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domenica 18 settembre 2022

Attentato contro i separatisti nel Lugansk, bomba sulla procura: uccisi il procuratore generale e la sua vice. - Michela Morsa

 

Leonid Psechnik, capo dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk, ha accusato Kiev di aver organizzato l’attacco: «È uno Stato terrorista»

 L’edificio della procura generale dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk, nella regione filorussa del Donbass, è stato colpito da una bomba. Secondo quanto si apprende dalle agenzie russe Interfax e Tass, l’esplosione sarebbe avvenuta proprio in prossimità o all’interno dell’ufficio del procuratore generale Sergei Gorenko, rimasto ucciso insieme alla sua vice Yekaterina Steglenko. L’attacco, secondo la milizia della Rpl citata da alcuni canali Telegram, sarebbe avvenuto nella tarda mattinata ora locale. I danni all’edificio, situato nel centro della città, sono visibili al livello del terzo piano. Il personale è stato evacuato. I funzionari del ministero delle Emergenze, la polizia e gli artificieri stanno lavorando sul posto. Lo riporta la Tass. Leonid Psechnik, capo dell’autoproclamata Repubblica di Lugansk, ha accusato Kiev di avere organizzato l’attentato dinamitardo. L’attacco, ha detto sul suo canale Telegram, «prova che l’Ucraina, sotto la guida dell’attuale leadership, è uno Stato terrorista».

https://www.open.online/2022/09/16/ucraina-donbass-lugansk-bomba-procura/

martedì 3 novembre 2020

Attentato Vienna, il terrorista ucciso era un simpatizzante dell’Isis. Media: “Era 20enne austriaco pregiudicato di origini macedoni”. Indagini e arresti in corso. 4 vittime, 17 feriti: 6 gravi. – LA DIRETTA

 

Il ministro dell’interno austriaco Karl Nehammer ha confermato la morte di uno degli attentatori. Al momento ci sono mille agenti di polizia dispiegati e le indagini sono in pieno svolgimento per cercare gli altri artefici dell'assalto che ha colpito sei punti della città e preso di mira le persone nei locali. Vienna resta “in stato di massima allerta”: le autorità invitano a evitare il centro della capitale.

Era un “simpatizzante” dell’Isis il terrorista ucciso dalla polizia nel corso dell’assalto di ieri sera in diversi punti del centro di Vienna. Armato di un fucile d’assalto automatico, una pistola e un machete, indossava anche una finta cintura esplosiva. È lui il principale autore dell’attacco che ha colpito sei diversi punti della capitale, proprio alla vigilia del lockdown nazionale anti-Covid. Secondo le autorità austriache però non ha agito da solo: la polizia parla di un massimo di quattro attentatori. Un commando che ha sparato per le vie del centro della capitale austriaca, prendendo di mira i locali. Sono quattro i civili rimasti uccisi: si tratta di due uomini e due donne. Diciassette i feriti ricoverati in ospedale per colpi da arma da fuoco: sei di loro sono in pericolo di vita. Rimangono stabili ma critiche le condizioni del poliziotto ferito, ricoverato in terapia intensiva.

Il ministro dell’interno austriaco Karl Nehammer, in una conferenza stampa all’alba di martedì, ha spiegato che un attentatore è stato “neutralizzato alle 20:09” dalle unità di pronto intervento, per cui “la fase caotica dopo gli attentati è durata molto poco”. Nehammer ha confermato che si tratta di un simpatizzante dell’Isis, senza fornire ulteriori dettagli “per non pregiudicare le indagini”. Secondo le informazioni in mano alla Kronen Zeitung, l’attentatore ucciso è un rifugiato di circa 30 anni. Il quotidiano austriaco riferisce che poco prima dell’attacco il terrorista aveva prestato giuramento di fedeltà al nuovo leader dell’Isis Abu Ibrahim al-Hashimi al-Quraishi. Secondo il tabloid tedesco Bild, l’attentatore ucciso aveva precedentemente postato una foto su Instagram, in cui dimostrava la sua simpatia per lo Stato islamico. L’account è stato chiuso dalle autorità.

Vienna resta “in stato di massima allerta”. Al momento ci sono mille agenti di polizia dispiegati in città e le indagini sono in pieno svolgimento. Le autorità hanno invitato la gente ad evitare il centro della città. “Non possiamo escludere in questo momento che ci possano essere altri autori” ancora in fuga, ha detto Nehammer. Nella notte si era parlato anche di una persona fermata, oltre all’attentatore ucciso: la notizia però non è mai stata confermata. Su Twitter le forze dell’ordine hanno spiegato che sono state condotte perquisizioni nell’abitazione dell’attentatore che è stato ucciso. Il sindaco di Vienna Michael Ludwig, citato dal Kurier, ha parlato di ”perquisizioni e arresti” in corso.

La Germania intanto ha intensificato i controlli al confine con l’Austria. L’inasprimento dei controlli al confine è ora una “priorità tattica” per le forze di polizia federale, ha detto un portavoce delle forze tedesche. In Italia il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha convocato alle 13 il Comitato nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza: la riunione, alla quale parteciperanno i vertici delle forze di polizia e dei servizi d’intelligence, servirà a fare il punto di quando sta accadendo in Europa e a verificare lo stato della sicurezza in Italia.

