lunedì 11 maggio 2015

Latouche: "L'economia ha fallito, il capitalismo è guerra, la globalizzazione violenza". - Giuliano Balestreri

Latouche: "L'economia ha fallito, il capitalismo è guerra, la globalizzazione violenza"
Serge Latouche 

Il teorico della decrescita felice interviene al Bergamo Festival: "Il libero scambio è come la libera volpe nel libero pollaio". E poi critica l'Expo: "E' la vittoria delle multinazionali, non certo dei produttori. Serve un passo indietro, siamo ossessionati dall'accumulo e dai numeri".

MILANO - "La globalizzazione è mercificazione". Peggio: "Il libero scambio è come la libera volpe nel libero pollaio". E ancora: "L'Expo è la vittoria delle multinazionali, non certo dei produttori". Serge Latouche, francese, classe 1940, è l'economista-filosofo teorico della decrescita felice, dell'abbondanza frugale "che serve a costruire una società solidale". Un'idea maturata anni fa in Laos, "dove non esiste un'economia capitalistica, all'insegna della crescita, eppure la gente vive serena".

Di più: la decrescita felice è una delle strade che portano alla pace. E Latouche ne parlerà il 12 maggio al Bergamo Festival (dall'8 al 24 maggio) dedicato al tema "Fare la pace", anche attraverso l'economia. L'economista francese, in particolare, si concentrerà sulla critica alle dinamiche del capitalismo forzato che allarga la distanza fra chi riesce a mantenere il potere economico e chi ne viene escluso. Ecco perché, secondo Latouche, la decrescita sarebbe garanzia e compensazione di una qualità della vita umana da poter estendere a tutti. Anche per questo "considerare il Pil non ha molto senso: è funzionale solo a logica capitalista, l'ossessione della misura fa parte dell'economicizzazione. Il nostro obiettivo deve essere vivere bene, non meglio".

Abbiamo sempre pensato che la pace passasse per la crescita e che le recessioni non facessero altro che acuire i conflitti. Lei, invece, ribalta l'assioma.
Fa tutto parte del dibattito. Per anni abbiamo pensato proprio che la crescita permettesse di risolvere più o meno tutti i conflitti sociali, anche grazie a stipendi sempre più elevati. E in effetti abbiamo vissuto un trentennio d'oro, tra la fine della Seconda guerra mondiale e l'inizio degli anni Settanta. Un periodo caratterizzato da crescita economica e trasformazioni sociali di un'intensità senza precedenti. Poi è iniziata la fase successiva, quella dell'accumulazione continua, anche senza crescita. Una guerra vera, tutti contro tutti. 

Una guerra?
Sì, un conflitto che ci vede contrapposti gli uni agli altri per accumulare il più possibile, il più rapidamente possibile. E' una guerra contro la natura, perché non ci accorgiamo che in questo modo distruggiamo più rapidamente il pianeta. Stiamo facendo la guerra agli uomini. Anche un bambino capirebbe quello che politici ed economisti fingono di non vedere: una crescita infinita è per definizione assurda in un pianeta finito, ma non lo capiremo finché non lo avremo distrutto. Per fare la pace dobbiamo abbandonarci all'abbondanza frugale, accontentarci. Dobbiamo imparare a ricostruire i rapporti sociali.

Un cambio rotta radicale. Sapersi accontentare, essere felici con quello che si ha non è certo nel dna di una società improntata sulla concorrenza. 
E' evidente che un certo livello di concorrenza porti beneficio a consumatori, ma deve portarlo a consumatori che siano anche cittadini. La concorrenza non deve distruggere il tessuto sociale. Il livello di competitività dovrebbe ricalcare quello delle città italiane del Rinascimento, quando le sfide era sui miglioramenti della vita. Adesso invece siamo schiavi del marketing e della pubblicità che hanno l'obiettivo di creare bisogni che non abbiamo, rendendoci infelici. Invece non capiamo che potremmo vivere serenamente con tutto quello che abbiamo. Basti pensare che il 40% del cibo prodotto va direttamente nella spazzatura: scade senza che nessuno lo comperi. La globalizzazione estremizza la concorrenza, perché superando i confini azzera i limiti imposti dalla stato sociale e diventa distruttiva. Sapersi accontentare è una forma di ricchezza: non si tratta di rinunciare, ma semplicemente di non dare alla moneta più dell'importanza che ha realmente.

