venerdì 7 agosto 2020

E Salvini finì spiaggiato. - Marco Travaglio

Marco Travaglio e Salvini spiaggiato al Papeete un anno fa
7 agosto 2019. Matteo Salvini, reduce dalle pirotecniche vacanze al Papeete Beach di Milano Marittima, incassa in Senato il secondo successo in tre giorni, dopo l’approvazione del dl Sicurezza-bis: rompe il Contratto di governo coi 5Stelle e vota la mozione Pd pro Tav Torino-Lione con dem, FI e FdI, respingendo quella contraria del M5S. Poi incontra in segreto il premier Giuseppe Conte per 50 minuti a Palazzo Chigi. E gli preannuncia la crisi di governo per andare alle elezioni anticipate. Conte, basito, gli fa più o meno questo discorso: “Ti avevo già detto dopo la tua vittoria alle Europee che, se volevi, si poteva andare al voto anche il giorno dopo. Tra l’altro avevi il pretesto degli attacchi ricevuti dal M5S in campagna elettorale. Ma tu hai detto no. E l’hai ribadito anche pubblicamente, per due mesi. Anche quando il presidente Mattarella ha fatto notare che, per sciogliere le Camere e votare in settembre in tempo per formare un nuovo governo e approvare la legge di Bilancio, non si poteva aprire la crisi oltre il 20 luglio. L’hai lasciato congedare lo staff per le vacanze, hai garantito a Giorgetti che poteva partire tranquillo e ora cambi idea? Mi spieghi perché?”. Salvini farfuglia di “casini interni”, di “successo alle Europee da capitalizzare”, ma si capisce che vuole pure giocare d’anticipo sugli scandali leghisti (Russiagate, voli di Stato, 49 milioni, Siri, Arata & C.). Pesano anche l’imbarazzo per non avere un candidato credibile come commissario Ue e il pressing dei presidenti nordisti Zaia e Fontana su quell’autonomia differenziata che gli farebbe perdere voti al Sud. Aggiunge: “Non tengo più i miei, mi serve una campagna elettorale per compattare la Lega, c’è chi vuole farmi fuori, non posso più rinviare”. E intima a Conte di dimettersi su due piedi per “votare subito, a settembre”.
Il premier gli tiene una piccola lezione di diritto parlamentare e costituzionale, spiegandogli alcuni passaggi che sembrano sfuggirgli: “Matteo, ti fai delle pie illusioni. Io non è che mi dimetto perché tu vieni qui a dirmi che lasci la maggioranza. Devi presentare una mozione di sfiducia in Parlamento, massima trasparenza. La via maestra è tornare dove abbiamo ricevuto la fiducia. In passato le crisi si facevano nei corridoi di palazzo o nelle segreterie dei partiti: io voglio fare tutto alla luce del sole. Tu dovrai esserci, al contrario del dibattito sullo scandalo russo, e spiegare guardandomi negli occhi perché mi levi la fiducia. Poi dovrai passarmi davanti e votarmi contro. E i tempi tecnici per votare a settembre non ci sono”. Il congedo è raggelante: “Pensaci bene stanotte. Parla con i tuoi consiglieri, se ne hai. Poi fammi sapere”.
Salvini promette di pensarci e corre a Sabaudia per un comizio (parlerà del governo al passato: “È stato un anno bello, ma qualcosa si è rotto”, senza però ufficializzare la crisi). Per strada, invia un sms all’altro vicepremier, Luigi Di Maio: “Chiama Conte, che ti deve dire una cosa”. Di Maio invece chiama lui: “Dimmela tu, in faccia”. Salvini ripete: “Non tengo più i miei, il governo è finito, andiamo a votare”. E il capo grillino: “Tu stai tradendo anche l’ultimo impegno, quello di governare cinque anni. La tua parola non vale più niente”. Da allora i due, almeno a voce, non si parleranno più.
8 agosto. Conte compie 55 anni. Sale al Colle e aggiorna riservatamente Mattarella. Poi Salvini torna da lui e conferma la rottura. Insiste sul “governo dei no”, aggiunge che molti dei suoi non vogliono saperne del taglio di un terzo dei parlamentari che dev’essere approvato in quarta e ultima lettura il 9 settembre. Pare si accorga solo ora che la legge costituzionale impone una nuova legge elettorale per ridisegnare i collegi, così non si potrebbe più votare fino a primavera: un rischio troppo grosso, con le inchieste sulla Lega che potrebbero esplodere. Meglio “capitalizzare subito i consensi delle Europee”, prima che inizi la luna calante: “Andiamo a votare in fretta”.
