lunedì 19 settembre 2016

Tangenti in Marina, così truccavano le gare a Taranto: "Non fate la copia o finiamo in galera". - Giuliano Foschini

Tangenti in Marina, così truccavano le gare a Taranto: "Non fate la copia o finiamo in galera"
Il tenente Francesca Mola

Le intercettazioni del tenente Francesca Mola, prima militare donna arrestata, e del capitano Giovanni Di Guardo. "La sintassi, almeno la sintassi", diceva lei agli imprenditori. Lui aveva una condanna per truffa.

TARANTO - "La sintassi, che diavolo non dico tanto, ma almeno la sintassi. (...) Quelli avevano anche l'aroma terapia (...) e voi nemmeno un livello ba-si-co!. (...) E mi raccomando non faccia proprio la copia, altrimenti finiamo tutti in galera". Se si è in cerca di un manuale su come si trucca un appalto, senza troppo pelo sullo stomaco, è il caso di ricordarsi bene queste parole della tenente di Vascello, Francesca Mola, prima militare donna italiana arrestata per mazzette e la storia della gara bandita dalla Marina militare per il servizio di pulizia e sanificazioni per i prossimi tre anni a Taranto e Napoli.

Affidamento che, se non fossero arrivati i militari della Guardia di Finanza, sarebbe andato a finire alla Teoma, ditta dell'imprenditore Vincenzo Pastore. Grazie alle mazzette pagate o promesse al capitano Giovanni Di Guardo, capo della Maricommi della Marina e alla sua assistente, la tenente Molo. Le 30 pagine di intercettazioni telefoniche, registrate grazie a un virus inviato sull'Iphone di Di Guardo che si è dunque trasformato in un registratore telefoniche, offrono uno spettacolo desolante sulla situazione degli uffici militari di Taranto.

E dimostrano come la corruzione sia in Italia ferma ancora ai tempi di Tangentopoli. Ma la storia ha aspetti davvero paradossali. Di Guardo arriva a Taranto per 'moralizzare' lo scorso anno dopo lo scandalo tangenti: la Procura scopre che un giro di ufficiali della Marina applica la 'legge del 10 per cento' su ogni appalto. Cioè, incassano una mazzetta di un decimo del valore dell'affidamento. Vengono arrestati in otto, in un undici (compresi due civili) stanno per affrontare il processo.

La Marina sceglie Di Guardo per la sostituzione, chiedendogli di ripristinare 'chiarezza e trasparenza', sorvolando su un particolare del suo curriculum: una vecchia condanna per truffa. E così il capitano ci ricasca. Giovedì scorso viene arrestato dal pm Maurizio Carbone con in mano una tangente da 2.500 euro, acconto secondo gli inquirenti di una da 200mila, pagata da Pastore.

Di Guardo si è difeso dicendo prima che era il prezzo per la vendita di un'auto e poi di non sapere addirittura cosa ci fosse in quella busta (la mazzetta a sua insaputa). Ma a leggere gli atti ci sono pochi dubbi su quello che è successo. Pastore partecipa alla gara. Ma la sua proposta è molto peggiore di quella delle concorrenti. Arriva così al capitano e cerca di capire cosa si può fare. "Non abbiamo ancora cominciato ed è venuto con questi!" diceva il capitano orgoglioso alla compagna rumena, sventolando la busta, dopo aver incontrato l'imprenditore. "Chiamo mia madre così impazzisce" rispondeva, entusiasta la donna. E così tutti e tre si sono messi a contare le  banconote, tutto a favore di microfono della finanza.

