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lunedì 18 febbraio 2019

Il 5S tornerà forte. - Marco Giannini



Nel giorno in cui mi sono convinto ad acquistare “La fattoria degli animali” di George Orwell, opera che già sento entrerà a far parte della mia “Gestalt”, ho appreso che Luigi Di Maio, il tanto odiato dalla “opulenta macchina del fango” mediatico Luigi Di Maio, ha deciso che alle elezioni europee il M5s non solo si doterà di 10 punti programmatici comuni per una Europa differente (magari simile a ciò che fu la CEE cioè “a misura d’uomo”), ma permetterà ai Candidati di stilare un programma personale per valorizzarne le diverse sensibilità.
E’ lo spirito del Movimento che conoscevo quello di non dimenticare nessuno, di non lasciare nessuno indietro nemmeno nel campo delle idee.
Non appena acquistato questo libro, lungo la splendida costa della mia Lido di Camaiore, ho detto al mio fraterno amico Vinicio “l’uguaglianza non ha niente a che vedere con l’omologazione, l’omologazione ne è l’opposto, è schiavitù”.
“Sincronicità” direbbe Jung.
Devo dire che la mossa del vicepremier pentastellato è quanto di più opportuno potesse ideare in un’epoca di pensiero unico, una epoca in cui non si sente mai citare la democrazia ma in suo luogo si sente ripetere allo sfinimento il combinato disposto “democrazia liberale” manco che esser liberali (anzi neoliberisti, turbocapitalisti e globalisti) fosse sinonimo di democrazia.
Un socialdemocratico cosa sarebbe un violento? Oppure è un perseguitato perché descrive (aspira alla) la normalità?
Solo perché denuncia la falsità dell’equazione libertà di capitale = libertà dell’uomo e descrive i tratti della prima come pari a quelli di una “libera volpe in libero pollaio” quando non è accompagnata da quei controlli e limiti che gli Stati dovrebbero disporre nell’interesse del benessere del cittadino comune? (Non me ne voglia il Direttore del potentissimo “Istituto Bruno Leoni”, Mingardi che ha citato me ed il mio saggio “Il neoliberismo che sterminò la mia generazione” nel suo libro “La verità, vi prego, sul Neoliberismo” opera recensita, la sua, sul Corsera da De Bortoli).
Attenzione! Essere un socialdemocratico non ha niente a che vedere coi sedicenti partiti socialdemocratici europei. Essi per la maggiore sono un coacervo di interessi del capitale finanziario che nutre per miliardi di euro centinaia di rentiers cioè parassiti, “entità” che non hanno mai lavorato mezzo minuto in vita loro speculando finanziariamente sulle nostre vite.
Le vite della “plebaglia europea”, così definita da uno dei padri fondatori della UE, tale Jacques Attali banchiere francese (https://it.wikiquote.org/wiki/Jacques_Attali).
Le associazioni legate a doppio cordone con questi “aristocratici” cioè le sinistre radical chic, ad ogni benedetto convegno, blaterano “about” il “Manifesto di Ventotene”, tuttavia, come per magia, un gradino sotto a questi splendidi princìpi, compare il solito target: creare un mercimonio mondiale di esseri umani, noi compresi, che girovagano disperati per il mondo finendo per svolgere mansioni nei paesi dove sono sottopagati così che non pensino ad altro che a sopravvivere.
Montanelli affermava che in Europa i tedeschi sarebbero entrati da tedeschi, i francesi da francesi e gli italiani da europei (cioè da fessacchiotti). Questo perché era a conoscenza di come le élite, per decenni, attraverso premesse dotate di alti ideali utili (affinché ci si fermasse alla superficie, ipnotizzati da cotanta dialettica e melassa) avessero inculcato nel dna mentale della nostra gente quella forma di perbenismo omologante, spacciato per “umanesimo” e tanto in voga nel “socialismo liberale” (un ossimoro). Il socialismo liberale ovvero il riferimento politico di chi smantella i diritti sociali per opera del “mercato”, spesso mettendo in competizione poveri locali con poveri migranti, riducendo la quota salari ed i diritti sociali di tutti in favore della quota profitti (di pochi): omologazione, del resto, equivale a controllo.
