mercoledì 16 marzo 2022

L’escalation militare cresce, “ma perché ci preoccupiamo?”. - Peter Gomez

 

Ricapitolando: 30 mila militari Nato stanno svolgendo una esercitazione in Norvegia. È la più grande degli ultimi anni, ma non c’è da preoccuparsi perché le operazioni erano state programmate già otto mesi fa.

Un sedicente ufficiale dei servizi segreti russi ha inviato una nuova lettera in cui sostiene che per Putin “la terza guerra mondiale è iniziata” e che l’autocrate si prepara a lanciare i suoi missili verso le Repubbliche baltiche se non verranno ritirate le sanzioni. Ma non c’è da preoccuparsi, perché la spia potrebbe non essere tale e il contenuto della missiva potrebbe essere falso.

Una circolare del nostro Stato maggiore invita i generali a intensificare gli addestramenti orientati al war fighting, ovvero agli scenari di combattimento. Ma non c’è da preoccuparsi, perché circolari simili vengono inviate ogni volta che sale la tensione internazionale.

Domenica scorsa, l’Iran, in ottimi rapporti con la Russia, ha sparato una dozzina di razzi a Erbil, nel Kurdistan iracheno, e ha sfiorato il consolato Usa. Ma non c’è da preoccuparsi, perché gli iraniani assicurano di aver mirato a “un centro strategico israeliano” e molti pensano che il lancio sia stato una vendetta per due pasdaran morti durante un bombardamento in Siria. Lunedì, infine, mentre a Roma si incontravano gli emissari del governo americano e cinese, 13 caccia militari di Pechino hanno violato la spazio aereo di Taiwan. Ma non c’è da preoccuparsi, perché il sorvolo è stato un semplice avvertimento.

Così anche noi non ci preoccupiamo. Constatiamo solo che 20 giorni dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, l’escalation militare non accenna a fermarsi. E ci chiediamo cosa accadrà se davvero, come pronosticato dalla Gran Bretagna, i soldati di Putin, dopo aver conquistato al prezzo di terribili massacri le principali città ucraine, dovranno affrontare per anni una resistenza fortemente motivata e ben armata dall’Occidente.

L’obiettivo della Ue e della Nato del resto è chiaro. Visto che con soli 170 mila uomini è impossibile controllare uno Stato grande il doppio dell’Italia, Europa e Usa armano gli ucraini nella speranza che Putin, per evitare d’impantanarsi in una guerra in stile afghano, si accontenti presto di ciò che gli è già stato offerto dall’eroico presidente Zelensky: la neutralità, l’annessione ufficiale della Crimea, il riconoscimento delle Repubbliche del Donbass. L’idea è che in questo modo Putin potrebbe ordinare il ritiro dicendo ai russi di aver ottenuto ciò che rivendicava e quindi di aver vinto la guerra. Ma se il piano è questo, qualcuno ci dovrà spiegare cosa si spera che accada dopo.

Ciò che Putin sostiene è noto. La Russia afferma di essere stata circondata negli anni da Paesi Nato in grado di ospitare testate nucleari a poche centinaia di chilometri da Mosca. Teme che l’espansione non sia finita e sogna pure che le confinanti Repubbliche baltiche rinuncino a far parte dell’alleanza. Inoltre sa che nel medio periodo le sanzioni economiche occidentali diventeranno un reale problema. È pura utopia, dunque, che quando e se si comincerà davvero a parlare di un possibile ritiro dall’Ucraina, Putin non chieda a Stati Uniti ed Europa di ridiscutere tutto: a partire dall’embargo deciso nei suoi confronti.