Il premier lo avverte: “Questo non è il governo dei no, stiamo lavorando moltissimo: non provare a screditare il lavoro mio e dei miei ministri, perché io ti smentirò pubblicamente”. Poi prosegue la lezione: le elezioni a settembre se le scorda, la finestra si è chiusa il 20 luglio, ora bisogna richiamare tutti i parlamentari dalle ferie, fissare il dibattito in Senato e poi alla Camera, a cui seguiranno le consultazioni del presidente Sergio Mattarella, la verifica di eventuali maggioranze alternative e, se non ce ne sono, lo scioglimento delle Camere. Il tutto, in un mese circa: dunque si voterebbe a fine ottobre, il nuovo governo partirebbe a novembre e potrebbe al massimo stilare la legge di Bilancio, ma non approvarla entro il 31 dicembre. Dunque – spiega Conte all’attonito Salvini – “il tuo eventuale governo partirebbe sotto i peggiori auspici, trascinando l’Italia, per la prima volta nella storia, all’esercizio provvisorio, con aumento dell’Iva di 23 miliardi, spread alle stelle, speculazione internazionale scatenata contro l’Italia e procedura d’infrazione Ue assicurata (“Non ci sarò più io a sventarla, come a dicembre e a maggio”). Ultimo passaggio: il commissario Ue, che dopo le Europee toccava alla Lega: “Così ti giochi anche quello. Grazie ai buoni rapporti con Ursula von der Leyen, potevo strappare il commissario alla Concorrenza, garantendo per voi. Ma, se fai cadere il governo, avrò le mani libere e indicherò un nome migliore per l’Italia”. Salvini fa spallucce, poi pare quasi scusarsi: “Non pensare che per me sia facile, son due notti che non dormo, non so se faccio bene, ma devo farlo”. “Pensaci molto bene” prova ancora a convincerlo Conte: “Rischi di portare al disastro il Paese, e anche te stesso”. Salvini finge di prendere tempo: “D’accordo, faccio ancora qualche telefonata”. Ma pochi minuti dopo la Lega dirama una nota ufficiale che chiede le elezioni. Poi il vicepremier spara sul “governo dei no e del non fare” e ordina ai parlamentari: “Muovete il culo e tornate dalle vacanze a lavorare come milioni di italiani”. Conte convoca la stampa: “Salvini mi ha detto che vuole capitalizzare il consenso. Ci tratta da scioperati, mentre lui se ne stava in spiaggia e noi eravamo qui a lavorare. Porto la crisi in Parlamento, sarà la più trasparente della Repubblica”.
9 agosto. La Lega presenta la mozione di sfiducia. Lo spread sale a 238 punti. Salvini: “Chiedo agli italiani di darmi pieni poteri per fare quello che abbiamo promesso senza palle al piede”. Matteo Renzi anticipa al Fatto che proporrà al Pd un governo con i 5Stelle guidato da un tecnico (pensa a Raffaele Cantone) che duri un anno e scongiuri i pieni poteri a Salvini e l’aumento Iva. In realtà teme il voto anticipato che spazzerebbe via la sua corrente, ancora maggioritaria nei gruppi parlamentari ma non più nel nuovo Pd di Nicola Zingaretti.
10 agosto. Beppe Grillo sul blog: “Mi eleverò per salvare l’Italia dai nuovi barbari”. Un sì a un governo col Pd e un no alle elezioni, anche se vuol trattare solo con Zingaretti. Il quale dice no e chiede elezioni subito. Anche Repubblica è sulla linea Salvini-Zingaretti: “Voto subito (ma c’è chi dice no)”.
12 agosto. Sms di Grillo ai suoi: “Le stelle cadenti tornano indietro, ripeto: le stelle cadenti tornano indietro”.
13 agosto. La nave Open Arms con 147 migranti a bordo fa rotta verso l’Italia, i giudici ordinano lo sbarco dei minori, Conte scrive a Salvini di autorizzarlo, ma quello rifiuta.
14 agosto. Conte, Di Maio e Salvini a Genova per ricordare i caduti del ponte Morandi in un clima di gelo totale.
15 agosto. Conte pubblica un’altra lettera a Salvini su Open Arms, accusandolo di “sleale collaborazione” e “strappi istituzionali”. Alla fine Salvini cede. E tenta di bloccare il dialogo M5S-Pd: “Il mio telefono è sempre acceso”. Alcuni suoi emissari, tra cui il sottosegretario Stefano Candiani, offrono a Di Maio di fare il premier. Ma Di Maio: “La frittata è fatta. Salvini si dimetta”.
