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martedì 17 novembre 2020

Covid: 232 ispezioni del Nas nelle Rsa, irregolarità in 37.

 

Deferite all'autorità giudiziaria 11 persone.

Nell'ultima settimana, d'intesa con il Ministero della Salute, i carabinieri del Nas hanno realizzato 232 ispezioni presso strutture sanitarie e socio-assistenziali, quali Residenze Sanitarie Assistite e di lungodegenza, case di riposo, comunità alloggio, con la finalità di accertare la regolare attuazione delle misure di contenimento e prevenzione alla diffusione epidemica e individuare eventuali situazioni di insufficiente erogazione di servizi assistenziali e di mancato possesso dei titoli abilitativi professionali da parte degli operatori, propedeutici a episodi di omessa custodia e maltrattamento. In 37 strutture sono state riscontrate irregolarità, contestando, complessivamente, 59 violazioni, di cui 9 penali e 43 amministrative; sono state deferite all'autorità giudiziaria 11 persone e segnalate ulteriori 42. 


Finalmente ispezionano i lager per anziani.
Lo sapevano tutti, ma non si faceva nulla, bastava che qualcuno elargisse qualche "mancetta" e le irregolarità scomparivano come per magia.
Questo governo, che finalmente fa il suo lavoro, dà fastidio a molti, ed è per questo che i vecchi volponi, che sulle mancette ci hanno marciato a lungo, vogliono farlo cadere.
cetta.

martedì 5 marzo 2019

Arrestata Ida Marandola, direttore del Consiglio ricerca in Agricoltura. Sequestri per 8 milioni.

Ida Marandola

Le misure cautelari riguardano anche altre quattro persone. Le accuse sono di peculato, abuso d'ufficio e falso.


Ida Marandola, direttore generale del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea), è stata arrestata dalla Guardia di Finanza nell'ambito di un'indagine della procura di Roma che ha portato alla luce "gravi irregolarità" nella gestione dell'ente.
Le misure cautelari riguardano anche altre 4 persone, accusate a vario titolo di peculato, abuso d'ufficio e falso. Il Gip ha anche disposto il sequestro di beni per 8 milioni.
Le irregolarità nella gestione del Crea - che stando al sito istituzionale è "il principale ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari, vigilato dal Ministero delle politiche agricole" - riguardano, secondo quanto sostiene la Gdf, innanzitutto la scelta della nuova sede.
Il Dg avrebbe indicato un numero di dipendenti superiore a quello reale e così facendo avrebbe avuto la possibilità di selezionare l'immobile sul mercato e non di ricorrere a quelli demaniali a disposizione ma non in grado di soddisfare le richieste. Le irregolarità avrebbero interessato anche il procedimento amministrativo che è scaturito dalla scelta della nuova sede: nell'affidare i servizi di trasloco e facchinaggio, i contratti sono stati "artificiosamente frazionati" in modo da non superare la soglia oltre la quale è necessario ricorrere a gare pubbliche, in modo da poter scegliere le ditte che avrebbero poi effettuato i servizi.
Agli indagati viene inoltre contestato di non aver ridotto, come previsto dalla legge sulla spending review, del 15% il canone d'affitto di 2 immobili, che avrebbe consentito un risparmio per lo Stato di 700mila euro. Ed infine, dicono ancora inquirenti ed investigatori, sono stati commessi abusi sia nella procedura di stabilizzazione di alcuni precari del Consiglio sia nel pagamento di prestazioni professionali a due collaboratori che, in realtà, non hanno svolto alcuna attività lavorativa.
Oltre a Marandola, nei cui confronti sono stati disposti i domiciliari, la misura cautelare è scattata anche per un altro funzionario che si trova attualmente all'estero mentre per il dirigente dell'ufficio bilancio, il dirigente e un dipendente dell'ufficio gare e appalti è scattato l'obbligo di presentazione all'autorità giudiziaria.

giovedì 29 novembre 2018

La Verità: “Lavoro nero e babbo Renzi, tutte le sentenze” - Giacomo Amadori e Simone Di Meo



Attaccando il genitore di Di Maio, il padre dell’ex premier si è tirato la zappa sui piedi. Il suo passato è pieno di brutte storie di dipendenti irregolari. E anche sugli abusi edilizi non ha affatto le carte in regola. 