I consumatori però possono trarre beneficio dalla concorrenza. 
Benefici effimeri: in cambio di prezzi più bassi, ottengono salari sempre più bassi. Penso al tessuto industriale italiano distrutto dalla concorrenza cinese e poi agli stessi contadini cinesi messi in crisi dall'agricoltura occidentale. Stiamo assistendo a una guerra. Non possiamo illuderci che la concorrenza sia davvero libera e leale, non lo sarà mai: ci sono leggi fiscali e sociali. E per i piccoli non c'è la possibilità di controbilanciare i poteri. Siamo di fronte a una violenza incontrollata. Il Ttip, il trattato di libero scambio da Stati Uniti ed Europa, sarebbe solo l'ultima catastrofe: il libero scambio è il protezionismo dei predatori.

Come si fa la pace?
Dobbiamo decolonizzare la nostra mente dall'invenzione dell'economia. Dobbiamo ricordare come siamo stati economicizzati. Abbiamo iniziato noi occidentali, fin dai tempi di Aristotele, creando una religione che distrugge le felicità. Dobbiamo essere noi, adesso, a invertire la rotta. Il progetto economico, capitalista è nato nel Medioevo, ma la sua forza è esplosa con la rivoluzione industriale e la capacità di fare denaro con il denaro. Eppure lo stesso Aristotele aveva capito che così si sarebbe distrutta la società. Ci sono voluti secoli per cancellare la società pre economica, ci vorranno secoli per tornare indietro.

Oggi preferisce definirsi filosofo, ma lei nasce come economista. 
Sì, perché ho perso la fede nell'economia. Ho capito che si tratta di una menzogna, l'ho capito in Laos dove la gente vive felice senza avere una vera economia perché quella serva solo a distruggere l'equilibrio. E' una religione occidentale che ci rende infelici.

Eppure ai vertici della politica gli economisti sono molti. 
E infatti hanno una visione molto corta della realtà. Mario Monti, per esempio, non mi è piaciuto; Enrico Letta, invece, sì: ha una visione più aperta, è pronto alla scambio. Io mi sono allontanato dalla politica politicante, anche perché il progetto della decrescita non è politico, ma sociale. Per avere successo ha bisogno soprattutto di un movimento dal basso come quello neozapatista in Chiapas che poi si è diffuso anche in Ecuador e in Bolivia. Ma ci sono esempi anche in Europa: Syriza in Grecia e Podemos in Spagna si avvicinano alla strada. Insomma vedo molto passi in avanti.

A proposito, Bergamo è vicina a Milano. Potrebbe essere un'occasione per visitare l'Expo.
Non mi interessa. Non è una vera esposizione dei produttori, è una fiera per le multinazionali come Coca Cola. Mi sarebbe piaciuto se l'avesse fatto il mio amico Carlo Petrini. Si poteva fare un evento come Terra Madre: vado sempre a Torino al Salone del Gusto, ma questo no, non mi interessa. E' il trionfo della globalizzazione, non si parla della produzione. E poi non si parla di alimentazione: noi, per esempio, mangiamo troppa carne. Troppa e di cattiva qualità. Ci facciamo male alla salute. Dovremmo riscoprire la dieta meditterranea. Però, nonostante tutto, sul fronte dell'alimentazione vedo progressi. Basti pensare al successo del movimento Slow Food.


