giovedì 20 agosto 2015

I funerali di Vittorio Casamonica, Abbate “Mafia capitale va a processo, ma loro continuano a fare quello che vogliono”. - Giuseppe Pipitone




Tre anni fa la copertina dell'Espresso inchiodava i quattro clan capitolini sotto un titolo destinato ad essere citato più volte: I Re di Roma. Oggi il maggiorente del clan sinti si è fatto seppellire con lo stesso titolo: "Re di Roma". Per il giornalista siciliano è "un messaggio pesantissimo che ci racconta come ancora una volta come i mafiosi ci tengano ad un certo tipo di taglio mediatico. Devono rimarcare la loro importanza. Come faranno adesso a dire che a Roma non c'è la mafia?"


Il funerale di Vittorio Casamonica? “Il messaggio lanciato è pesantissimo: alla vigilia del maxi processo contro Mafia capitale, i romani sanno che uno dei Casamonica può essere omaggiato in quel modo in pieno giorno”. Tre anni fa la sua inchiesta pubblicata sulla prima pagina dell’Espresso portava un titolo destinato ad essere ripreso più volte: i Re di Roma. Erano i quattro clan che comandavano nella capitale: Carminati, Fasciani, Senese e Casamonica. E oggi che alla chiesa don Bosco, zona Tuscolano, periferia sud est della città, sono andati in onda gli sfarzosi e pacchiani funerali di uno dei maggiorenti del clan Casamonica, il giornalista Lirio Abbate si domanda: “Come faranno adesso a dire che a Roma non c’è la mafia?”
Cavalli neri che trainano una carrozza, un elicottero che getta rose, la colonna sonora del Padrino: Abbate, come è possibile che a Roma si lasci fare un funerale del genere?
“Me lo chiedo anche io: sembrava una roba della Sicilia anni ’60. Ma neanche: è lo stesso stile dei funerali di Vito Rizzuto, in Canada, con la bara d’oro massiccio sostenuta da una schiera di fedelissimi. Un misto tra sfarzo e messaggio in puro stile mafioso. Il senso è: anche se la procura ha portato a processo 59 persone per Mafia capitale, anche se a Roma ci sarà il primo maxi processo a Carminati e soci, Vittorio Casamonica può essere salutato in questo modo. Un segnale sociale devastante. E voglio vedere se adesso qualcuno, anche nella società civile, continuerà a dire che quella che c’è a Roma non è mafia”.
In più c’erano i cartelloni all’entrata della chiesa: Vittorio Casamonica si auto considerava Re di Roma. Lo stesso titolo della sua inchiesta sulla mafia a Roma: solo una coincidenza?”
“Aldilà delle coincidenze, credo che questo dimostri ancora una volta come i mafiosi ci tengano ad un certo tipo di taglio mediatico. Devono rimarcare la loro importanza, perché d’altra parte il potere di un uomo di mafia deriva dal fatto che tutti conoscono la sua appartenenza ad un’organizzazione criminale, in alternativa l’influenza di un boss sarebbe nulla. Casamonica si è appropriato della definizione di Re di Roma perché era l’unico modo per primeggiare totalmente sugli altri clan, nonostante la sua zona d’influenza sia in realtà molto ridotta. In un’intercettazione Massimo Carminati definiva i Casamonica come “straccioni”. Loro non avrebbero potuto vendicarsi con le armi, perché a Roma vige una specie di pax mafiosa, ecco quindi che provano ad emergere a livello mediatico”.
In un certo senso si può dire che boss come Casamonica o lo stesso Carminati ci tengano ad essere dipinti sui giornali in un certo modo?“Assolutamente sì, ma fino ad un certo punto. A Carminati va bene essere considerato un assassino, un boss, un capo. Ma se racconti dei suoi guadagni con la cocaina va fuori di testa. I precedenti in questo senso si sprecano: è successa la stessa cosa con Leoluca Bagarella, che non si arrabbiava certo se raccontavi che era mandante ed esecutore di stragi. E lo stesso Bagarella scelse la colonna sonora del Padrino come musica del videotape del suo matrimonio, nel 1991 a Villa Igiea. Una cornice molto simile a quella del funerale di Casamonica”.
Dove un elicottero ha sorvolato la chiesa gettando petali di rosa: come mai è stato autorizzato tutto questo?
“Perché a Roma si tende ancora oggi a sottovalutare il fenomeno della criminalità organizzata. Sappiamo bene che in Sicilia e in Calabria, ormai i prefetti vietano funerali di boss mafiosi proprio per questo motivo: per il messaggio che si lancia. Invece Roma è il posto in cui ad ogni obiezione ti rispondono: se po’ fa’. Roma è la città del se po’ fa’.
Anche in Sicilia, ormai, i sacerdoti rifiutano sempre più spesso di concedere le chiese per funerali dei mafiosi. Qui invece il parroco della chiesa  ha accettato che si facesse il funerale, e che venissero affissi quei cartelloni.“Io non so se Vittorio Casamonica sia morto con una condanna definitiva per mafia o meno, ma il parroco così come tutti i presenti sapevano bene di chi fosse quel funerale. Ed è una cosa che ci deve far riflettere, perché appena un anno fa Papa Bergoglio, in Calabria, ha scomunicato i mafiosi, tutti i mafiosi. Ecco, credo che Papa Bergoglio sia anche il Papa del sacerdote che ha officiato i funerali di Casamonica: mentre in Calabria e in Sicilia i sacerdoti rischiano in prima persona per dire no alle cosche, a Roma viene data la possibilità ad un clan di mettere in scena questo spettacolo”.