Davanti alle accuse contro il papà di Di Maio, Tiziano Renzi ha colto la palla al balzo: «Mai avuti dipendenti in nero, né capannoni abusivi», ha tuonato orgoglioso, Peccato che, come dimostrano sentenze e verbali, abbia avuto entrambi anche lui.
Per riabilitare sé stesso, Tiziano si è scagliato contro Di Maio senior: «Non ho dipendenti in nero, né capannoni abusivi» Peccato che ci siano sentenze contro di lui per lavoratori irregolari e un verbale dei vigili urbani su fabbricati senza licenza
Se Tiziano Renzi non esistesse bisognerebbe inventarlo. L’altro ieri pomeriggio, saltando sull’onda montante contro Antonio Di Maio, dimentico di essere plurindagato per reati gravi, ci ha tenuto a prendere le distanze dal genitore del vicepremier: «Non ho capannoni abusivi, non ho dipendenti in nero, non dichiaro 88 euro di tasse». Tre frasi che valgono probabilmente per il presente, ma non per il passato. Infatti, per quanto riguarda i lavoratori in nero, abbiamo già scritto che diverse sentenze hanno condannato Renzi senior a risarcire strilloni e volantinatori per l’irregolarità dell’inquadramento. Quanto ai guadagni, quando il figlio non era premier, nel 2013, Renzi senior dichiarò all’erario 4.952 euro, non molto di più del padre di Luigi Di Maio. Ma negli anni successivi, con il figlio Matteo a Palazzo Chigi, il reddito è salito sopra i 100.000 euro.

COLATA DI CEMENTO.

Infine non si capisce perché Tiziano Renzi abbia voluto infilarsi, non richiesto, nella questione dei capannoni. Nel febbraio 2002 i vigili di Rignano sull’Arno entrano nel piazzale della sua Chil Srl per un accertamento e trovarono diverse opere per cui non erano state rilasciate concessioni edilizie né autorizzazioni: un capannone con struttura in ferro e tamponatura con pannelli in plastica e lamiera, una tensostruttura di 24 metri per 10, un’altra di 22 per 10,5, un piccolo locale in cemento armato e un muro di notevoli dimensioni dello stesso materiale, Il piazzale era stato coperto da una colata di cemento. La polizia locale osservò che anche se quasi tutte le strutture erano ancorate al suolo tramite bulloni, e quindi apparentemente precarie, in realtà non sembravano destinate «a risolvere esigenze contingenti e temporanee» e venivano utilizzate per ricoverare mezzi e macchinari. Insomma erano vere e proprie strutture abusive.
C’è poi la questione dei lavoratori con contratti irregolari. L’avvocato genovese Simona Nicatore, che ha difeso una coppia di nigeriani ingaggiati dalla Arturo Srl, di cui è stato amministratore proprio il papà dell’ex premier, non usa giri di parole: «È stata riconosciuta l’illegittimità del licenziamento verbale dei miei clienti e la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato che non era regolarizzato». Facciamo la fatidica domanda: si può parlare di lavoro nero? «Sì», è la risposta.

I NIGERIANI.

I due sfortunati ex distributori di giornali si chiamano Evans Osahon Omoigui e Mercy Omorodion. All’epoca distribuivano agli abbonati, con la loro auto, le copie del Secolo XIX di Genova. I turni erano terribili. «Il mio fidanzato lavorava tutti i giorni della settimana, sette ore al giorno. Se i giornali arrivavano in ritardo, lavorava fino alle 8-8.30», racconta la donna al giudice del lavoro che si occupa del caso. «Non c’erano controlli», prosegue la nigeriana. «Qualche volta è successo che il cliente non ha trovato il giornale dietro alla porta, in questi casi ci decurtavano una parte dello stipendio». Per quell’attività la paga era di 28 euro lordi al giorno da cui detrarre eventuali penalità. Come succedeva quando, a causa della rottura della macchina, la copertura della linea saltava. Dalla Arturo Srl tolsero a Evans «300 euro» in un colpo solo.
L’uomo venne licenziato, a voce, due mesi dopo la lettera di preassunzione firmata da babbo Tiziano. Aveva osato chiedere la regolarizzazione e il rimborso della benzina insieme a un’altra decina di connazionali. «Ho trovato i cancelli chiusi», spiegò al magistrato. «Sono comunque riuscito a entrare e ho parlato con il nostro supervisore capo, Adeniji. Mi disse che non poteva più farmi lavorare. E che per chiarimenti dovevo rivolgermi al signor Tiziano Renzi di Firenze». Evans fece ricorso alla magistratura e ottenne giustizia, ma servì a poco. Il 20 settembre 2011 il giudice del lavoro di Genova, Margherita Bossi, condannò la Arturo Srl a pagare circa 90.000 euro e inviò una lettera di precetto al «sig. Tiziano Renzi, presso la sua residenza in Rignano sull’Arno». Ma il babbo dell’ex premier aveva già chiuso bottega e non pagò mai. Comunque nel magnifico mondo dell’imprenditoria renziana non sono solo gli africani ad essere sfruttati.
È emblematica la vicenda dei lavoratori della Delivery Service, che questo giornale ha raccontato circa un anno fa. Per il fallimento di quell’azienda i genitori del fu Rottamatore sono indagati per concorso in bancarotta, visto che dietro ai rappresentanti legali della cooperativa, secondo gli inquirenti, a tirare le fila c’erano Tiziano Renzi e il suo ex socio di fatto Mariano Massone.
Nel luglio 2010 il direttore dell’ufficio di Pisa, Luigi Corcione, preso dallo sconforto, informa i due referenti che «non intendeva trovarsi in situazioni scomode suo malgrado», e per questo dà le dimissioni. Nessuno gli risponde. E allora lui prende la sua auto, la parcheggia all’aeroporto e vola in Spagna. L’uomo, in preda allo stress, sembra che sia andato a ritrovare sé stesso a Santiago di Compostela. Nel piazzale restano e resistono i lavoratori. Uno solo di loro è assunto in modo ufficiale, mentre un altro paio hanno una posizione parzialmente regolarizzata. Gli altri erano dei fantasmi.