http://www.repubblica.it/economia/2015/05/10/news/latouche_decrescita_felice-113782708/?ref=fbpr
Ecco quanti euro dovrà restituire l’Inps ad ogni pensionato La percentuale di perequazione per l’anno 2012 è pari al 2,7% mentre per l’anno 2013 al 3%. Questa è la percentuale dell’aumento mensile della pensione negato ai pensionati per il blocco della perequazione deciso dalla Riforma Fornero. Gli adeguamenti e quindi gli arretrati di pensione dovranno essere erogati dall’Inps a chi ha avuto nel 2012 una pensione superiore a 1.443 euro lordi al mese. Forniamo alcuni esempi di calcolo degli arretrati.
Pensionato con una pensione lorda di 1.600 euro. Si tratta di un assegno pensionistico che è tra 3 e 4 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 1.600 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 42 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 91 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 93 euro circa mensili.
Pensionato con una pensione lorda di 2.100 euro. Si tratta di un assegno pensionistico che tra 4 e 5 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 2.100 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 54 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 117 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 123 euro circa mensili.
Pensionato con una pensione lorda di 3.100 euro. Si tratta di un assegno pensionistico 6 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 3.100 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 76 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 162 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 182 euro circa mensili.
Le cifre sopra indicate sono al lordo, quindi sugli arretrati l’Inps applicherà la tassazione Irpef. 
Tutto quello che si deve sapere per avere restituito dall’Inps quanto maturato dopo la sentenza della Corte Costituzionale lo si trova nella circolare n. 10/2015 della Fondazione Studi. Un  vademecum in cui si trovano le “istruzioni per l’uso” necessarie per vedere riconosciuti i propri diritti.

Ornitogallum.


Ci sono riuscita!
Questa è una mia vittoria personale, ho riprodotto l'ornitogallum!

Ieri, festa della mamma.



Spathiphillum

Regalatomi da Sara, che è fiore tra i fiori.

domenica 10 maggio 2015

Svelata la batteria di Tesla per staccarsi dalla rete usando il fotovoltaico. - Francesca Mancuso

powerwall-tesla

Da Tesla la nuova batteria domestica per conservare l'energia prodotta in eccesso dalle rinnovabili. Mai più dipendenza dalle fonti fossili. Le nostre abitazioni possono essere alimentate esclusivamente dalle energie pulite, risparmiando in bolletta ed evitando la produzione di emissioni sostanze inquinanti.
Il 30 aprile scorso, il Ceo Elon Musk ha svelato al mondo il sistema di accumulo su cui lavorava da tempo: una batteria da 10 kWh e una da 7, già in vendita al costo rispettivamente di 3.500 e 3.000 dollari. Si chiama Powerwall ed è pensata per l'uso domestico e per favorire l'autoconsumo domestico. Attualmente infatti, uno dei limiti del fotovoltaico, è l'intermittenza. Da tempo si lavora sui sistemi di accumulo per le abitazioni, capaci di immagazzinare l'energia pulita per metterla a disposizione nelle ore notturne nel caso del solare. 
Disponibile in due versioni – da 7 kWh (al costo di 3000 dollari) e da 10kWh - la nuova batteria di Tesla fondamentalmente è un enorme gruppo di continuità. Il tutto all'interno di dimensioni contenute.
Si tratta di una una batteria agli ioni di litio con un sistema di controllo termico e un software che riceve i comandi di invio da un inverter. Il sistema si può appendere su una parete e può essere integrato con la rete locale per sfruttare l'energia in eccesso e dare agli utenti la flessibilità necessaria per trarre energia dalla proprie riserve, come ha spiegato Tesla, che ne ha elencato i benefici: il risparmio economico, una migliore gestione dell'energia nei momenti di picco ma anche una maggiore diffusione dell'autoconsumo.
Powerwall è disponibile in una serie di colori in modo da diventare un vero e proprio oggetto diarredo. È possibile anche impilare le batterie, fino a un massimo di nove per un totale di 90kWh.
Sia la versione da 10kWh che quella da 7 sono ottimizzate per le applicazioni di uso quotidiano.Entrambe possono essere collegate al fotovoltaico e alla rete e sono in grado di fornirealimentazione di backup.

La versione di Powerwall da 10kWh è ottimizzata per fornire il backup quando la rete va giù, fornendo energia per la tua casa quando ne avete più bisogno. Se abbinata con l'energia solare, la Powerwall da 7kWh può essere utilizzato tutti i giorni per estendere i benefici ambientali e di costo del fotovoltaico di notte, quando la luce del sole non è disponibile” spiega Tesla.

 TreeHouse, sta collaborando con Tesla per vendere Powerwall. “Per la prima volta, nelle nostre case sarà accessibile e facile avere una batteria”, spiega il co-fondatore e presidente di TreeHouse Jason Ballard. “Credo che in un prossimo futuro, averne una in casa sarà normale come avere uno scaldabagno o una lavastoviglie. Questo ci porta un passo più vicini ad essere in grado di alimentare le abitazioni senza l'uso di combustibili fossili”.

