital), Folli stava al Corriere e poi al Sole 24 Ore, dov’era strenuo difensore di B. e fan del leghismo lombardo-veneto. Poi nel 2014 approdò a Repubblica, ma nessun lettore si domandò che ci facesse lì perché i pochi che leggevano i suoi arzigogolati dire-non-dire ne uscivano con la labirintite.
Ma ora il Folli liberato parla finalmente chiaro: evoca scenari da Grand Guignol e invoca un cambio non solo di governo (legittimo), ma addirittura di sistema costituzionale. L’altro giorno, con vari salti logici e storici, paragonava l’emergenza Covid che investe il mondo intero alla guerra d’Algeria che in Francia riportò al potere il generale De Gaulle. E augurava all’Italia una bella svolta presidenzialista con apposito “uomo forte”, possibilmente Draghi. Ieri, con chiarezza per lui inusitata, ha optato per il golpe bianco, invitando Salvini & Meloni a prepararsi per non mancare all’appuntamento. Titolo: “Il tempo stringe per Salvini e Meloni” (entusiasmo incontenibile degli eventuali lettori nel vedere il loro giornale, che un tempo sussurrava al Pci-Pds-Ds-Pd, consigliare amorevolmente Matteo&Giorgia). Svolgimento: “Dopo la prova televisiva di domenica, è opinione diffusa che Conte si sta avviando a diventare il capro espiatorio del possibile disastro”. Di chi sia l’opinione diffusa e in quale terrazza o loggia si annidi, visto che il sondaggio Openpolis sulla prova televisiva di domenica dà l’81% pro Conte e il 16% anti, non è dato sapere.
Ma il Folli già sa che presto arriverà “l’ancora più drammatica emergenza economica. Il che pone due interrogativi”. Tenetevi forte, perché qui entriamo in una via di mezzo fra il Piano di rinascita della P2 e Vogliamo i colonnelli di Monicelli: “La crisi si aprirà secondo canali tradizionali e sarà gestita dalle forze politiche in base al rituale tipico ovvero l’insieme di protagonisti e comprimari è destinato a essere travolto da circostanze eccezionali?”. Ora sarebbe interessante sapere di quali “canali tradizionali”, “rituali tipici” e “circostanze eccezionali” stia vaneggiando. La Costituzione prevede che le crisi di governo si aprano in Parlamento, dove il capo dello Stato verifica l’esistenza di una maggioranza e, in caso contrario, indìce le elezioni. Senz’alcun cenno a circostanze eccezionali. Folli (o chi per lui) sta chiedendo qualcosa di diverso a Mattarella, in codice? Lo fa pensare il secondo interrogativo: “Nel caso in cui il bandolo della matassa fosse ancora nelle mani dei poteri riconosciuti, c’è qualcuno che già ora si prepara a gestire una stagione drammatica?”. Ecco: a quali mani, diverse da quelle dei “poteri riconosciuti” (capo dello Stato e Parlamento eletto dal popolo) il Folli vorrebbe consegnare il bandolo della matassa? La famiglia Agnelli-Elkann? La Fiat-Fca tornata a essere “la Feroce” di Pansa? La Confindustria? Una superloggia? Qualche conventicola di tecnocrati mai eletti né legittimati dal Parlamento? L’esercito? I Caschi blu? Le teste di cuoio? Le Giovani Marmotte?
“In quel caso”, scrive il (ti)gellino, “occorre aver predisposto un piano B”. Un bel piano Solo, o più probabilmente un piano Sòla: “un sentiero tendenziale verso qualche forma di unità nazionale”. Fortuna che “il Pd – incalzato da Renzi – comincia a rendersi conto che lo status quo non può durare” e bisogna “tenere sotto controllo il premier” (per fargli fare quel che vuole Folli o chi per lui). Invece, se Dio vuole, “FI è già pronta per il dopo” (qui i lettori di Rep fanno proprio la ola). Purtroppo “Salvini ha perso il piglio che aveva a suo tempo, comunque si volesse giudicarlo” (testuale), ma Zaia e Giorgetti scalpitano e “per lui il tempo stringe”, sennò si perde sul sentiero tendenziale. Meglio la Meloni, che “non esclude il confronto” e ha “carte migliori da giocare al tavolo dei futuri assetti” per evitare, Dio non voglia, che “il 14% dei sondaggi finisca in frigorifero”. Nulla è previsto, nel Risiko folliano, per quel trascurabile dettaglio del M5S, partito più votato alle ultime elezioni. Ma l’allegato 13-bis del Piano Sòla, intitolato “Gli enucleandi”, prevede per loro la deportazione nella base di Capo Marrargiu.

venerdì 25 ottobre 2013

Diffondiamo la verità.