ACCUSE PESANTI. 

Scrivono: «Accusiamo e denunciamo […] che la situazione lavorativa, nella quale siamo tutti coinvolti e che non possiamo, dal primo giorno a oggi. definire professionale, si è fatta per noi parzialmente assunti e ancora più precari al nero (contro la nostra volontà) sempre più insostenibile». In due diverse istanze, tra luglio e agosto 2010, mettono nero su bianco in che condizioni siano costretti a operare. Sono inquadrati come corrieri, mentre invece gli «tocca fare facchinaggio». Nella denuncia accusano i dirigenti delle società di aver inscenato un “valzer delle bugie” e di non aver mantenuto alcuna «rassicurazione su assunzioni promesse e sempre rimandate».

DOPPIA MORALE.

E se i Renzi, padre e figlio, si sono scandalizzati per il dito ferito di Salvatore Pizzo, l’operaio in nero dell’azienda del papà di Luigi Di Maio (Tiziano ha detto di non aver mai registrato incidenti sul lavoro in azienda), potrebbero dare un’occhiataa quel che accadde a Pisa. Alcuni dei dipendenti della Delivery hanno letteralmente rischiato la vita: Fabio M. ha subito un incidente sul lavoro che l’ha costretto a tre giorni di riposo forzato; Massimiliano C. ha perso il controllo del mezzo e solo per miracolo non ha riportato ferite; Valerio B. è stato costretto invece a restare un mese a riposo per un frontale su strada. Nonostante tutto, l’unica preoccupazione dimostrata dall’azienda fu quella di informarsi […] dello stato salute… dei furgoni», contestano nella loro lettera di protesta i lavoratori. I quali uscivano con camioncini con l’assicurazione «scaduta», pur dovendo garantire dalle 25 alle 30 consegne al giorno ed erano costretti ad anticipare i soldi del gasolio e dei pedaggi. Si erano persino ritrovati – da un momento all’altro – con un taglio dei pagamenti nell’ordine di «250-300 euro al mese», senza sapere il motivo. Tutto era precario. Il lavoro, l’esistenza, le prospettive.
«A loro (i vertici della coop, ndr) non gliene frega un cazzo se noi abbiamo bisogno di certezze o di essere regolarmente pagati perché abbiamo famiglia», fu la spiegazione che un esasperato Corcione offrì ai dipendenti a conclusione dell‘ennesimo, inutile, faccia a faccia. Prima di scappare. Lontano.
Fonte: infosannio del 28 novembre 2018

giovedì 9 agosto 2018

Profughi e irregolarità negli hub, indagato vice prefetto di Padova.



Nel registro degli indagati anche i responsabili della cooperativa Ecofficina.

PADOVA Il vice prefetto vicario di Padova, Pasquale Aversa, ed una ex funzionaria della stessa sede di governo, sarebbero indagati nell’ambito di un’inchiesta della Procura per una serie di irregolarità nella gestione delle strutture di accoglienza dei migranti nel Padovano. Con Aversa e con l’ex funzionaria della Prefettura sarebbero stati iscritti nel registro degli indagati anche i responsabili della cooperativa Ecofficina (oggi Edeco), che gestisce, tra gli altri, i Cpt di Bagnoli e Cona. 

Le accuse vanno dalla turbata libertà degli incanti, la frode nelle forniture pubbliche, la truffa alla corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, all’induzione indebita, la rivelazione di segreto d’ufficio. Le indagini riguardano in particolare su due appalti per la gestione dell’accoglienza ai migranti del valore di circa 20 milioni di euro.