Il rischio quale è?
“Che in un momento in cui bisognerebbe mantenere alta l’attenzione sul fenomeno mafioso nella capitale, alla vigilia del primo storico maxi processo, si abbia un calo da parte delle autorità oltre che della stessa società civile. E a Roma non ci sono bande, ma associazioni criminali organizzatissime che aspettano proprio questo: un calo d’attenzione per insinuarsi nuovamente e riprendere potere. La disattenzione di oggi lo dimostra: le autorità hanno abbassato la guardia, e Vittorio Casamonica ha avuto un funerale da padrino”.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/20/i-funerali-di-vittorio-casamonica-abbate-mafia-capitale-va-a-processo-ma-loro-continuano-a-fare-quello-che-vogliono/1971578/

In Chiesa Don Bosco Vicariato disse no a Welby -La basilica di San Giovanni Bosco a Cinecittà, dove si sono svolti i funerali del boss Vittorio Casamonica, è la stessa chiesa che avevano scelto per la sua cerimonia funebre i parenti di Pergiorgio Welby, militante del Partito Radicale, copresidente dell'Associazione Luca Coscioni, impegnato per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell'accanimento terapeutico e per il diritto all'eutanasia. Welby era deceduto grazie all'aiuto di sanitari che diedero seguito alla sua volontà di porre fine alla sua lunga agonia. Per i funerali la moglie cattolica di Welby aveva scelto che la cerimonia religiosa venisse celebrata nella chiesa Don Bosco ma il Vicariato di Roma si oppose. A prendere la decisione fu il vicario generale per la diocesi di Roma, cardinal Camillo Ruini. Il funerale laico di Piergiorgio Welby venne quindi celebrato il 24 dicembre 2006, in piazza Don Bosco, di fronte alla chiesa che i familiari avevano scelto per la cerimonia religiosa. (ansa)

Tasse sulla casa, il 2016 è l’anno della Local Tax: cosa cambierà?