La ricostruzione dell’attacco – I primi spari sono stati sentiti lunedì sera intorno alle ore 20, nel centro di Vienna in Seitenstettengasse, la via dove si trova la sinagoga della capitale austriaca. Più persone hanno iniziato esplodere colpi da arma da fuoco lungo le strade del centro, fino alla vicina Schwedenplatz. L’attacco ha colpito sei diversi punti della città: Ruprechtsplatz, Salzgries, Graben, Bauernmarkt, Morzinplatz e Fleischmarkt. Hanno preso di mira le persone che si trovavano nei bar e nei ristoranti di Vienna, per l’ultima notte prima del ritorno in lockdown e del coprifuoco. Una dinamica che ricorda gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015: anche allora un commando armato colpì in diversi punti della città, concentrando gli attacchi in alcuni locali della capitale francese. “L’autore si è mosso in direzione dell’Hoher Markt e della Ruprechtskirche e ha sparato alle persone che erano sedute allo Schanigarten. Non ha mirato al tempio della città”, ha detto il rabbino Schlomo Hofmeister, testimone oculare dall’attacco, al quotidiano Kurier.

Le reazioni – “Stiamo attraversando tempi difficili nella nostra repubblica. Vorrei ringraziare tutti i servizi di emergenza che rischiano la vita per la nostra sicurezza, soprattutto oggi. L’intero Paese è con le vittime, i feriti e le loro famiglie, alle quali esprimo il mio più profondo cordoglio”, ha detto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz alla tv pubblica Orf. “La nostra polizia intraprenderà un’azione decisa contro gli autori di questo orribile attacco terroristico. Sono lieto che i nostri agenti di polizia siano già stati in grado di eliminare un autore. Non permetteremo mai al terrorismo di intimidirci e combatteremo questi attacchi con tutti i mezzi”, ha aggiunto il cancelliere.

“Il terrorismo islamista è il nostro nemico comune. La battaglia contro questi assassini e i loro istigatori è la nostra battaglia comune”, ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel, affermando che “noi tedeschi esprimiamo vicinanza e solidarietà ai nostri amici austriaci”. “In queste ore terribili, nelle quali Vienna è diventata obiettivo della violenza terroristica, il mio pensiero va alle persone e alle forze di sicurezza che là stanno contrastando la violenza e il pericolo. I miei sentimenti di vicinanza vanno ai parenti delle vittime, auguro una pronta guarigione ai feriti”, ha dichiarato. Gli esponenti della comunità islamica austriaca, Iggo, in una nota pubblicata sulla loro pagina di Facebook si sono detti “vicini in queste ore alle persone colpite, alle loro famiglie e agli agenti di polizia” e “profondamente colpiti e scioccati” dall’attentato che ha colpito ieri sera Vienna.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/03/attentato-vienna-il-terrorista-ucciso-era-un-simpatizzante-dellisis-media-era-un-rifugiato-le-indagini-massimo-4-autori-dellattacco-arresti-in-corso-quattro-vittime-17-i-feriti-6/5989459/

sabato 19 agosto 2017

A Barcellona manca solo un idraulico moldavo, poi il cast è al completo. Ma il segnale è arrivato. - Mauro Bottarelli