16 agosto. I 5Stelle, dopo vari abboccamenti con emissari del Pd (oltre a Renzi, i più attivi sono Dario Franceschini e Goffredo Bettini), formano un’unità di crisi in continuo contatto in chat: Di Maio, Casaleggio, Bonafede, Fraccaro, Taverna, Di Battista, i capigruppo Patuanelli e D’Uva, Bugani, Spadafora. Che si incontrano spesso a casa di Pietro Dettori, braccio destro di Casaleggio. E decidono di andare avanti col dialogo, ma solo se il Pd sarà unito intorno a Zingaretti. Anche Dibba è d’accordo: suo padre, fascista, lo sprona al governo col Pd per “fregare il traditore Salvini”.
18 agosto. Grillo invita nella sua casa a Marina di Bibbona (Grosseto) il direttorio M5S, allargato a Roberto Fico. Grillo s’informa sulla serietà delle avance di Salvini, poi lui e gli altri convengono che l’unico tentativo da fare per evitare il voto è quello col Pd. Solo Casaleggio non si esprime. Alla fine, una nota: “Salvini inaffidabile e non più credibile”. Zingaretti cambia idea: non più elezioni, ma “governo a larga base parlamentare”. Prodi lancia la “coalizione Orsola”, nel nome di Ursula von der Leyen eletta un mese prima presidente Ue coi voti di 5S (decisivi), Pd e FI. E chiama Conte per dirgli che ne sarebbe il premier ideale.
20 agosto. Conte in Senato striglia Salvini, seduto accanto a lui, per 48 minuti: “Sei irresponsabile e pericoloso”. Una scena mai vista nella storia repubblicana, che fa il boom di ascolti in tv e sui siti. Alla fine il leghista, travolto dal suo fallimento politico e anche mediatico, ritira in extremis la mozione di sfiducia per restare al governo. Ma il premier annuncia: “Se Salvini non ha il coraggio delle sue scelte, me lo assumo io. Questo governo finisce qui”. E sale al Colle a dimettersi.
21 agosto. Zingaretti al Messaggero: su Conte premier “zero margini”: “Conte non va bene: non si può dire che gli altri, ovvero Salvini, hanno sbagliato, e riprendere a governare come se nulla fosse cambiando solo alleato”. Invece “nessun veto su Di Maio”. Ma Renzi dice al Fatto: “Sì a Conte”.
22 agosto. Zingaretti propone i 5 punti programmatici del Pd, Di Maio i 10 del M5S. Mattarella chiede una soluzione “in tempi brevi” e dà 5 giorni ai partiti, poi scioglierà le Camere. Conte, dopo il brindisi di saluto allo staff di Palazzo Chigi, se ne va nella casa in collina della compagna Olivia Palladino con lei e i rispettivi figli: si sente ormai fuori gioco, stacca i telefoni per non intralciare il dialogo M5S-Pd, ritenendosi divisivo e inviso ai dem, e prepara il G8 di Biarritz dove darà l’addio agli altri capi di governo. Emissari del Pd gli propongono di fare il commissario europeo, ma lui rifiuta: “No, grazie, torno a fare l’avvocato e il professore”.
23 agosto. Salvini chiama Mattarella annunciando che alle consultazioni del 27 proporrà un nuovo governo giallo-verde con Di Maio premier e avverte via sms Di Maio. Che non gli risponde, convinto che sia solo un trucco per divulgare lo scambio, far saltare il tavolo M5S-Pd e andare al voto. Lungo incontro programmatico fra le delegazioni dem (i vicesegretari Andrea Orlando e Paola De Micheli e i capigruppo Marcucci e Delrio) e 5Stelle (Patuanelli, D’Uva, Perilli e Silvestri). La sera, in segreto, Di Maio vede Zingaretti a cena a casa di Spadafora. Nel piatto non c’è ancora il nodo del premier, rinviato a lunedì 26, vigilia delle consultazioni al Colle. Ma Grillo spiazza tutti e lancia Conte sul blog: “Sembra che nessuno voglia perdonare a Conte la sua levatura e il fatto che ci abbia restituito una parte della dignità persa di fronte al mondo intero… Qualsiasi cosa che preveda di scambiarlo come una figurina del circo mediatico-politico sarebbe una disgrazia… Benvenuto tra gli Elevati”. Così Di Maio anticipa a Zingaretti che l’unico premier possibile per il M5S è Conte. La tensione sale subito alle stelle: Zingaretti esce dall’incontro sospettando che Di Maio stia tornando con la Lega e faccia il nome di Conte per bruciarlo; Di Maio invece sospetta che Zingaretti voglia le elezioni per annientare Renzi. E, alla notizia che Di Maio ha fatto il suo nome, Conte va su tutte le furie, non avendolo autorizzato a farlo. La trattativa è sul punto di saltare.