https://corrieredelveneto.corriere.it/padova/cronaca/18_agosto_09/profughi-irregolarita-hub-indagato-vice-prefetto-padova-63702fd8-9ba8-11e8-8ab2-79782f76ba72.shtml?refresh_ce-cp

lunedì 19 gennaio 2015

Travaglio: ‘Così hanno truffato Di Bella’. - Marco Travaglio

zzz


TORINO - La sperimentazione della cura Di Bella sarebbe viziata da gravi irregolarità. Peggio: alcuni dei 386 malati di cancro che provarono la "multiterapia" (Mdb) del medico modenese sarebbero stati usati come cavie, trattati con farmaci "guasti e imperfetti", non si sa con quali effetti sulla salute. 
E l' Istituto superiore di Sanità, pur sapendolo, non avrebbe avvertito 50 dei 51 ospedali d' Italia che sperimentavano i protocolli. 
Sono queste le conclusioni della lunga e minuzionsa indagine aperta due anni fa dal procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello, in seguito ad alcune denunce, sulla sperimentazione nei 4 "centri di riferimento" di Torino (Molinette, San Giovanni antica sede, Mauriziano e Sant' Anna) e nei 4 della provincia (gli ospedali di Chivasso, Orbassano, Chieri e Cirè). 
Un' indagine che non entra nel merito dell' efficacia o meno della cura, ma si limita ad analizzare la regolarità della sperimentazione. 
Quattro gli accusati, tutti dirigenti dell' Istituto superiore di sanità (Iss): Roberto Raschetti e Donato Greco, coordinatori della sperimentazione del 1998, Stefania Spila Alegiani, responsabile dei preparati galenici, ed Elena Ciranni, che curava i rapporti con i vari centri clinici. 
Grave l' ipotesi di reato: "somministrazione di medicinali guasti o imperfetti" (punibile, secondo l' articolo 443 del codice penale, con la reclusione fino a 3 anni). 
Il direttore Giuseppe Benagiano, a suo tempo indagato, è stato poi archiviato. 
Nessuna responsabilità per l' ex ministro della Sanità Rosi Bindi, sentita come testimone in gran segreto, a Roma, all' inizio dell' anno. 
I 4 indagati hanno ricevuto l' "avviso di chiusura indagini". 
Una sorta di preannuncio di rinvio a giudizio, che poi però non è arrivato: grazie alla legge Carotti, i difensori hanno chiesto e ottenuto dal Pg della Cassazione Nino Abbate il trasferimento dell' inchiesta a Firenze. 
Con la curiosa motivazione che i farmaci "incriminati" li produce l' Istituto farmacologico militare fiorentino. 
Inutile l' opposizione di Guariniello il quale, sentenze della Cassazione alla mano, ha ribattuto che il 443 non punisce la produzione o la detenzione, ma la somministrazione di farmaci guasti (avvenuta, appunto, a Torino). 
Spetterà dunque alla Procura di Firenze - che l' anno scorso aveva già archiviato un' altra inchiesta sui protocolli Di Bella - trarre le conclusioni: rinviare a giudizio o chiedere l' archiviazione. 
Tutto dipenderà dall' interpretazione delle irregolarità emerse a Torino: errori in buona fede o condotte dolose? 
Per Guariniello, la prova del dolo sarebbe in una lettera inviata nel ' 98 a un ospedale romano, che chiedeva lumi sulla conservazione e la composizione delle "soluzioni ai retinoidi" previste per i protocolli 1 e 9. 
Nella lettera i dirigenti dell' Iss precisavano che quelle sostanze hanno una "validità" di soli 3 mesi, dopo di che "scadono" e vanno buttate. 
Peccato che la stessa direttiva non sia stata diramata agli altri 50 ospedali che sperimentavano la cura. 
E che infatti continuarono, ignari di tutto, a somministrare quelle soluzioni ampiamente scadute (addirittura vecchie di 4, 5, 9 mesi) e "deteriorate". 
Non solo: un gravissimo errore tecnico avrebbe dimezzato il quantitativo di un componente, un principio attivo, fondamentale per l' efficacia di quelle soluzioni: l' "axeroftolo palmitato". In pratica, per i due protocolli, quella sperimentata non era la multiterapia Di Bella, ma una "variazione sul tema" non dichiarata. 
Così com' era emerso nel ' 98 per altri due protocolli, frettolosamente ritirati dopo che Guariniello vi aveva scoperto alcune sostanze mancanti e alcune altre (come il tamoxifene del professor Umberto Veronesi) aggiunte da una mano misteriosa. 
Ma quel capitolo è ancora aperto. 
A Torino.
(Art. del 7 sett. del 2000)

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/09/07/cosi-hanno-truffato-di-bella.html

giovedì 28 agosto 2014

Smaltimento rifiuti: Catanzaro (Vice presidente Confindustria) e le irregolarità della sua discarica di Siculiana.