A un tavolo di questo tipo non potrà che pretendere di essere presente pure la Cina. Ma non c’è da preoccuparsi. Perché l’operazione è semplice: si tratta solo di riscrivere il nuovo ordine mondiale. Roba da niente. Io, comunque, pur restando tranquillissimo, comincio a cercar casa in Argentina.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/16/lescalation-militare-cresce-ma-perche-ci-preoccupiamo/6527069/?fbclid=IwAR39NBDKC9qRM1eEuzzylLN8HOtB3qnHRSwMn78vjlQZIemtS2vY4vbZGiU

Censura democratica. - Marco Travaglio

 

Da tre settimane il circoletto onanista-atlantista che se la canta e se la suona è alla disperata ricerca di qualcuno che difenda l’armata russa e giustifichi i fiumi d’inchiostro versati contro il presunto “partito italiano di Putin”. Si è provato a iscrivere al Cremlino chi ricorda le responsabilità della Nato nell’accerchiamento della Russia. Ma non ci è cascato nessuno: pure Biden nel 1997 e Kissinger nel 2014 dicevano le stesse cose, tuttora condivise da fior di analisti occidentali; e sono proprio gli atlantisti a dire che la Nato con l’Ucraina non c’entra nulla. Allora si è inventato che chi critica l’invio delle armi alle milizie ucraine (inclusi i ceffi con la svastica del battaglione Azov) sta con Putin. Ma non ha abboccato nessuno: tutti gli esperti spiegano che le nostre armi non ribalteranno l’esito della guerra pro Ucraina, ma contro, allungando il conflitto con più perdite di civili e di territori. Figurarsi il sollievo quando le Sturmtruppen hanno finalmente trovato un intellettuale equidistante fra Ucraina e Russia: Povia (che è pure No vax, quindi vale doppio). Ecco perché i panciafichisti occidentali non si decidono a scatenare la terza guerra mondiale, malgrado gli appelli di Zelensky e della sua moderatissima vice: per via di Povia. Che però non è solo. Ieri Aldo Grasso, il Povia dei guerrafondai, ha smascherato il suo complice: Maurizio Crozza, capofila del “‘neneismo’ oltraggioso della sinistra radicale”.

E dove sarebbe l’oltraggio? Tenetevi forte: Crozza ha financo mostrato la cartina d’Europa con l’avanzata della Nato a Est dopo che nel 1990 il Segretario di Stato Usa Baker aveva promesso a Gorbaciov “non un centimetro più a Est”. Poi la Nato si mangiò dieci Paesi, fino al confine ucraino. Ma questo, spiega Grasso, fu perché quei Paesi “preferiscono vivere, di loro spontanea volontà, sotto l’ombrello della Nato”: lui è convinto che la Nato sia una bocciofila dove paghi la tessera e ti iscrivi: non sa che devi essere invitato, e solo a patto di non compromettere la sicurezza degli altri membri, come invece è avvenuto invitando Paesi che era meglio lasciare neutrali. Per chi non si sentisse abbastanza oltraggiato da una cartina, c’è di peggio: “Per rafforzare il suo antiamericanismo, Crozza ha ricordato che a Cuba nel ’62 gli Usa mica han lasciato che i russi gli mettessero i missili ai confini”. E, siccome Crozza conosce la storia meglio di Grasso, “la sua satira diventa comizio”. È lo stesso argomento usato dai berluscones contro Luttazzi e i Guzzanti che dicevano le verità proibite dal regimetto. Lo stesso argomento usato dai putiniani contro chi dice le verità proibite dal regime. Cose che càpitano nei Paesi democratici che, a furia di esportare la democrazia di qua e di là, hanno esaurito le scorte.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/16/censura-democratica/6527023/

martedì 15 marzo 2022

Nato per mentire. - Marco Travaglio

 

Sempre premesso che Putin è il nuovo Hitler, per giunta con le metastasi al cervello; premesso che in Ucraina non esistono più nazisti da quando i nostri giornaloni hanno rimosso gli articoli sulle svastiche del battaglione Azov e simili opere pie; premesso che le bombe al fosforo fanno male se le usano i russi, mentre quando le sganciavano gli italiani a Fallujah erano manna dal cielo; ecco, premesso tutto ciò, domandiamo per un nostro amico un po’ duro di comprendonio: ma perché non si può stare toto corde col popolo ucraino aggredito da Putin e dire “né con la Nato né con Putin”, visto che tutti ripetono (tranne Putin) che la Nato non c’entra nulla con l’Ucraina e che l’apparentamento fra l’una e l’altra è una fake news del pazzo del Cremlino? Il nostro amico è rimasto spiazzato dai titoli “Attacco ai confini della Nato” (Stampa), “Bombe sulla Nato” (Giornale), “Strage ai confini della Nato” (Corriere), “Guerra ai confini della Nato: missili sulla base di addestramento” (Rep).

