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venerdì 22 novembre 2019

Galan condannato in Corte dei Conti. “Dirottò soldi per salvaguardia della Laguna”. Dovrà “solo” 764mila euro grazie alla prescrizione. - Giuseppe Pietrobelli

Galan condannato in Corte dei Conti. “Dirottò soldi per salvaguardia della Laguna”. Dovrà “solo” 764mila euro grazie alla prescrizione

I fatti risalgono al biennio 2004-2005 e la maggior parte dei fondi distratti è ormai prescritto. I giudici contabili hanno discusso, alla fine, di un addebito pari a un milione 274 mila euro, per il 60 per cento contestati a Galan e per il 40 per cento all'assessore Chisso, assolto. L'ex governatore veneto dovrà quindi risarcire 'solo' 764mila euro dei circa 24 milioni di fondi finiti al Patriarcato, allora retto da Angelo Scola, e utilizzati per ristrutturare Sede patriarcale, seminario patriarcale e Basilica della Salute.

La condanna della Corte dei Conti di Venezia nei confronti dell’ex governatore del Veneto, Giancarlo Galan, non poteva avvenire in un momento più tormentato. Dopo le eccezionali acque alte si sta discutendo di Mose, ritardi nei lavori e finanziamenti per la salvaguardia di Venezia. Ed ecco che Galan, già coinvolto nello scandalo Mose del 2014, ora dovrà risarcire la Regione con 764mila euro per aver dirottato al Patriarcato fondi della Legge Speciale per Venezia che erano destinati a interventi di disinquinamento e salvaguardia della Laguna. Nell’epoca in cui regnava il Doge-Galan accadeva anche questo. Era il 2004-2005, il Patriarca era Angelo Scola: arrivato nel 2002, sarebbe andato dalla Laguna a Milano nel 2011. Non furono pochi soldi, ma parecchi milioni di euro, anche se la vicenda finita alla sezione giurisdizionale dei giudici contabili ha riguardato solo un 1,27 milioni di euro. La parte restante è stata coperta dalla prescrizione.
Assieme a Galan – che è rimasto contumace nel processo – era stato citato anche l’assessore alla Mobilità Renato Chisso (pure lui arrestato per le tangenti del Mose). Ma è stato assolto perché a proporre quei finanziamenti fu Galan e lui si limitò a votare due delibere. Su questo punto, nella sentenza, ricorrono anche i nomi degli assessori veneti di allora. Per una delibera del 2004 si trattava di Fabio Gava, Giancarlo Conta, Raffaele Grazia, Antonio Padoin, Raffaele Zanon e Floriano Pra (nel frattempo deceduto). Per una delibera del 2005 gli assessori erano Sante Bressan, Marialuisa Coppola, Ermanno Serrajotto e ancora Conta, Grazia e Zanon. Ma la Procura non ha ritenuto di portarli a giudizio, limitandosi alle posizioni di Galan e Chisso.
Secondo il collegio giudicante presieduto da Maurizio Mazza, la condotta di Galan fu “gravissima ed inescusabile”, per aver “proposto alla Giunta l’adozione di una deliberazione, in violazione di norme di legge” e per essere poi intervenuto anche presso la Presidenza del consiglio per ottenere una specie di autorizzazione. La Procura si era mossa nel 2014 quando, durante lo scandalo delle mazzette, i giornali scrissero di quel finanziamento di cui aveva beneficiato non solo il Patriarcato, ma anche la Comunità Ebraica veneziana.
Perché i soldi della Salvaguardia erano serviti a ristrutturare beni religiosi? La Regione, nel 2004, aveva revocato finanziamenti per interventi sulla Laguna pari a 26 milioni di euro. E nel 2005 la giunta aveva “deliberato di confermare la revoca di quei finanziamenti e di devolvere detta somma, per 24 milioni alla Diocesi Patriarcato di Venezia per finanziare il completamento dei lavori di restauro della Sede patriarcale, del Seminario patriarcale e della Basilica della Salute, e per 2 milioni di euro alla Comunità ebraica, per i lavori di restauro dell’edificio adibito all’assistenza degli anziani”. Ma quei soldi erano destinati ad altro, ovvero alla Laguna. Attorno ai lavori si è poi innestata una complicata vicenda, in due stralci e in tempi diversi, che è arrivata fino al 2016 e ha portato la Regione a chiedere la restituzione di alcuni milioni di euro al Patriarcato.
I giudici contabili hanno discusso, alla fine, di un addebito pari a un milione 274 mila euro, per il 60 per cento contestati a Galan e per il 40 per cento a Chisso (assolto). Si tratta della “sola parte per la quale non è ancora intervenuta la prescrizione”. Quest’ultima è stata calcolata retrocedendo nel tempo all’ultimo quinquennio rispetto alle date delle contestazioni. Si sono così salvati dalla prescrizione solo tre pagamenti risalenti al novembre-dicembre 2013. Gli altri erano precedenti. La condotta di Galan, concludono i giudici, “ha comportato la distrazione di fondi originariamente stanziati per la realizzazione di interventi di disinquinamento o di prevenzione dall’inquinamento, per la cui programmazione e finanziamento era competente la Regione Veneto, in favore di un soggetto privato per il restauro di immobili”.