Secondo gli inquirenti l'accordo corruttivo prevedeva una tangente complessiva da 200mila euro. Oltre a un suv dell'Audi. Ma Di Guardo non poteva fare da solo: la commissione giudicatrice della gare era già insediata. Per questo "serve la piccininna", la ragazza. Chi? Francesca Mola, la tenente che Di Guardo aveva portato con sé da Roma per moralizzare. E per questo destinata al delicatissimo ufficio appalti. "Sono tutti convinti che sia la mia amante!" rideva con la fidanzata. "Ma io 'l'ho presa e l'ho messa là' perché ho capito che a questa qua i soldi gli piacciono!". "Lei che ci guadagna?". "Quaranta, cinquantamila euro (...) Su quello che guadagna quello (ndr, l'imprenditore) poi dopo facciamo le parti (...) magari le costruiscono una parte di casa invece di dargli i soldi: che so il soggiorno, la cucina, il tinello". Di Guardo aveva invece grande esperienza su come fare circolare il denaro. Come lui stesso spiega a Pastore: "Ho una fiduciaria a Malta: da lì posso spostare i soldi sul conto corrente della piccina (ndr, la fidanzata) che c'ha in Romania, quindi faccio un'operazione estero su estero. Poi dal suo conto rumeno passa i soldi a se stessa su un conto italiano".

La Mola è parte attiva del piano. Tanto che incontra in un appartamento a Taranto Pastore. E spiega, alla presenza di Di Guardo, che la situazione è difficilissima, perché la proposta concorrente è molto migliore. Trova però la soluzione: consegna all'imprenditore amico il progetto migliore per copiarlo, apportando alcune modifiche. Sarà poi il tenente Mola, "che detiene tutte le offerte tecniche presentate dalle imprese partecipanti alla gara - scrive il gip nell'ordinanza - a provvedere materialmente alla sostituzione, apponendo, la nuova offerta tecnica, in allegato al primo foglio di quella già depositata, in quanto recante la firma apposta da tutti i componenti della commissione il 4 agosto 2016, data di insediamento del seggio". "Voi me ne date uno così" spiega nella riunione operativa il tenente ai due, indicando il progetto dell'imprenditore avversario che Pastore stava fotografando. "Che poi io poi vi do questa, la prima pagina, e la mettete sopra".

Ora i tre sono in galera. Ma l'indagine è tutt'altro che finita. "Gli arresti - scrivono - costituiscono soltanto un 'momento' nell'ambito di una più complessa indagine, dalla quale sono già emersi elementi di prova circa la partecipazione degli indagati ad una vera e propria struttura associativa in grado di 'pilotare' numerosi appalti".


http://bari.repubblica.it/cronaca/2016/09/19/news/tangenti_in_marina_cosi_la_tenente_arrestata_a_taranto_truccava_l_appalto-148062624/?ref=fbpr

Ferrari e case con i soldi di Etruria, due arresti per la bancarotta della Privilege Yard. - Fabio Tonacci

 Ferrari e case con i soldi di Etruria, due arresti per la bancarotta della Privilege Yard
Il cantiere nel porto di Civitavecchia per la costruzione del maxi yacht mai finito.

Civitavecchia, sviluppi nell'inchiesta sulla società che doveva costruire il maxi yacht. Al cardinale Bertone 700mila euro per beneficenze, consulenza da 500mila euro per l'ex senatore Baldassarri.

ROMA - Se mai qualcuno avrà il coraggio di varare quella carcassa di yacht arrugginito, adagiato nel cantiere abbandonato della Privilege Yard al porto di Civitavecchia, un azzeccato nome di battesimo potrebbe essere "Mangiatoia". Quel progetto, infatti, nato col preciso obiettivo di succhiare denaro a un pool di banche (Etruria, Banca Marche, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bpm e Mps) ha sfamato l'appetito di tanti: dell'ex segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, degli ex parlamentari Mario Baldassarri e Vincenzo Scotti, del presidente dell'Autorità portuale Pasqualino Monti. E naturalmente quelli dell'imprenditore 76enne Mario La Via. L'uomo che diceva di voler costruire uno yacht, e invece regalava soldi non suoi.