24 agosto. Il Pd fa filtrare sui giornali i suoi premier prediletti, tutti tecnici sgraditi al M5S: Enrico Giovannini, Marta Cartabia, Sabino Cassese, con Di Maio vicepremier unico. Al Nazareno si pensa che Di Maio giochi per sé tentando di bruciare Conte. Invece il capo M5S scrive agli altri in chat: “Io Conte non lo mollo. L’importante è che Conte non molli noi”. Infatti il premier uscente, in partenza per Biarritz, intende annunciare al G8 il suo ritiro dalla scena politica per non essere d’inciampo a Di Maio e alla nascente alleanza giallorosa. Ma al suo arrivo i messaggi e le chiamate dai big 5Stelle e il pressing del suo staff lo convincono a rinunciare alla rinuncia. Ai giornalisti dice: “Quella con la Lega è un’esperienza politica che non rinnego, ma è una stagione politica per me chiusa e che non si potrà aprire mai più per nessuna ragione. Il nuovo governo non è questione di persone, ma di programmi. Gli uomini sono secondari”. È quello che il Pd, dopo tanti sospetti sul ritorno di fiamma M5S-Lega, vuole sentirsi dire.
25 agosto. Il Pd “tenta” Fico come premier di “discontinuità”, ma lui si sfila: “Resto presidente della Camera”.
26 agosto. Pressato dai renziani, da Orlando, Prodi e Franceschini e anche da alcune cancellerie europee (si parla di Merkel, Macron e Von der Leyen), Zingaretti chiama Conte e fa cadere il veto del Pd su di lui, anche se non pubblicamente. Di Battista, temendo un governo ostaggio di Renzi, propone di andare a vedere le proposte leghiste, ma resta solo. Vertice fino a tarda notte a Palazzo Chigi tra Conte, Di Maio, Zingaretti e Orlando.
27 agosto. Il gruppo Espresso continua a sparare sul nascente governo. Repubblica titola: “Crisi di un governo mai nato”. Altro vertice-fiume a Chigi sui temi del programma. E lì c’è intesa, anche perché il programma è vago e il tempo concesso dal Colle è poco. Il veto Pd su Conte cade anche ufficialmente. Ma M5S e Pd litigano su Di Maio: Zingaretti vuole un “governo di discontinuità”, senza ministri del Conte-1. Ma Di Maio: “Allora neppure ministri dei governi Renzi e Gentiloni”. Altra lite sul “colore” di Conte: per Di Maio è un premier super partes, per Zingaretti è del M5S e dunque il Pd chiede un vicepremier unico (Orlando o Franceschini), mentre Di Maio ne vuole due (l’altro è per sé). Donald Trump saluta il ritorno di Conte con un tweet: “… Giuseppi Conte ha rappresentato l’Italia in modo energico al G7… Un uomo molto talentuoso che rimarrà, spero, Primo ministro”.
28 agosto. Uscendo dalle consultazioni al Quirinale, Di Maio rivela: “La Lega mi ha proposto come premier e mi ha informato di averlo comunicato anche a livello istituzionale. Li ringrazio, ma penso al bene del Paese e non a me”. Poi annuncia che il governo dovrà passare dal voto degli iscritti su Rousseau: nuova bagarre.
29 agosto. Conte riceve il reincarico da Mattarella. Salvini tuona al “governo Bibbiano” e invoca la piazza.
30 agosto. Veto del Pd su Di Battista ministro degli Affari europei. Di Maio – che vorrebbe fare il vicepremier e il ministro dell’Interno o della Difesa, mentre il Pd vuole lasciarlo al Lavoro – intima al Pd di accettare altri 10 punti oltre a quelli già esposti: “altrimenti si vota”. Conte (che pure vorrebbe i vice) e il Pd sono furibondi: tutto sembra tornare in alto mare.
1° settembre. Conte si collega da Palazzo Chigi con la festa del Fatto alla Versiliana: “Governo pronto in un paio di giorni. Nessun contratto fra partiti diversi, ma un unico programma condiviso”. Grillo si appella al Pd: “È un’occasione unica”. E lancia un messaggio a Di Maio: “Basta parlare di incarichi”.
2 settembre. Zingaretti e Di Maio cedono sui vicepremier: non ce ne sarà nessuno. Il leader Pd non entrerà nel governo, il capo M5S andrà agli Esteri.
3 settembre. Gli iscritti M5S approvano il Conte 2 col 79% dei Sì (su 73mila votanti).
4 settembre. Conte al Quirinale scioglie la riserva leggendo la lista dei ministri del suo secondo governo. E ottiene dalla Von der Leyen per Paolo Gentiloni il dicastero Ue più importante mai ricoperto da un italiano: gli Affari economici. Salvini, in meno di un mese, è passato dai pieni poteri a zero poteri.