giovedì 11 aprile 2019

Mose, con le tangenti di Galan appartamenti di lusso a Dubai. Sequestrati 12,3 milioni di euro.

Tangenti Mose, sequestrato il tesoro di Giancarlo Galan

Coinvolti due commercialisti che facevano da prestanome per conti in Svizzera.

ROMA. Le tangenti che arrivavano dal Mose finivano su conti svizzeri. Un sequestro di 12,3 milioni di euro è stato eseguito dalla Polizia economico finanziaria di Venezia, su ordine del Gip di Venezia, nell'ambito di un'indagine per riciclaggio internazionale ed esercizio abusivo dell'attività finanziaria, riguardante il reinvestimento all'estero delle tangenti incassate dall'ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan.

Le indagini hanno consentito di accertare che tra il 2008 ed il 2015 due commercialisti padovani avevano garantito, tramite il loro studio professionale, l'intestazione fiduciaria di quote di una società veneziana, che dalle indagini sul Mose era risultata essere di fatto riconducibile all'ex ministro ed ex governatore del Veneto Giancarlo Galan. I professionisti avevano messo inoltre a disposizione conti correnti in territorio svizzero, intestati a società di Panama e delle Bahamas e gestiti da due fiduciari, le cui somme sono state  trasferite su un conto corrente presso una banca di Zagabria, intestato alla moglie di un terzo professionista del medesimo studio padovano.

Le ulteriori investigazioni e l'esecuzione di una rogatoria in Svizzera hanno permesso di accertare che il ricorso all'interposizione di società in paesi off-shore era stato utilizzato dai professionisti esteri su larga scala per consentire a numerosi imprenditori veneti di riciclare ingenti somme proventi dell'evasione fiscale realizzata nel tempo. Nel corso della perquisizione presso gli uffici di una società fiduciaria elvetica, è stata infatti sequestrata una lista contenente i nomi di numerose società italiane che avevano affidato la gestione dei capitali derivanti dal "nero" ai professionisti svizzeri, i quali, pur non avendo i requisiti per l'esercizio dell'attività finanziaria in Italia, li avevano raccolti  su conti esteri intestati a società olandesi, svizzere, rumene, di Panama, Curacao e delle Bahamas, una delle quali aperta tramite lo studio Mossak & Fonseca, emerso nell'ambito dei c.d. "Panama Papers".

In un secondo tempo le somme sono rientrate nella disponibilità degli imprenditori italiani che le hanno utilizzate per comprare  appartamenti di lusso a Dubai e in fabbricati industriali in Veneto. I sequestri sono in corso di esecuzione riguardano disponibilità finanziarie detenute presso banche venete, 2 imprese e quote di società e 14 immobili in Veneto e Sardegna.


https://www.repubblica.it/cronaca/2019/04/11/news/galan_riciclaggio-223778428/

mercoledì 17 agosto 2016

La rete di potere intorno ad Angelino Alfano Tra moglie e avvocati, giro d'affari da capogiro. - Emiliano Fittipaldi

La rete di potere intorno ad Angelino Alfano 
Tra moglie e avvocati, giro d'affari da capogiro
Tiziana Miceli e Angelino Alfano
Incarichi pubblici, posti di potere nelle banche, cattedre univerisitarie e le immancabili consulenze. Da Andrea Gemma ai fratelli Clarizia, passando per la consorte del ministro dell'Interno, ecco i nomi e cognomi degli angeli di Angelino.

Frank Cavallo, il "facilitatore" di Maurizio Lupi arrestato un mese fa per corruzione, conosce Andrea Gemma solo di fama. Sa che è un avvocato romano, che insegna all’università, che è vicinissimo ad Angelino Alfano.
Ma sa pure che è l’uomo giusto per risolvere certi problemi.