Ultimi vagiti per le tasse sulla casa che negli ultimi due anni hanno dominato l’ambito mediatico italiano (e troppo spesso i sonni agitati degli italiani): alla fine di quest’anno IMU e TASI andranno in pensione lasciando spazio alla Local Tax, la quale accorperà in un unico tributo i vari balzelli che pesano sulle vessate tasche degli italiani.
Quale sarà la struttura della Local Tax?
Una volta terminate le vacanze di agosto il presidente del Consiglio Renzi procederà al vaglio delle proposte avanzate dai tecnici coordinati dal sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta e dal consigliere economico del premier Luigi Marattin. Da un lato la Local Tax assorbirà al proprio interno IMU e quel che rimarrà della TASI dopo la promessa abolizione dell’imposta sulla prima casa; dall’altro lato sopravviverà una seconda voce in cui verranno accorpate le altre imposte comunali, quelle che riguardano l’occupazione delle aree pubbliche e quelle su pubblicità e affissioni.
“Vogliamo soprattutto semplificare – spiega il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta – è necessario che i cittadini non paghino molte volte le tasse ma una sola volta ai Comuni. Quindi è necessario unificare i vari pezzi come la tassa sulla seconda casa, sui rifiuti e su l’energia elettrica comunale. Vogliamo rendere più semplici le tasse comunali dal punto di visto del pagamento del cittadino”.
 Tasse sulla casa e promesse del Governo
“Abolizione della tassa sulla prima casa, eliminazione delle tasse dai macchinari imbullonati e l’IMU agricola. Questi sono gli impegni e questi rispetteremo”. Baretta conferma inoltre le disposizioni programmatiche emesse da Renzi ad inizio estate. Per quanto riguarda l’eliminazione della tassa sulla prima casa (con specifico riferimento ai dettami di Bruxelles) Baretta non vede rischi: “Abbiamo una condizione di bilancio dal punto di vista del deficit molto favorevole, siamo in grado di discutere anche di flessibilità in collaborazione con l’Europa”.
Catasto, dove è finito il processo di riforma?
E la riforma del catasto che fine ha fatto? Il processo di revisione della materia catastale assume infatti grande importanza anche in riferimento alla rimodulazione delle rendite degli immobili (con evidenti contraccolpi sull’entità dei tributi sulla casa). Per il momento la riforma pare destinata a restare nel cassetto: dopo essere scaduta la delega, il governo aveva valutato l’ipotesi di ripresentare il testo a settembre con la legge di Stabilità, ma il premier continua ad esitare poiché teme che le modifiche possano essere percepita dagli italiani come un aumento indiscriminato delle tasse. Per approfondire leggi l’articolo Riforma del Catasto ai box: ora l’attenzione si sposta sulla Local Tax.

Lazio, i finanziamenti al PD e a Zingaretti nel mirino della Corte dei Conti.

Nicola Zingaretti

La relazione che mette nel mirino i finanziamenti ricevuti dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti e dal PD è del 21 luglio 2015, consultabile sul sito della Corte dei Conti. Ad essere analizzate dai magistrati contabili Brancato, Alfonso d’Amico e Rigoni i consuntivi delle spese e dei finanziamenti delle formazioni politiche presenti alla campagna elettorale del 24 e 25 febbraio 2013” in Lombardia, Lazio e Molise.
Il primo problema, tanto per il PD che per la lista personale del presidente della Regione, è che mancano alcuni documenti. Nel caso dei DEM, a fronte di circa 326mila euro di finanziamenti ricevuti, la Corte dei Conti nonostante le richieste non ha ricevuto tutto il materiale.
Il rappresentante legale dell’Unione Regionale del Lazio del Partito Democratico, con nota del 7 novembre 2014, ha trasmesso solo una parte della documentazione richiesta – scrivono i magistrati a pagina 66 -  Il Collegio ha quindi chiesto l’integrazione della documentazione mancante relativa alle fonti di finanziamento. Con successiva nota del 23 dicembre 2014 il rappresentante legale trasmetteva ulteriore documentazione relativa alle libere contribuzioni erogate da persone giuridiche prevista dalla citata legge n. 195 del 1974. Il successivo invio non risultava esaustivo rispetto alle richieste istruttorie di questo Collegio, pertanto, è tuttora mancante la documentazione relativa ai contributi erogati dalle seguenti società. Il Collegio, a seguito dei fatti riferiti, ha denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, con lettera raccomandata del 20 gennaio 2015, il mancato inoltro della documentazione richiesta”.
Sono 12 le società che mancano all’appello, per un totale di 18700 euro. Lo stesso vale per la lista Zingaretti. A mancare all’appello i documenti su 19 società, per un contributo totale di 146mila e rotti euro.
Ma non è l’unico problema che la relazione fa emergere. C’è anche un presunto calcolo errato sul cofinanziamento che, in base alla legge del 2012, prevede che i partiti ricevano dallo Stato 50 centesimi  per ogni euro versato dai privati.
Scrivono i magistrati a pagina 22 della relazione: “Il Collegio intende segnalare che per una lista (Lista Zingaretti) e un partito (Partito Democratico) vi è stata, dopo l’attività istruttoria di quest’Organo di controllo, la restituzione ai finanziatori, mediante storni dei bonifici bancari, di quanto avevano versato a titolo di finanziamento, con ciò creando inevitabilmente un’errata rendicontazione finale e, almeno per quanto attiene al Partito Democratico, una presunta alterazione dei dati economici di partenza su cui è stato successivamente calcolato il c.d. “cofinanziamento”, regolarmente erogato ma calcolato, in misura maggiore a quello dovuto, su percentuali di sovvenzioni private non coerenti con la realtà effettiva”.