Mario La Via, amministratore delegato della Privilege Yard fallita nel 2015, e Antonio Battista, componente del cda e unico delegato a operare sui conti bancari della società, sono finiti agli arresti domiciliari su ordine della procura di Civitavecchia, per i reati ipotizzati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, reati tributari e violazione della normativa antimafia. Con il denaro prestato dagli istituti bancari, per dire, avevano acquistato una Maserati e una Ferrari Coupé da 320mila euro. L'indagine del Nucleo tributario della finanza ricostruisce tutte le distrazioni patrimoniali attorno allo yacht mai varato. Rendendolo un corpo di reato lungo 127 metri.

Il maxi finanziamento concesso alla Privilege dal consorzio di banche (Etruria era la capofila) ammonta a 190 milioni di euro, di cui circa 125 milioni effettivamente erogati. Un progetto che non stava in piedi fin dall'inizio ma che ebbe sponsor di alto livello e coperture. Risulta agli atti una lettera di garanzia da parte della Barclays, ottenuta "ricorrendo a pressioni di organi amministrativi e politici". Non solo.

L'ex ministro Vincenzo Scotti della Privilege era presidente onorario. Lui e l'ex parlamentare Fli Mario Baldassarri andarono di persona a una riunione con esponenti di Banca Etruria per perorare la causa di La Via. Lo ha raccontato ai finanzieri Carlo Maggiore, il responsabile della Direzione Corporate Finance di Etruria. E che c'entra Baldassarri? È il rappresentante legale della Economia Reale srl, società che ottiene da Privilege un paio di consulenze, "per attività svolta presso Unicredit e Intesa al fine di concretizzare la loro partecipazione al pool bancario". Il compenso era di 500mila euro.

Quando i finanzieri vanno a perquisire la mega villa di Mario La Via a Roma in zona Quarto Annunziata - una sobria dimora di 4 piani con sala cinema, discoteca, palestra, 3 saloni di rappresentanza, parco, campo da tennis, piscina e spogliatoi, ristrutturata con 4 milioni di euro stornati dalle casse della Privilege e fatta passare come la foresteria della società - scoprono un dettaglio minimo, ma che racconta molto. "Sono stati rinvenuti segnaposti per cene eleganti con personaggi di prestigio e la corrispondenza con il cardinale Bertone". Ecco che viene fuori quanto ricostruito da Repubblica e Libero nelle settimane scorse: 700mila euro di bonifici erogati a favore di associazioni italiane ed estere "su richiesta, indicazione e sollecitazione di Tarcisio Bertone, tra il febbraio 2008 e il novembre 2012". Privilege Yard pagava anche l'affitto della casa di Pasqualino Monti, il presidente dell'autorità portuale di Civitavecchia che ha concesso l'area del cantiere, per una somma complessiva di 43.200 euro, "a circa il triplo dei valori medi di mercato per gli anni 2011 e 2012". Ma per Mario La Via i soldi non erano un problema.

La replica. Pasqualino Monti precisa quanto segue: "Il sottoscritto è stato nominato Presidente dell'Autorità Portuale di Civitavecchia solamente a giugno 2011, quindi non ero in carica ai tempi dei fatti riportati. Inoltre l'appartamento di cui si parla è stato affittato a tecnici della Privilege come foresteria a prezzi di mercato".

MARIO LA VIA  ANTONIO BATTISTA
           Mario la Via                                                     Antonio Battista

mario baldassarri    Tarcisio Bertone
           Mario Baldassarri                                  Tarcisio Bertone

Gli Stati Uniti chiedono 14 miliardi di dollari a Deutsche Bank per la crisi dei subprime.

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Gli Stati Uniti hanno chiesto alla Deutsche Bank di pagare una multa di 14 miliardi di dollari nell’ambito di una disputa legale legata alla crisi dei subprime, che fu elemento scatenante della crisi economica nel 2008. 

«La Deutsche Bank non ha alcuna intenzione di saldare questo risarcimento civile per un ammontare così alto», ha fatto sapere la prima banca tedesca. Il Dipartimento di Giustizia Usa ha invitato la banca a formulare «una controfferta». Per una questione analoga la Goldman Sachs ha chiuso un accordo ad aprile per un ammontare di 5,06 miliardi di dollari. 