Così, quando un suo amico imprenditore si vede recapitare un’interdittiva antimafia dalla prefettura di Udine e gli confida che ha scelto Gemma per difendersi, Cavallo telefona al giovane avvocato per sollecitarlo: «Professore, volevo dirti che hai nelle mani le palle di Claudio De Eccher», ironizza lo scorso luglio Frank col legale, senza sapere di essere intercettato dai pm di Firenze. «Frank! Io ti ringrazio della tua raccomandazione affettuosa, del tuo, come dire, consiglio...», risponde Andrea. «Perché noi non ci conosciamo tanto bene, ma ho sempre trovato in te un atteggiamento di grande benevolenza, simpatia, disponibilità nei miei confronti».

La fiducia di Frank è ben riposta: in 35 giorni Gemma risolve il casino, e ottiene dal Tar del Friuli una sentenza che sospende l’interdittiva antimafia e critica pesantemente la decisione del prefetto. Un trionfo per lui e per De Eccher, a cui però viene un mezzo infarto tre mesi dopo, quando riceve la parcella del suo nuovo legale: 650 mila euro. «Frank! E che madonna! Sto’ Gemma è un delinquente! Una roba allucinante Frank! Cioè, io in 40 anni non ho mai visto una roba del genere! Persona pessima eh... pessima!».

GEMELLI DIVERSI
L’imprenditore forse non conosce il mercato: i servigi dei “Mr Wolf”, soprattutto di quelli bravi, costano caro. E Andrea Gemma non è certo un avvocato qualsiasi, ma la punta di diamante di una rete di potere gigantesca, una lobby compatta e sconosciuta che ha nel ministro Angelino Alfano uno dei suoi cardini principali, e nei professionisti Renato e Angelo Clarizia due incursori fenomenali.

Un gruppo i cui interessi spaziano da incarichi pubblici da centinaia di migliaia di euro a cattedre di importanti università, dal business delle curatele fallimentari alle poltrone di cda di partecipate come Eni. In un intreccio di rapporti professionali e amicali, di scambi e di favori, che coinvolgono non solo banchieri e avvocati, ma anche il ministro dell’Interno e sua moglie Tiziana Miceli.

Andiamo con ordine, partendo dall’inizio. Spulciando vecchie carte dell’università di Palermo, si disegna il profilo di un’amicizia antica. «Andrea Gemma sta ad Alfano come Marco Carrai sta a Matteo Renzi», raccontano dalla Sicilia. In realtà, se la coppia di Firenze s’è conosciuta ai tempi dei boyscout, l’avvocato e il ministro dell’Interno si sono incontrati dopo la laurea in giurisprudenza, che il primo ha preso alla Luiss di Roma e il secondo alla Cattolica di Milano.
Salvatore Mazzamuto
Salvatore Mazzamuto
Entrambi figli d’arte (Angelino è il rampollo di un notabile della Dc di Agrigento, Gemma di Sergio, avvocato con studio avviatissimo nella Capitale), le loro strade si incrociano grazie a Salvatore “Savino” Mazzamuto e alla professoressa Rosalba Alessi, due mammasantissima di diritto privato a Palermo.

         Risultati immagini per andrea gemma avvocato
         Andrea Gemma
È falso, come hanno scritto alcuni giornali, che Gemma avesse conosciuto Alfano perché suo tutor ai tempi dell’università. Ma è certo che nel 1998 - nonostante i tanti impegni politici (al tempo Angelino era presidente del gruppo di Forza Italia all’Assemblea regionale siciliana) - il futuro segretario di Ncd riesce a trovare il tempo per vincere un dottorato in “Diritto d’impresa”, tenuto proprio dalla Alessi.

I due ragazzi di belle speranze si conoscono allora (Gemma e Mazzamuto scriveranno due libri insieme) e si piacciono subito. Moderati ma ambiziosi, scrivono qualche articolo su “Europa e diritto privato” (rivista diretta da Mazzamuto, la Alessi è nel comitato scientifico) e promettono di non lasciarsi più. Finora nessuno dei due ha tradito il giuramento.

DI PADRE IN FIGLIO
Se Angelino scala rapidamente posizioni in Forza Italia e diventa prima ministro poi delfino «senza quid» di Berlusconi, Andrea alla politica preferisce gli affari e la carriera accademica. Leggenda vuole che Gemma sia un ragazzo prodigio che s’è fatto da solo. In realtà il talento è ereditato dal padre Sergio, un professionista assai affermato negli ambienti che contano della Città eterna, liquidatore di decine di aziende, ex consigliere di amministrazione della Banca del Mezzogiorno e della Unicredit Medio Credito, sindaco e presidente di collegi sindacali di aziende pubbliche come Equitalia Giustizia, Trenitalia, Fs Logistica e Sogin.