Lotto, Consiglio di Stato blocca gara: fatta per i soliti noti. Scontro col governo. - Giorgio Meletti

Lotto, Consiglio di Stato blocca gara: fatta per i soliti noti. Scontro col governo


L'ex numero uno del Sismi Nicolò Pollari, oggi consigliere a Palazzo Spada, relatore del parere: "Requisiti appaiono clausole escludenti". L'esecutivo protesta e accusa: ha abusato del suo potere. 


La posta in gioco è un affare da 3,5 miliardi di euro, destinato nei prossimi nove anni a sostenere i bilanci di Lottomatica, una delle aziende lobbisticamente più forti in Italia. Stavolta però a insinuare che il bando di gara per la concessione del Lotto sia fatto su misura per chi controlla da 22 anni il lucroso business non è un focoso oppositore del governo Renzi. È sceso in campo nientemeno che il Consiglio di Stato, facendo esplodere sotto Ferragosto uno scontro istituzionale senza precedenti.
Nel ruolo di guastatore c’è il consigliere di Stato più famoso d’Italia, l’ex capo dei servizi segreti Nicolò Pollari. Con apparente ingratitudine per Matteo Renzi – che il 4 giugno scorso ha confermato il segreto di Stato sui dossieraggi per i quali i giudici di Perugia devono decidere a settembre sul rinvio a giudizio dello stesso Pollari e del suo ex braccio destro Pio Pompa – l’ex direttore del Sismi ha tirato un calcione alla gara del Lotto. E il ministero dell’Economia ha deciso una risposta durissima: il sottosegretario Pier Paolo Baretta, che ha la delega ai Giochi, sta limando una lettera con cui accuserà Pollari e il Consiglio di Stato, di un abuso di potere.
La legge prevede per i bandi di gara su concessioni per “giochi pubblici” il parere obbligatorio del Consiglio di Stato. Il ministero dell’Economia lo ha chiesto e la seconda sezione del Consiglio di Stato l’ha formulato il 10 luglio. Il documento, firmato dall’estensore Pollari, è arrivato sulla scrivania di Baretta il 7 agosto, 28 giorni dopo, benché dal Consiglio di Stato al ministero di via XX settembre si impieghino, secondo Google Maps, 36 minuti a piedi e 14 in auto blu.
Il contenuto è severo, la conclusione è esplosiva: “Si sospende l’emissione del richiesto parere, in attesa delle precisazioni e/o degli adeguamenti indicati in motivazione”. Tradotto: se il governo non si adegua il parere non lo diamo, e la gara non si fa.
Il governo però ha fretta. Vuol chiudere la gara entro l’anno perché ha già messo in preventivo per il 2015 l’incasso di 350 milioni, la metà della base d’asta di 700 milioni per la concessione. La posizione del ministero dell’Economia guidato da Pier Carlo Padoan è netta: il parere del Consiglio di Stato è obbligatorio ma non vincolante, quindi i giudici amministrativi, in questo caso nella funzione costituzionale di “consulenza” e non di “giurisdizione”, non possono subordinare il parere all’arrivo di precisazioni convincenti da parte del governo. Nei prossimi giorni Baretta scriverà a Pollari nel merito delle obiezioni, annunciandogli nei saluti che il governo considera acquisito il parere del Consiglio di Stato e che la gara partirà senza indugi. Insomma, per il governo l’ex capo dei Servizi segreti potrà incorniciare la sospensiva e appendersela in salotto.