Si riferiscono ai 30 missili russi che hanno distrutto il cosiddetto International peacekeeping and security center di Yavoriv, a 25 km dal confine polacco: una base militare di 390 kmq, brulicante di soldati ucraini e occidentali. Washington ha subito minacciato rappresaglie per “difendere il territorio Nato”: e non si vede a che titolo, visto che ha escluso di avere “militari coinvolti” né lì né nel resto del Paese. Ma s’è scordata di avvisare la sua ambasciata a Kiev, che ha twittato un peana ai “soldati eroici di Usa, Polonia, Lituania, Regno Unito, Canada e altri che addestravano le forze ucraine” e smistavano le armi made in Usa e in Ue. Il che dimostra che, in barba alla ridicola risoluzione del Parlamento italiano, inviare armi non porta alla “de-escalation”, ma all’escalation. Non solo. Quella di Yavoriv è una base Nato camuffata: dal 1995 è segnalata sul sito della Nato e ha ospitato tutte le esercitazioni Nato anti-Russia. Infatti il Giornale la definisce “sede Nato”, La Stampa più pudicamente un “centro di addestramento utilizzato anche dalla Nato”. Insomma: più che i confini della Nato, i russi han bombardato la Nato. Che sta da 27 anni in Ucraina, pur assicurando di starne fuori. È una notizia coi fiocchi, che dovrebbe far arrossire chi nega qualsiasi nesso fra Ucraina e Nato e iscrive al “partito di Putin” chiunque osi dire il contrario. Ed è la prova che i migliori amici del popolo ucraino non sono quelli che stanno “con la Nato contro Putin”. Ma quelli che non stanno “né con la Nato né con Putin”. Far parte della Nato presenta almeno il vantaggio che, se ti attaccano, gli altri soci ti difendono. Se invece ti tieni la Nato in casa nascosta in cantina, ti attaccano e non ti difende nessuno.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/15/nato-per-mentire/6525918/

PIU' GUERRA IN ARRIVO. - Gioacchino Musumeci

 

VOLODYMYR ZELENSKY TERRA' UN DISCORSO VIRTUALE mercoledì prossimo al congresso degli Stati Uniti. Repubblicani e democratici vogliono una risposta militare più dura all'invasione russa, inclusa l'imposizione di una no-fly zone sul paese e la fornitura all'Ucraina di caccia MiG polacchi.

Questo spiega le continue richieste di interventi e no-fly zone del presidente Zelensky che gode dell'appoggio di una parte del congresso degli Stati uniti. Il presidente ucraino, dopo essere rimasto invischiato nell'impeachment di Donald Trump, ha sempre coltivato ottimi rapporti con la Casa Bianca (come testimonia il contenuto della telefonata in cui Trump chiedeva a Zelensky di indagare sul figlio di Biden) e si lamentava della dipendenza energetica dalla Russia, problema particolarmente diffuso nella UE che dalla caduta di Putin trarrebbe non pochi vantaggi.
Gli Usa si danno molto da fare: Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato 13,6 miliardi di dollari in aiuti militari e umanitari di emergenza per l'Ucraina. Il finanziamento include 6,5 miliardi di dollari per l'assistenza militare all'Ucraina e circa 6,7 miliardi di dollari per i rifugiati e gli aiuti economici agli alleati dell'Europa orientale degli Stati Uniti.
Zelensky da parte sua spinge le nazioni occidentali a fare di più per fermare l'invasione russa e ha continuamente sollecitato Washington, l'Unione Europea e la NATO per l'equipaggiamento militare.