C’è una sola cosa che mi sento di dirvi senza timore di smentita: anche dopo la peggior notte di bisboccia, il mattino dopo ho sempre fornito versioni dell’accaduto più lineari e credibili di quelle degli inquirenti spagnoli. Sempre. Magari sbiascicando ma mai inondando di cazzate il mio interlocutore come il fiume in piena di non-sense che arriva a getto continuo dalla Catalogna. Riassumo, per quanto sia riuscito a capirci qualcosa, per sommi capi. Attorno alle 5 del pomeriggio di ieri, un furgone entra nella rambla all’altezza di Plaza de Catalunya e falcia 13 persone, lasciandone ferite sul selciato oltre un centinaio. Schiantatosi contro un chiosco, dal van esce una persona con una camicia bianca a righe azzurre, qualcuno dice che stia ridendo e si dilegua.
Prima certezza. chi guidava il furgoncino della strage, l’esecutore materiale, è sparito. In compenso, fioccano i comprimari come in un film di Woody Allen: prima è un solo complice, con il quale il guidatore fuggitivo si sarebbe asserragliato in un ristorante turco con alcuni ostaggi, pare il personale. Balla. Poi, gli attentatori diventano quattro: uno in fuga, due arrestati e un morto. Poi, altro colpo di scena: nella migliore tradizione, dentro il furgone viene trovato un passaporto, spagnolo ma con identità araba: si tratterebbe di un cittadino di origine maghrebina ma residente a Marsiglia. Et voilà, compare all’orizzonte la pista del radicalismo francese. Il titolare della carta, però, vistosi tirato in ballo, va dalla polizia a dire che non c’entra un cazzo e che gli hanno rubato i documenti, poi utilizzati per noleggiare il van della strage. Sarebbe stato il fratello.
Nel frattempo, a Barcellona è caccia all’uomo. Anzi, agli uomini. Anzi, no, perché alle 20 la polizia autorizza tutti a uscire dai luoghi pubblici in cui avevano trovato rifugio durante l’emergenza, la rambla parzialmente riapre. E l’autista? E il presunto complice del ristorante? Sa il cazzo, spariti. Comincia la danza macabra della contabilità di morti e feriti, cominciano le dichiarazioni ufficiali di solidarietà dal mondo intero, si spegne la Torre Eiffel. Insomma, la solita menata. Si va a dormire con il computo fermo a 13 morti e oltre 100 feriti, 15 dei quali gravi. Ma, colpo di scena, attorno all’una di notte scatta una seconda parte del presunto piano terroristico, questa volta a un centinaio di chilometri da Barcellona, a Cambrils, di fatto la Pinarella di Cervia di Tarragona: chi non va a immolarsi lì per trovare gloria eterna, santo cielo!
I morti sarebbero 5, tutti terroristi che avrebbero cercato di emulare il commando di Barcellona, facendo però solo 7 feriti, tre dei quali pare poliziotti. Tre sono anche le versioni che danno altrettanti quotidiani spagnoli dell’accaduto: due terroristi sarebbero stati ammazzati in uno scontro a fuoco e tre all’interno del van; tutti e cinque uccisi all’interno del van; quattro morti, di cui due per ferite di armi da taglio e uno in fuga. Anche qui, chiarezza assoluta. In compenso la notte folle di Cambrils ha un elemento in comune: i cinque terroristi avrebbero tutti indossato cinture da kamikaze. Finte, ovviamente.
Ora, capite da soli che mancano solo un trapezista uzbeko e un odontotecnico macedone e il quadro di questa caccia all’uomo pare completo. C’è tutto: il furgone-killer, l’autista in fuga, il passaporto, lo scambio di persona, il secondo commando e i kamikaze annientati. Roman Polanski pagherebbe oro per l’esclusiva. Ovviamente, l’Isis ha rivendicato l’atto come opera di suoi soldati. Lo ha fatto un po’ alla cazzo, però, tipo conferenza stampa per l’addio al calcio di Antonio Cassano: prima sì, poi no, poi la versione ufficiale. Ormai anche SITE di Rita Katz fatica a credere alle cazzate che spara e tende a scordarsi le rivendicazioni, salvo metterci pezze ben peggiori del buco. Insomma, abbiamo un clamoroso caso di violazione di una zona interdetta da parte di un furgone killer e poi una serie di eventi che definire quantomeno poco chiari è dir poco.
Ci sono i morti e i feriti, per carità: lungi da me mettere in campo tesi tipo quelle dei figuranti pagati o dei manichini con il succo di pomodoro addosso. Resta il fatto che lasciar fare a un mezzo squinternato – come al solito, noto alla polizia – equivale a non aver fatto il proprio dovere: non credo minimamente al fatto che la polizia catalana sia precipitata in un vortice di errori e incapacità tali. A meno che, stante l’approssimarsi del referendum sull’indipendenza da Madrid e il rischio di nuove elezioni anticipate, qualcuno non si sia divertito a far fare loro una bella figura di merda in mondovisione, dimostrando inconsciamente come sia necessario stare uniti per vincere la minaccia terroristica. La quale era pressoché sparita, dopo un paio di colpi di coda tutti da ridere in Francia (tipo l’attentatore in retromarcia che arriva indisturbato davanti alla sede dell’antiterrorismo), salvo ora ritornare in grande stile.
Ah, dimenticavo: uno dei fermati/latitanti – visto che non si capisce un cazzo, inserisco entrambe i ruoli – sarebbe di Medilla, una delle due enclave spagnole in Marocco sotto assedio dalla nuova tratta dei migranti, la quale dopo mesi e mesi di fedeltà al Mediterraneo, ha stranamente deciso di cambiare rotta nelle ultime due settimane, scegliendo la penisola iberica come meta dei viaggi di fine stagione. Nel caso a Ceuta e Medilla, nelle prossime settimane, servisse usare il pugno duro – magari anche con scafisti e ONG – chi potrebbe dire nulla, a fronte di un sospettato e 13 morti sul marciapiedi?
E poi, culmine dei culmini, ecco che due mesi fa la CIA avrebbe avvisato le autorità catalane proprio del forte rischio di un attentato sulle Ramblas durante l’estate. E i catalani? Niente, duri come il muro: e adesso si piangono vittime e inseguono fantasmi in camicia bianca a righe azzurre. Incredibilmente, l’avviso della CIA è stata la seconda notizia giunta ieri da Barcellona, dopo quella del camion sulla folla: che tempismo, trattandosi di materiale d’intelligence, non vi pare? D’altronde, ultimamente con il tempismo e i servizi gli americani ci vanno forte, basti vedere il caso Regeni, riesploso dalla sera alla mattina nella noia sudaticcia di Ferragosto. Ma attenzione, perché come ci mostra questo video tratta dalla diretta,della CNN di ieri pomeriggio
spesso anche le cose raffazzonate, possono risultare utili: soprattutto quando una delle principali tv del mondo scende così in basso da mettere in relazione diretta quanto accaduto a Charlottesville e sta grigliando il presidente USA fra le critiche con l’attacco a Barcellona, dicendo che i perpetratori di quest’ultimo avrebbero forse preso esempio dai suprematisti in azione in Virginia. Insomma, in prime time, l’americano medio, il quale non sa nemmeno dove stia Barcellona, viene indottrinato sul rischio che quanto sta accadendo in America attorno ai monumenti confederati possa addirittura ispirare gli atti di terrore dell’Isis. E tranquilli, nessuno – di fronte a quei corpi sul marciapiedi – si chiederà come mai, di colpo, i miliziani dello Stato islamico abbiano deciso di venir meno a una delle loro regole numero uno, ovvero applicare il martirio a ogni loro azione. A Barcellona, nessuno era intenzionato a morire.
Two things corporate media consistently does.
1) Scare people
2) Convince them to give up liberties to fight the enemy du jour.
Anche perché, al netto delle chiacchiere dei presunti “esperti anti-terrorismo” che parlano di un reticolo di contatti e cellule ben radicate nel territorio, a Barcellona sono morti solo civili: l’autista è in fuga e gli altri presunti membri del commando non si sa bene quale fine abbiano fatto. Né, se esistano. I cinque di Cambrils, poi, se è andata come dicono, più che terroristi erano partecipanti a un addio al celibato con sorpresa, finito male. Occorreva dare un po’ di adrenalina da paura all’Europa, adagiatasi troppo sulla sua ritrovata serenità post-elezioni francesi? Serve aprire un fronte spagnolo del timore radicalista e dei foreign fighters? Bisogna minare alla radice il referendum sull’indipendenza di Barcellona da Madrid? Bisogna tenere vivo lo spaventa-folle chiamato Isis in Europa, dopo le debacle sul campo in Siria e Iraq?