Scontro istituzionale a parte, rimane la bomba innescata da Pollari. Per una beffa della storia, l’uomo che cinque governi consecutivi (ProdiBerlusconiMontiLettaRenzi) hanno difeso a colpi di segreto di Stato porta alla pubblica discussione uno dei segreti più sacri per tutti i politici di governo: gli affari di Lottomatica, che nel frattempo si è trasferita a Londra e si chiama Igt. La società del gruppo De Agostini ha la concessione del lotto da 22 anni. Sarebbero stati due contratti da nove anni, ma a un certo punto gli abili legali della società si sono attaccati a un cavillo per sostenere che l’inizio formale della concessione andava post-datato di 4 anni. Hanno chiesto un collegio arbitrale per il quale Lottomatica ha designato l’ex ministro socialista Angelo Piazza, il ministero dell’Economia l’ex parlamentare Ernesto Stajano. I due avvocati chiamati a incrociare le lame giuridiche erano soci in affari. Cose che capitano e non sia mai detto che il dettaglio abbia favorito la vittoria di Lottomatica. In Italia, quando si parla di giochi e scommesse, l’attenzione è sempre abilmente attirata sulla piaga della ludopatia e sul gioco illegale. Pochi si occupano dei profitti di Lottomatica, azienda cara ai politici di ogni colore, finanziatrice di primi ministri e peones. Esemplare il caso di Alberto Giorgetti, deputato berlusconiano e sottosegretario con delega ai Giochi nel governo Berlusconi e in quello Letta. L’anno scorso, appena persa la poltrona, annunciò le dimissioni da deputato per farsi assumere da Lottomatica. Travolto dalle polemiche, ritirò le dimissioni. Nel luglio scorso ha ottenuto la vicepresidenza della commissione Finanze, che si occupa anche di giochi e lotterie. Lottomatica, senza che nessuno batta ciglio, incassa un aggio del 6% su ogni giocata al lotto, cosicché negli ultimi nove anni, a fronte di giocate complessive per 55,5 miliardi ha portato a casa 3,5 miliardi. Nel bilancio 2014 del gruppo Igt, risultato dell’espansione internazionale decisa da De Agostini per investire i soldi guadagnati in Italia, su 3 miliardi di ricavi, 1,7 sono fatti in Italia, ma su 567 milioni di risultato operativo ben 543 provengono dagli affari con il distratto governo italiano, che non sembra accorgersi del dato più inquietante.
Nel 2006, primo anno dell’ultima concessione novennale, le giocate sono state 6,6 miliardi come nel 2014, quindi Lottomatica ha incassato nel primo come nell’ultimo anno circa 400 milioni di aggio. Invece le entrate dello Stato, a parità di volumi giocati, sono scese da 2 miliardi del 2006 a 1,1 del 2014, con una flessione secca del 45 per cento.
Contenti dell’affarone per cui sul Lotto guadagnano solo Lottomatica e l’altra potentissima lobby, i tabaccai, al governo hanno pensato bene di fare il bando di gara che perpetua le attuali condizioni. Aggio del 6% su ogni giocata, una rendita assicurata senza nessun rischio. Pollari, nel suo parere, allude in giuridichese a un bando su misura per Lottomatica. Esempio: “I requisiti per la partecipazione alla procedura di selezione appaiono, per taluni versi, eccessivi, tanto da figurare come clausole escludenti”. Poi ricorda l’ultima relazione della Commissione europea sulla corruzione, nella quale è segnalata tra le altre cose “la pratica della stesura di capitolati d’oneri su misura al fine di favorire determinati offerenti”. Quanto a Lottomatica, non pare turbata dagli eventi. E secondo insistenti voci del settore, fiutando il vento, starebbe già trattando per assorbire il maggior concorrente italiano, la storica Sisal, in difficoltà economiche, ma con un presidente di spicco come l’ex ministro delle Finanze Augusto Fantozzi. Nel settore giochi e lotterie nessuno passa di là per caso.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/19/lotto-consiglio-di-stato-blocca-gara-fatta-per-i-soliti-noti-scontro-col-governo/1968668/

