In base a recenti osservazioni delle increspature dello spazio-tempo, il premio Nobel Roger Penrose ritiene che il nostro universo potrebbe aver avuto un’origine diversa da come si pensa. E il tempo potrebbe essere esistito prima dell'inizio dell'universo.
La teoria più accettata sulle origini dell’universo, il Big Bang, stabilisce che esso è iniziato come un punto infinitamente piccolo e infinitamente denso, che si è progressivamente espanso e raffreddato, fino a diventare la struttura che oggi conosciamo. Ma, qual è stata la causa che ha generato questo evento, verificatosi circa 14 miliardi di anni fa?
Questa è una domanda che porta con sé una serie di problemi. Infatti, se, come stabilito convenzionalmente, il Big Bang ha dato origine al tempo, non è possibile parlare di un “prima”, o di una causa precedente, in quanto queste sono nozioni che hanno senso solo se il tempo fosse già esistito.
Roger Penrose, a cui qualche giorno fa è stato assegnato il Premio Nobel per la fisica, crede di avere un modo per superare le difficoltà poste dall’origine del tempo; e sembra che gli astronomi abbiano trovato la prova che avvalora l’ipotesi di Penrose. La sua teoria è chiamata Cosmologia Ciclica Conforme (CCC), e stabilisce che la nascita esplosiva del nostro universo si è realizzata nel corso della fase terminale di un altro universo. In altre parole, esisteva già un tempo prima del Big Bang.
Secondo lo scienziato, vi è una grossa evidenza che i cosmologi oggi non prendono in considerazione: in che modo l’universo primordiale, nel momento del Big Bang, fosse in qualche modo simile allo stato in cui l’universo attuale si sta dirigendo verso il lontano futuro. In entrambi i casi, la massa fornisce all’energia un contributo all’energia totale dell’universo, significativamente inferiore rispetto a quanto faccia oggi.
Sappiamo che l’energia cinetica di un corpo, ovvero l’energia che possiede un corpo in movimento, è data dal prodotto della metà della massa del corpo per il quadrato della sua velocità. Nei primissimi momenti successivi al Big Bang, quando il cosmo era molto caldo, le particelle si muovevano con una velocità elevatissima. Questo significa che il maggior contributo all’energia totale dell’universo è stato fornito dalla velocità delle particelle, non dalla loro massa.
Lo stesso può dirsi per l’universo successivo al Big Bang. Nel 1998, i fisici fecero una scoperta che sconvolse la comunità astronomica: l’universo si stava espandendo con una velocità crescente. Ci si aspettava, invece, che, finito l’effetto del Big Bang, il cosmo avrebbe rallentato la sua espansione. Così, per giustificare l’accelerazione dell’espansione, gli astronomi hanno ipotizzato l’esistenza di una entità invisibile, l’energia oscura, che spinge ogni cosa verso l’esterno. Ci sarà un momento in cui tutta la materia dell’universo sarà separata, in modo tale che la massa giocherà nuovamente un ruolo insignificante nel computo dell’energia totale dell’universo.
In entrambi i casi, alla fine l’universo sarà dominato dalla luce e non dalla materia. E per un fotone (una particella di luce priva di materia), la luce e la lunghezza non esisteranno più. Immaginando di cavalcare un fotone, si potrebbe attraversare l’universo visibile praticamente in un tempo prossimo allo zero. Questa intuizione è stata la svolta chiave di Penrose.
Egli infatti dice che, in entrambi i casi, l’universo non ha contezza delle proprie dimensioni. Per come è concepito l’universo, il suo inizio, caldo e di piccole dimensioni, è identico al suo futuro, freddo e immenso. Di per sé, questa situazione appare controversa, ma Penrose fa un passo avanti. Egli afferma che questo “futuro” remoto rappresenterà un nuovo Big Bang; e quindi, cosa è accaduto prima del Big Bang?
Secondo Penrose, l’inizio di un universo non è altro che il risultato della fine di quello precedente. Penrose chiama ognuno di questi periodi, eoni. Gli eoni vanno indietro nel tempo senza la necessità di trovare un inizio. In qualche modo, questa teoria richiama il modello a stato stazionario, che prevaleva prima che il modello del Big Bang diventasse la teoria dominante, a partire dalla metà del XX secolo.
Lo stesso Penrose ammette che si tratta di una teoria abbastanza suggestiva, ma è convinto che, come tutte le buone teorie scientifiche, essa debba essere testata attraverso degli esperimenti e delle osservazioni. Questi test nascono dall’idea che il nostro eone, e quello che lo ha preceduto, non siano completamente isolati l’uno dall’altro. Penrose afferma che l’informazione attraversa la materia oscura iniziale nella forma di un’onda d’urto.