O magari fiaccare lo spirito che in febbraio ha portato in piazza, proprio a Barcellona, 200mila persone per dire sì all’arrivo di migranti, in nome dell’accoglienza e della solidarietà? E non perché i migranti non siano un problema, anzi ma perché occorre creare nell’opinione pubblica un clima particolare proprio in certe roccaforti dell’immaginario collettivo liberale, quale Barcellona è. Chissà, può essere tutto e può essere nulla. Ma quando si parla senza il minimo dubbio di reticolati di contatti e commando jihadisti sul territorio a fronte di un autista-killer sparito nel nulla, il dubbio che quelle lacrime e quei volti straziati dalla paura siano strumentali a qualcosa, sorge davvero spontaneo. E si staglia nitido. Come un documento nella cabina di un van. Perché ricordatevi che la paura deve essere il vostro unico Dio.

sabato 27 maggio 2017

Il totalitarismo dell’odio è anche nostro. - Massimo Fini

AttentatoMolti giornali hanno pubblicato in prima pagina la fotografia di Saffie Rose Roussos la più piccola delle vittime (8 anni) della strage di Manchester. Uccidere dei bambini è una cosa orribile, ma strumentalizzarli è qualcosa che sta solo un paio di gradini sotto. Nella prima guerra del Golfo furono uccisi dai bombardieri americani e della Nato 32.195 bambini, dati inoppugnabili perché forniti, sia pur involontariamente, dal Pentagono. Se dovessimo stare nella stessa logica i giornali occidentali dovrebbero pubblicare ogni giorno, per riparazione, la fotografia di uno di questi piccoli, cioè almeno per una decina di anni. Non è che i bambini degli altri sono diversi dai nostri, se non per qualche caratteristica fisica (i bambini dei paesi musulmani, i piccoli Alì, sono in genere tutti riccioluti).
Sul Corriere della Sera Cazzullo si chiede “quale responsabilità possono portare i ragazzi che vanno a un concerto”. Nessuna, ovviamente. Ma quale responsabilità potevano portare i bambini uccisi a Baghdad e a Bassora e le altre decine di migliaia uccisi dai bombardieri americani e Nato in Afghanistan, in Iraq, in Libia?
Certo, in questi macabri conteggi, c’è un’indubbia differenza fra i bambini uccisi a Manchester e i bambini uccisi dai bombardieri americani e Nato. L’attentatore jihadista di Manchester e i suoi complici (perché tutto fa pensare che questa volta non si tratti di un ‘lupo solitario’ ma di una cellula incistata sul suolo britannico) non solo sapevano che avrebbero ucciso dei bambini ma volevano uccidere dei bambini. I piloti, e anche i non piloti nel caso dei droni, americani e Nato non volevano premeditatamente uccidere dei bambini, anche se sapevano che li avrebbero inevitabilmente uccisi e in una misura molto maggiore di quella che può fare un kamikaze. Gli jihadisti non fanno differenze. Noi occidentali qualche differenza la facciamo ancora. In questa orribile ‘guerra asimmetrica’ c’è in questa differenza il solo punto di vantaggio a nostro favore, sul piano morale, rispetto alla jihad.
Sul Foglio Giuliano Ferrara, questo acrobata professionale nel manipolare i fatti, scrive: “Attaccare, per non essere attaccati. Annientare, per non essere annientati…E noi, invece di esportare con una violenza incomparabilmente superiore alla loro l’unico modo di vita che preveda la possibilità della pace, invece di rispettare il loro progetto distruggendone le radici sociali e politiche dove risiedono, noi a baloccarci, a piangerci addosso, a ricusare la violenza e l’odio”. Ferrara riprende in toto, quasi aggravandola, la teoria di George W. Bush: esportare la democrazia con la violenza. Questo irresponsabile individuo sembra non rendersi conto, non so se volutamente o meno, che proprio da questa esportazione violenta della democrazia, in Serbia, in Afghanistan, in Iraq, in Somalia e in Libia, è nata la guerra che oggi ci contrappone non solo all’Isis ma, sia pure in forme diverse, all’intero mondo musulmano e anche a quei pochi altri mondi che ci sono restati estranei. Gli effetti devastanti, sia nelle terre arabe che nelle nostre, della ‘teoria Bush’ sono sotto gli occhi di tutti. Ma non di quelli di Ferrara. Che, pare capire (“con una violenza incomparabilmente superiore”), non sarebbe alieno da gettare qualche atomica sul “mondo della violenza e dell’odio”.
Mi piacerebbe anche capire come “l’unico modo di vita che preveda la possibilità della pace” si concili, per fare un esempio recente, con le armi che Trump si appresta a fornire nella misura di 120 miliardi di dollari all’Arabia Saudita, secondo l’accordo firmato l’altro giorno a Riad.
Questo totalitarismo della violenza, dell’odio, dell’orrore non appartiene solo agli jihadisti, appartiene anche a noi. Anzi siamo stati proprio noi, ubbriacati e resi irresponsabili dalla nostra apparente superiorità militare, a provocarlo.

venerdì 21 aprile 2017

Champs Elysées, identificato l'autore dell'attentato: si chiama Karim. Caccia al complice arrivato dal Belgio.

Champs Elysées, identificato l'autore dell'attentato: si chiama Karim. Caccia al complice arrivato dal Belgio

Secondo gli investigatori parigini, che per il momento non ne vogliono rivelare l'identità, si tratterebbe di un pregiudicato 39enne. Nell'auto aveva coltelli ed un fucile a pompa. Interrogati in stato di fermo tre suoi parenti. Una rivendicazione dell'Isis attribuisce l'attacco al jihadista belga Abu Yousif. La persona segnalata dalle autorità di Bruxelles si presenta in commissariato ad Anversa: "Io non c'entro".