Un curriculum sterminato, a cui nell’ottobre 2011 aggiunge anche l’incarico di commissario straordinario della Banca commerciale di San Marino. Sul Monte Titano Gemma senior viene chiamato da due vecchi amici, il professore Renato Clarizia, ordinario di diritto privato all’Università Roma Tre e presidente della Banca centrale della piccola Repubblica, e da Mario Giannini, braccio destro di Clarizia e fratello di Giancarlo, l’ex potente presidente dell’Isvap.

Quella a San Marino per Gemma sarà un’esperienza sfortunata: si dimetterà infatti dopo nemmeno due mesi di lavoro; ufficialmente per «motivi personali», in realtà perché travolto da uno scandalo finanziario di cui - ancora oggi - non sono chiari i contorni. È un fatto che Gemma nel dicembre 2011, nonostante sulla banca gravasse un regime di blocco dei pagamenti, autorizzò un bonifico da oltre un milione di euro verso la Finanziaria Infrastrutture, gestita dall’ex segretaria di Giancarlo Galan Claudia Minutillo. Le polemiche investirono in pieno anche Clarizia, ma il prof è ancora saldo al suo posto.

Renato Clarizia
Renato Clarizia
Di poltrone, in realtà, Clarizia ne ha due. Quella in banca e quella dietro la cattedra all’ateneo Roma Tre, università in cui Gemma junior è diventato ricercatore nel 2003. Clarizia, inoltre, è anche il segretario della commissione d’esame che l’8 novembre 2013 gli ha assegnato una nuova, prestigiosa cattedra da associato in diritto privato a Roma Tre.

“L’Espresso” ha letto il verbale della procedura, scoprendo che al bando dell’ateneo ha fatto domanda un solo candidato. A chi piace vincere facile? Ma a Gemma, naturalmente, che da un anno e mezzo somma la nuova docenza e quella ottenuta nel 2006 all’Università di Palermo.

TRA MOGLIE E MARITO
Andrea conosce assai bene non solo il suo mentore Renato Clarizia, ma anche il fratello Angelo, altro avvocato di fama con origini salernitane. Da anni i due professionisti lavorano a braccetto, e da poco hanno anche vinto (con un raggruppamento temporaneo d’impresa) l’importantissima gara per i servizi legali dell’Expo da 630 mila euro.

Un colpaccio, solo l’ultimo di una lunga serie: leggendo un’ordinanza del Tar Lazio della fine 2011, infatti, risulta che Angelo Clarizia ha ottenuto consulenze legali pure per la Valtur, di cui Gemma era diventato commissario straordinario qualche settimana prima. E quando Andrea, lo scorso 3 febbraio, non è potuto andare a difendere il partito di Alfano (da una recente sentenza del Consiglio di Stato risulta che Gemma difende anche l’Ncd), ha mandato proprio il socio d’affari Angelo a rappresentare gli interessi del Nuovo centro destra. Ma non è tutto.
Angelo Clarizia
Angelo Clarizia
Spulciando una deliberazione del comune di Lacco Ameno, a Ischia, si scopre che con lo studio di Angelo Clarizia ha lavorato anche la moglie di Alfano, l’avvocato Tiziana Miceli: i due fino al 2014 hanno infatti curato gli interessi di una società (la Serit) di cui Gemma è commissario straordinario.

«L’avvocato Miceli tiene a precisare che l’unica consulenza da lei svolta a favore di una pubblica amministrazione, ad oggi, è quella ricevuta dall’assessore alla Sanità della Regione Sicilia nel 2003-2004», si legge in una richiesta di risarcimento danni mandata a “l’Espresso” tre anni fa. In realtà - come dimostrano alcune carte del Tar Sicilia - la moglie di Angelino ha difeso altri enti pubblici, come il comune di Casteltermini, un’azienda ospedaliera di Palermo, l’Istituto autonomo Case popolari di Palermo (guidato fino al 2001 dal forzista Diego Cammarata) e la provincia di Agrigento, incarico assegnatole nel 2006 quando il presidente era Vincenzo Fontana, attualmente deputato regionale in Sicilia dell’Ncd.

Oggi la Miceli è titolare di uno studio romano poco conosciuto (la “RM Associati”, con sede a Piazza Navona), che non ha un sito internet e non ama farsi pubblicità sul web. Nella RM, oltre a Tiziana, c’è un altro avvocato di Angelino, Fabio Roscioli. Dopo gli incarichi in Sicilia sembra che le cose stiano andando bene anche nella capitale: non solo nel 2010 Tiziana ha guadagnato 229 mila euro (la moglie del ministro dell’Interno ha dato il consenso per pubblicare la dichiarazione dei redditi solo quell’anno), “l’Espresso” ha scoperto che la Miceli tra fine 2014 e inizio 2015 s’è aggiudicata dalla Consap (la concessionaria dei servizi assicurativi pubblici controllata dal ministero dell’Economia) ben cinque consulenze nuove di zecca.