La materia oscura, come l’energia oscura, è una sostanza oscura, utilizzata nelle teorie attuali per spiegare il modo in cui strutture come le galassie e gli agglomerati di galassie si sono formate nell’universo primordiale. Secondo i calcoli di Penrose, l’onda d’urto avrebbe avuto un effetto sul fondo cosmico di microonde (Cosmic Microwave Background – CMB), ovvero la radiazione residuale del Big Bang, rilasciata quando l’universo non aveva ancora raggiunto i 400.000 anni di età. È possibile vedere degli anelli, nel CMB, che sono leggermente più caldi, o più freddi, della temperatura media.
Le equazioni della Cosmologia Ciclica Conforme prevedono che un’onda d’urto, proveniente da un precedente eone, dovrebbe aver trascinato materia nel nostro universo. Se ciò avesse causato lo spostamento della materia verso di noi, vedremmo la luce, proveniente da quella regione, deviata a lunghezze d’onda più corte – un effetto che gli astronomi chiamano blueshift (spostamento verso il blu). Allo stesso modo, una regione che si allontana da noi per effetto dell’onda d’urto della CCC subirebbe un redshift (spostamento verso il rosso), ovvero la sua lunghezza d’onda sarebbe allungata.
Le regioni che hanno subito il blueshift apparirebbero più calde, mentre le aree che hanno subito il redshift sarebbero più fredde. Secondo Penrose, queste variazioni sono quegli anelli che noi vediamo nel fondo cosmico di microonde. Onde d’urto multiple avrebbero addirittura prodotto una serie di anelli concentrici.
Diversi anni fa, la scoperta di quegli anelli sembrava fosse la verifica definitiva della validità della Cosmologia Ciclica Conforme (CCC). Solo che la comunità scientifica non riponeva alcuna fiducia sulla teoria, associando i risultati a un colpo di fortuna.
Anche se le ricerche condotte da un gruppo di scienziati polacchi e canadesi, confermano la presenza degli anelli, con una precisione del 99,7%, sussistono ancora dei dubbi. Vahe Gurzadyan, un fisico impegnato da lungo tempo nello studio della Cosmologia Ciclica Conforme, asserisce che queste strutture sono reali e che non vi sono dubbi sulla correttezza e precisione dei calcoli. Tuttavia, lo stesso Penrose ha esplorato altri approcci che potessero meglio supportare le ipotesi avanzate dai due scienziati, sia sulla CCC che sull’esistenza di un tempo “prima” del Big Bang.
La transizione tra eoni va a generare qualcosa di più che la semplice creazione di onde d’urto nella nostra materia oscura e anelli nel fondo cosmico di microonde. In questa transizione, secondo Penrose, viene creato un nuovo materiale, la materia dominante nell’universo. Egli considera quel materiale come la forma iniziale della stessa materia oscura. Questo materiale, affinché non vada ad accumularsi da eone a eone, deve necessariamente decadere. Penrose chiama queste particelle iniziali di materia oscura ereboni, da Erebos, il dio greco dell’oscurità.
In media, un erebone impiega circa 100 miliardi di anni per decadere, ma alcuni di essi saranno decaduti durante i 14 miliardi di anni del nostro universo. Penrose afferma che, quando decadono, gli ereboni trasferiscono tutta la loro energia alle onde gravitazionali.
La scoperta delle onde gravitazionali
Le onde gravitazionali sono una distorsione nel tessuto dello spazio-tempo, previste da Einstein più di un secolo fa, come parte della sua teoria della relatività generale. Per gran parte del secolo scorso, non si era mai avuta alcuna evidenza dell’esistenza delle onde gravitazionali. Ma, il 14 settembre 2015, i fisici impegnati con le osservazioni del Laser Interferometer Gravitataional-Wave Observatory (LIGO), hanno annunciato il rilevamento di onde gravitazionali in arrivo sulla Terra, formatesi a seguito dello scontro tra due buchi neri, a una velocità 1,5 volte quella della luce. A questa, sono seguite diverse altre osservazioni, tra cui anche la fusione di più buchi neri, insieme alla collisione di due stelle di neutroni – i nuclei collassati di grandi stelle (che però non hanno le dimensioni per diventare dei buchi neri), che si sono trasformati in una supernova.