PARIGI -  L'uomo che ha ammazzato un poliziotto e ne ha feriti altri due ieri nel centro di Parigi prima di essere ucciso è stato identificato. Si chiama Karim, ma il suo nome completo per il momento non sarà rivelato. Gli investigatori sono convinti che abbia goduto della complicità di un jihadista arrivato dal Belgio e hanno disposto un avviso di ricerca nei suoi confronti. Le autorità belga hanno anche fornito un nominativo, ma la persona indicata nella comunicazione, ha reso noto il ministero dell'Interno francese, si è presentato spontaneamente al commissariato di polizia di Anversa per dimostrare la sua estraneità. Nella sua abitazione la polizia belga avrebbe rinvenuto però armi, passamontagna e un biglietto ferroviario per Parigi con partenza giovedì mattina.

L'esistenza di un complice arrivato dal Belgio sarebbe confermata però dalla rivendicazione dell'Isis arrivata nelle ore scorse che ha attribuito l'attacco ad Abu Yousif al-Belgiki . Si tratterebbe quindi di una persona diversa rispetto a quella identificata dagli investigatori parigini. Quest'ultima, secondo indiscrezioni giornalistiche, aveva 39 anni ed era conosciuto dall'intelligence francese per la sua "radicalizzazione".


Secondo l'emittente BFMTV, era stato precedentemente condannato a 15 anni di carcere per aver sparato a due agenti di polizia nel 2001. Inoltre, aveva riferito di aver vissuto nelle periferie della capitale francese. Il quotidiano Le Parisien afferma invece che sulla base dei documenti trovati nella vecchia Audi A4 color argento da cui il killer è sceso per attaccare una camionetta della polizia si chiamerebbe Karim Cheurfi, avrebbe 39 anni e nel 2003 era stato condannato a 20 anni di reclusione - pena ridotta a soli 5 anni - per aver tentato di uccidere tre uomini, inclusi due agenti, nel 2001 a Roissy-en-Brie. L'antiterroismo sta perquisendo la sua casa nell'area di Seine-et-Marne mentre nell'auto sarebbero stati trovati un fucile a pompa e armi bianche, tra cui un coltello da cucina. Tre persone considerate a lui vicine, probabilmente parenti, sono sotto interrogatorio - in stato di fermo - dei servizi antiterrorismo francesi.

Questa mattina intanto, mentre gli Champ Elysees sono stati riaperti al traffico, è stata convocata una riunione d'emergenza del Consiglio di difesa francese. L'incontro ha avuto inizio poco dopo le 8. Oltre al presidente François Hollande, vi prendono parte il primo ministro Bernanrd Cazeneuve, i ministri dell'Interno, della Giustizia, della Difesa e degli Esteri, oltre che i numeri uno dei servizi di sicurezza, dell'intelligence, delle forze armate. In tutto una quindicina di persone.

Parlando a Rfi (Radio France International), la presidente del Front National, Marine Le Pen, ha detto stamattina di temere nuovi attentati prima del primo turno delle presidenziali, questa domenica. "Non voglio dire di più - ha affermato - ma sappiamo che lo Stato islamico ha inviato almeno un terrorista per compiere attentati, e costui è ancora in giro, quindi il pericolo è massimo". La candidata all'Eliseo per la destra ha anche aggiunto di "non credere assolutamente" che l'attentato di ieri abbia avuto l'obiettivo di influenzare l'esito delle elezioni. "Non credo che sia stato per pesare sulle elezioni presidenziali francesi che ci siano stati gli attentati di San pietroburgo, Stoccolma o Londra", ha insistito per poi proporre la sua ricetta: "è necessario rafforzare i mezzi a disposizione della polizia, morali e materiali". "E poi bisogna attaccare la radice del male. Il fondamentalismo islamista che è l'ideologia che arma i terroristi".

Analisi opposta a quella del suo principale avversario nella corsa all'Eliseo, il candidato centrista Emmanuel Macron. "I terroristi tentano di colpire le elezioni. Vogliono la contemplazione del disastro. Giocano sulle paure, non cederò su niente", scrive oggi su twitter.

Sugli avvenimenti degli Champs Elysees interviene questa mattina anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Quanto è accaduto ieri a Parigi, sostiene, "ci riporta alla pericolosità del terrorismo e all'esigenza di una difesa salda, forte, decisa e responsabile che garantisca i valori della democrazia e della libertà".


http://www.repubblica.it/esteri/2017/04/21/news/champs_elyse_es_sospetto_gia_condannato_nel_2003-163521849/

Io sono sempre più convinta che questi attentati siano commissionati da chi detiene il potere economico, gli stessi che hanno dato vita ad un organismo come l'ISIS.
Non ci sarebbero, altrimenti, motivazioni adducibili ad altre cause diverse da quelle del potere economico.

mercoledì 5 aprile 2017

Le allusioni del Fatto Quotidiano sull’attentato di San Pietroburgo: è opera di Putin. - Eugenio Cipolla

Le allusioni del Fatto Quotidiano sull’attentato di San Pietroburgo: è opera di Putin

“Bomba nella metro. Il terrorismo islamico dà una mano a Putin”. 

Stamattina sul Fatto Quotidiano campeggia questo titolo, sicuramente fuori luogo rispetto alla portata dell’attentato che ieri mattina ha sconvolto la città russa di San Pietroburgo. A nemmeno 24 ore dall’azione suicida che ha causato 14 vittime e oltre 50 feriti, i titolisti di Travaglio hanno deciso di buttarsi nella mischia e politicizzare subito la cosa, mettendo in secondo piano il lato umano e il rispetto per i corpi ancora caldi e sanguinanti sulle banchine della stazione Sennaya Ploshad.