Gli importi, si legge nelle determine firmate dall’amministratore delegato Mauro Masi (ex dg della Rai in quota berlusconiana) «saranno quantificati all’esito delle attività». Speriamo, per le casse pubbliche, non siano troppo alti.

IL VILLAGGIO DEL CONSIGLIERE
Intanto Andrea, una volta guadagnata la cattedra e puntellata l’alleanza con i Clarizia, comincia a darsi da fare anche con il suo studio legale. Come il padre ha buone entrature nel settore pubblico: così, giovanissimo, nel 2008, il capo dell’Isvap Giancarlo Giannini (poi indagato per corruzione nell’affaire Ligresti) lo nomina commissario liquidatore di Alpi Assicurazioni, incarico a cui ne seguiranno una mezza dozzina. Alfano, diventato Guardasigilli, lo chiama pure al ministero della Giustizia a fare «il soggetto attuatore giuridico del Piano Carceri», ovviamente a cachet.

Ma il legale con la faccia d’angelo deve alla politica anche un’altra poltrona di peso: il 18 ottobre 2011 il ministro del Pdl Paolo Romani decide di promuoverlo come commissario straordinario della Valtur, azienda stritolata dalla crisi e dalle vicende giudiziarie della famiglia Patti. La nomina sembra quantomeno inopportuna: il papà di Gemma, Sergio, era stato infatti presidente del collegio sindacale del colosso dei Patti tra il 1999 e il 2002. Per la cronaca Alfano - diventato segretario del Pdl qualche settimana prima della nomina dell’amico - ad agosto 2011 aveva trascorso le vacanze proprio in un villaggio Valtur della Grecia, godendo di uno sconto di 3.500 euro. Grazie, sostenne qualcuno, all’amicizia con i Patti. «Alfano non ha intrattenuto nessun rapporto con Carmelo Patti sebbene lo abbia conosciuto», spiegò furioso il suo avvocato Roscioli, oggi socio della moglie. «In occasione di alcuni soggiorni ha semplicemente conseguito sconti previsti da catalogo o normalmente praticati a personaggi pubblici».

Gemma e Angelino sono tipi che vanno dritti per la loro strada. Così nel 2013 Andrea per volontà dell’ex prefetto di Palermo Giuseppe Caruso (nominato nel 2010 dal governo Berlusconi e poi diventato direttore dell’Agenzia dei beni confiscati alla mafia) diventa pure commissario dell’Immobiliare Strasburgo, un colosso che gestisce le proprietà (valgono centinaia di milioni) confiscate ai boss della famiglia Piazza. Passano pochi mesi, e Alfano mette il fedelissimo nella lista dei consiglieri della più importante azienda pubblica del paese, l’Eni, con un compenso da 80 mila euro lordi l’anno più bonus (che per il 2014 si avvicinano ai 50 mila euro).

Angelino è uno che non si dimentica mai degli amici che stima. Così il professor Mazzamuto, antiche (e scolorite) simpatie di sinistra, trasferitosi anche lui all’Università Roma Tre, nel 2008 diventa consigliere personale del ministro della Giustizia. Arrivato Mario Monti a Palazzo Chigi, Angelino riesce a sponsorizzarlo addirittura come sottosegretario alla Giustizia (alcuni ricordano ancora quando si prese i fischi della Camera per essere intervenuto parlando con le mani in tasca), mentre nel 2013 - quando Alfano è vicepremier del governo Letta - lo convoca come suo «consigliere giuridico» con un bonus (recitano i documenti ufficiali) da 50 mila euro l’anno. Oggi Mazzamuto è passato all’Interno, dove ha ottenuto l’ennesimo incarico come «consigliere per le politiche della formazione». Stavolta, pare, a titolo gratuito.

L’ISOLA DEI COMPENSI
Anche la Alessi (che Stefania Giannini ha incontrato qualche giorno fa per discutere del pasticcio dell’abilitazione nazionale di diritto privato, «mi ha dato solo un suo parere», spiega il titolare dell’Istruzione) grazie a qualche succoso incarico pubblico è riuscita ad arrotondare il suo stipendio accademico: nel lontano 1999 la professoressa fu nominata dall’allora assessore all’Industria della Regione Sicilia Giuseppe Castiglione (al tempo vicino all’Udeur, oggi braccio destro di Alfano in Sicilia e sottosegretario dell’Ncd sotto inchiesta) come commissario liquidatore di vecchi carrozzoni improduttivi, tra cui l’Ente minerario siciliano e l’Ente siciliano per la promozione industriale.