La Repubblica accusa lo staff legale del gruppo consiliare M5S LAZIO di un presunto conflitto d'interesse. BALLE!Vogliono solo nascondere questa nostra denuncia gravissima: http://goo.gl/Q2TVQt

"Il 18 ottobre l’edizione romana di Repubblica ha pubblicato un articolo in cui si accusa lo staff legale del gruppo consiliare M5S LAZIO di un presunto conflitto d’interesse perché, secondo il consigliere Vincenzi e l’autore del testo, i nostri avvocati sarebbero dipendenti del consiglio regionale e non potrebbero presentare esposti contro l’istituzione per cui lavorano.

In un mondo normale il giornalista si informerebbe prima di scrivere e vedrebbe che i contratti sono firmati con il gruppo consiliare e non con il consiglio regionale del Lazio e capirebbe che parlare di conflitto d’interesse non ha senso. 

Tutto questo perché il nostro staff legale ha presentato un paio di esposti alla Corte dei Conti ed al Tar in cui si denunciano le violazioni sistematiche di norme di legge sulle molteplici assunzioni di dirigenti, consulenti esterni e collaboratori della giunta Zingaretti. 

Questi attacchi ci lusingano perché sintomo del nostro aver centrato il bersaglio. Avanti così!" M5S Lazio

Diffondete la verità!

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10151714333296545&set=a.371637426544.160262.56369076544&type=1&theater

lunedì 12 novembre 2012

Imu, il governo di Mario Monti tenta il colpo di mano per favorire la Chiesa.


Basilica San Pietro

L'esecutivo tecnico dei professori ha inserito una modifica ad hoc sulla definizione di no profit nel decreto Enti locali per favorire le realtà ecclesiastiche. Il tutto contro il parere del Consiglio di Stato e con il rischio che l'Europa multi l'Italia. Si tratterebbe di un danno di quasi tre miliardi di euro.


Una modifica ad hoc sulla definizione di no profit. Obiettivo? Permettere alla Chiesa di non pagare la tassa sugli immobili relativa alle ‘attività ad uso misto’, ovvero quelle che producono utili (cliniche, alberghi, ostelli, mense, ecc). Se non è un colpo di mano poco ci manca. Il governo tecnico di Mario Monti ci sta riprovando: cambiare in corsa le regole del gioco al fine di far risparmiare il Vaticano sull’Imu. Una mossa che non piace né al Consiglio di Stato (che il 4 ottobre scorso ha bocciato il regolamento per l’Imu prodotto dal ministero dell’Economia), né probabilmente all’Europa tanto cara ai professori, che potrebbe sanzionare l’Italia per aiuti di stato illegali. Il favore alla Chiesa, inoltre, non farà bene alle casse del Paese; sia per l’immediato (il governo contava di incassare dai 300 ai 500 milioni di euro all’anno), sia nel lungo periodo, visto che se la Commissione di Bruxelles dovesse davvero multare l’Italia si tratterebbe di un danno assai vicino ai tre miliardi di euro – come riportato oggi da Repubblica – perché l’Ue punterebbe a recuperare le somme condonate sin dal 2006.
L’asso nella manica, come detto, passa da una nuova definizione del concetto di ente commerciale, che tale non sarebbe se nello statuto venisse fatta una piccola modifica entro dicembre: vietato distribuire gli utili, che al contrario devono essere investiti per scopi sociali. E qualora l’ente non profit dovesse sciogliersi, il suo patrimonio deve passare tassativamente ad un altro ente no profit. Non solo. Particolarmente interessante il pagamento dell’Imu per cliniche ed ospedali, che nulla dovranno pagare se accreditate o convenzionate con gli enti pubblici e se – si legge nel provvedimento – le loro attività si svolgono “in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico”. Come? O a titolo gratuito o dietro pagamento di rette “di importo simbolico”. Cosa si intende per simbolico non è dato saperlo, il che produce un vuoto normativo che potrebbe aprire il campo a tutta una serie di interpretazioni e, perché no, speculazioni. Per quanto riguarda convitti e scuole, inoltre, saranno esentati quelli che fanno attività paritaria rispetto alle istituzioni statali e quelli che non discriminano gli alunni, mentre non pagheranno l’imposta sugli immobili le strutture con ricettività sociale. Il concetto di pagamento simbolico che evita l’Imu, inoltre, torna anche per le attività culturali, ricreative e sportive.
Per quanto riguarda il timing della vicenda, il punto di non ritorno è la bocciatura da parte del Consiglio di Stato (4 ottobre) del regolamento del ministero dell’Economia, il cui obiettivo era aiutare a compilare entro dicembre l’autocertificazione sui metri quadrati dell’immobile di proprietà riservata alle attività commerciali. Il Consiglio di Stato, il cui parere è obbligatorio ma non vincolante, dice no al documento prodotto dal governo (per decreto, in virtù della delega concessa all’esecutivo dal Parlamento). Il motivo? Proprio l’inserimento degli ‘sconti’ relativi all’Imu poiché del tutto estranei all’ordinamento italiano. Il governo a questo punto inserisce il cavillo con la nuova definizione di no profit all’interno del decreto Enti Locali (pensato per occuparsi dei costi della politica) e lo rispedisce al Consiglio di Stato, che l’8 novembre lo esamina nuovamente. Sconti confermati, quindi.