Deutsche Bank registra un avvio in pesante calo per alla Borsa di Francoforte. Il titolo ha aperto le contrattazioni in ribasso del 7% nonostante la banca abbia già dichiarato che non intende chiudere il contenzioso pagando la cifra richiesta. 

Tragedia a Serravalle: senza lavoro, padre di 4 figli si impicca.

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Senza lavoro, con la cassa integrazione terminata, ha scelto di mettere fini alla sua vita legandosi un cappio al collo e lasciandosi andare. La tragedia, l’ennesima della disperazione causata da una crisi che non ne vuol sapere di terminare, si è consumata questa mattina a Serravalle di Chienti.
Fabrizio Cerreti, di circa 55 anni, padre di quattro figli, si è impiccato intorno alle 11 nella sua abitazione in pieno centro, a due passi dall’ufficio postale. Una situazione di grande disagio (putroppo ormai comune a tanti italiani) , culminata nel peggiore dei modi, nella scelta di farla finita per sempre.

Riscaldamento globale, la Groenlandia e quei relitti (inquinanti) della guerra fredda. - Renzo Rosso.

Riscaldamento globale, la Groenlandia e quei relitti (inquinanti) della guerra fredda

Un recente editoriale di Lauren Lipuma su Earth & Space Science News la più diffusa rivista di geofisica pone un problema di politica ambientale abbastanza complicato. Al culmine della guerra fredda, nel 1959 gli Stati Uniti costruirono in Groenlandia Camp Century, una base militare completamente racchiusa all’interno della calotta glaciale.
Lo scopo ufficiale della base era quello di testare nuove tecniche di costruzione adatte alla regione artica e di condurre ricerche scientifiche dedicate all’ambiente artico. Poi il progetto si allargò un po’ e quasi subito Camp Century si trasformò in un sito top secret dove sperimentare la fattibilità di uno schieramento missilistico per colpire meglio l’Unione Sovietica in caso di guerra nucleare.
La Groenlandia è territorio danese. Anche se gli Stati Uniti avevano l’approvazione della Danimarca per costruire Camp Century, il programma missilistico, noto come Project Iceworm, pare fosse stato tenuto segreto. Dopo alcuni anni di operatività, il Progetto Iceworm fu accantonato dal Pentagono, la base fu dismessa nel 1967 e il corpo degli ingegneri dell’esercito rimosse il reattore nucleare che alimentava il campo. Ma furono lasciate lì tutte le infrastrutture e i rifiuti prodotti nel frattempo, pensando che tutto sarebbe stato congelato e sepolto per sempre dalle nevi perenni.
Da alcuni decenni, il cambiamento climatico sta scaldando l’Artico più di ogni altra regione della Terra. Un inventario aggiornato dei rifiuti abbandonati nel sito ha stimato la presenza di 200mila litri di gasolio, quanto basta a un auto per fare 80 volte il giro del mondo. E non è il solo residuo, perché ci sono anche 240mila litri di acque di scarico, comprese le acque reflue, assieme a un volume sconosciuto di refrigerante a bassa radioattività usato dal generatore nucleare, oltre a un’imprecisata quantità di policlorobifenili (Pcb), un inquinante tossico.
Le simulazioni climatiche indicano che, già nel 2090, la calotta di ghiaccio che copre Camp Century potrebbe passare da un regime di accumulo a un regime di scioglimento nivale. La fusione del ghiaccio comporterebbe la sicura mobilitazione dei residui e dei rifiuti con un pericolo ambientale non trascurabile. In tal caso, gli inquinanti sarebbero trasportati verso l’oceano con gravi rischi per gli ecosistemi marini. Per contro, bonificare oggi il sito sarebbe un’opera molto difficile, poiché i rifiuti sono sepolti sotto decine di metri di ghiaccio; e l’operazione sarebbe non solo costosa, ma anche tecnicamente assai impegnativa se non quasi impossibile.
Chi sarà però responsabile della bonifica quando i rifiuti emergeranno? Sebbene Camp Century fosse una base statunitense, è in terra danese. La Groenlandia è sì un territorio danese, ma è ora in regime di auto-governo. Nessuno ha mai preso in considerazione le implicazioni del cambiamento climatico sui rifiuti abbandonati in siti politicamente ambigui. E forse ci sono altre situazioni simili in giro per il mondo, per fortuna non tutte in ambienti così estremi.

