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mercoledì 28 luglio 2021

Ove Mai. - Marco Travaglio


Paolo Mieli vaga ramingo di talk in talk lacrimando non tanto per quel che ho detto su Draghi alla festa di Articolo 1, quanto perché la gente applaudiva. In effetti è bizzarro che il popolo della sinistra non si prostri adorante al culto mariano del governo che prende ordini da Confindustria e persino da Bonucci&Chiellini, sblocca i licenziamenti, blocca il cashback, condona gli evasori, ingaggia la Fornero, fa politiche ambientali da Premio Attila e riforme della giustizia da Trofeo Berlusconi. Io però, appena vedo Mieli, non riesco a non pensare al suo scoop del 17 giugno a Otto e mezzo sul cambio della guardia tra Figliuolo e Arcuri: “Quando è arrivato Draghi, ha trovato che Conte e Arcuri avevano acquistato mascherine per 763 settimane, cioè per 14 anni e mezzo, da qui al 2035!”. Obiettai che era una cifra campata per aria. Ma lui ripeteva a macchinetta: “Segnàtevi questo dato: 763 settimane, 14 anni e mezzo di mascherine comprate… un giorno faremo i conti… opacità, cose strane… 763 settimane, 14 anni e mezzo!”. Ricordai che l’inchiesta romana riguarda l’acquisto di circa 1 miliardo di mascherine dalla Cina nel marzo 2020. Ma Mieli mi incalzò implacabile: “Ammetti che sono troppe, ove mai fosse vero che Draghi e Figliuolo han trovato nei loro magazzini 14 anni e mezzo di mascherine?”.

Arcuri smentì quel dato iperbolico con le cifre ufficiali e ricordò che nel marzo 2020 servivano mascherine per un mesetto, poi partì la produzione nazionale. Mi attendevo una puntuta replica, almeno un “ove mai”, invece Mieli non ne parlò più. Ma siccome ha detto che “un giorno faremo i conti”, appena lo vedo spero sempre che il giorno sia arrivato. Nell’attesa, a parte la scena comica di Arcuri che chiama il fornitore e intima “mi mandi 763 settimane di mascherine”, come se si ordinassero a mesi e non a numero, qualche conto l’ho fatto io. Posto che nel lockdown, per ogni italiano circolante (40 milioni su 60), occorrevano due mascherine al giorno (vanno cambiate ogni 4 ore), il fabbisogno giornaliero era 80 milioni, pari a 427,3 miliardi per 763 settimane. A 1 euro a pezzo, Conte e Arcuri avrebbero speso 427,3 miliardi di euro: metà della spesa pubblica annua, oltre il doppio del Recovery fund, sommetta difficile da occultare nelle pieghe del bilancio. Dove avranno preso tutti quei soldi? E dove saranno i famosi magazzini in cui Draghi e Figliuolo han trovato quel po’ po’ di mascherine? A metterle l’una sull’altra a mucchietti, formerebbero un parallelepipedo alto 4mila km su una base di 7,2 milioni di kmq (vasta poco meno dell’Europa). Non vediamo l’ora di andarci in visita guidata, con Mieli, Draghi e Figliuolo come guide turistiche. Ove mai non fossero tutte cazzate.

ILFQ

sabato 19 giugno 2021

Mascherine, Mieli: “Conte e Arcuri ne avevano acquistate per 14 anni e mezzo”. Ma i numeri ufficiali lo smentiscono.

 

Il giornalista, ospite di Otto e mezzo su La7, durante una discussione con Marco Travaglio ha sostenuto che l'ex commissario all'emergenza avesse comprato troppi dispositivi, tali da soddisfare il fabbisogno nazionale "di qui al 2035". I dati invece dicono che sono state acquistate un totale di 4 miliardi e 796 milioni di mascherine (chirurgiche, Fffp2, Fffp3, ecc) e che finora alle Regioni ne sono state distribuite già 3 miliardi e 248 milioni.

“Quando è arrivato Draghi ha trovato che Conte e Arcuri avevano ordinato e acquistato mascherine per 763 settimane, 14 anni e mezzo”. A dirlo in tv è stato Paolo Mieli, giornalista, storico e conduttore tv che giovedì era ospite di Otto e mezzo su La7, insieme al direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. Mieli ha sostenuto che il precedente commissario straordinario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, sostituito poi dal generale Figliuolo con il passaggio dal Conte 2 al governo Draghi, avesse acquistato un numero spropositato di mascherine, tale da soddisfare il fabbisogno nazionale “di qui al 2035“. I numeri, però, lo smentiscono: tra il 17 marzo 2020 e il 28 febbraio 2021, Arcuri ha acquistato un totale di 4 miliardi e 796 milioni di mascherine. È difficile stimare quale sia realmente il fabbisogno settimanale nazionale, ma un dato chiarisce inequivocabilmente come ci vorranno molto meno di 14 anni per utilizzarle: da marzo ad oggi, infatti, la Protezione Civile ha distribuito alle Regioni 3 miliardi e 248 milioni di mascherine in 15 mesi e mezzo.