Vorrei rimembrare che in Italia il malcostume di distorcere le menti delle persone confondendo inopportunamente il neoliberismo con altro, vide il suo esordio con Silvio Berlusconi negli anni ’90 (liberismo = libertà) ed i risultati sono stati evidenti a tutti: tranquilli le sue SPA (il portafoglio dei suoi splendidi pargoli), adesso sono al sicuro; lo sono dal 2011, da quando cioè di tali aristocrazie è suddito (come garanzia della sua fedeltà c’è Tajani, bontà sua…).
Sono certo, mi auguro venga colta l’ironia, che agli italiani non importasse poi molto del futuro dei propri figli, agli italiani interessavano le sorti dei vari Piersilvio, Barbarella, Marina ecc.
La rete è cosparsa di cloni di Berlusconi (haters) che non fanno altro che ripetere “reddito di nullafacenza”, “reddito di nullafacenza”, “reddito di nullafacenza”, in altre parole di persone che mentono sapendo di mentire, questo tanto per regalare altro “amore” al proprio popolo (come quando Silvio votò il Governo Monti).
Di Battista nel frattempo afferma che “se non avremo più Europa, l’India e la Cina ci faranno il mazzo” ma sa bene che questa affermazione, citando Fusaro, è una perla di cretinismo economico (ammesso e non concesso che fosse di tipo economico), (in)utile ad apparire moderati a quell’elettorato, ad esempio i pensionati, ingenuamente (ingiustamente) indottrinato (spaventato) dal mainstream di Confindustria.
Il vero populismo è infatti quello che i media inculcano con messaggi subliminali in ogni dove, parlando delle virtù taumaturgiche di questa Europa citandola indirettamente perfino durante i reality.
Il populismo non è quello descritto dai giornali, populisti si è se si mente.
Nelle intenzioni e nella fattibilità delle proposte.
Il 5s in nemmeno 8 mesi di Governo ha quasi completato l’approvazione del pacchetto seguente: abolizione vitalizi, riduzione di 350 Parlamentari pur mantenendo due Camere, Reddito di Cittadinanza.
Non mi pare populismo visto che legiferano mantenendo quanto promesso e hanno davvero aperto in questo modo la casta come una scatoletta di tonno.
Ho alcune osservazioni da fare però:
  • Perché Casalino non chiede ai suoi principali simboli (Di Maio e Di Battista) di illustrare continuamente in TV questi risultati?
  • Perché non spiegano che con due Camere, nel passaggio che intercorre tra le due approvazioni, in quel mesetto, si dà il tempo ai cittadini, di accorgersi se qualcuno sta per approvare provvedimenti pro lobbies (cioè corruzione)?
  • Perché non denunciano che viviamo in un paese devastato da cataclismi idrogeologici e che questo stato di cose rende oltre che inutile anche insensata la TAV (ci sono altre priorità) e che quando i politici dell’opposizione, affermano rabbiosi che non ci sono investimenti è solo perché hanno il dente avvelenato per la Torino-Lione essendoci dietro gli interessi delle solite caste? Sono i partiti di opposizione semmai che accettavano i dogmi imposti dalla UE operando in conseguenza i tagli sugli investimenti (mentre il Governo ha resistito al 2.04%).
  • Perché non diffonde una grande verità e cioè che il Reddito di Cittadinanza italiano è il più normato in Europa (ricordo che il RDC c’è in tutta Europa)? Come ogni legge ha degli aspetti critici ma perché non dire che mille cittadini tolti dalla miseria contano più di un furbetto? Non si getta il bimbo con l’acqua sporca soprattutto quando il bimbo sono persone che altrimenti dovrebbero lavorare in nero, rubare o perfino prostituirsi.