giovedì 6 agosto 2020

Vincenzo Maria Tripodi. - Massimo Erbetti



E chi è? Direte voi, beh Vincenzo è un ragazzo di 27 anni di Reggio Calabria, un ragazzo che ha sempre sognato di fare il poliziotto e fortunatamente ci è riuscito e alla faccia di chi, come Daniele Martinelli giornalista del bergamasco che commentò i fatti della caserma di Piacenza scrivendo:
"Sei meridionali su sei. Ora qui nessuno dice che essere meridionale significa essere deliquente, ci mancherebbe. Va però ribadito che la predisposizione a delinquere e a fare del male è solitamente propria di chi nasce, cresce e si forma al sud"...ecco alla faccia di questo pseudo giornalista, Vincenzo è un eroe, un ragazzo del sud con un sogno, quello di servire i cittadini.
I fatti risalgono a domenica sera, quando è arrivata l’insolita telefonata di una donna dall’accento sudamericano: “Buonasera, vorrei una pizza baby per mio figlio, all’indirizzo…”.a quel punto sul monitor del computer è comparsa l’annotazione dell’operatore del numero unico di emergenza 112, che segnalava la chiamata come “possibile richiesta di aiuto”. A quel punto Vincenzo ha messo in pratica il protocollo per la gestione dei casi di emergenza: “Le ho domandato se fosse consapevole di aver contattato la Polizia e, dopo il primo ‘sì’, le ho chiesto se stesse bene. Ma la risposta è stata negativa”.
Al che l'agente ha capito che non era un errore, c'era una violenza in atto, infatti i poliziotti arrivati in casa, hanno trovato il bambino che piangeva e la donna era in stato di shock. Il marito della donna è stato arrestato e fortunatamente per questa volta sembrerebbe esserci un lieto fine.
Tutto questo per dire che generalizzare, fare di tutta l'erba un fascio, oltre che ad essere un pensiero dannoso e qualunquista, offusca il lavoro di chi ogni giorno, nel silenzio più assoluto, riesce a salvare la vita alle persone.
Cosa sarebbe accaduto se la donna avesse perso la fiducia nelle forze dell'ordine, proprio per le parole di uno pseudo giornalista? Avrebbe fatto lo stesso quella telefonata? E se non la avesse fatta, oggi staremmo qui a piangere l'ennesimo femminicidio?


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Si arrampica sul balcone e salva 4 bambini da incendio.



Si è arrampicato su un balcone in una casa in fiamme e ha salvato quattro bambini intrappolati nell'incendio. E' accaduto a Isnello, piccolo paese delle Madonie. Protagonista dell'acrobatico salvataggio Nunzio Mogavero, un operaio forestale di 49 anni, richiamato dalle grida disperate provenienti da un appartamento del centro storico vicino a una chiesa dove si stava celebrando un funerale.
Dopo l'intervento è stato portato in ospedale per una ferita alla gamba. Le fiamme sono divampate al piano terra e si sono propagate al primo piano dove si trovavano tre sorelline e un loro cuginetto. La madre delle bambine si era allontanata per fare la spesa poco prima che divampasse un incendio provocato, a quanto pare, da un corto circuito all'impianto elettrico.
Mogavero ha tentato di entrare nell'edificio ma il portone d'ingresso era bloccato. Con l'aiuto di due carabinieri che stavano partecipando al funerale è riuscito a raggiungere, inerpicandosi sulla parete, il balcone al primo piano. Ha quindi afferrato i piccoli e a uno a uno li ha calati dall'alto porgendoli alle persone che si erano radunate sulla strada. Nunzio Mogavero è conosciuto per altri episodi di generosità.
L'anno scorso ha tratto in salvo un turista che si era perso nei boschi e in precedenza aveva salvato un daino intrappolato in una rete metallica.
Persone delle quali si parla poco, dando loro un risalto solo marginale, ma che vanno elogiate e portate ad esempio, specie in un periodo in cui se una donna si dà fuoco, l'unica cosa che fa un deficiente è filmarla...

Referendum e proporzionale: rischio sconfitta doppia per il Pd. - Wa. Ma.

Referendum e proporzionale: rischio sconfitta doppia per il Pd

Il Pd si appresta a un’estate da equilibristi, con sconfitta incorporata: un “ni” al Referendum costituzionale che taglia i parlamentari nel nome della mancata riforma della legge elettorale e una battaglia per un accordo su un proporzionale, che è praticamente impossibile blindare prima del 20 settembre.
Astenersi sul testo base del proporzionale per permettere di iniziare a lavorare: è la proposta che gli sherpa del Pd stanno portando a Matteo Renzi. Lui prende tempo e si crogiola nel ruolo di ago della bilancia (con uno sguardo a Berlusconi che può contenderglielo). L’obiettivo è ottenere che la soglia passi dal 5% al 3%. Potrebbe spuntarla. Ma comunque, è tutto rimandato a dopo la pausa estiva. Nel frattempo, il Pd comincia ad accarezzare l’idea di boicottare il referendum. Se al Nazareno parlano di libertà di coscienza, in molti cominciano a mobilitarsi per il no. Hanno iniziato i senatori Tommaso Nannicini e Gianni Pittella. Ma il fronte si allarga. Si sono espressi per il no Matteo Orfini e Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, esponente di Base Riformista. Sono in arrivo alla causa una serie di intellettuali. Molti dem nel segreto dell’urna diranno no. Posizione pericolosa: rischiano di accusare una sconfitta, senza aver neanche combattuto la battaglia. Mentre dentro il partito c’è chi considera le barricate sul proporzionale il segno evidente che il Pd, nato nel segno della vocazione maggioritaria, ha abdicato al suo ruolo.