domenica 18 settembre 2016

IL PENTAGONO – UNA VORAGINE DI DENARO. - DAVE LINDORFF*


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Che cosa potrebbe succedere se l’ispettore generale del Dipartimento di Salute e dei Servizi Umani dovesse rilevare che dai libri contabili risulta che si sono persi seimila e cinquecento miliardi e che questi soldi sono irreperibili? Potremmo immaginare che titoli farebbero i giornali, giusto?
E se si fosse trattato di 65 mila-miliardi di dollari? I titoli sarebbero a caratteri cubitali come quelli del primo sbarco sulla luna o dello sbarco a Omaha Beach nella seconda guerra mondiale. Ma se un rapporto è dell’Ufficio dell’Ispettorato Generale del Pentagono e dice che l’esercito americano ha seimila e cinquecento miliardi di dollari di spese inspiegabili delle quali semplicemente non c’è nessuna traccia cartacea? Stiamo parlando di sessantacinquemila milioni di dollari ! Ne avete già sentito parlare? Probabilmente no.
Questo dannatissimo rapporto è stato pubblicato il 26 luglio – ben due settimane fa – ma fino ad oggi non ne ha parlato nessun giornale dei media ufficiali.
Non è che si tratta di nessuna informazione segreta e non è difficile da trovare. Questo report è disponibile online sul sito del Department of Defense’s OIG. E afferma:
L’Ufficio dell’Assistant Secretary dell’Esercito (Financial Management & Comptroller) (OASA[FM&C]) e del Defense Finance and Accounting Service di Indianapolis (DFAS Indianapolis) non dispone di un adeguato supporto per 2,8 miliardi di dollari nel terzo quadrimestre come risulta dai libri contabili (JV) portando così il progressivo annuo a 6.500 miliardi di dollari sui dati AGF dichiarati nella compilazione.2 del bilancio dell’anno finanziario 2015. I dati senza giustificativi trovati sui JV sono stati rilevati perché la OASA (FM & C) e il DFAS di Indianapolis non hanno tenuto conto delle rettifiche del sistema per le quali si erano prodotte le irregolarità riportate sul JV, e perché non erano state fornite sufficienti istruzioni per evitare quel tipo di irregolarità generate dal sistema.
Inoltre, il DFAS di Indianapolis non ha nessun documento o pezza d’appoggio per giustificare il motivo per cui il Report del Sistema-bilancio (DDR-B) del Dipartimento alla Difesa – un sistema di reporting finanziario – abbia rimosso non meno di 16.513 su un milione e trecentomila voci registrate nel terzo trimestre dell’esercizio 2015. Tutto è successo perché il DFAS di Indianapolis non ha ricevuto una documentazione dettagliata in accompagnamento ai dati inseriti nel DDRS-B e perché i rapporti di sistema ricevuti non erano né accurati, né completi.
Di conseguenza, i dati utilizzati per la redazione del Bilancio Finanziario FY 2015 – AGF del terzo trimestre – e progressivo a fine anno – sono stati dichiarati inaffidabili e senza adeguata tracciabilità. Oltre al fatto che il DoD e chi gestisce le spese dell’esercito non hanno potuto contare sui dati dei sistemi contabili per poter prendere decisioni relative alla gestione delle risorse.