La conferma arriva leggendo il pezzo di Leonardo Coen a pagina 3, dove, nell’articolo intitolato “La pista del terrore e la strategia ‘zarista’ tra paura e rabbia”, si parla subito di una presunta strategia della tensione messa in atto dal Cremlino, spaventato dalle proteste di piazza delle scorse settimane (nemmeno 100.000 persone su 143 milioni di abitanti) e dall’avanzata del fantomatico leader dell’opposizione Alexey Navalny (il cui rating elettorale non superare il 2%). Il disegno del Cremlino, secondo il giornalista del Fatto, è quello di «sbriciolare l’opposizione e dirottare l’attenzione dell’opinione pubblica, dalla corruzione ai jihadisti ceceni e daghe stani reduci dalla Siria». D’altronde, secondo il giornale diretto da Travaglio, «la collera, strumentalmente indirizzata contro i jihadisti, è utile al Cremlino per sviar el’attenzione dell’opinione pubblica dalla massiccia e iniqua repressione contro i manifestanti che erano scesi in piazza il 26 marzo».

Coen allude subito a quanto successo nel 1999, durante i primi mesi di governo Putin. La storia racconta che Mosca e molte città della Russia furono al centro di numerosi attentati da parte di guerriglieri ceceni a causa della esplosiva situazione nella regione caucasica. Gli oppositori del presidente russo, invece, hanno sempre asserito che quelle furono bombe di stato, piazzate lì da uomini dell’FSB, il servizio segreto russo, con l’obiettivo di alzare il rating di Putin in vista delle presidenziali e dare all’esercito un casus belli per attaccare la Cecenia. «Le bombe – scrive ancora Coen – alzano il livello. […] Questa strategia della tensione ricorda un’altra fosca stagione politica, il crepuscolo cioè della presidenza Eltsin […] La situazione era tesa, rischiava di diventare incontrollabile. Il diversivo arrivò tra l’agosto e il settembre del ’99 quando si moltiplicarono gli attentati a Mosca e in altre città: attribuiti agli islamisti ceceni». Grazie a quegli episodi, secondo la ricostruzione del Fatto, Putin mostrò i muscoli e radicalizzò la popolazione russa, distraendola dagli scandali giudiziari insabbiati su Eltsin.

Le allusioni del quotidiano di Travaglio sono abbastanza sottili, ma sicuramente comprensibili a chi ha un po’ di conoscenza della storia russa degli ultimi venti anni. Putin si sarebbe fatto da solo o avrebbe in qualche modo favorito l’attentato di San Pietroburgo perché congeniale a un disegno più ampio, mirato a reprimere il proprio popolo. In fin dei conti è la stessa teoria che molti hanno enunciato in questi anni riguardo le stragi italiane di Piazza Fontana nel 1969 e della Stazione di Bologna nel 1980, parlando di servizi deviati, commistioni con la politica, segreti insabbiati.

A riprova della malafede del Fatto Quotidiano, c’è quel titolo, così esplicito quanto poco imparziale. Negli ultimi 365 giorni l’Europa continentale ha assistito a numerosi attentati e Il Fatto Quotidiano non ha mai nemmeno lontanamente ipotizzato una strategia della tensione di Francia, Germania o UK per distrarre la propria popolazione da altro. Ecco un paio di esempi:

Bruxelles, 22 marzo 2016: 31 morti e circa 300 feriti in una raffica di attentati compiuti a Bruxelles e rivendicati dall'Isis: due all'aeroporto Zaventem e uno alla stazione della metro di Maalbeek. Il Fatto Quotidiano il giorno dopo titola: ”I kamikaze di Bruxelles lasciati liberi di uccidere”.

Nizza, 14 luglio 2016: un camion per 2 km sul lungomare della Promenade del Anglais falcia la folla presente per festeggiare la presa della bastiglia e fa 87 morti. Il Fatto quotidiano il 16 luglio, due giorni dopo, titola: ”Il lupo solitario ne ammazza più dei jihadisti”.

Berlino, 19 dicembre 2016: un camion si schianta contro un mercato di Natale invadendo il marciapiede in Breitscheidplatz, nei pressi della Chiesa del Ricordo. Ci sono 12 morti, tra le quali anche una italiana. Il Fatto Quotidiano il giorno dopo titola così: “Jihad, il sangue sul Natale”.

Londra, 22 marzo 2017: 5 morti e 50 feriti sono il bilancio dell’azione di un pazzo che con un suv affittato a poche centinaia di km da Londra, si è schiantato sulla folla presente nei pressi del Parlamento. Il Fatto Quotidiano titola così: “Londra, morte al Parlamento”.

Perché il terrorismo islamico ha dato una mano solo a Putin e non ad Angela Merkel, Francois Hollande o Teresa May? A questa domanda vorremmo che quelli del Fatto rispondessero con sincerità. E non ci dicano che in Francia, Germania e Regno Unito non hanno gli stessi problemi della Russia, perché di problemi da distogliere agli occhi dell’opinione pubblica ne hanno, a centinaia, anche loro. 

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-le_allusioni_del_fatto_quotidiano_sullattentato_di_san_pietroburgo__opera_di_putin/82_19593/

Quindi, se il terrorismo avanza in Germania, in Francia, in Inghilterra, etc., è terrorismo di matrice islamica, se scoppia una bomba in Russia è colpa di Putin che pone in atto una strategia della tensione per scongiurare l’avanzata del leader dell’opposizione Alexey Navalny (il cui rating elettorale non superare il 2%)?

Apperò!

domenica 26 marzo 2017

Attentato Londra, perché il terrore colpisce sempre le masse e mai i potenti? - Diego Fusaro.

Attentato Londra, perché il terrore colpisce sempre le masse e mai i potenti?