Al riguardo un annetto circa fa, suonai il campanello di allarme sulle vulnerabilità del RDC ma quello prodotto da questo Governo ha effettivamente posto rimedio alla maggior parte di esse. Certo, incide fortemente sulla povertà assoluta e non su quella relativa ed è ancora privo di un salario orario minimo, ma comprendo che sia frutto di un compromesso con la Lega (però il salario orario ci vuole o si rischia un caso Hartz).
Aggiungo che qualora ci fosse anche la corsa al cambio di residenza, è sensato scandalizzarsi per una piccola percentuale dei 5, 6 miliardi totali del RDC quando ogni anno decine di miliardi se le intascano le banche internazionali mediante speculazione (a causa delle regole di Maastricht), evasione ed elusione?
Mi raccomando ai pentastellati: non rendete il RDC a tempo (cioè non rinnovabile come vorrebbe Garavaglia della Lega), in tal caso diverrebbe un conto alla rovescia e cioè un sussidio come gli altri, visto che perderebbe la sua funzione cardine: la sicurezza di non rimaner mai indietro (fattore che stimola i consumi quando si ha un lavoro).
Tornando alle affermazioni di Di Battista inerenti la Cina e l’India gli ricordo che “le dimensioni nel campo economico non contano” (cit. Bagnai). Anzi!
Un paese eccessivamente popolato di norma “è forte” perché mettendo in competizione centinaia di milioni di morti di fame opera la svalutazione del lavoratore, la “deflazione salariale” al fine di contenere i costi di produzione e l’inflazione (che penalizza l’export) tenendo alto il tasso di disoccupazione e bassi i salari!
Questa UE sta rincorrendo Cina e India in questo campo e non ci pensa neanche ad essere solidale. E’ ancora questo l’habitat che vogliamo?
La verità è che un paese è solido se ha una moneta forte quanto la sua economia, se ha una spesa pubblica primaria non eccessiva, se non è reduce da decenni di deficit e dispone di una bilancia commerciale in equilibrio (uno studio di Villemot e Durand, cioè di due grandi menti francesi, Università della Sorbonne, dimostra che l’Italia in caso di “Uscitaly” è la realtà più solida in UE).
Di Battista se quando parla di Cina e India si riferisce invece alla sfera geopolitica (multilateralismo vs unilateralismo) di cui all’italiano interessa il giusto ha ragione: è vero che in politica estera gli USA comandano sul nostro suolo, (Alessandro sa bene come finì per noi la seconda guerra mondiale) e ci vedono come una bellissima portaerei ma dopo l’epoca delle stragi e dopo l’idillio Bush-Silvio, gli USA si sono un po’ disimpegnati dalle nostre questioni interne.
La politica italiana, i partiti italiani, sono infiltrati da soggetti esteri (eufemismo, forse dovrei dire eterodiretti grazie alla “sensibilità” dei politici italiani verso il dio danaro), soprattutto europei; si osservi ad esempio chi detiene il nostro debito pubblico estero: Francia, Inghilterra e Germania.
Non lo nego, solo gli inglesi mi stanno simpatici forse perché non mirano a colonizzarci, almeno in codesta fase storica, mentre le altre due nazioni citate, ci impongono, attraverso i partiti tradizionali e col supporto dei media, scelte ideologiche smentite dalla letteratura scientifica economica, drenando benessere e lavoro (e quelli sì che interessano agli italiani!) dalla nostra Patria verso “Aquisgrana”.
Seguendo le indicazioni di costoro (dei partiti tradizionali) gli italiani hanno dato con fiducia le leve della nostra BC all’UE: per ripagarci da Bruxelles ci scatenano contro lo spread (se avessimo una BC non esisterebbe).
Un tradimento ” verso ciò che i nostri padri ed i nostri nonni sognavano.