Questa fitta burocratizzazione non significa che seimila e cinquecento miliardi siano stati rubati, o che questo denaro sia da considerare in aggiunta ai 600 miliardi di dollari spesi dal Pentagono nell’anno fiscale 2015. Questo significa che per anni – e seimila e cinquecento miliardi corrispondono al valore di circa 15 anni di spesa militare USA – il Dipartimento della Difesa (sic), non ha monitorato, non ha registrato, né effettuato controlli su tutto il denaro dei contribuenti assegnato dal Congresso – su quello che è stato speso, su quanto bene sia stato speso, o dove quel denaro sia effettivamente finito. Qui ci sono parecchie opportunità per corruzione, tangenti, finanziamenti segreti per “Black Ops” e per attività illegali, e naturalmente per semplici sprechi nell’esercizio di un grande esercito, della marina e dell’aeronautica. E tra l’altro, le cose non vanno meglio per la Navy, per l’Air Force e per i Marines.
Incredibilmente, nessun giornalista o editorialista dei media tradizionali USA ha visto questo fatto come una storia di cui valesse la pena scrivere un articolo per il pubblico americano.
Tanto per dare un senso sulla portata di questo scandalo, si consideri che il totale delle spese discrezionali federali nel FY 2015 sono state poco più di 1,1 miliardi di dollari. Tutto incluso, Istruzione (70 miliardi di $), Edilizia e sviluppo sociale ($ 63 miliardi), Medicare e la Salute ($ 66 miliardi), Pensioni per i veterani ($ 65 miliardi), Energia ($ 39 miliardi), Trasporti ($ 26 miliardi) e Affari Internazionali ( $ 41 miliardi ), e, naturalmente, che $ 600.000.000.000 per i militari.
A tutte le altre agenzie responsabili per spese analoghe, come il Dipartimento della Pubblica Istruzione, il Dipartimento dei Veterans Affairs, il Dipartimento di Housing and Urban Development, ecc, è stato richiesto dal Congresso – fin dal 1996 – di redigere relazioni annuali sui controlli effettuati sui loro bilanci. Anche il Pentagono è soggetto alla stessa legge del Congresso, ma per 20 anni di seguito ha omesso di farlo. Ha semplicemente fatto ostruzionismo, e finora è riuscito a starne lontano.
Nessuno al Congresso sembra preoccuparsi di questo disprezzo per il Congresso stesso e nemmeno i due candidati – della politica tradizionale – a presidente, il repubblicano Donald Trump e la democratica Hillary Clinton, sembrano preoccuparsenee. Nessuno dei due ha accennato a questo scandalo epico.
Secondo il rapporto della OIG, questo problema in realtà risale indietro di una generazione, al 1991, cinque anni prima che il Congresso approvasse la legge che impone a tutte le agenzie federali di agire nel rispetto dei principi contabili federali e di effettuare verifiche annuali, quando il Government Accountability Office rilevò che “adjustments senza giustificativi ” erano stati riportati sui bilanci militari durante un audit condotta sull’esercizio di bilancio dell’esercito del 1991. Giusto 17 anni dopo, l’esercito, nella sua dichiarazione di affidabilità sul controllo interno per l’anno finanziario 2008, rilevò che la “debolezza” rilevata nel 1991 “sarebbe stata corretta entro la fine dell’esercizio 2011” scandaloso dopo un secondo decennio. Ma il rapporto OIG continua dicendo :
Comunque la dichiarazione di affidabilità sui controlli interni per l’anno 2015, indica che questa debolezza materiale rimane ancora nelle registrazioni e che non potrà essere corretta fino al terzo trimestre del 2017.
Un atteggiamento tanto apatico da parte del Pentagono, del Congresso e dei media verso una irregolarità contabile tanto abnorme da arrivare a migliaia di miliardi di dollari è semplicemente sbalorditiva, non esiste nessuno del Congresso che si metta di traverso, che interpelli la Casa Bianca, oppure chieda una audizione del Comitato dell’Armed Services per avere risposte e per chiedere teste. Nessun presidente e nemmeno nessun candidato alla presidenza ha denunciato questa atrocità.