Lo stato, ormai, esterna sempre più spesso un atteggiamento di ottusa ed immotivata opposizione alle leggi, alla logica ed all'etica. Lo dimostra rifiutando di ottemperare alle decisioni dei maggiori organi di controllo che sono la Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato.
La faccenda Lottomatica, inoltre, presenta vari punti che meritano un approfondimento specifico per comprendere e quantificare l'incompetenza e la dappocagine, per usare termini inoffensivi, di chi gestisce l'argomento.
I punti sono:
1) la protezione garantita a Pollari in quanto probabile custode di segreti scottanti riguardanti membri dei vari governi passati e presenti;
2) l'ingente mole di denaro che circola nell'ambiente del lotto e dei giochi appetibili per gli avvoltoi in circolazione;
3) tutto il marcio che gravita intorno all'ambiente del Lotto e dei giochi.
Per dirla in breve, un approfondimento della materia spiegherebbe e chiarirebbe definitivamente gli intrecci tra organi dello stato e personaggi di inesistente trasparenza legale. (cdg)


mercoledì 19 agosto 2015

Ikea, ora spuntano altre ipotesi Mediaworld al posto di Max Living. - Roberto Immesi





Gli svedesi che lavorano per l'apertura di un secondo punto vendita in Sicilia a Palermo pronti a considerare anche altri terreni, tra cui Carini, mentre il colosso dell'elettronica vuole raddoppiare la presenza in città.

PALERMO - La zona accanto al Forum resta la pista privilegiata, anche se ormai non si escludono altre soluzioni come quella di Carini. La marcia di avvicinamento dell’Ikea a Palermo prosegue spedita, grazie anche all’accelerazione impressa dal crollo del viadotto dell’autostrada: un intoppo che, oltre a dividere in due la Sicilia, ha intaccato gli introiti del colosso svedese.

Dei clienti che ogni giorno affollano il punto vendita alle pendici dell’Etna, infatti, quasi un quarto arriva dalla parte occidentale dell’Isola: per questo Ikea da tempo pensa a mettere radici anche nel capoluogo di Regione. Il dialogo con Palazzo delle Aquile è ancora in piedi, ma non sono mancati i problemi legati alla questione “legalità”: gli svedesi, in pratica, non vogliono brutte sorprese e chiedono espressamente garanzie sui terreni da acquistare, con tanto di protocollo ad hoc da firmare in Prefettura. L’area prescelta sarebbe quella in zona Forum, a Roccella, per sfruttare così la vicinanza con l’unico polo commerciale che segna numeri ampiamente positivi grazie anche alla presenza di Leroy Merlin, McDonald‎, UciCinemas e inoltre della stazione del passante ferroviario e del capolinea del tram che porta a piazza Giulio Cesare.

La trattativa sembrava aver rallentato, ma il crollo del pilone del viadotto ha fatto scattare gli allarmi in casa Ikea: contro il calo del fatturato, bisogna aprire a Palermo al più presto. E se l’area del Forum, che resta quella privilegiata, alla fine non dovesse andar bene, ecco spuntare altre ipotesi, su tutte Carini dove sorge il Poseidon. Il che, però, rappresenterebbe uno smacco per piazza Pretoria.