Quasi come se si trattasse, ormai, di una tragedia che torna a ripetersi, nei suoi moduli, sempre eguale a se stessa. Prima Parigi, poi Berlino. Adesso Londra. L’Europa è sotto attacco, si dice. Non è chiaro da parte di chi, tuttavia.
L’Islam ha dichiarato guerra all’Europa: così vorrebbe farci credere la narrazione egemonica; il cui fine conclamato è quello di delegittimare l’Islam e, in generale, ogni religione della trascendenza non ancora riassorbita nel monoteismo immanentistico dell’economia di mercato. Non è guerra di religione: è guerra alla religione. Guerra dichiarata dal capitale a ogni idea di sacro che non sia quello del mercato deregolamentato.
Come già dissi in altra occasione, io non so i nomi. Né mi accontento delle versioni ufficiali. Prevedo – e non è difficile – che, in ogni caso, questo attentato diverrà l’occasione per sostenere, da più parti, il solito mantra del “ci vuole più Europa”: e, naturalmente, per rallentare e rendere più ardua l’attuazione concreta della “Brexit”, ossia della scelta democratica del popolo inglese di prendere congedo dall’Unione Europea.
Mi limito a riscontrare che, anche nel caso di Londra, l’attentato si è abbattuto sulle masse subalterne, precarizzate, sottopagate e supersfruttate. I terroristi colpiscono sempre, immancabilmente gli sconfitti della mondializzazione, il popolole masse inermi. Strano paradosso: il terrorismo islamico – si dice – vorrebbe colpire il cuore dell’Occidente, metterne in ginocchio i centri nevralgici del potere. E poi, chissà perché, l’ira delirante dei terroristi non si abbatte mai, curiosamente, sui luoghi reali del potere occidentale: banche, centri della finanza, ecc. I signori mondialisti non vengono mai nemmeno sfiorati. Restano puntualmente intonsi. Il loro potere ne esce sempre, chissà perché, rinsaldato. Anzi, trovano sempre, immancabilmente, nei gesti nefandi e criminali dei terroristi l’occasione per potenziare il proprio ordine dominante: restringimento delle libertà, bombardamenti umanitari (il terrorismo della lotta al terrorismo), dirottamento del conflitto di classe verso il conflitto di civiltà, riadesione delle masse ormai sull’orlo della ribellione ai valori dell’Occidente mercatistico buono, ecc.
Insomma, a ragionare serenamente, verrebbe da pensare che i signori del terrore siano sprovveduti: vogliono colpire a morte l’Occidente e, invece, ne rinsaldano il potere; vogliono abbattere i potenti occidentali e, invece, li agevolano massacrando e indebolendo le masse pauperizzate occidentali. Hanno, poi, un tempismo perfetto, i signori del terrore: arrivano in Francia proprio quando le masse iniziano a mobilitarsi contro la “loi travail”; arrivano in Inghilterra quando si avvicina il momento del redde rationem con l’Unione Europea (Brexit).
Sarò anche considerata complottista, ma io la penso esattamente come lui.
E come Chomsky, che aveva previsto e teorizzato gli accadimenti attuali al punto 2 della sua lista di "Manipolazione delle masse":
2) Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che sia il pubblico a richiedere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

sabato 16 luglio 2016

Massacro a Nizza, camion falcia passanti durante la festa: 84 morti, 10 bambini




Strage a Nizza. La promenade Des Anglais è diventata un cimitero.  Un camion è piombato sulla folla durante le celebrazioni per la festa nazionale del 14 luglio, la presa della Bastiglia, ha corso per centinaia di metri, travolgendo tutto e tutti. Ci sono cadaveri ovunque. «Un attentato», dice la prefettura e chiede agli abitanti di restare barricati dentro casa. Decine di persone sono morte, almeno 84 le vittime confermate, ci sono uomini, donne e 10 bambini. Avevano appena finito di guardare i fuochi artificiali quando il Tir da 18 tonnellate li ha falciati come birilli. Un centinaio i feriti secondo il viceprefetto Sebastien Humbert, citato dalla rete all news i-Telè. 

L'attentatore, identificato come Mohamed Lahouaiej Bouhlel, un 31enne francese di origini tunisine, è arrivato con il tir all'inizio della promenade, ha atteso qualche secondo ed è partito per il suo viaggio di morte.
L'autista sterza, cercando di travolgere più persone possibile. Un centinaio di persone riesce a tuffari in mare, altri non sono così rapidi. L'autista ad un certo punto si ferma, armeggia nella cabina, racconta un testimone. Prende la pistola e comincia a sparare contro chi gli si para davanti.

È la polizia a fermarlo. Gli agenti crivellano di colpi la cabina del camion. Il tunisino muore in pochi secondi. Un testimone intervistato in diretta da Bfm-Tv dice che oltre all'autista ha visto altri «tre uomini» uscire dal camion bianco. Una notizia che non trova ancora conferme ufficiali. Gli investigatori dell'anti terrorismo sono al lavoro, mentre la procura di Parigi apre un'indagine per terrorismo. Quel che è certo è che sul camion sono stati trovati i documenti di Bouhlel e la sua carta di credito, e anche il documento d'identità di una seconda persona.

Si contano 188 feriti, di cui 98 gravi e 8 in fin di vita. Fra questi, 38 sono bambini di meno di 15 anni. I morti sono 84. A quanto riferisce un chirurgo a Sky Tg24, non ci sarebbero più sale disponibili per effettuare autopsie.


I tassisti caricano i feriti per portarli in ospedale e aiutando le persone in fuga a uscire dalla zona completamente blidata dalle forze di polizia. Il camion è fermo alla fine della promenade: si teme che possa esserci un ordigno all'interno. La polizia, secondo Le Figaro, avrebbe già trovato nel cassone armi e granate.
Rafforzati i controlli ai confini con la Francia. Disposte verifiche su tutte le auto in ingresso in Italia dalla Francia ai valichi di frontiera secondari mentre al valico autostradale di Ventimiglia le verifiche vengono effettuate solo su alcune auto.