C’è chi si chiama “Liberté ed egalité” (LeU) e chi si chiama come il partito globalista per eccellenza (il Partito Democratico USA) ma in ogni forza politica tradizionale italiana le suddette “sensibilità” sono miste cioè sono riferite a paesi diversi ed alle più disparate lobbies mondiali (ad esempio Soros).
Si rallegrino costoro! Al loro fianco adesso potranno contare su un De Falco in più contro questo Governo.
Il volto reazionario di Macron, ed il razzismo contro gli italiani manifestato dal liberale Guy Verhofstad di Alde (sì sempre Alde! La ragione per cui nel gennaio 2017 lasciai i 5s dopo 5 anni di fatiche e amore) sono vomitevolmente appoggiati dalla stampa nostrana (aprite gli occhi italiani!) e dimostrano che l’Europa non esiste se non nel suo estremismo e nell’odiosa eugenetica strisciante di cui è impregnata.
Ciò che non si dice è che queste reazioni sono emerse in seguito alla questione neocoloniale (altro che Gilet Gialli!) sollevata da Di Battista (elogio) e rivela che quella del romano non è mera propaganda che si dissolve dopo il voto europeo! Non potrebbe essere altrimenti perché quando si rivela una verità, anzi, una bomba, del genere si provoca una deflagrazione ed in Africa sono stufi del franco visto che è una palla al piede al loro sviluppo, alla loro emancipazione; dopo le rivelazioni di Di Battista si sono alzati i riflettori su codesta tematica in un intero continente e là si stanno organizzando movimenti di protesta su scala sovranazionale.
Come affermato dal romano non si può stare una settimana fermi sulla Sea Watch se non ci si occupa della radice dei problemi ed il 5s ha una identità se da un lato ferma l’immigrazione clandestina e dall’altro ragiona in questo senso.
Non credo sfugga che da quando il M5s ha subito una sconfitta (in Abruzzo) mi piaccia molto di più.
La mia storia di attivista del resto è sempre stata questa; quando il 5s era in difficoltà io ne facevo parte, quando saliva nei sondaggi e giungeva “la fiumana” di opportunisti pronti a dire “YES” tradendo tutti i valori (che non avevano), io me ne andavo scornandomi proprio con loro (di colpo più “realisti del Re”) che cercavano di approfittare delle mie legittime perplessità (diverso è il comportamento di chi prima si fa eleggere sotto una insegna e poi la tradisce, se hai una carica devi rispetto a un simbolo ed ai tuoi elettori, altrimenti sei un cialtrone).
Credo che non siano coincidenze: quando il 5s con coraggio si batteva su “posizioni di minoranza” chi ci credeva accettava anche di essere deriso dalla moltitudine, quando il 5s saliva nei sondaggi attraeva ogni personaggio in cerca di poltrona, di norma proprio quelli che fino a pochi minuti prima davano dei mentecatti ai “grillini”.
Ho visto una stretta di mano tra Di Maio e Salvini (https://www.youtube.com/watch?v=jne5kMRa43A) e sento molta positività; mi auguro di cuore che il capo politico (e meno male c’è un capo e quel capo) strutturi sul territorio il Movimento in prima persona senza delegare. Secondo me lo strutturerà sulla base della più grande apertura, sulle capacità, sulle competenze ed idee e non sulla base di ciò che ha fatto fuggire migliaia di persone e cioè le agendine telefoniche con i numeri degli eletti (pronti a creare stramaledette correnti), le dinamiche di gruppo, le imboscate, l’ignoranza ecc.
Quando vedrò chi hanno candidato capirò se in questo articolo ci ho visto bene: chi divide in destra e sinistra anziché in cittadini e lobbies è servito.