Palermo può comunque sorridere visto che, a fine anno, dovrebbe aprire i battenti il secondo punto Mediaworld in città e precisamente al posto del Max Living, chiuso tre anni fa. Alcuni intoppi burocratici stanno creando qualche problema, ma l’intenzione del marchio di elettronica è di raddoppiare la presenza, visti i buoni numeri del Forum, puntando su un pezzo di città che è equidistante dai grandi centri commerciali. Presso il centro commerciale La Torre è invece prevista l'apertura di un cinema multisala.


http://m.livesicilia.it/2015/08/19/ikea-palermo-ora-spuntano-altre-ipotesi-mediaworld-al-posto-di-max-living_652798/

Permessi edili, una sentenza cambia le regole Nessuna autorizzazione per i manufatti. - Armando Yari Siporso

Permessi edili, una sentenza cambia le regole <br /> Nessuna autorizzazione per i manufatti

Costruire ed installare pergolati e strutture amovibili su balconi e terrazzi privati è possibile anche senza chiedere alcuna autorizzazione al Comune. La sentenza 1777/2014 del Consiglio di Stato chiarisce una questione da anni dibattuta, aprendo di fatto la strada a proprietari ed inquilini che intendano sfruttare al meglio le superfici esterne delle proprie abitazioni e dei propri uffici.
Non occorre chiedere alcun “Nulla osta” alle amministrazioni locali – si legge nella sentenza – per “strutture di arredo, installate su pareti esterne dell’unità immobiliare ad esclusivo servizio, costituite da strutture leggere e amovibili, caratterizzate da elementi in metallo o in legno di esigua sezione, coperte da telo anche retrattile, stuoie in canna o bambù o materiale in pellicola trasparente, prive di opere murarie e di pareti chiuse di qualsiasi genere, costituite da elementi leggeri, assemblati tra loro, tali da rendere possibile la loro rimozione previo smontaggio e non demolizione – dal momento che queste opere – non configurano né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimovibilità, dell’assenza di tamponature verticali”.
Il permesso di costruire, in genere, è un atto amministrativo rilasciato dal Comune che trova la propria disciplina nell’art. 10 del d.p.r. n. 380/2001 per cui: “Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: gli interventi di nuova costruzione; gli interventi di ristrutturazione urbanistica; gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici o che comportino mutamenti della destinazione d’uso nonché gli interventi che causino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”.
E proprio le tante modificazioni alla normativa avvenute nel corso degli anni hanno generato una certa confusione nei cittadini chiamati ad interpretarle per esercitare i propri diritti senza commettere abusi.
Alla luce dell’art. 10 del d.p.r. n. 380/01, in via generale, le nuove costruzioni e gli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica di un certo rilievo sono quasi sempre soggetti al rilascio del “nulla osta”, ma ora, con la sentenza del Consiglio di Stato, si apre una nuova strada per l’installazione di strutture prive di opere murarie e di pareti chiuse di qualsiasi genere, costituite da elementi leggeri.

LE CASE GROTTE DEI MONACI MEDIOEVALI A ZUNGRI.