Dall'ex sindaco di Racalmuto, Salvatore Petrotto
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
"Ecco tutte quante le illegittimità contestate al vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro ed a suo fratello Lorenzo, proprietari della mega discarica di Siculiana, contro i quali e' stato presentato un ricorso straordinario al presidente della regione siciliana dal comune di Montallegro.
Il sindaco del comune agrigentino laddove ricade una porzione della megadiscarica dei Catanzaro, si e' avvalso della consulenza tecnica del docente universitario Aurelio Angelini, uno dei maggiori esperti di questioni ambientali.
Il ricorso e' stato predisposto dall'avvocato Guido Gianferrara.
In altri termini, dal 2010, la discarica di Siculiana doveva essere chiusa, in quanto non prevista dal piano regionale dei rifiuti e perchè ampliata illegittimamente.
Poi c'e' il capitolo riguardante il versamento della polizza fideiussoria.
In soldoni, il vicepresidente di Confindustria Sicilia, avrebbe dovuto versare, nel 2009, all'atto dell'ultimo enorme ed illegittimo ampliamento, 30 milioni di euro alla regione. In realtà ne ha versati soltanto 190 mila. 
Il tutto in violazione di quanto previsto dalle vigenti leggi in relazione alla superficie impegnata, oltre 100 mila metri quadri e per i milioni di metri cubi di rifiuti sotterrati.
Inoltre è stata violata anche la norma definita opzione zero, ossia quella relativa alla previsione della raccolta differenziata che, nel 2012, nell'area interessata, l'Ato ag2, di cui fa parte anche la città di Agrigento ed altri 18 comuni, avrebbe dovuto essere di oltre il 60% ed in realtà è ancora inchiodata, nel 2014 al 7%.
Inoltre e' stata violata la norma che prevede che le discariche dovevano continuare ad essere pubbliche e non private e dovevano essere utilizzate soltanto all'interno dell'ambito territoriale dove ricadono. Messe a disposizione, cioè, soltanto, nel nostro caso dei 19 comuni agrigentini. I Catanzaro invece, grazie all'enorme ed illegittimo ampliamento della discarica, oltre a servire i comuni dell'Ato ag2, hanno sotterrato i rifiuti di mezza Sicilia. Il tutto provocando gravissimi problemi ambientali ed alla salute della gente che vive nei comuni a ridosso della loro discarica privata; in modo particolare a Siculiana, Montallegro e Realmonte e via via tutti glia altri. Tali problemi sono stati causati dall'enorme dimensione della sua, lo ribadiamo, illegittima discarica privata e per l'esigua distanza dai centri abitati.
Di seguito riporto un significativo stralcio del corposo ricorso presentato, per conto del comune di Montallegro, dall'avvocato Guido Gianferrara su incarico del sindaco di Montallegro, Giuseppe Manzone , giusta deliberazione G.M. n. 33/2010 che, come detto si e' avvalso della collaborazione tecnica di uno dei maggiori esperti italiani di problematiche ambientali, il già citato docente universitario, Aurelio Angelini.

Dal documento del prof. Angelini:
"
PROFILI DI ILLEGITTIMITA’

Il decreto di notifica di Autorizzazione Integrata Ambientale e gli atti da esso richiamati, presentano diversi profili di illegittimità, giuridica, procedurale e regolamentare. 

Di seguito indichiamo solo i principali.

Discrasia tra i volumi autorizzati e fabbisogno dell’Ambito Territoriale Ottimale “AG2”

L’art. 199, 3, lettera a), del Dlgvo 152/2006, che stabilisce l’obbligo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno degli Ambiti Territoriali Ottimali. L’autorizzazione che è stata rilasciata dalla Regione siciliana, prevede per la vasca di discarica “V4” una concessione pari a 2.937.379 mc. 

Possiamo da questi dati concludere che il fabbisogno di volumi per l’abbancamento di rifiuti in discarica per annuo dell’ATO-AG2, è pari a circa 106.000 mc, a fronte di una produzione annua di rifiuti tal quale dell’ATO “AG2” di circa 85 mila tonnellata. Questo calcolo – “illegittimamente” esclude il computo gli attuali obiettivi di raccolta differenziata (45%) e la riduzione in volumi prodotta dall’attività obbligatoria di “trattamento/riduzione” dei rifiuti prima del conferimento in discarica.

L’autorizzazione poteva pertanto arrivare “forzando le norme vigenti” ad un massimo di 636.000 mc, in relazione al limite di 6 anni. 

La ditta Catanzaro consapevole del sovradimensionamento della proposta relativa alla vasca di discarica “V4”, anche in relazione alle volumetrie ancora disponibili nell’impianto, ha cercato di motivare astrattamente e non giuridicamente la realizzazione della nuova vasca di discarica. 

Nella relazione della Catanzaro costruzioni “A5. Valutazione dell’inquinamento”, a pag. 3, si legge che, la finalità della discarica è quella di: “assolvere alle funzioni di impianto connesso e correlato ad una funzione su scala regionale”. Ebbene ricordare che questa funzione non è prevista dall’ordinamento comunitario, statale e regionale, oltre ad essere sbagliata sia sotto il profilo ambientale e sia sotto il profilo economico e gestionale. 