È già possibile effettuare la prenotazione. L'avvio delle spedizioni è previsto a fine estate.

Stop ai vitalizi, ecco chi rischia e chi si salva

Da Berlusconi a Dell'Utri, gli effetti della norma che sospende gli assegni ai parlamentari condannati per reati gravi. Il presidente del Senato Grasso: «Si poteva fare di più, ma è un grosso passo avanti»


Dopo mesi di rinvii e di incessanti polemiche tra i partiti, i presidenti delle Camere riescono a tagliare quello che ormai può essere considerato il loro traguardo: gli uffici di presidenza di Senato e Camera hanno detto sì alla delibera che taglia il vitalizio ai parlamentari condannati. Ma al risultato, che fa esultare Grasso («Un bel segnale da parte delle istituzioni anche se avrei voluto di più») e Boldrini («È la moralizzazione della politica»), non si arriva in modo indolore. La maggioranza si spacca: quasi tutto il Pd vota “sì”; Ap (Area popolare) o non si presenta o non vota; Svp a Palazzo Madama si astiene. E anche l’opposizione è in ordine sparso: FI abbandona i lavori; M5S alla Camera esce e al Senato dice “no”; Sel dà l’ok insieme a Lega e FdI; mentre FI abbandona i lavori. 

La delibera approvata
L'approvazione della delibera, che cancella il “privilegio previdenziale” per il parlamentare che subisce una condanna definitiva a più di due anni per reati di mafia, terrorismo, contro la P.A.(eccezion fatta per l’abuso d’ufficio) e per tutti quelli che prevedono condanne non inferiori nel massimo a 6 anni, tra cui anche la frode fiscale, ma non il finanziamento illecito ai partiti, è stata una strada piuttosto in salita. Che ha richiesto infiniti incontri, colloqui più o meno riservati e varie riscritture del documento. Un lavoro certosino, insomma, che ha visto il presidente Grasso in prima fila. Sua infatti è la prima bozza poi rivista e corretta alla luce dei pareri dei costituzionalisti interpellati e delle istanze delle varie forze politiche. Nella delibera 2.0 infatti sono comparse misure che prima non c’erano e che sono state aspramente criticate dai 5 Stelle che alla fine o hanno votato contro o se ne sono andati gridando contro una norma a loro dire svuotata. 

Fra le nuove norme inserite e più contestate, la possibilità di riottenere il vitalizio in caso di riabilitazione. Questa può essere richiesta 3 anni dopo la fine della condanna (o dopo 8 o 10 anni in caso di reati gravissimi e di recidiva) e, qualora venga concessa, il vitalizio potrà essere ridato perché la fedina penale torna ad essere pulita e viene quindi meno «il requisito negativo» che ha portato al taglio del beneficio previdenziale. 

I tecnici delle Camere hanno 60 giorni di tempo per vagliare le singole posizioni, al termine dei quali sarà deciso quali vitalizi arano soppesi e quali invece continueranno ad essere erogati. Fra coloro che sono interessati dalla norma Silvio Berlusconi, condannato per frode fiscale nel processo sui diritti Mediaset, percepisce il vitalizio più elevato in assoluto, pari a 8mila euro al mese, che dovrebbe perdere salvo riabilitazione. Perderà il vitalizio anche Marcello Dell’Utri, condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa: detenuto nel carcere di Parma, percepisce 4.424,46 euro. Niente più assegno mensile anche per Cesare Previti, colpevole di corruzione in atti giudiziari, che finora ha incassato 3.979,06 euro al mese, oppure Totò Cuffaro che, detenuto a Rebibbia dopo la condanna a sette anni per favoreggiamento aggravato della mafia, percepisce ogni mese 5.154,79 euro. Fra i vitalizi tagliati anche quello di Giuseppe Ciarrapico, (1.510 euro) condannato a tre anni per il crac della Casina Valadier. Stop all’assegno mensile di 6.062 euro per Arnaldo Forlani, condannato in via definitiva a due anni e quattro mesi di reclusione per finanziamento illecito nell’affare Enimont.