Nell’estate del 2017, tra gli astronomi vi era qualcuno che pensava che questi rilevamenti potessero anche non essere ciò che si credeva. Un gruppo di ricercatori del Niels Bohr Institute, di Copenhagen, aveva pubblicato un articolo, nel quale si asseriva che quei segnali non derivassero da onde gravitazionali, ma fossero degli errori presenti nei dati. Quando un’onda gravitazionale arriva sulla Terra, il suo segnale è molto debole, rendendo difficile ai fisici discernere questi disturbi al di sopra del rumore di fondo di eventi terrestri più banali, che potrebbero addirittura spostare i sensibili specchi del LIGO. Se uno stesso segnale viene segnalato da entrambi i rilevatori, vi è una probabilità elevata che provenga dallo spazio. Il rumore, tuttavia, non dovrebbe essere correlato allo stesso modo.
Il gruppo di Copenhagen ha sviluppato un’analisi indipendente dei dati acquisiti dal LIGO e ha trovato che, invece, il rumore era abbastanza correlato. I fisici del LIGO potrebbero essere stati ingannati, pensando di rilevare onde gravitazionali, quando invece non lo stavano facendo. È probabile che ci fosse qualche problema con i rilevatori, nel senso che producevano segnali di onde gravitazionali, dove invece queste onde non esistevano.
L’articolo del gruppo di Copenhagen è stato subito sottoposto a critica da Ian Harry, un fisico componente del gruppo di ricerca LIGO, il quale sostiene che le analisi dei dati effettuate dai ricercatori di Copenhagen non sono corrette e che non esiste alcun rumore correlato.
Potrebbe trattarsi dell’evidenza del decadimento degli ereboni?
Quando Roger Penrose si è imbattuto in questo acceso dibattito, ha subito pensato che il dilemma fosse legato al decadimento degli ereboni. Quindi ha pubblicato il suo articolo nel quale spiega nei dettagli il suo punto di vista.
L’arrivo di onde gravitazionali provenienti dal decadimento degli ereboni potrebbe essere correlato tra i due rilevatori, poiché le onde incontrano l’uno, prima di raggiungere l’altro. Tuttavia, poiché queste onde gravitazionali non sarebbero afferite a buchi neri o a stelle di neutroni, potrebbero essere considerate come semplice rumore. Invece, Penrose sostiene che il gruppo di Copenhagen non ha scoperto un rumore di fondo terrestre correlato, ma un rumore correlato proveniente dal decadimento degli ereboni di fondo, in qualche parte dell’universo.
E allora, in che misura tutto ciò può essere vero e la Cosmologia Ciclica Conforme essere il giusto approccio, per rispondere alle problematiche domande sul Big Bang?
Secondo Andrew Pontzen, un cosmologo dell’University College di Londra, si tratta di un’idea molto stimolante che mette insieme una serie di filoni intelligenti, in una visione davvero bella del modo in cui l’universo potrebbe comportarsi su scale temporali molto ampie. È una teoria che merita molta attenzione.
Tuttavia, Pontzen sottolinea che l’analisi dei dati originali, sugli anelli del fondo cosmico di microonde – il primo test della CCC proposto da Penrose – peccavano di perfezione e portavano a delle conclusioni che non potevano essere sostenute. Allo stesso modo, Pontzem sostiene le conclusioni raggiunte da LIGO, dalle quali si deduce che il rumore correlato tra i suoi rilevatori non è reale, e quindi non può essere causato da un decadimento di particelle erebon. L’analisi dei dati è un processo assolutamente delicato, che può facilmente condurre in errore gli sperimentatori.
Questo non significa che la Cosmologia Ciclica Conforme sia errata, ma sembra che prove convincenti della sua veridicità debbano essere trovate nei rilevatori di fondo cosmico di microonde e di onde gravitazionali LIGO.
Anche se il rumore correlato, di cui parlano i ricercatori di Copenhagen, fosse fittizio, i prossimi rilevatori di onde gravitazionali potrebbero rilevare un rumore correlato dal decadimento degli ereboni.
Penrose dice che spera di poter vedere un giorno questi effetti, provenienti da galassie distanti, in modo da avere un quadro chiaro della distribuzione della materia oscura nell’universo.
E si potrebbero avere le idee più chiare anche sull’esistenza del tempo prima del Big Bang.
Fonte: space.com
https://www.reccom.org/2020/10/09/onde-gravitazionali-origine-delluniverso-e-universo-ciclico/?fbclid=IwAR3ylalaTsdCjaOyWXeeNohtmT_chVNm_7dbUyejJpgNAO3OCkBWbqSwqnw