2.2 Obbligo di previsione nel Piano regionale dei rifiuti

Nella relazione tecnica presentata dalla Catanzaro costruzioni (allegato C), al punto 1.2, si sostiene che la vasca di discarica “V4”, è prevista nel Piano regionale. Per sostenere questa tesi, anziché allegare la previsione del piano regionale delle discariche da realizzare, la società, cita una nota inviata dall’Agenzia Regionale Rifiuti e Acque del 4 marzo 2009, protocollo n. 16102, alla Catanzaro Costruzioni. Questa stessa nota viene indicata –inopinatamente- nel decreto di AIA, come parere positivo dell’ARRA alla realizzazione della vasca di discarica “V4”. 

Dall’analisi del Piano regionale del rifiuti nell’allegato “13.e”, (che riportiamo di seguito) approvato con ordinanza del commissario delegato n. 1166 del 18/12/2002, non risulta alcuna previsione di nuove discariche nel territorio di Siculiana e ne tantomeno del comune di Montallegro (AG). 

Nell’allegato “13.e” è indicata la discarica di Siculiana (AG) nell’elenco delle discariche “attive nella provincia di Agrigento”. Il Piano di gestione dell’ATO-“AG2” si limita a richiamare il piano regionale dei rifiuti, anche in considerazione che all’epoca dell’emanazione del Piano regionale dei rifiuti, l’autorità che svolgeva il compito commissariale in materia di discariche, comprese gli ampliamenti e le nuove previsioni di discariche, era il prefetto della provincia. 

L’art. 9, comma 1, lettera “e” del Dlgvo 36/03, stabilisce che per la realizzazione di nuove discariche sia necessaria una specifica previsione del Piano regionale, aspetto questo ben diverso della mera elencazione delle discariche attive in Sicilia nel 2002. 

Relativamente alle discariche in Sicilia, nel capitolo 6, pag.51, del Piano di gestione dei rifiuti, si trova la citazione dell’Ordinanza 31/5/1999, n. 2983: “la dichiarazione dello stato d’emergenza i Prefetti delle Province siciliane assumono le competenze ex art. 13 del D.L.gs n. 22/97”. Il successivo comma “2”, pone in capo ai Prefetti anche le competenze relative alla autorizzazione ex art. 27 e 28 delle discariche per rifiuti solidi urbani: “Le approvazioni dei progetti e le autorizzazioni di cui agli articoli 27 e 28 del Dlgvo del 5 febbraio 1997, n° 22, concernenti le discariche sono rilasciate dai Prefetti delle province, anche in deroga all’art.5 della Legge Regionale 29 dicembre 1981, n.181. Le autorizzazioni per le discariche di rifiuti urbani, compresa l’autorizzazione di aumenti volumetrici di discariche esistenti, sono rilasciate esclusivamente ad impianti a titolarità gestione pubblica.” L’art. 5, comma 3, affida ai Prefetti il compito di individuare le nuove discariche, chiudere le vecchie ed assicurarne la gestione pubblica: “Per far fronte al fabbisogno di cui all’articolo 2, comma 1, lettera g), i Prefetti delle province individuano le discariche, ne assicurano la titolarità e la gestione pubblica anche nei modi previsti dal precedente articolo 3, comma 2 e le adeguano alle disposizioni contenute nella normativa vigente”. Infine, a pag. 55 del Piano regionale si stabilisce che “Le autorizzazioni concernenti la costruzione e la gestione delle discariche per rifiuti speciali sono rilasciate a soggetti pubblici o privati dai Prefetti, anche in assenza del piano di cui all’articolo 22 del Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22, sulla base di comprovate esigenze ambientali”.

Come si deduce da quanto citato, il Piano regionale n. 1166 del 18/12/2002, non contiene e non poteva contenere alcuna previsione di nuove discariche da realizzare nel comune di Montallegro e Siculiana, come invece si sostiene nella relazione tecnica (allegato C), al punto 1.2, in cui si scrive che la vasca di discarica “V4” “risulta essere previsto”. A conferma di ciò viene citata una nota inviata dall’Agenzia Regionale Rifiuti e Acque (ARRA), del 4 marzo 2009, protocollo n. 16102, alla Catanzaro Costruzioni.

2.3 Alternative e Opzione Zero

Condizione necessaria ed indispensabile per poter rilasciare un’Autorizzazione Integrata Ambientale e che la “conferenza dei servizi”, deve esaminare l’”opzione zero”, in base all’art.14 bis, comma 3, legge 1990, n.241, che prevede “la necessaria ponderazione delle principali alternative ai fini della valutazione di impatto ambientale”. 

La conferenza dei servizi si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità, esamina le principali alternative, compresa l’alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l’esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto. 