Chi si salva
Dalla “tagliola” si salvano invece nomi come quello di Paolo Cirino Pomicino, condannato a un anno e otto mesi per la tangente Enimont percepisce  5.231 euro al mese, o Claudio Martelli (4.992 euro, otto mesi per l’inchiesta Enimont) e Gianni De Michelis (coinvolto in Tangentopoli ha patteggiato un anno e sei mesi, oltre ai sei mesi per l’affare Enimont ericeve vitalizio da 5.517 euro). 
Si salvano anche l’ex An Domenico Nania, 5.938,46 euro al mese e una condanna a 7 mesi per lesioni personali legate ad attività violente nei gruppi giovanili di estrema destra all’inizio degli anni Settanta; Renato Farina, l’agente Betulla dei servizi segreti condannato a sei mesi per favoreggiamento nel sequestro dell’imam egiziano Abu Omar, e Giorgio La Malfa, che salva il vitalizio da 5.759,87 euro nonostante la condanna a sei mesi per finanziamento illecito ai partiti. Resta nella lista anche l’ex sindaco di Milano e cognato di Bettino Craxi Paolo Pillitteri, condannato a quattro anni e sei mesi per ricettazione e finanziamento illecito ai partiti con una rendita di 2.906,11 euro al mese.

Grasso: «si poteva fare di più»
Si poteva fare di più ma serviva un messaggio ed è stato dato. È il messaggio del presidente del Senato Pietro Grasso il giorno dopo l'abolizione dei vitalizi per i condannati per reati gravi. «Anche la mia delibera iniziale sui vitalizi - ha spiegato -  era molto più rigorosa e coincideva essenzialmente con quella auspicata da M5S. Ma per potere andare avanti la politica ci insegna che serve il consenso democratico sui cui costruire qualcosa di positivo». Secondo Grasso, le delibere degli uffici di presidenza di Camera e Senato sullo stop dei vitalizi ai parlamentari condannati «è un grosso passo in avanti, una rivalutazione sul piano politico della revisione del ruolo della politica e della sua dignità. Non penso che quelle delibere siano qualcosa di antidemocratico. anzi, accrescino il senso della democrazia e della giustizia».

Skytg24

http://www.sky.it/eveningnews/2015/277/web/homepage.html?news=3

sabato 9 maggio 2015

Dagli al giornalista. - Marco Travaglio.



Confesso il mio doppio conflitto d’interessi: sono giornalista e sono anche uno di quelli spiati durante il governo Berlusconi-2 dal Sismi del generale Niccolò Pollari e del suo “analista” Pio Pompa e, per soprammercato, pure dalla cosiddetta Security della Telecom capitanata da Luciano Tavaroli (che in realtà lavorava in tandem con i servizi). 

Bene: a Perugia, nel silenzio generale, sta per concludersi il processo a Pio Pompa, nei cui uffici e appartamenti romani furono sequestrati nel 2007 ben 10 mila file. “In quei Cd, Dvd e hard-disk – ha ricordato il pm Massimo Casucci – sono stati rinvenuti dossier su giornalisti e magistrati, insieme a documenti su attentati e sulle questioni aperte riguardanti Iraq, Afghanistan e Nigergate. Quando è avvenuta la perquisizione, però, Pompa non faceva più parte dell’intelligence militare e dunque non poteva detenere quei file”. E perciò, dieci giorni fa, il pm ha chiesto la condanna di Pompa a 4 anni e mezzo di carcere per essersi procacciato documenti “atti a fornire notizie che nell’interesse della sicurezza dello Stato dovevano rimanere segrete”.

Ieri il sito del Fatto ha rivelato che, sentito come testimone, il generale Pollari – ex superiore di Pompa – ha invocato il segreto di Stato depositando una lettera che gli ha scritto Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio (il Dis, che coordina i servizi segreti militare e civile). Che dice Massolo? Che anche il governo Renzi, come i precedenti, ha deciso di apporre il segreto di Stato e addirittura di ricorrere alla Corte costituzionale per mandare in fumo il processo a Pompa. Ora, nei dossier sequestrati nel 2007, emergeva un sistematico dossieraggio su magistrati, politici e giornalisti considerati “ostili” a Berlusconi, definiti “bracci armati” di non si sa quale Spectre e dunque da “disarticolare”, “neutralizzare”, “ridimensionare” e “dissuadere”, anche con “provvedimenti” e “misure traumatiche”. 