Come dice De Masi (quello che ha utilizzato il M5s per farsi conoscere salvo poi cercare di avvelenarlo con i soliti concetti di destra e sinistra tanto cari al PD e a Silvio Berlusconi da Arcore https://comedonchisciotte.org/domenico-de-masi-ma-cose-la-destra-cose-la-sinistra/) il ragazzo nato ad Avellino “impara velocemente”, cioè ha una intelligenza brillante e questo con buona pace di Matteo Renzi che se ne è uscito, dopo aver deformato il paese, con insulti degni di un nerd viziatello intento sul divano a giocare alla play.
Ps:
Già che ci sono non mi tiro indietro nemmeno stavolta e propongo altri piani di lavoro:
  • Creazione di una Radio che non lasci a Radio Radicale le dirette dal Parlamento. 
  • Convocare come 5s la Gilda degli insegnanti (del resto anche Salvini spesso si è sovrapposto alle competenze di Ministeri pentastellati chiedendo loro un parere ) (https://www.orizzontescuola.it/autonomia-gilda-governo-freni-questa-corsa-verso-la-spaccatura-del-paese). Le perplessità di questo Sindacato, cui sono iscritto da pochi mesi, le condivido. Certe tematiche devono ricercare il massimo della condivisione e la scuola dovrà essere un cuore pulsante per il M5s. Il Gilda è un Sindacato molto serio e libero; anni fa proposi al Movimento di dotarsi di organizzazioni operanti nelle Università, nelle Istituzioni in generale e nelle aziende. Si inizi.
  • Gli italiani sentono parlare di tutto tranne che di economia e sociale! A noi italiani importano lavoro, salari più alti e garantiti, IVA e accise. Lo so che sono impossibili vere politiche espansive essendo questo Governo figlio anche di Mattarella (Moavero, Tria) e Draghi (Giorgetti), lo comprendo, ma perché non proporre un tavolo Europeo in diretta streaming (e magari a reti unificate), durante il quale si illustrino costi e benefici dell’unione monetaria, paese per paese?
Dati prima e dopo la moneta unica dell’import, dell’export, della quota salari, dei salari reali, della disoccupazione, sforamenti del deficit/PIL, sforamenti dell’export, , evoluzione del rapporto di cambio Marco/Lira in vista di Ecofin, legame tra import/export e il cambio deciso il 24/11/96 (Ecofin), legame tra import/export e il target 2 ecc.
Sarebbe la volta che ai vari Fico e Nugnes daremmo qualcosa di simile (lo streaming) al Movimento prima versione (ma sicuri che loro ricerchino quello?) ma per qualcosa di affine ai bisogni del popolo e non per portare acqua al mulino dell’ideologia radical chic.
Non lo so ma quando sono ispirato significa che il Movimento sta intraprendendo la strada giusta, magari ne resterò deluso nuovamente (e scriverò altri pezzi su questo network) ma se tutto va come credo le 5 stelle torneranno presto a piacere.
In bocca al lupo (viva il lupo) Luigi Di Maio, il 5s si risolleverà forse anche meglio di prima perché finalmente ben delineato!

venerdì 1 maggio 2015

Conti pubblici, Consulta trova falla nella ‘norma Fornero’. Incostituzionale blocco adeguamento al costo della vita delle pensioni. Danno da 5 miliardi.



L'ex ministro: "Non fu scelta mia, ma di tutto il governo per fare risparmi in tempi brevi. Vengo rimproverata per molte cose ma quella fu la cosa che mi costò di più”. Palazzo Chigi: "Prova non facile ma troveremo una soluzione".

Altro che tesoretto da 1,6 miliardi di euro. Per il tandem Renzi-Padoan è in arrivo una stangata da circa 5 miliardi. Colpa di Elsa Fornero. O, a seconda dei punti di vista, della Corte Costituzionale. Che ha stabilito che la norma con cui per il 2012 e il 2013 era stato bloccato l’adeguamento al costo della vita delle pensioni di importo superiore a tre volte il minimo Inps è incostituzionale. La legge, contenuta nel Salva Italia varata dal governo Monti a poche settimane del suo insediamento era stata promulgata “in considerazione della contingente situazione finanziaria”. Una condizione evidentemente non sufficiente.