Dall’analisi degli atti della conferenze di servizio che si sono svolte, non risulta che in nessun momento sia stata discussa l’”Opzione Zero”, nonostante che, l’art. 22 del Dlgvo n. 152/2006, (Studio di impatto ambientale) stabilisce che “Lo studio di impatto ambientale contiene almeno le seguenti informazioni: …d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale”.

Nel caso dell’autorizzazione della vasca di discarica “V4”, l’esame di tutte le alternative non è stato compiuto, né sono state valutate le conseguenze dell’alternativa zero, e cioè, cosa avrebbe prodotto l’ipotesi di diniego alla realizzazione della vasca di discarica “V4”. Questa indispensabile procedura autorizzatoria non è stata praticata, poiché la vasca di discarica “V3”, attualmente in esercizio, presenta una capienza tale da soddisfare i bisogni dell’ATO di riferimento per i prossimi 4 anni almeno. La valutazione della “opzione zero” avrebbe messo in luce l’inutilità della vasca di discarica “V4” in relaziobe al fabisogno del bacino di riferimento l’ATO-AG2. 

2.4 Impianto di trattamento e VIA

L’A.I.A non ha proceduto ad una valutazione della discarica “V4”, nel complesso delle discariche esistenti,in particolare, sia per quelle operative e sia quelle avviate alla gestione post-operativa. Inoltre non è stato fatto uno studio di impatto ambientale sull’effetto “cumulo” degli inquinanti e per le varie sorgenti di impatto. 

La stessa A.I.A. non ha preso in considerazione le necessità impiantistiche per il pre-trattamento di una nuova vasca di discarica la “V4”, con le sue specifiche capacità di abbancamento e trattamento. L’operatività contestuale delle vasche di discarica “V3” e “V4”, andavano valutate per la capacità impiantistica nel loro insieme, in relazione alle operazioni di pre-trattamento dei rifiuti, all’impatto indotto, compreso quello veicolare. Va da se che questo approccio avrebbe determinato una valutazione specifica dei nuovi impianti necessari per affrontare l’aumento del flusso di rifiuti in discarica. Lo stesso andava fatto per l’impianto –obbligatorio- di trattamento dei rifiuti, di cui bisogna valutare la qualità produttiva e le quantità trattate, in relazione agli obiettivi previsti dal decreto legislativo 36/2003, di riduzione dei rifiuti urbani biodegradabili.

La Catanzaro costruzioni ha presentato la richiesta di autorizzazione definendo “ampliamento” una vasca di discarica di quasi tre milioni di metri cubi, a fronte di una situazione impiantistica precedente autorizzata per complessivi 1.874.000 mc. Si tratta in sostanza non di un ampliamento, ma di una modifica sostanziale dell’impianto, in considerazione che in termini di volumi, di area interessata e di emissioni dell’impianto, la realizzazione della vasca di discarica “V4” è di gran lunga superiore alla somma delle vasche di discarica precedentemente realizzate. Il Dlgvo 59/2005, “Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento”, all’art. 1., lettera, n), stabilisce che: “modifica sostanziale: una modifica dell'impianto che, secondo un parere motivato dell'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l'ambiente. In particolare, per ciascuna attività per la quale l'allegato I indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa”. Trattandosi di una nuova vasca di discarica la “V4” grande circa il doppio del complesso delle vasche precedentemente realizzate, è del tutto evidente che si tratta di una modifica sostanziale e non di “un aumento di capacità produttiva”. 

2.4 COMUNE TITOLARITA’ IN MATERIA URBANISTICA E DI SALUTE PUBBLICA 

Il Comune di Montallegro parte in causa per la variante urbanistica da effettuare sul proprio territorio, ha espresso sul progetto della vasca di discarica “V4”, parere contrario, con la con nota n.7492 del 2/12/2009, ed in particolare ha sostenuto:

a) il sovradimensionamento della discarica; 
b) gli effetti ambientali e sanitari; 
c) le conseguenze economiche per il territorio;
d) l’impatto veicolare. 

Quattro aspetti rilevanti nel procedimento di valutazione dell’impatto di un opera e nel procedimento A.I.A., pertanto pienamente legittime. 

Nelle conferenze di servizio e nell’atto A.I.a. di autorizzazione rilasciato, nessuna controdeduzione è stata fatta dall’autorità che ha emesso il provvedimento, non rispettando l’obbligo di motivare il rigetto del parere contrario come quello del Comune di Montallegro e di contro dedurre tecnicamente alle obiezioni sollevate al progetto della vasca di discarica “V4”. 

Nel decreto A.I.A., i rilievi presentati dal comune di Montallegro, non sono stati dichiarati infondati, attraverso motivazioni tecniche e in base alle performance contenute del progetto dell’opera. Sono state invece liquidate nel provvedimento come: “atecniche”. 