Stop licenziamenti: il governo diviso vara la “mezza proroga”. - Marco Palombi

Stop licenziamenti: il governo diviso vara la “mezza proroga”

Il Consiglio dei ministri era ufficiosamente convocato per stasera, ma non è detto che si tenga: le trattative nella maggioranza attorno al cosiddetto “decreto Agosto” non sono affatto terminate. La questione che divide di più (tra loro e al loro interno) i partiti che sostengono il governo Conte è la proroga del blocco dei licenziamenti da affiancare al prolungamento per altre 18 settimane della Cassa integrazione “Covid-19”: la ratio del provvedimento è tenere bloccata la situazione fin quando l’economia non sarà ripartita del tutto, presumibilmente all’inizio dell’anno prossimo. Venendo alle squadre in campo: M5S, LeU e un pezzo del Pd sono a favore della proroga, il resto dei dem (maggioranza in Parlamento e al governo) e i renziani sono contrari. Mentre andiamo in stampa, è in corso l’ennesimo vertice giallorosa sul decreto.
Il problema è che ormai sull’impossibilità di cacciare i lavoratori dalla sera alla mattina s’è scatenata una campagna a metà tra l’ideologico e l’interessato che vede, ovviamente, in prima fila Confindustria. Citeremo, a titolo di esempio, solo il parere dell’economista Tito Boeri, che ieri su Repubblica ha sostenuto – nominando en passant la “Nord Corea” – che il blocco dei licenziamenti blocca in realtà le nuove assunzioni perché gli imprenditori non sanno se potranno licenziare e quando: può essere che sia così, anche se la gelata piovuta sull’economia non induce all’ottimismo su futuribili aumenti degli organici, oppure che in molti finiscano per licenziare i costosi e rigidi vecchi contratti per assumere, con calma, dipendenti più giovani, meno pagati e sacrificabili a prezzi modici (vedi la modifica all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del Jobs Act). In sostanza, tante ristrutturazioni aziendali pagate dai redditi da lavoro e dalla fiscalità generale via sussidi.
Come che sia, questa spaccatura politica e sociale si riflette anche nel governo producendo bizzarri cortocircuiti. La ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (M5S) martedì sera ha garantito ai sindacati la proroga del blocco dei licenziamenti fino al 31 dicembre, negli stessi minuti veniva prodotta una bozza del decreto in cui, col guizzo dell’artista, la proroga rimaneva, ma a metà: una sorta di compromesso che, tecnicamente, allunga il blocco al 15 ottobre e poi fino al 31 dicembre, come da proposta delle imprese, ma solo per chi usufruisce della Cassa “Covid-19”.
D’altronde è ora – ha scritto ieri il viceministro dell’Economia dem, Antonio Misiani, – di iniziare “il percorso di fuoriuscita dall’emergenza”, di “nuova normalità” anche quanto alla tutela dei lavoratori. E la mezza proroga, dicono, è farina del sacco del Tesoro, benedetta da Roberto Gualtieri. L’ex sindacalista Guglielmo Epifani, deputato di LeU, non pare però convinto dal ragionamento: “Preoccupano le notizie che vorrebbero limitare il blocco dei licenziamenti solo fino alla metà di ottobre, altre erano state le dichiarazioni delle settimane scorse: il blocco va allungato fino alla fine dell’anno”.
Silenziosi i partiti, è toccato alle parti sociali impugnare la clava. Cgil, Cisl e Uil – dopo le rassicurazioni di Catalfo – non hanno preso bene la novità: “Se il governo non prorogasse il blocco dei licenziamenti sino a fine 2020, si assumerebbe tutta la responsabilità del rischio di uno scontro sociale” fino all’ipotesi che l’iniziativa unitaria già convocata per il 18 settembre si trasformi “in uno sciopero generale”.
Confindustria, in serata, vaticinava catastrofi: “Se l’esecutivo intende ancora protrarre il divieto dei licenziamenti, il costo per lo Stato sarà pesante” visto che “il divieto per legge assunto in Italia – unico tra i grandi paesi avanzati – non ha più ragione di essere ora che bisogna progettare la ripresa”. Quel divieto “impedisce ristrutturazioni d’impresa (corsivo nostro, ndr), investimenti e di conseguenza nuova occupazione. Pietrifica l’intera economia allo stato del lockdown”. Guai, nel caso, a pensare di mettere paletti sulla cassa integrazione ai “furbetti”, cioè a chi ne ha usufruito pur non avendo avuto cali di fatturato: “Sarebbero inaccettabili”.
Tra i litiganti sta, fino a notte silenzioso, il governo: la trattativa continua. “Nodo politico”, c’è scritto nella bozza.

mercoledì 5 agosto 2020

Andrea Scanzi

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Ha votato la fiducia al governo Monti.
Ha sostenuto e approvato il Salva Italia.
Ha sostenuto e approvato il trattato europeo di Lisbona.
Ha sostenuto e approvato l'accordo di Dublino sui migranti.
Ha votato la Legge Fornero.
Ha votato lo scudo fiscale e tutti i condoni per salvare gli evasori dalla galera.
Ha votato il Lodo Alfano, il Legittimo Impedimento e tutte le leggi ad personam per salvare Berlusconi (che vorrebbe senatore a vita) dalla galera.
Ha votato Ruby nipote di Mubarak.
Ha nel partito nostalgici del Duce, capibastone assortiti e gigli in fior come La Russa e Santanché.