A parte la questione politica su quanto, in realtà, dovrebbe essere per gli Stati Uniti la spesa per i militari — e se gli USA possano spendere per la guerra e per la preparazione della guerra, quasi quanto tutto il resto del mondo messo insieme — e se questa sia giustificabile. Come può, qualsiasi persona di qualsiasi convinzione politica, accettare l’idea di spendere somme di denaro da capogiro senza pretendere che qualcuno ne sia responsabile?
Si consideri che i politici di entrambi i maggiori partiti politici chiedono la tracciabilità per ogni centesimo speso per il welfare, inclusa la richiesta ai destinatari delle sovvenzioni di dimostrare che stanno cercando di trovare un lavoro. Idem per le persone che ricevono il sussidio di disoccupazione.
Consideriamo inoltre quanto tempo e quanto denaro si spende per fare test sugli studenti delle scuole pubbliche in un vano tentativo di rendere gli insegnanti responsabili per le “performance degli studenti”. Ma allo stesso tempo i militari non devono rendere conto di nessuno delle loro migliaia di miliardi spesi in manodopera e armi – anche se il Congresso già da più di una generazione ha approvato una legge che richiede che si assumano le loro responsabilità.
Tutte le richieste via e-mail e telefoniche inviate all’Ufficio stampa del DoD, per chiedere un commento sui fatti sono rimaste senza risposta.
Mandy Smithberger, direttore del Straus Military Reform Project del Project on Government Oversight (POGO), dice: “La contabilità presso il Dipartimento della Difesa è un disastro, ma nessuno sta urlando per questo fatto perché c’è un sacco di persone nello stesso Congresso che credono in maggiori spese militari, per questo motivo non si oppongono concretamente alle spese militari ” – e aggiunge: ” Non si vedrà nessun cambiamento a meno che il Congresso non tagli il budget del Pentagono, per ottenere qualche risultato, e il Congresso non ha nessuna intenzione di farlo. ”
Potrebbe anche aver aggiunto che giornalisti, redattori e editori dei media main-strem sono tutti per la spesa militare, dato che i media non dicono niente di questo scandalo cosicché il pubblico continua a restare al buio e si dimostra indifferente su questo fatto. Certo, i media racconteranno dei sedili del water degli aerei pagati 600 dollari e il pubblico sarà opportunamente indignato per questi soldi, ma nemmeno una parola sui sei trilioni e mezzo di dollari di spesa militare di cui non esiste nessuna traccia e di questo il pubblico non potrà sentirsi assolutamente indignato —- a meno che forse, qualcuno leggerà qualche pubblicazione alternativa, come questa.
Ma ora credo di averne avuto abbastanza! Non voglio sentire più denunce su troppa spesa pubblica per il welfare, per l’Istruzione, per l’ambiente, per i sussidi, per l’assistenza sanitaria, per i benefici per gli immigrati o per qualsiasi altra cosa, fino a quando il Pentagono non avrà riferito su questo fatto e non abbia giustificato e controllato ogni singolo dollaro che sta spendendo per la guerra.
Basta con questi passaggi gratis ai militari. 
*Dave Lindorff è membro fondatore di ThisCantBeHappening!, un giornale on-line collettivo, ed ha contribuito Hopeless: Barack Obama and the Politics of Illusion (AK Press). 
Fonte : http://www.counterpunch.org/ 11 agosto 2016
autore della traduzione Bosque Primario