Sembrano nitide diverse cose:
1)Gli Usa sono estremamente interessati all'Ucraina visti gli ingenti finanziamenti forniti ben prima della guerra che oggi ha vantaggiosamente moltiplicato gli interventi finanziari americani a Est.
2) L'ingresso occidentale nello scenario ucraino potrebbe essere prossimo. Se la linea belligerante americana vince, ciò che vuole Zelensky, l'intervento in Ucraina porterà alla guerra che i nostri media stanno introducendo con la propaganda a tappeto di queste settimane.

Penso che dovremmo essere realisti, siamo diretti verso l'allargamento del conflitto. Cedere alle condizioni Russe sarebbe una grave sconfitta occidentale e Nato. Putin rinforzerebbe perfino la sua egemonia in Russia e amplificherebbe aspirazioni cinesi e Taiwan. Nella logica occidentale questi sono motivi per una guerra globale? Si perché la beatificazione di Zelensky a reti unificate serve esclusivamente a legittimare un conflitto mondiale. Questo non è il modo corretto di combattere Vladimir Putin. Se la logica di pace non prevarrà su quella geopolitica, comprensiva di guerra, le cose si metteranno molto male per tutti.
E' la prima volta che spero di sbagliare al 100%.

Avete giocato con l'abisso, ora ce l'avete davanti. - Raoul Kirchmayr



A "Otto e mezzo" di stasera c'è stato un momento - durato una decina di minuti circa - in cui si è capito che un atterrito Massimo Giannini (La Stampa) ha capito.
Ha capito che qualcosa non torna più, nel racconto - meglio: nella narrazione - della guerra in Ucraina. Da questa parte dello schermo lo abbiamo capito dallo sguardo sbarrato e dalle labbra serrate in una sorta di smorfia angosciata. Perfino Lilli Gruber è parsa vacillare, non sapendo più da dove e come riprendere il filo del discorso.
Poi, con molto mestiere e bravura ha rimediato. L'unico che è parso non sorpreso è stato Caracciolo, il direttore di Limes, che evidentemente non si era fatto soverchie illusioni.
E purtuttavia, aveva il volto parecchio tirato, e un po' scavato.
Insomma, il gelo era sceso nello studio, dopo che - intervistata da Gruber - Iryna Vereshchuk, divisa verde e sguardo di ghiaccio, ha detto a nome del governo ucraino, da lei rappresentato nella veste di vicepremier, le seguenti cose:
a) Il governo ucraino sa qual è la verità e ha il coraggio di dirla;
b) la verità è una sola;
c) il presidente è il popolo, il popolo si riconosce nel
presidente;
d) no-fly zone subito sulle centrali nucleari;
e) intervento militare degli USA in Ucraina;
f) garanzie internazionali occidentali, da parte di USA e GB, per l'Ucraina per il dopoguerra;
g) Crimea e Donbass restituite all'Ucraina, dopo periodo di monitoraggio internazionale;
h) né il riconoscimento delle repubbliche del Donbass né della Crimea né la neutralità dell'Ucraina possono costituire base di trattativa con la Russia.
Giannini, nonostante lo sconcerto - e, immagino, il brivido lungo la schiena - è stato lucido nel far notare a Vereshchuk che, con queste premesse, non ci potrà mai essere nessuna trattativa con la Russia.
La risposta è stata che l'Occidente deve prendersi ora quelle responsabilità che non si è preso in passato.
Caracciolo ha fatto notare alla vicepremier che questa base negoziale forse poteva andare bene nel 2014, certo non ora, con la situazione attuale sia politica sia militare. E che una trattativa realistica non poteva che avere come punto di partenza lo status ante 23 febbraio, poiché gli USA non interverranno mai in Ucraina in un confronto militare diretto,
poiché questo significherebbe lo scoppio di un conflitto mondiale.
La replica è stata che la Russia va fermata ora in Ucraina perché il conflitto ci sarà ugualmente.
In precedenza, su domanda di Gruber circa le vittime odierne a Donetsk e sul rimpallo delle responsabilità del bombardamento, la risposta è stata che i russi sparano sui (loro) civili per attribuire la responsabilità agli ucraini. Gli ucraini, ha aggiunto poco dopo, sono credenti e sono per l'amore.
Vereshchuk, che ha anche un passato come militare, è considerata esponente conservatrice e moderata nella
compagine di governo.
Ecco, lo sguardo angosciato di Giannini ha restituito l'istante dell'illuminazione, quando ha capito di non aver capito granché su chi fossero i difensori della libertà, su quali fossero i loro obiettivi e su quale fosse il "frame" psicologico - prima ancora che politico - su cui si organizzano le loro decisioni:
la mistica del sacrificio.
Di questa mistica è imbevuto, per esempio, il culto degli eroi di Maidan. E' uno dei tanti anacronismi del post-guerra fredda: un pezzo di medioevo partorito dai nazionalismi del dopo-URSS, ideologie di risulta nel vuoto politico della (breve) fine della storia.
La storia ha ripreso da tempo il suo cammino con questi grumi arcaici sopravvissuti chissà come e riportati alla superficie dalle correnti putride dei fascismi postmoderni.
Almeno spero che a Giannini da oggi sia chiara una cosa:
è sufficiente ricordare qual è la linea - a quanto pare ufficiale - del governo Zelensky.
E la linea è: nessuna linea, diritti allo scontro,
verso il sacrificio finale.
Se l'Ucraina vincerà, vincerà la verità,
se l'Ucraina verserà il suo tributo di sangue lo farà sacrificandosi per la verità. L'Apocalisse non fa paura quando è la verità che deve trionfare.
Auguri, Giannini.
Avete giocato
agli apprendisti stregoni con l'abisso, ora ce l'avete davanti.