“L’interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”, afferma infatti la Corte nella sentenza numero 70 depositata giovedì 30 aprile, di cui è relatore il giudice Silvana Sciarra.
“Stiamo verificando l’impatto che la sentenza della Consulta può avere sui conti pubblici, non sarà una prova facile ma non siamo molto preoccupati” fanno sapere fonti di Palazzo Chigi che sottolineando come “siamo al governo per risolvere questioni complesse, quindi calma e gesso: studieremo la sentenza e troveremo la soluzione“.
A sollevare la questione di legittimità costituzionale erano stati, con varie ordinanze tra il 2013 e il 2014, il Tribunale di Palermo, sezione lavoro; la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna; la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria. L’impatto sui conti pubblici, stimato dall’Avvocatura dello Stato quando si tenne l’udienza pubblica, sarebbe di circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013, per un totale appunto di quasi 5 miliardi di euro. “Non fu scelta mia”, ha commentato a caldo l’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero ricordando che fu una decisione “di tutto il governo” presa per fare risparmi in tempi brevi. “Vengo rimproverata per molte cose – ha aggiunto –  ma quella non fu una scelta mia, fu la cosa che mi costò di più”. Fornero ricorda che proprio su questo punto si commosse fino al pianto nella conferenza stampa di presentazione del Salva Italia. “Fu ritenuta dal governo nel suo insieme, ha detto, soprattutto da quelli che guardano ai conti, una scelta necessaria perché dava risparmi nell’immediato”, quanto alla sentenza secondo l’ex ministro “la Corte avrà avuto le sue buone ragioni”. Chiunque abbia deciso, secondo la Consulta, le motivazioni indicate alla base del decreto sono blande e generiche, mentre l’esito che si produce per i pensionati è pesante. “Deve rammentarsi – si legge nella sentenza – che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull’ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato”.
“La censura relativa al comma 25 dell’art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico – dice ancora la sentenza – induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività”. Risultano, dunque, “intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36 Costituzione) e l’adeguatezza (art. 38). Quest’ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà” (art. 2) e “al contempo attuazione del principio di eguaglianza”, (art. 3).

martedì 30 luglio 2013

La stampa tedesca dal 2008 a oggi: “Italia = Berlusconi = caos = debiti”. - Alessandro Madron

Berlusconi e Merkel


Il pregiudizio non muore, come testimonia lo studio sull’immagine della Penisola nei media tedeschi, dell’Europaische Akademie Berlin, ente indipendente che collabora con il ministero degli Affari Esteri tedesco, che analizza titoli e servizi pubblicati da Die Zeit, Frankfurter Allgemenine e Bild Zeitung.

Inaffidabili e traditori, cialtroni e scansafatiche. L’Europaische Akademie Berlin, ente indipendente che collabora con il ministero degli Affari Esteri tedesco, ha effettuato uno studio sull’immagine dell’Italia nei media tedeschi, analizzando titoli e servizi dal 2008 ad oggi pubblicati da Die ZeitFrankfurter Allgemeninee Bild Zeitung. Tre giornali differenti, che si rivolgono ad un pubblico diverso, da cui emerge con prepotenza un giudizio pesante sull’Italia.
Il pregiudizio tedesco sul conto del popolo italiano, del resto, è vecchio di cent’anni ed è stato rafforzato nel tempo. Il peccato originale risale alla prima guerra mondiale, poi confermato con l’epilogo della seconda. Il giudizio storico è stato poi alimentato dal mito costruito negli anni della dolce vita, di un Paese popolato da maschi veraci, votati più al piacere che alla fatica. Oggi quell’impronta rimane e il pregiudizio torna a riproporsi, pescando da quell’immaginario.