Ha un passato politico quasi trentennale (benché giovane, ma nella vita non ha fatto altro) oltremodo imbarazzante e colpevole: di sicuro fino al 2011, di sicuro durante e dopo il lockdown.

Eppure ancora parla, anzi urla, e ha il coraggio di dare lezioni politiche agli altri, dall’alto di non si sa bene cosa, parlando (anzi urlando) alla pancia del paese e titillando troppo spesso gli istinti peggiori degli elettori (per esempio su temi come famiglia e immigrazione). E cresce pure nei sondaggi.

Ormai in questo paese vale tutto. È davvero tutto fantastico.


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Nuove e rivoluzionarie teorie per la descrizione dell’universo. - Emanuele Tumminieri



Per decenni, alcuni teorici rivoluzionari hanno portato avanti una guerra contro uno dei concetti cardine della cosmologia – l’idea che l’universo sia costituito primariamente da una forma invisibile e intangibile di materia.
La presenza di questa materia oscura, che sembra essere in rapporto 5 a 1 con quella di cui siamo fatti, è evidenziata da alcune osservazioni: per citarne alcune, la stretta coesione di galassie e di aggregati di galassie, il modo in cui la luce delle galassie più lontane viene deflessa nel suo percorso verso i telescopi terrestri e la struttura a chiazze dell’universo primordiale.
Gli aspiranti rivoluzionari sono alla ricerca di una ricetta cosmica alternativa, che consiste nel sostituire la materia oscura con una forza di gravità leggermente modificata. Ma, finora, ogni tentativo di trasformare questa loro idea in un linguaggio matematico preciso è stato ostacolato da osservazioni puntuali. Alcune formulazioni concordano con la configurazione delle galassie, altre concordano con la deflessione dei raggi di luce, ma nessuna formulazione è riuscita a superare la prova più palese dell’evidenza della materia oscura: la precisa mappatura della luce primordiale, nota come radiazione cosmica di fondo (o fondo cosmico di microonde, secondo la terminologia anglosassone: Cosmic Microwave Background). Secondo Ruth Durrer, un cosmologo dell’Università di Ginevra, qualunque nuova teoria deve comunque essere in linea con questi dati.
Lo scorso 30 giugno, due fisici teorici, Costantinos Skordis e Tom Zlosnik (Institute of Physics of the Czech Academy of Science, Prague), hanno pubblicato un lavoro, ancora in fase di valutazione, con il quale propongono una teoria gravitazionale alternativa. I due scienziati utilizzano una versione ottimizzata della teoria gravitazionale di Einstein per riprodurre una mappa dell’universo primordiale; un’impresa che persino i rivoluzionari pensavano fosse impossibile.
Relativamente allo studio condotto dai due scienziati, lo stesso Durrer, nonostante si tratti di una ricerca veramente rivoluzionaria, è ottimista sui risultati che essa potrà raggiungere.
Anche se la maggior parte dei cosmologi ancora è legata al paradigma della materia oscura, la nuova teoria viene considerata abbastanza interessante, soprattutto se riuscirà a concordare con altre osservazioni cosmologiche.
Le sfide sostenute dalle teorie gravitazionali alternative, note come Dinamica Newtoniana Modificata (MOND – MOdified Newtonian Dynamics), sono state pubblicate anche in un altro articolo, apparso il giorno successivo rispetto al lavoro di Skordis Zlosnik. La principale di queste sfide si riferisce a una profonda rivisitazione del ruolo che gioca la materia oscura nel tenere insieme l’universo, così come descritto dal modello cosmologico noto come Materia oscura fredda lambda (LCDM – Lambda Cold Dark Matter). In poche parole, questo modello LCDM asserisce che noi non saremmo qui senza la materia oscura. L’universo primordiale era così fluido che la sola attrazione gravitazionale della materia ordinaria non sarebbe stata in grado di far aggregare le particelle in galassie, stelle e pianeti. Ecco che quindi intervengono le particelle di materia oscura. Il modello LCDM fa uso della massa collettiva della materia oscura per trasformare la materia ordinaria nelle strutture cosmiche oggetto di studio degli astronomi.
E quindi l’LCDM è diventato il modello cosmologico standard anche perché esso si allinea in modo abbastanza preciso alla Radiazione Cosmica di Fondo. Questa mappa dell’universo primordiale mostra dei punti impercettibilmente spessi e sottili che si increspano nel cosmo. Più recentemente, alcuni ricercatori sono riusciti a misurare, con una più elevata precisione, la polarizzazione della luce di radiazione cosmica di fondo. Qualunque teoria cosmologica pretenda di riscuotere successo, dovrà essere in grado di descrivere, in maniera comprensibile, la storia del cosmo, riproducendo queste tre caratteristiche: la temperatura della Radiazione Cosmica di Fondo, la polarizzazione della Radiazione Cosmica di Fondo, e l’attuale distribuzione delle galassie e degli aggregati di galassie.
