Ilfatto.it ha analizzato i circa 5mila nomi dei candidati di centrosinistra, centrodestra, M5s e Liberi e Uguali. Una lista che tutti gli elettori - regione per regione, collegio per collegio - possono consultare per capire se la loro scelta è quella giusta. Tre requisiti: candidati sotto inchiesta, a processo o prescritti; quelli con una particolare predisposizione al cambio di casacca; e quelli che si sono fatti segnalare: dagli espulsi M5s per i rimborsi ai politici finiti nelle dichiarazioni dei pentiti. Non una lista di proscrizione, dunque, ma una mappa per sapere come muoversi.
Un sistema elettorale come il Rosatellum in cui si sceglie un candidato o un partito e si finisce per favorire qualcuno o qualcosa che non si immagina neanche, deve spingere l’elettore ad imbracciare l’unica arma: un voto consapevole. Così ilfattoquotidiano.it ha analizzato le storie e le biografie di tutti i candidati sia nei collegi uninominali sia nei listini bloccati del proporzionale. Ne sono venuti fuori 273 che, per motivi diversi, possono spingere gli elettori a una riflessione sul voto. La scelta, ovviamente, è libera, ma è bene essere informati.
I requisiti che hanno guidato questa ricerca sono tre. Il primo: gli “impresentabili” classici, cioè chi è indagato, imputato, condannato o prescritto per vicende giudiziarie di varia natura. Si va dai reati comuni fino a quelli contro la pubblica amministrazione, passando anche attraverso quelli di natura politica (ad esempio un radicale condannato per aver coltivato cannabis, che immaginiamo verrà valutato in modo diverso dagli elettori).
Il secondo: i voltagabbana conclamati, cioè coloro che hanno cambiato più volte partito o schieramento oppure l’hanno cambiato proprio negli ultimi mesi prima delle elezioni.
Il terzo criterio, che abbiamo chiamato “Hanno detto, hanno fatto“, raccoglie tutto ciò che l’elettore deve conoscere di “particolare” sul candidato: qui dentro, per esempio, ci sono dichiarazioni xenofobe, passioni per ideologie fasciste, debitori, episodi particolari nelle esperienze amministrative di chi si presenta per fare il parlamentare, i “furbetti” del rimborso dei Cinquestelle, gli esponenti politici finiti in intercettazioni o deposizioni di pentiti o appartenenti alle associazioni mafiose.
La lista non vuole essere “di proscrizione”, ma uno strumento in più in mano all’elettore per capire se ciò che vota è davvero quello che vuole. “Il cambiamento – disse una volta Paolo Borsellino – si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano. Quella matita, più forte di qualsiasi arma, più pericolosa di una lupara e più affilata di un coltello”. Dall’altra parte, aggiungeva il giudice ucciso da Cosa Nostra, dev’essere la politica a fare la selezione. “La magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire: be’ ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso.
Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è mai stato condannato, quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto”. Questo, insomma, lo spirito con cui abbiamo fatto questo lavoro.
Il totale di 273 si basa su una ricerca effettuata su circa 5mila nomi, i candidati che cercano di essere eletti attraverso il sostegno di 10 partiti: Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia, Pd, PiùEuropa, Insieme, Civica Popolare, M5s, Liberi e Uguali. Da questo lavoro ilfattoquotidiano.it ha escluso tutti i candidati di CasaPound e di Italia agli Italiani (la lista che riunisce Forza Nuova e Fiamma Tricolore) che per i continui richiami al fascismo avrebbero finito per ingolfare i nostri elenchi. La ricerca ha coinvolto anche Potere al Popolo, ma tra le file della lista di sinistra sono emerse solo due condanne (una più grave a Livorno e una meno a Torino) per incidenti durante delle manifestazioni di piazza.
I numeri dicono che nella prima categoria (gli “impresentabili” giudiziari) vanno in 146. Il primato ce l’ha il centrodestra con 36 candidati all’uninominale più altri 59 nei listini proporzionali, divisi in 25di Forza Italia, 7 della Lega, 9 dei Fratelli d’Italia e 18 di Noi con l’Italia (il partito che in proporzione alla propria dimensione è certamente al top in questa categoria). Il centrosinistra arriva a un totale di 19 candidati indagati, imputati, condannati o prescritti nei collegi uninominali più 25 nei listini proporzionali, distribuiti tra Pd (15), PiùEuropa (4), Insieme (2) e Civica Popolare (4). Restano infine due grillini e 5 candidati di Liberi e Uguali.
Tra i voltagabbana (che sono in tutto 39) vince invece il centrosinistra anche per via della mareggiata di alfaniani dentro Civica Popolare: 17 candidati all’uninominale un tempo erano dall’altra parte. Nella categoria “Segni particolari“, per finire, si segnalano i Cinquestelle: il grosso lo fanno i candidati già espulsi (quelli dei rimborsi, ma anche l’indagato Caiata), ma poi ci sono alcune figure che hanno fatto parlare di sé per opinioni in libertà, magari sui migranti, sui vaccini o sulla chemioterapia. Tra le Regioni la spinta principale viene dalla statistica: dove ci sono più candidati, ci sono più casi da segnalare. Quindi in testa c’è la Sicilia e a seguire vengono Puglia, Campania, Lombardia. Tra le Regioni più piccole una menzione la meritano Marche e Basilicata.
Il lavoro è stato curato da Diego Pretini e Thomas Mackinson con le collaborazioni e i contributi fondamentali di Vincenzo Bisbiglia, Martina Castigliani, Emanuele Di Loreto, Andrea Giambartolomei, Vincenzo Iurillo, Ersilio Mattioni, Monia Melis, Lucio Musolino, Giuseppe Pipitone, Ferruccio Sansa, Andrea Tundo, Giulia Zaccariello.
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