Questa sibillina quanto “atecnica” formulazione delle contro deduzioni, manifesta tutta la fragilità del provvedimento sia in punto di tecnica e sia in punto di diritto. Le motivazioni al rigetto del parere contrario del comune di Montallegro erano doverose all’istituzione preposta alla tutela del territorio e della salute dei cittadini, sia per l’ordinamento degli enti locali e sia per la Costituzione italiana. 

2.5 Obbligo della fideiussione 

L’autorizzazione all'esercizio della discarica può essere rilasciata solo dopo l'accettazione da parte della regione delle garanzie finanziarie (art. 9 Dlgvo 36/2003. Questa condizione indispensabile per il rilascio dell’A.I.A., non è indicata nel decreto e neppure è posta quale subordinata a validare l'idoneità del soggetto richiedente non risulta intervenuta siffatta accettazione né risulta presentata alcuna garanzia.

Nella relazione “A6 Piano finanziario, la Catanzaro costruzioni si limita a stimare un costo di fideiussione pari a 195.391,23 €. Tale fideiussione non è stata calcolata in base ai parametri previsti dall’ORDINANZA COMMISSARIALE N. 2196 del 2 dicembre 2003, (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana – parte I, n. 8 del 20 febbraio 2004 (non c’è traccia nel Piano Finanziario a cui fa riferimento l’A.I.A.). L’ordinanza è relativa ai “Criteri e modalità di presentazione e di utilizzo delle garanzie finanziarie relative alle attività di smaltimento e di recupero di rifiuti urbani, rifiuti pericolosi e non pericolosi”. L’ordinanza stabilisce i “Valori e parametri di riferimento per la determinazione dell'ammontare delle garanzie finanziarie”, e sono per le discariche di rifiuti non pericolosi:
1) L'ammontare delle garanzie finanziarie da prestarsi per gli obblighi derivanti dall'attivazione e la gestione operativa della discarica, comprese le operazioni di chiusura e di sistemazione e recupero dell'area occupata dall'impianto chiuso, deve prevedere:
- € 18,00 al mq. per la superficie effettiva finale di ricopertura;
- € 7,00 al mc. corrispondente alla capacità totale di riempimento autorizzata.

2) L'ammontare delle garanzie finanziarie da prestarsi per il periodo di gestione post-chiusura per una durata di 30 anni, deve prevedere:
- € 18,00 al mq. per la superficie effettiva finale di ricopertura;
- € 3,00 al mc. corrispondente alla capacità totale di riempimento autorizzata.

In considerazione che la vasca di discarica “V4” ricopre una 
superficie pari a mq. 102.481, il calcolo è il seguente:

1. mq 102.481 x 18€ = 1.844.658 €
mc 2.937.379 x 7€ 20.561.653 €

2. mq 102.481 x 18€ 1.844.658 €
mc 2.937.379 x 7€ 8.812.134 €

Garanzie fideiussorie per € 33.063.103

Ebbene ricordare, soprattutto per una discarica di tale rilevanza, che l'autorizzazione deve precedere la verifica delle garanzie di cui all'art. 14 Dlgvo 36/2003, non potendo costituire una mera prescrizione successiva alla approvazione del progetto in virtù dell’adeguata reputazione finanziaria del proponente e che le garanzie sono pare integrante del piano di adeguamento in quanto le garanzie hanno la funzione di assicurare che le discariche, nel periodo di gestione operativa, nella fase di chiusura e durante il periodo di gestione post operativa, mantengano i requisiti minimi di sicurezza ambientale previsti dalla legge. 

Palermo 6 luglio 2010

Prof. Aurelio Angelini"

giovedì 29 novembre 2012

Spinelli: Aisi avvia indagine interna su ruolo 007.

Personale agenzia assegnato alla tutela di Berlusconi.

ROMA - L'Aisi ha avviato un'indagine interna sul ruolo svolto dal personale dell'Agenzia assegnato alla tutela dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nella vicenda del seguestro del ragioniere Giuseppe Spinelli. E' quanto ha riferito al Copasir il direttore del servizio, generale Arturo Esposito. Dell'esito dell'indagine, ha assicurato il generale, il Copasir sarà informato.
Gli uomini dell'Aisi che proteggono Berlusconi, il giorno dopo il sequestro - secondo quanto riferito ai magistrati dallo stesso Spinelli - sono stati mandati a casa del ragioniere per scortarlo in un luogo segreto. I componenti del Copasir hanno quindi chiesto conto al generale Esposito di un possibile uso 'distorto' - al di là dei compiti istituzionali cui sono assegnati e cioé la tutela di Berlusconi - degli agenti del servizio segreto interno. Il direttore dell'Aisi, da parte sua, ha annunciato che per ricostruire l'esatto svolgimento degli avvenimenti è stata avviata un'indagine interna che accerterà eventuali irregolarità.