Sono passati 15 anni, ma le società e Alessi sono ancora lì: facendo i conti della serva (sappiamo che nel 2006 prendeva 44 mila euro per ogni ente, scesi nel 2012 a 33 mila), la prof di Angelino ha incassato circa un milione in tre lustri. Non male davvero, per due società morte che nessuno sembra voler seppellire. 

sabato 24 ottobre 2015

Galan lascia villa Rodella e si porta via termosifoni e sanitari.

Galan lascia villa Rodella e si porta via termosifoni e sanitari
Villa Rodella a Cinto Euganeo

L'ex presidente del Veneto, accusato di corruzione nell'inchiesta Mose, ha patteggiato la pena e una confisca da 2,6 milioni. Per questo ha dovuto abbandonare la dimora cinquecentesca sui colli Euganei. Ora si dice disposto a restituire quello che ha portato via indebitamente.

Un colpo di testa, ipotizzano gli inquirenti. Quello dell'ex governatore del Veneto, Giancarlo Galan, che ha fatto scardinare di proposito rubinetti, sanitari e termosifoni dalla lussuosa villa di Cinto Euganeo che gli è stata confiscata. Uno sfregio prima di abbandonarla. "Non li uso io e non li userà più nessuno", deve aver pensato degli almeno otto bagni che ci sono dentro la sua ormai ex casa. Costretto a lasciare questa dimora cinquecentesca, proprietà dello Stato dal 3 luglio, per trasferirsi in affitto in una casa a Rovolon, sempre sui colli Euganei, Galan ha pensato bene di portarsi via anche alcuni caminetti e termosifoni. Ora il deputato di Forza Italia e due volte ministro - accusato di corruzione nell'inchiesta Mose, per cui ha patteggiato una pena di due anni e dieci mesi e una confisca da 2,6 milioni - ha fatto sapere alla procura di Venezia che si è trattato di un malinteso e che è pronto a restituire quanto ha prelevato indebitamente da Villa Rodella.

Galan ha traslocato qualche giorno fa e quando i finanzieri e i funzionari dell'Agenzia del Demanio sono entrati a Villa Rodella, l'hanno trovata spoglia degli arredi, come previsto dalla legge, ma anche di alcuni caloriferi, di quasi tutti i sanitari (di tutti i bagni della casa), delle docce, di tutta la rubinetteria e delle parti esterne di decoro dei caminetti. Che non avrebbe dovuto toccare. "Interpretazioni fantasiose - dice l'avvocato di Galan, il famoso penalista veneziano Antonio Franchini -. Forse c’è stato un equivoco sulla definizione di arredi". Invece di fantasioso non c'è proprio nulla. È tutto documentato. "Anche ammesso che Galan non lo sappia, difficile che il suo avvocato non conosca la definizione di arredo - dicono gli inquirenti -. Più probabile che Galan abbia fatto di testa sua, senza avvisarlo, ma ben sapendo cosa stava facendo". Anche perché, come testimoniano le fotografie scattate dai finanzieri, tutti questi oggetti sono stati asportati con una precisa volontà. Martello, scalpello e, quasi sicuramente, una ditta per il trasporto. Il Demanio deve valutare la villa: un complesso di diverse unità immobiliari che, senza sanitari, docce e rubinetti, non è considerata un immobile abitabile, ma al grezzo avanzato. Ecco che la valutazione non si può fare. Questo è emerso dalle indagini coordinate dal Sostituto procuratore di Venezia, Stefano Ancilotto.


Solo malintesi per la difesa, ma non è detto che la vicenda si concluda qui: essendo una villa cinquecentesca, infatti, le Fiamme gialle stanno valutando se per i lavori eseguiti da Galan non fosse necessaria un'autorizzazione da parte della Soprintendenza. In quel caso partirebbe immediata la denuncia, che potrebbe avere delle ripercussioni sull’udienza in cui l'ex governatore chiederà l'affidamento in prova ai servizi sociali, il prossimo 4 novembre davanti al Tribunale di Sorveglianza di Padova. Galan si è detto pronto ad aiutare i migranti per il fine pena della sua condanna che sta scontando ai domiciliari e deve dimostrare che c'è una cooperativa sociale disposta ad accoglierlo per farlo lavorare, ma anche questo episodio potrebbe non giocare a suo favore. Deve restituire e risarcire tutto e non è cosa da potersi risolvere in pochi giorni, vista la mole di oggetti che si è portato via come fossero tavoli.

http://www.repubblica.it/politica/2015/10/23/news/galan_villa_rodella_porta_via_termosifoni_e_sanitari-125742426/