Il premier francese Manuel Valls e il ministro dell'Interno Bernard Cazeneuve sono giunti presso l'unità di crisi della Place Beauveau, a una cinquantina di metri dal Palazzo dell'Eliseo nel cuore di Parigi. Il presidente Hollande che stava rientrando d'urgenza da Avignone, arriverà verso le 2. Fonti del ministero riferiscono inoltre che Cazeneuve si recherà a Nizza «nelle prossime ore».

La procura. L'attentato di Nizza, «anche se non è stato ancora rivendicato, corrisponde esattamente agli appelli di omicidio delle organizzazioni terroristiche islamiche diffusi sulle loro riviste» e sui media. Lo ha detto il procuratore Francois Molins. Anche se non ci sono state ancora rivendicazioni ufficiali sull'attentato di Nizza «questo tipo di azioni corrisponde esattamente» a quelle prescritte sul web dalle organizzazioni terroristiche, ha sottolineato il procuratore. Il killer di Nizza «era sconosciuto ai servizi di intelligence e non era mai stato oggetto della minima segnalazione di radicalizzazione». Lo ha detto il procuratore Francois Molins. Il terrorista ha sparato «diverse volte contro tre poliziotti all'altezza dell'Hotel Negresco»: lo ha detto il procuratore, Francois Molins, precisando che le forze dell'ordine hanno immediatamente risposto al fuoco fino all'uccisione del terrorista.

Sempre secondo il procuratore Molins, Mohamed Lahouaiej Bouhle è arrivato al camion con cui ha fatto la strage «da solo in bici». Il camion era parcheggiato in un quartiere di Nizza dal 13 luglio e «riappare alle 22.30» della sera del 14. Il camion era stato noleggiato l'11 luglio e avrebbe dovuto essere ricostruito il 13, ha proseguito il procuratore spiegando che la bicicletta è stata poi ritrovata nella stiva del camion. Il terrorista di Nizza è giunto «in bici» alle 21:34 nel luogo in cui aveva lasciato il camion noleggiato l'11 luglio in un'agenzia di Saint-Laurent du Var, ha aggiunto il procuratore, precisando poi che la bici caricata a bordo del Tir di 19 tonnellate è stata ritrovata dagli inquirenti. Nel rimorchio, ha precisato, «c'era solo una bici e delle palette di carico».


http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/nizza_attentato_camion_francia_strage-1856256.html

domenica 15 novembre 2015

PARIGI: CUI PRODEST ? - PEPE ESCOBAR

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Non ci sono prove che sia un false flag – per ora. Ciò che sembra provato è che Daesh è in grado di portare avanti missioni avanzate con legami importanti.
Scorrendo centinaia di report ho trovato un cittadino danese che descriveva uno degli assalitori di un caffè parigino: ultra professionale, vestito di nero da capo e piedi e incappucciato, AK47, molto ben addestrato. Non sono i soliti bombaroli in mutande di Al-Zawahiri, sono killer professionisti. Questi ha lasciato la scena del crimine indisturbato e al contrario di quanto dice la polizia fracese, potrebbe non essere stato catturato. Non indossava giubbotto suicida.

L’intel francese giura di stare monitorando almeno 200 cittadini rientrati dal “Siraq”. Un lavoro mediocre. Parigi scoppia di polizia. La mente fatica a credere ad almeno 8 jihadisti che si aggirano di venerdì sera vestiti come killer professionisti.
Per me, questa è anche una questione personale. La jihad è venuta dalle mia parti a Parigi. L’ho lasciata la settimana scorsa per il mio solito viaggio in Asia. Mi sono sempre preso gioco di Fox News descrivendo il mio quartiere come una zona “no-go” – ovviamente per ragioni stupide/sbagliate.

Hanno scelto un piccolo ristorante cambogiano, economico e confortevole, dove gli habitué sono giovani ed abbastanza alternativi. Ciò significa che il quartiere è stato selezionato con attenzione per mesi.

Hanno scelto un mix di luoghi molto simbolici.

C’è una partita Francia-Germania alla quale assiste il Presidente in uno stadio in cui le barriere – etniche e religiose – si dissolvono, un vero simbolo di multiculturalismo.

C’è una performance di una band statunitense in una sala concerti piena di giovani.

C’è un caffè qualsiasi, alla moda, nel secolare quartiere giovane e alternativo tra il decimo e l’undicesimo arrondissemen,.

Questo punta ad uno spettro concettuale calibrato – attentamente selezionato da membri francesi, probabilmente quelli rientrati dal “Siraq”.
Ciò indica anche un madornale fallimento dell’intelligence francese e del Ministro degli Interni.

Ci sono così tante ragioni accumulate negli anni per una vendetta: discriminazione esplicita ed implicita contro i Musulmani, che li ha portati ad essere considerati cittadini di seconda fascia, l’appoggio francese ai “ribelli moderati”, le guerre di Sarko I e del Gen. Hollande in Libia e Mali, i minimi bombardamenti in Siria, la Francia sostenitrice della NATO.
Il timing: fondamentale. Giusto in seguito all’annuncio USA/GB della “possibile” uccisione di Jihad John e una manciata di ore prima che il tavolo di Vienna potesse diramare una lista dei 10 maggiori terroristi in Siria (oggetto del mio articolo su Asia Times).
Chi ne trae vantaggio?

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a pepeasia@yahoo.com.

Fonte: https://www.facebook.com
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14.11.2015
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l'autore della traduzione FA RANCO

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15836