Mascherine, Mieli a Travaglio: “Conte e Arcuri ne avevano acquistate per 14 anni e mezzo”. Ma i numeri ufficiali lo smentiscono
Volume 90%
 

Nel corso della discussione, Mieli ha insistito più volte sul dato delle “763 settimane” (di cui non è chiara la fonte) e ha aggiunto: “Un giorno faremo poi i conti“. I conti ufficiali però si possono fare anche subito, volendo: sono disponibili sul sito del governo, nella sezione dedicata appunto al Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. Con lo scoppio della pandemia in Italia a cavallo tra fine febbraio e inizio marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dovette prevedere la presenza di un commissario con funzione di coordinamento, in particolare per l’acquisto di beni indispensabili nella lotta al Covid, tra cui appunto le mascherine. Il decreto del 17 marzo 2020 conferisce chiarisce che gli atti del commissario “sono sottratti al controllo della Corte dei Conti, fatti salvi gli obblighi di rendicontazione“. Tutti gli acquisti effettuati da Arcuri prima e Figliuolo poi, così come dalla Protezione Civile, sono quindi pubblici e disponibili a tutti.

Emerge appunto che nel suo anno da commissario Arcuri ha acquistato in totale 3,3 miliardi di mascherine chirurgiche, 634 milioni di mascherine per bambini, 340mila mascherine filtranti per la collettività, 238 milioni di Ffp3 e 234 milioni di Ffp2. Il totale arriva appunto a 4 miliardi e 796 milioni. La spesa totale? Due miliardi e 116 milioni di euro. Chiaramente il commissario non è l’unico a fare acquisti: ci sono anche le RegioniConsip e la Protezione civile (che però da sola finora ne ha acquistate appena 223mila). Ma i 4,8 miliardi di mascherine acquistate da Arcuri sembrano essere congrue all’emergenza. L’Analisi distribuzione aiuti consultabile sul sito del Dipartimento della Protezione civile infatti riporta che nel corso della pandemia finora sono stati distribuite alle Regioni oltre 3 miliardi di mascherine. Ancora nell’ultima settimana, stando al portale, nonostante un trend in diminuzione sono state distribuite oltre 6,5 milioni di mascherine. Evidentemente quelle comprate da Arcuri non dureranno 14 anni, altrimenti Figliuolo sarebbe un pazzo ad aver già acquistato altri 15 milioni di pezzi.

ILFQ

domenica 21 febbraio 2021

Luna di Mieli. - Marco Travaglio

 

Se Paolo Mieli fosse uno dei tanti cazzari della cosiddetta informazione, non meriterebbe una riga di replica. Ma siccome non dice mai nulla per niente, i suoi apparenti deliri a Radio24-Confindustria vanno segnalati e decrittati: “Guardo cosa bolle in pentola e vedo che il Fatto Quotidiano è schierato con gli scissionisti 5Stelle… Sarebbe una forma di libera espressione giornalistica se non sapessimo che il Fatto è molto caro alla magistratura più militante…”. Già, perché “ogni tipo di governo ha avuto problemi con magistrati più o meno combattivi” (ecco, più o meno), come nel 2008, quando Prodi cadde per l’inchiesta di S. Maria Capua Vetere su Mastella, che poverino voleva “riformare la giustizia”. E, appena ciò accade, “qualche pm di qualche parte d’Italia parte con un’inchiesta… perché sa di trovare il consenso della categoria”. Segue una supercazzola sul caso Palamara (che si porta su tutto, ma non ha svelato una sola indagine o una sola sentenza condizionata, ma solo bieche storie di carriere), poi la conclusione: “La ribellione di un nutrito gruppo di 5Stelle e l’appoggio evidente del Fatto quotidiano sono campane che mandano un suono distinto e che si sente bene. Chi vivrà vedrà. Di sicuro, dalle parti della magistratura militante, sta ribollendo qualcosa”.