Io lo condannerei a rimettere tutto a posto a spese sue.
Questa gentaglia non imparerà mai che stare al governo significa assumersi la responsabilità di amministrare bene una nazione, non diventarne proprietari...

giovedì 19 marzo 2015

La #corruzione paga.

villa_galan.jpg

Di cosa parliamo, di cosa parlano tutti in questi giorni? 
Di un Rolex regalato al figlio di Lupi e di un biglietto aereo di circa 400 euro per sua moglie? Roba forte, che cattura l'immaginazione. 
Ma del 40% di maggiorazione su un giro di appalti di 25 miliardi gestiti dal ministero delle infrastrutture nessuno parla. 
Fanno circa 10 miliardi di tasse dei cittadini a cui vengono chiesti sacrifici, girate ai ladri di Stato e ai loro complici. 
A chi sono finiti questi 10 miliardi? 
Questa è la vera domanda da farsi. 
Il Rolex è un'informazione di distrazione di massa. 
Quanto fatturano i partiti attraverso le Grandi Opere? 
Qual è la tariffa base per la Tav o per il Mose per un partito di governo? 
E' evidente che Incalza, dopo vent'anni di permanenza nel ministero delle Infrastrutture (salvo un breve periodo quando fu cacciato da Di Pietro, allora ministro) può ricattare chiunque, mettere nella merda qualunque partito. Il silenzio è la sua migliore assicurazione. 
Sono più interessanti i 10 miliardi di euro fottuti agli italiani o un Rolex? 

Dalla vicenda che fa capo a Incalza emerge una struttura delinquenziale collaudata, che funziona dal livello comunale a quello regionale a quello nazionale. 
Il malloppo sono i soldi dei cittadini. 
I ladri a norma di legge sono i partiti, anzi il partito della Nazione, la fusione del Pd con FI. 
Gli aiutanti, quelli che aiutano a portare fuori i soldi, sono imprenditori corrotti, in particolare cooperative bianche e rosse e criminalità assortita. 
I pali sono i giornalisti.
Che si tratti di Mafiacapitale, dell'Expo o di una qualunque Grande Opera, il modello è quello del ladrocinio spartitorio in cui ci si copre il culo uno con l'altro con leggi ad hoc. 
Si è passati da Tangentopoli a Partitopoli. 
Apriamo le galere per questa gente. 
Non è tempo di Rolex, ma di restituzione del maltolto. 

A proposito, Galan dove si trova ora? Nella sua sontuosa villa.L'ex ministro ed ex governatore del Veneto è accusato di corruzione nell'ambito dell'inchiesta Mose, ma l'80% dei suoi reati è prescritto
A ottobre scorso i 5 Stelle hanno chiesto la sua rimozione dalla guida dell'organo parlamentare. 
La Boldrini disse: "Non è mia competenza". Brunetta aggiunse: "Sarebbero pressioni indebite". Galan resta quindi presidente della Commissione cultura anche se agli arresti domiciliari.
Oggi, 19 marzo, festa del papà, da Andrea Cioffi, capogruppo al Senato del M5S:
"La farsa è servita. 

Il governo annuncia un passo avanti e ne fa due indietro. 
Sul Ddl anticorruzione in Senato, i tempi si allungheranno a causa di un emendamento. Perché Nitto Palma prima ha ammesso l'emendamento del governo, e due giorni dopo dice che è inammissibile, e riferisce che purtroppo ci saranno lunghe discussioni in Aula su questo punto? 
E perché il governo scrive un emendamento inammissibile? 
Incompetenza o dolo politico? 
Si sono sbagliati sia Palma che il governo, o si sono messi d'accordo per far slittare ancora la legge anticorruzione, magari a dopo le prossime elezioni?"

http://www.beppegrillo.it/2015/03/la_corruzione_paga.html

giovedì 5 giugno 2014

A Galan un milione all'anno e villa sui colli Euganei ristrutturata Baita si lamentava: «È esoso» - Beatrice Mani


Giancarlo Galan e la villa ristrutturata sui colli Euganei

Appuntamenti negli hotel per consegnare i contanti, ma non solo: quote societarie e altri "regalini". L'ex presidente del Veneto "pagato" anche quando non era più in carica.

VENEZIA - È Claudia Minutillo, l'ex fidatissima segretaria, a raccontare come funzionava il sistema corruttivo nel quale sarebbe coinvolto anche l'allora presidente del Veneto (lo è stato per ben 15 anni) e attualmente parlamentare di Forza Italia Giancarlo Galan. È proprio lei - come si legge nell'ordinanza - a confermarela "piena partecipazione" del politico (e anche dell'assessore alle Infrastrutture Renato Chisso): somme ingenti versate più volte durante l'anno, racconta, delle quali aveva saputo direttamente da Piergiorgio Baita che si era sfogato con lei: «È esoso».