Davvero il governo Renzi ha così a cuore la libertà di stampa e di pensiero da impedire verità e giustizia anche su quell’oscura vicenda? È vero, noi giornalisti siamo una categoria malfamata. Ma ormai il primo che passa si sente autorizzato a prenderci a ceffoni senza che nessuno dica o faccia nulla. È di questi giorni l’incredibile vicenda dell’Unità, che il Pd vorrebbe rimandare in edicola con i soliti soldi pubblici, ma abbandonando al loro destino i giornalisti delle ultime gestioni, lasciati soli a difendersi da querele penali e cause civili, a pagarsi gli avvocati e addirittura a farsi pignorare le case e gli stipendi.

Ed è dell’altro giorno la sentenza del Tribunale di Roma che dà torto a Sandra Amurri, giornalista del Fatto Quotidiano, e ragione all’ex deputato Dc e poi Udc Calogero Mannino, tuttora imputato a Palermo per violenza o minaccia a corpo dello Stato nel processo sulla trattativa Stato-mafia. L’antefatto è noto, almeno ai nostri lettori. 

Il 21-12-2011 Sandra Amurri, trovandosi al Bar Giolitti di Roma, a due passi da Montecitorio, ascoltò casualmente una conversazione fra due politici. Uno lo riconobbe subito: Mannino. L’altro lo identificò poi dalle foto scattate con l’iPhone: Giuseppe Gargani. Sentì dire fra l’altro a Mannino: “Stavolta ci fottono: dobbiamo dare tutti la stessa versione. Spiegalo a De Mita, se lo sentono a Palermo è perché hanno capito. E, quando va, deve dire anche lui la stessa cosa, perché questa volta ci fottono. Quel cretino di Ciancimino figlio ha detto tante cazzate, ma su di noi ha detto la verità. Hai capito? Quello, il padre, di noi sapeva tutto, lo sai no? Questa volta, se non siamo uniti, ci incastrano. Hanno capito tutto. Dobbiamo stare uniti e dare tutti la stessa versione”. E a Gargani: “Certo, certo, stai tranquillo, non ti preoccupare, ci parlo io”. Un caso di scuola di inquinamento delle prove. 

La Amurri raccontò sul Fatto quanto aveva visto e sentito e, chiamata dai giudici di Palermo a testimoniare sotto giuramento, confermò tutto. Mannino la insultò: “Mitomane”, “spia”, “agente volontario in servizio della Stasi in Germania o del Kgb nell’Urss”, “fantasia eccitata”, “delirio”, “menzogna organizzata”. La Amurri gli fece causa. Intanto, sentito come teste al processo Trattativa, Gargani confermava il colloquio (non, ovviamente, le parole) con Mannino nella data e nel luogo indicati. E il deputato Aldo Di Biagio, che l’aveva incontrata alla sua uscita dal bar Giolitti, testimoniava che subito la nostra giornalista gli aveva raccontato ciò che aveva appena sentito dai due politici. 

Ora il giudice di Roma dà ragione a Mannino e condanna la Amurri a pagargli 15 mila euro di spese legali. Ma, quel che è peggio, scrive nella motivazione che gli insulti sanguinosi di Mannino – i peggiori che un giornalista possa ricevere – sono “espressioni riconducibili all’esercizio del diritto di critica… proporzionate e strettamente collegate alle accuse mossegli nell’articolo” e “all’indebita interferenza della giornalista in una sua conversazione privata”. Già, perché qui la colpevole è la cronista: ha “abusivamente origliato il colloquio” e, anziché starsene zitta come fanno i conigli che non cercano rogne, l’ha denunciato e poi confermato ai giudici per aiutarli ad accertare la verità. 

La domanda è semplice: se io, comune cittadino o giornalista, ascolto al bar due persone che progettano un omicidio, o una rapina, o uno stupro, che devo fare? La sentenza non lascia dubbi: devo farmi i cazzi miei e lasciare che i due portino a termine il crimine. Altrimenti, se faccio il mio dovere di denunciarli, quelli potrebbero diffamarmi e, se reagisco, rischio di incontrare un giudice che mi accusa di averli abusivamente origliati violando la loro sacra privacy, e mi obbliga pure a rimborsarli con 15 mila euro. 

Una lezione di educazione civica.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/dagli-al-giornalista/