lunedì 14 marzo 2022

CDC - Incontra - James Corbett - ENG (Sub-ITA)

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Scemi di guerra. “Piazza contro piazza, ‘cara Nato’ contro ‘cara Mosca’, la Bad Godesberg di Enrico Letta e del suo Pd contro la Cgil e l’Anpi ridotte a campo profughi dell’ideologia”. “L’inglese è la lingua della democrazia”. “Gli irriducibili che a San Giovanni, parlando la lingua morta dell’antiamericanismo, avevano manifestato per disarmare Zelensky”. “La piazza di Firenze è stata… il prologo della scelta definitivamente occidentale che la sinistra italiana insegue da 50 anni”. “Per la prima volta l’Europa è diventata una bandiera di piazza”. “La gloriosa Cgil ridotta a una Stalingrado del ‘come eravamo di sinistra’. Solo così si spiega che la Brigata Wagner, i mercenari scelti che Putin ha inviato a dare la caccia a Zelensky, piaccia in Italia, oltre che alle solite macchiette sopravvissute del vaffa, anche a quel gruppetto di professori… Luciano Canfora e Carlo Rovelli, nostalgici della Brigata Proust, che… si accontentano di Putin” (Francesco Merlo, Repubblica, 13.3). Votate la frase più scema, se ci riuscite: io le premierei tutte, ex aequo.

Pussy Riot. “La censura imposta a media e social fa sì che la disinformazione sia… la verità” (Gianni Riotta, Repubblica, 7.3). Ora però non esageriamo con le critiche all’Occidente.

Alexsandr Sallustov. “Perché fu un errore rompere con lo Zar” (Alessandro Sallusti, Libero, 23.2). “Gli utili idioti di Putin. Come ai tempi del terrorismo, la sinistra politica e sindacale ci mette un po’ a scegliere da che parte stare della storia. Allora era ‘né con le Br né con lo Stato’, oggi è ‘né con Putin né con la Nato’” (Sallusti, Libero, 6.3). Quindi Sallusti è di sinistra.