Kris Pardo, un astrofisico del Jet Propulsion Laboratory della NASA, e David Spergelhanno evidenziato quanto sia difficile, per qualunque teoria gravitazionale alternativa, competere con i principi del modello LCDM. Quando zone con maggiore densità di materia oscura hanno attirato a sé la materia, determinando la creazione di galassie e stelle, si è verificata una considerevole, anche se non assoluta, eliminazione delle increspature che inizialmente si muovevano all’interno della materia stessa. Paragonando la polarizzazione della radiazione cosmica di fondo con l’attuale configurazione della materia, i cosmologi possono misurare, con elevata precisione, che persistono ancora oggi delle increspature residue, 100 volte più piccole delle ondulazioni osservate nella radiazione cosmica di fondo.
David Spergel, direttore del Center for Computational Astrophysics presso il Flatiron Institute, afferma che rigenerare queste, e altre condizioni, senza i principi essenziali del modello LCDM, diventa una sfida teorica di grande portata. Finora tutte le teorie gravitazionali alternative non sono state smentite, ma non si può obiettare che una qualunque di esse debba necessariamente soddisfare a delle condizioni precise.
Costantinos Skordis e Tom Zlosnik, del Central European Institute for Cosmology and Fundamental Physics, sono convinti di aver superato i vincoli imposti dalle condizioni sulle nuove teorie, sebbene lo abbiano fatto in un modo che potrebbe sorprendere sia i fautori che gli scettici della Dinamica Newtoniana Modificata. In pratica, i due fisici hanno costruito una teoria gravitazionale che include la presenza di un qualcosa che, su scale cosmiche, si comporta come una forma invisibile di materia, superando di fatto la linea divisoria tra il paradigma della materia oscura e quello della Dinamica Newtoniana Modificata.
La loro teoria, denominata RelMOND, aggiunge alle equazioni della relatività generale un campo onnipresente, il cui comportamento varia a seconda delle situazioni. Su scale più grandi, dove si evidenzia l’allungamento dell’universo in relazione alla sua espansione, questo campo si comporta come una materia invisibile. In questa situazione, che Zlosnik definisce polvere oscurail campo avrebbe potuto plasmare l’universo visibile allo stesso modo di come avrebbe fatto la materia oscura. Il modello ideato dai due fisici fornisce un valore della temperatura della radiazione cosmica di fondo abbastanza compatibile con quello del modello LCDM; inoltre Zlosnik è convinto che il loro modello possa essere in linea con i valori dello spettro di polarizzazione e con la distribuzione della materia, anche se ancora i risultati su questi aspetti non sono stati pubblicati.
Secondo Zlosnik, il modello RelMOND fornisce una rappresentazione dell’interno universo molto vicina a quella descritta dal modello LCDM.
Ma se ci si addentra all’interno di una galassia, dove il tessuto spaziale è quasi immobile, il comportamento del campo è molto vicino a quello descritto dalla dinamica newtoniana modificata (MOND): il campo si intreccia con il campo gravitazionale standard, rinforzandolo quanto basta per tenere unita una galassia, senza la necessità di materia aggiuntiva (i ricercatori non hanno delle certezze sul comportamento del campo per piani aggregati di galassie, una delle criticità delle teorie MOND, e ritengono che si possa comunque utilizzare questa scala intermedia per cercare quegli indizi che possono dare vita a nuove teorie gravitazionali).
Nonostante i risultati matematici raggiunti dai due fisici, a tutt’oggi l’ipotesi della materia oscura rimane la teoria più sempliceInfatti, la costruzione del nuovo campo, secondo l’approccio di Skordis Zlosnik, necessita di un’architettura matematica più complessa rispetto a quella impiegata dal modello LCDM per descrivere la materia oscura.
Da profana mi pare di capire che l'Universo, del quale siamo parte integrante, funziona come il corpo umano: L'Rna funziona da aggregante, incollante del Dna nel corpo umano, così come la materia oscura fa da aggregante, incollante  del Dna dell'Universo.
Molto affascinante come teoria ed anche abbastanza credibile, basandola sulla logica.
Noi, del resto, siamo figli delle stelle, siamo parte dell'Universo, funzioniamo allo stesso modo, la nostra composizione deriva dalla materia che compone l'Universo, noi siamo l'Universo.