E’ da molto tempo che al seguito di Calabria Travel mi porto a visitare luoghi ancestrali della nostra Regione, visitando romiti, chiese basiliane scavate nel  tufo disseminate tra Vibonese e Reggino da cui si potrebbe trarre una importante via del Basilianesimo, potendo così far scoprire ai viaggiatori di Calabria posti spettacolari.
Effettivamente la Calabria è costellata da grotte utilizzate come grange, romitori e cenobi che testimoniano un particolare modello di vita sociale che ebbe come protagonisti i monaci “Basiliani”.Questa volta ci troviamo per questo reportage a Zungri sul Monte Poro l’acroco Vibonese. Fin dal Medioevo era sotto la giurisdizione di Kastellion di Mesiano.
Tuttavia il toponimo è chiaramente di formazione neogreca e sta a significare roccia, che si adatta alle caratteristiche morfologiche del luoghi nei quali, intorno all’anno mille, molti insediamenti monastici influenzarono la vita di “chorioi“(villaggi), nuclei di intenso e produttivo lavoro rurale.
Da Zungri scendiamo all’insediamento  Rupestre degli Sbariati  un vasto sito di elevata importanza. Il sito sembra essere frequentato per studi già dal XIV secolo avendo integrato in molti casi le strutture di case scavate nella roccia con manufatti fuori terra che contribuiscono ad arricchire, sul piano storiografico ed urbanistico/architettonico, l’insediamento rupestre del comune di Zungri.
Indubbiamente rappresenta un complesso unico nel suo genere almeno nella nostra Regione. Al visitatore non superficiale, ma amante di una lettura attenta e meditata di ciò che resiste ai secoli, esse parlano di mondi lontani fatti di semplicità, ma anche di religiosità, di vita e di lavoro, oltre che di spirito comunitario molto avanzato.
La visita a questa singolare forma di antico insediamento umano è una tappa obbligata e stimolante per il visitatore attento, curioso di capire come popolazioni così lontane nel tempo hanno vissuto ed organizzato il loro habitat.
In primo piano l’insediamento rupestre, poi il centro storico caratterizzato da architetture semplici che ripropongono un modello sociale e di vita di una civiltà contadina, che si è evoluta nel tempo, ma che conserva suggestive espressioni di una tecnica edilizia povera ma misurata nelle proporzioni e quindi nel senso estetico del rapporto tra uomo e luogo. Ad accompagnarci alle grotte è una rigogliosa macchia mediterranea, terrazzamenti che degradano sul torrente Malopera.
Il villaggio rupestre datato dagli studiosi fra il XII – XIV secolo è costituito da circa 100 case-grotta scavate nella roccia con ambienti monocellulari e bicellulari, alcuni anche a più piani. Il villaggio si articola su un costone lungo uno dei versanti del fosso Malopera ed occupa una superficie di circa 2900 mq.
Il  villaggio di una straordinaria bellezza costituisce il quadro di una struttura urbanistica completa: stradelle, gradinate e un sistema di approvvigionamento idrico.  Le cellule abitative di forma circolare o quadrate, hanno una copertura a cupola per permettere l’aerazione. Ogni nicchia è caratterizzata da incassi nelle pareti per sistemare letti e suppellettili. Interessantissimo quindi il sito archeologico, che ci mostra e ci fa capire l’organizzazione socio – economica di popolazioni antiche.
La visita all’insediamento rupestre di Zungri, ci lascia stupiti e affascinati dalla particolarità del sito e dal mistero che ogni angolo e ogni scorcio evocano, per un periodo storico del quale spesso si ignorano aspetti così particolari. Una civiltà rupestre e una natura incontaminata per riscoprire le origini e il misterioso fascino di un mondo perduto e ritrovato.
Un luogo unico che testimonia le raffinate conoscenze architettoniche dei monaci.  Nascono e si diffondono in oriente (Basilio vive tra il 330 e il 379), ma nell’VIII secolo d.C. sono costretti alla fuga per le persecuzioni della cosiddetta lotta iconoclasta (il divieto di riprodurre immagini sacre). Si rifugiano prevalentemente nell’Italia meridionale: Puglia, Sicilia e Calabria.
A Zungri arrivano nel XII secolo e vi restano per due secoli. Qui costruiscono l’insediamento degli Sbariati seguendo la regola di San Basilio, che prevedeva un cenobio con celle individuali e aree comuni per la preghiera e il lavoro. Al contrario di altri ordini, i Basiliani non si appartavano dalle città, ma si dedicavano a compiti caritativi e a diffondere le loro conoscenze artigianali, agricole e architettoniche; rivelandosi, così, preziosi per la comunità.
Saliamo e scendiamo per le varie viuzze e lungo tutto il costone di roccia si notano le aperture di tante altre grotte. Sparse in diversi punti troviamo le vasche-silos, dove i monaci conservavano l’olio e il grano. Il tufo è un isolante naturale: fresco d’estate e temperato d’inverno.
Provo a immaginarmi a gennaio durante una giornata di pioggie torrenziali e mi viene difficile considerare accoglienti queste grotte. Ma i monaci Basiliani erano uomini di altra tempra e non temevano di sicuro le intemperie di stagione. Basta vedere il modo in cui hanno reso la roccia una dimora per il corpo e lo spirito per capirlo.
Maria Lombardo
Consigliere Commissione Cultura Cds
Centro Studi e Ricerche
Comitati Due Sicilie.