giovedì 15 settembre 2016

Renzi e Sala firmano il “Pacco per Milano” (con nuovo buco Expo). - Gianni Barbacetto

Renzi e Sala firmano il “Pacco per Milano” (con nuovo buco Expo)


La Roma di Virginia Raggi, si sa, è il male. La Milano di Giuseppe Sala, invece, è il bene. 
E Matteo Renzi plana sotto la Madonnina a celebrare il bene, a dar manforte all’eroe di Expo e ad annunciare un fantastico “Patto per Milano” che promette investimenti per 1,5 miliardi – che nel corso dell’incontro, ieri, sono diventati addirittura 2,5. Poi, a leggere la tabella nel documento firmato da Renzi e Sala, si scopre che i soldi previsti per il periodo 2016-2018 sono solo 644 milioni.

“Milano”, scandisce il presidente del Consiglio, “deve prendere per mano il resto del Paese e portarlo fuori dalla crisi”. Peccato però che quando si passa dagli annunci ai fatti, il “Patto per Milano” rischi di diventare un “Pacco per Milano”. Firmato da Sala e Renzi sotto il gonfalone della città, in un clima che ricorda vagamente il “Patto con gli italiani” di Silvio Berlusconi. Il portentoso annuncio promette di tutto e di più: interventi per innovazione, internazionalizzazione, welfare, mobilità, piano per le case e le periferie, per le metropolitane, per sanare il dissesto idrogeologico e, infine, per realizzare nell’ex area Expo la “prima zona economica speciale” d’Italia. Manca solo la riapertura dei Navigli, promessa in campagna elettorale da Sala, e il libro dei sogni è completo.
Il prolungamento delle metropolitane: M1 fino a Baggio; ammodernamento di M2; galleria per collegare M3 e M4 al Policlinico; e, soprattutto, M5 fino a Sesto, Cinisello e Monza. È la normale programmazione dei trasporti di una Città metropolitana che non finisce ai confini del Comune di Milano. Ma chissà quando si farà. I lavori non inizieranno prima del 2019. Anche perché intanto, per onorare vecchi patti dell’era Penati, hanno messo i soldi nella M4, una linea tutta dentro la città, che in parte raddoppia linee già esistenti ed è costosissima (2,2 miliardi), tanto da mettere a rischio i conti del Comune per i prossimi 20 anni. 
A proposito: la Città metropolitana (cioè la vecchia Provincia a cui hanno cambiato nome e tolto i finanziamenti) ha bisogno di almeno 25 milioni per chiudere il bilancio. Sala ha detto, su questo, di “aver avuto rassicurazioni dal governo”.
La messa in sicurezza di Seveso e Lambro, che regolarmente esondano a ogni temporale. Se ne parla da anni. Già il sindaco precedente, Giuliano Pisapia, aveva chiesto che le vasche di contenimento fossero finanziate con i soldi Expo risparmiati per le famose, contestate, indagate e mai completate “vie d’acqua”. Ora arriva Renzi e le inserisce nel “Patto per Milano”, anche se i 151 milioni necessari sono già stati annunciati e in parte perfino finanziati, anche dalla Regione di Roberto Maroni.
Il piano per le case popolari: necessari 174 milioni, tra fondi del Comune, dell’Unione Europea e del governo. L’assessore al bilancio, Roberto Tasca, e quello alla casa, Gabriele Rabaiotti, hanno detto di aver già trovato 33 milioni. Aspettiamo gli altri. Renzi ha gia messo le mani avanti: “Per rifare le periferie servono i soldi dei privati”.
La “zona economica speciale”: il sito Expo diventerà una piccola Irlanda, nella speranza di attirare le aziende – con la promessa di non far loro pagare le tasse – in un luogo che ha succhiato 2,2 miliardi di investimenti pubblici e su cui ancora non c’è un progetto chiaro. Dovrebbe ospitare Human Technopole, il polo di ricerca affidato all’Istituto italiano di Tecnologia (Iit) di Genova, che è stato però contestato dai rettori lombardi, dai ricercatori come Elena Cattaneo, perfino dall’ex presidente Giorgio Napolitano. Ora si è – in parte – cambiata rotta, togliendo il comando a Iit e formando una (nebulosa) “commissione di garanzia” che sarà presieduta da Stefano Paleari, ex presidente della Cruii, la Conferenza dei rettori. L’internazionalizzazione dovrebbe passare anche per trasferimento, da Londra a Milano, dell’Agenzia europea del farmaco. Chissà.
Un capitolo è dedicato all’accoglienza dei migranti e alla candidatura di Milano come sede del Consiglio nazionale del Terzo settore. Poi c’è il capitolo sicurezza dei cittadini, con l’auspicio di aumentare la polizia municipale, sforando il tetto alle assunzioni.
Ps. Alla pagina 6 del “Patto per Milano” è nascosta una notizia. Un ulteriore buco di Expo: servono altri 23,69 milioni per liquidare la società.