Sturmtruppen. “Meno fiori nei nostri cannoni”, “Mettere Putin alla canna del gas”, “Serve più energia contro Putin” (prime pagine del Foglio, 8, 9 e 11.3). Mo’ me lo segno.

Lavoratoriiiii! “Ci serve l’‘ora et labora’” (Matteo Salvini, segretario Lega, Giornale, 8.3). Ogni tanto un’esperienza del tutto inedita ci vuole.

Sinceri democratici. “Un Paese in cui parla Marcello Foa e viene censurato Dostoevskij” (Marco Damilano, direttore uscente Espresso, 6.3). Giusto, tappiamo la bocca anche a Marcello Foa.

Google Maps. “Accogliere una donna africana che scappa dall’Ucraina? Bisogna vedere se scappa veramente dall’Ucraina. Non è facile stabilirlo, se no diventa un viatico per tutti quelli che scappano dall’Africa” (Susanna Ceccardi, eurodeputata Lega, SkyTg24, 4.3). Furbi, loro: fanno il giro largo.

Affinità elettive. “Berlusconi mi teorizzò una volta il perché dell’amicizia con Putin, che poi diventò personale. Così come con Erdogan e Gheddafi: proprio perché Berlusconi li considera dei ‘pericolosi farabutti’ – queste sono parole mie – la prima cosa che devi fare è cercare di renderli amici” (Alessandro Sallusti, Ottoemezzo, La7, 26.2). E poi tra colleghi ci si intende.

Lottatori continui. “La resistenza armata è etica” (Luigi Manconi, Repubblica, 9.3). Ne sa qualcosa il commissario Luigi Calabresi.

La Nato non esiste. “Non c’è stato alcun gesto negli ultimi anni che possa essere considerato una minaccia dei nuovi Paesi entrati nella Nato nei confronti della Russia” (Luciano Fontana, direttore Corriere della sera, 7.3). Nato? Quale Nato?

Le belle famiglie. “Vedi a cosa servono i social? A scoprire che tua figlia è diretta al confine ucraino” (Carlo Calenda, leader Azione, eurodeputato Pd, Twitter, 11.3). Quindi c’è qualcosa di peggio della guerra.

Slurp. “Draghi è stato criticato… per il suo ruolo dimesso, per non dire inesistente, nei negoziati sull’Ucraina, cosa che non quadra con la leggendaria reputazione dell’uomo che ha salvato l’euro con tre parole, un raro esemplare di statista italiano capace di far calare il silenzio quando prende la parola nei consessi internazionali… C’è però un’altra spiegazione per quella che qualcuno vede come una colpevole remissività del premier: Draghi è un realista. Questa visione… che solitamente si fa risalire a Tucidide… potrebbe far rileggere le sue mosse felpate sotto la luce della saggezza realista” (Mattia Ferraresi, Domani, 11.3). Ecco perché è sparito: perché Tucidide è morto.

Regressione all’infanzia. “Il ministro Bianchi salta la fila nell’ospedale pediatrico Bambin Gesù” (Verità, 10.3). Che tenero, ha perso il primo dentino da latte.

Wilma, la clava! “Ma, mi domando, i vecchi agit-prop No Vax e i nuovi No War sono proprio le stesse persone, ammesso che siano persone?” (Concita De Gregorio, Repubblica, 12.3). Ma no, dài, è chiaro che sono le stesse bestie.

Il titolo della settimana/1. “Draghi: non siamo fessi” (Libero, 123). Ah no?

Il titolo della settimana/2. “Giudici che non sanno dire qual è la colpa di Moretti nella strage di Viareggio” (Domani, 9.3). E pensare che è semplice: i 32 morti si suicidarono bruciandosi vivi.

Il titolo della settimana/3. “Londra, quartiere di Kensington. La bella vita di Polina, figliastra di Lavrov. ‘Requisitele la casa’” (Repubblica, 12.3). Per riaffermare i valori della liberaldemocrazia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/14/ma-mi-faccia-il-piacere-260/6524792/