Si fa un gran parlare di navigator, di questi quasi 3 mila co.co.co assunti dall’Anpal (l’agenzia nazionale per le politiche attive sul lavoro) per supportare gli operatori dei centri per l’impiego e arrivare a proporre un’occupazione ai percettori del Reddito di cittadinanza. Ma c’è un problema rimasto sottotraccia, legato a filo doppio all’avvio concreto della fase 2 del Reddito di cittadinanza. È quello dei Puc – acronimo che sta per Progetti utili alla collettività – istituiti con decreto legge il 22 ottobre 2019 e in teoria operativi ufficialmente dallo scorso 22 febbraio. Poco prima che l’Italia chiudesse per lockdown. I beneficiari del Reddito avrebbero avuto l’obbligo di prestarvi servizio nel Comune di residenza per almeno 8 ore settimanali, estendibili fino a 16. Pena l’esclusione dal sussidio statale contro la povertà. Aiutando così i municipi, a corto d’organico e in sofferenza economica cronica, in settori come la cura del verde pubblico, l’inclusione sociale, la manutenzione e il controllo degli spazi cittadini, l’assistenza agli anziani, la tutela dell’arte e delle strutture culturali. A costo zero per le loro casse. Ossigeno puro.
Ma è tutto rimasto un po’ sulla carta. Una dichiarazione, più che altro, di intenti. E quest’impasse non dipende esclusivamente dal lockdown che ha bloccato fino al 17 luglio la condizionalità dell’erogazione del Reddito di cittadinanza all’accettazione di un’offerta “congrua” di lavoro, su un range di tre proposte e al volontariato per un Puc, il primo step, la misura “anti-divano” più facile e immediata. Un’esperienza di risparmio e arricchimento umano. “Il decreto è in vigore da mesi, ma questi progetti utili alla collettività latitano. Perché gli enti locali non li bandiscono? Siamo a inizio luglio, non hanno bisogno di rinforzi gratuiti? Sono tutte perfette le nostre città? – dice al Fatto Quotidiano Marco, il nome è di fantasia, un navigator di 45 anni in servizio in Emilia-Romagna -. Per me questo è il modo perfetto per boicottare il Reddito di cittadinanza, così da non poter mostrare all’opinione pubblica risultati tangibili e dimostrare che i percettori del reddito sono persone in difficoltà economica, ma perbene”.
In effetti, sono meno di 100 i Comuni (su un totale di 8 mila) che hanno stipulato accordi coi centri per l’impiego per dare vita a uno o più Puc. Lo verifichiamo accedendo alla piattaforma varata ad hoc, GePi (“Gestione patti per l’inclusione sociale”).
A tutt’oggi ci sono solo 102 Puc attivi e alcuni in carico alla stessa città o cittadina. Sugli scudi il Sud, che sembra più reattivo del resto d’Italia. Qualche esempio. A Isola di Capo Rizzuto, in Calabria, ha avuto semaforo verde un progetto di pulizia del territorio e manutenzione ordinaria delle scuole. Per restituire decoro al tessuto urbano e garantire i servizi primari sulle spiagge libere della costa. È cominciato il 10 giugno e terminerà il 31 agosto. Sono stati richiesti 40 beneficiari, ma il Centro per l’impiego ne mette a disposizione 20. Spiagge free protagoniste anche a Margherita di Savoia, in Puglia, per un Puc iniziato il 15 giugno e al capolinea il 30 settembre. “Il suo fine è quello di garantire a tutti i cittadini in transito dalle nostre parti di fruirne in totale sicurezza e nel rispetto delle norme di contrasto alla diffusione del Covid-19, a partire dal controllo di assembramenti pericolosi e del distanziamento sociale”. Vigileranno 42 operatori, tra cui 37 percettori del Reddito di cittadinanza. A Castignano de’ Greci, in provincia di Lecce, si cercano 10 figure per la guardiania di luoghi pubblici (biblioteca, palazzi, ville) e altrettante per l’organizzazione di eventi. A Vicenza, invece, è caccia a 45 volontari per i musei locali (ma ne sono disponibili la metà) e a 7 per le biblioteche. I due Puc proposti e ratificati dureranno un anno, fino al maggio-giugno 2021.
Niente male visto che il sindaco non dovrà stanziare un euro. E qualcuno avvisi i suoi colleghi addormentati.