Ora, per strano che possa sembrargli, la linea del Fatto la decide il Fatto, non i dissidenti M5S né i pm militanti (più o meno). Ed è la stessa da sempre: no a governi-ammucchiata usciti dal cilindro del Colle all’insaputa degli elettori e guidati da tecnici-salvatori della patria; fuori dalle istituzioni il partito del pregiudicato-prescritto-imputato finanziatore della mafia. Quanto alle inchieste che han messo nei guai premier o ministri, nascevano da notizie di reato. Non certo dalla prava volontà di pm militanti (più o meno) di compiacere il Fatto o colpire chi riforma la giustizia (peraltro riformata 120 volte in 27 anni). L’idea che il sottoscritto sia il capo dei pm militanti (più o meno) è affascinante. Ma purtroppo il primo premier della II Repubblica nei guai con la giustizia fu B. col famoso invito a comparire per corruzione (23.11.1994). E la notizia non fu anticipata né dal Fatto (ancora in grembo a Giove) né dal sottoscritto, ma dal Corriere, diretto indovinate da chi? Da Mieli, of course. Quindi, se Mieli teme che sia indagato qualche ministro di Draghi, cosa assai possibile visto il ritorno in maggioranza di tutto il vecchio magnamagna, non ha che da invitarli tutti a rispettare il Codice penale o a riesumare il Lodo Alfano per metterli al riparo dalla giustizia. Se invece sa qualcosa di indagini già aperte e tenta di screditarle o bloccarle preventivamente, lo dica e lasci perdere il Fatto. Questi giochetti, con noi, non attaccano.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/21/luna-di-mieli/6108459/

giovedì 12 settembre 2013

RAI: fuori i nomi!

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"Cade il primo velo sulle cosiddette “Happy Five”, le 5 società di produzione che, negli ultimi 5 anni, avrebbero lavorato con la Rai più di altre aziende del settore. 
In Commissione di Vigilanza Rai abbiamo ottenuto i primi 3 nomi in occasione dell’audizione di Eleonora Andreatta, la Direttrice di Rai Fiction, che ha fatto espressamente riferimento a tre società diventate negli ultimi “fornitori d’eccellenza” della Rai, e destinatarie di un’importante fetta del budget annuale dedicato alla produzione di fiction, che quest’anno ruota intorno a 194 milioni di euro

Si tratta della Lux Vide, fondata da Ettore Bernabei, ex Direttore Generale della Rai, e ora presieduta dalla figlia Matilde. 

È stata, poi, citata la Fremantle Media. L’amministratore delegato della società è Lorenzo Mieli, figlio di Paolo, ex direttore del Corriere della Sera. 

La terza azienda è la Publispei, fondata da Gianni Ravera e ora gestita da Verdiana Bixio. Un percorso all'insegna della trasparenza massima è fondamentale quando si interagisce con chi gestisce oltre un miliardo di euro di risorse pubbliche.

Oggi si apre il confronto serrato tra la Commissione di Vigilanza Rai, il Ministero dello Sviluppo Economico e la Rai sul Contratto di Servizio che dovrà essere rinnovato in tempi brevi. Il contratto è stipulato tra la Radiotelevisione Italiana e il Ministero dello Sviluppo Economico. Ha una durata triennale (l’ultimo contratto è scaduto nel dicembre 2012) e disciplina le attività che la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, la Rai, deve svolgere per assolvere il compito di servizio al pubblico nel territorio della Repubblica Italiana. La bozza del nuovo contratto è quasi pronta. Il viceministro Catricalà l’ha presentata al Cda Rai che dovrà esprimersi a riguardo il prossimo 18 settembre. Dopodiché arriverà alla Commissione Vigilanza, che deve pronunciarsi con un parere favorevole affinché il contratto venga concluso. 


Il Contratto di servizio è un atto fondamentale: deve delineare diritti e doveri delle due parti e offre gli strumenti necessari per garantire al cittadino il rispetto della funzione di servizio pubblico da parte della Rai. Con un’adeguata struttura normativa, il contratto diventerà un documento strategico di garanzia degli interessi dei cittadini: potremmo pretendere la massima trasparenza, come nel caso degli atti di gestione e degli stipendi. Potremmo rendere pubblica la contabilità separata dell’azienda: il cittadino deve sapere quando un programma è finanziato con il canone (quasi due miliardi di euro all’anno) e quando è invece finanziato dalla pubblicità (600 milioni di euro all’anno). Possiamo farcela. Possiamo far sentire la voce di tutti nelle Istituzionie riportarla ai vertici Rai. Facendo rete ci possiamo riuscire." 

Roberto Fico, presidente della Commissione di Vigilanza RAI.

http://www.beppegrillo.it/2013/09/rai_fuori_i_nomi.html