Quel denaro serviva "per agevolare il Gruppo Mantovani nella presentazione e nell'iter burocratico relativi ai project financing che le società del gruppo Serenissima Holding presentavano in Regione". "Quando Galan era presidente - ricorda la Minutillo - il controllo delle commissioni e degli assessorati era praticamente totale".

STIPENDIO ANNUALE DA CAPOGIRO PER GALAN E CHISSO
Sempre nell'ordinanza si legge di una sorta di "stipendio" annuo, dato a Giancarlo Galan, di circa un milione di euro. Cifre da capogiro: 900mila euro tra il 2007 e il 2008 "per il rilascio nell'adunanza della Commissione di Salvaguardia del 20 Gennaio 2004, del parere favorevole e vincolante sul progetto definitivo del "Sistema MOSE"". Ma non bastano: tra il 2006 e il 2007 ancora 900mila euro erano state versate "per il rilascio dell'adunanza del novembre 2002 e del gennaio 2005 del parere favorevole della COmmissione VIA della Regione Veneto si progetti delle scogliere esterne alle bocche di porto di Malamocco e Chioggia".

Renato Chisso riceve di meno, ma gli viene garantito uno stipendio annuale oscillante tra i 200mila e i 250mila euro, dalla fine degli anni '90 - si legge ancora nell'ordinanza - fino ai primi del 2013. Non solo, secondo le contestazioni fatte dal gip di Venezia Alberto Scaramuzza, lo "stipendio" è stato consegnato "anche all'interno degli uffici della Regione Veneto". Secondo l'ordinanza, il presidente del Consorzio Nuova Venezia Giavanni Mazzacurati avrebbe corrisposto "personalmente e nell'ultimo periodo per il tramite di Sutto, anche all'interno degli uffici della Regione Veneto, uno stipendio annuale oscillante tra i 200mila e i 250mila euro". 

GALAN E LE MAZZETTE NELL'HOTEL
Soldi in contanti, ricevuti e intascati, ecco nel dettaglio quanto gli inquirenti contestano all'ex presidente del Veneto Giancarlo Galan: avrebbe ricevuto 200mila euro nel 2005 all'Hotel Santa Chiara di Venezia da Piergiorgio Baita attraverso la Minutillo (per finanziare la campagna elettorale). E ancora, 50mila euro nel 2005 versati in un c/c presso S.M International Bank Spa di San Marino (più cospicui finanziamenti per le campagne elettorali consegnati sempre da Baita alla Minutillo).

MAZZETTE ANCHE PER CHISSO
A Renato Chisso è contestata la ricezione di 250mila euro tra fine 2011 e inizio primavera 2012 all'Hotel Laguna Palace di Mestre, più centinaia di migliaia di euro consegnate annualmente da Sutto, Minutillo; Baita e Buson anche attraverso il segretario di Chisso, Enzo Casarin.

DENARO LIQUIDO MA NON SOLO
Baita corrompeva e lo sapeva fare in molti modi, come "intestare quote di società che avrebbero guadagnato ingenti somme dalla realizzazione dei project financing a prestanome dei politici di riferimento", gli amici, insomma. Ed ecco che alcune "quote di Adria Infrastruttire sono state intestate alla stessa Minutillio - racconta lei stessa - e alla P.V.P Sri, del Venuti che erano riconducibili rispettivamente a Chisso e Galan".

ANCHE BAITA CONFESSA: GALAN COINVOLTO
Interrogato, anche Piergiorgio Baita ha confermato il pieno coinvolgimento dell'ex presidente nel meccanismo fornendo dettagli sconvolgenti: i versamenti a Galan sono continuati anche quando il politico ha cessato di essere il presidente del Veneto: era lui, comunque, il politico di riferimento.




LA RISTRUTTURAZIONE DELLA VILLA DI GALAN
Fra le contestazioni a Galan ce n'è una particolare: quella di aver ottenuto il pagamento della ristrutturazione della propria villa di Cinto Euganeo, nel Padovano. Nel 2007/2008 venne ristrutturato il corpo principale e nel 2011 la barchessa dal Tecnostudio Srl a portarli a termine "che sovrafatturava alla Mantovani alcune prestazioni effettuate presso la sede Mantovani e presso il Mercato Ortofrutticolo di Mestre". Insomma, la casa diventava una reggia e Galan non sborsava un soldo: con le fatture false l'unica a pagare era la Mantovani. E non si parla di briciole: per la ristrutturazione la Mantovani ha sborsato 1.100.000 euro.