Negli articoli presi in esame dall’analisi si parla principalmente dei protagonisti del sistema politico, delle elezioni e della crisi del sistema, oltre che di economia e di crisi finanziaria. L’equazione che ne emerge è particolarmente pesante: “Italia = Berlusconi = caos = debiti”. Ad esporre i risultati dello studio il professor Eckart Stratenschulte (direttore dell’ente), in occasione di un seminario dedicato alla Germania, organizzato da Villa Vigoni, centro Italo-Tedesco per l’eccellenza europea.
“A farla da padrone, tra i politici italiani raccontati dai giornali tedeschi, è stata la figura di Silvio Berlusconi– ha spiegato Stratenschulte -. Sono famose le copertine e le prime pagine che gli sono state riservate, spesso irriverenti. Ancora oggi in Germania domina l’incomprensione su come gli italiani possano continuare a votare Berlusconi, sia come imprenditore dei media, sia per gli scandali che lo hanno travolto, per le leggi ad personam, ma soprattutto per quello che è successo sul caso Ruby, in particolare per la bugia sulla parentela con Mubarak, che all’epoca era ancora un importante Capo di Stato, una cosa incomprensibile e inconcepibile per un tedesco”.
Accanto ad un giudizio pesante su una certa classe politica c’è però anche il tentativo di spiegare il caso italiano è diverso da quello greco: “Per noi la Grecia è stato un vero incubo e lo è tutt’ora. Soprattutto la Frankfurter e Zeit, in questi anni hanno spiegato che l’Italia non è la Grecia. Certo c’è preoccupazione per la situazione di crisi in Italia, perché l’Italia è una grande forza economica e un tracollo avrebbe conseguenze disastrose per tutta l’eurozona, ma sono stati fatti notare gli sforzo compiuti, prima con il governo Monti e adesso con il governo Letta. I tedeschi capiscono e apprezzano lo sforzo di dare un governo al Paese che vada oltre le spaccature”.
Interessante, per comprendere il giudizio tedesco sull’Italia, un sondaggio pubblicato recentemente nel quale è stato chiesto chi fosse il partner più affidabile per la Germania: “L’82% per cento ha messo al primo posto la Francia, poi a scendere ci sono altri paesi come Usa, Polonia e solo il 32% ha risposto Italia”. Quando invece si è trattato di rispondere alla domanda su quale paese dovesse uscire dall’Europa il risultato è stato differente: “Il 74 % degli intervistati ha detto che l’Italia deve rimanere dentro l’eurozona e solo il 20% ritiene che debba uscire. Un risultato migliore di Spagna, Portogallo e ovviamente della Grecia”.
Stratenschulte ha spiegato che non ci sono solo stereotipi negativi sul conto degli italiani: “Siete caotici ma charmant. Venite visti comunque come il Paese della moda, della cultura, della gastronomia, del buon vivere, dell’architettura e del design. Io non sarei preoccupato per l’immagine italiana. Per chiudere con una battuta possiamo dire che forse alla base c’è un po’ di invidia, perché i tedeschi lavorano per entrare in paradiso mentre gli italiani lavorano meno perché sono già in paradiso”.
Prova a metterci una buona parola anche Michael Georg Link, viceministro degli Affari Esteri tedesco, con delega alle politiche comunitarie: “Io sono del Baden Württemberg, abbiamo relazioni molto strette con il Nord Italia ormai da 40 anni. C’è molto rispetto a livello tecnico e industriale. La nostra immagine dell’Italia è che ci sono molte italie differenti. Sappiamo che l’Italia è uno dei migliori alleati quando si tratta di portare avanti l’idea europea. Oggi siamo molto lieti della collaborazione tra Guido Westerwelle ed Emma Bonino, che a Mallorca hanno appena firmato una dichiarazione di intenti per continuare nel processo di integrazione europea. Gli anni del governo Berlusconi, in Germania, sono stati percepiti come anni perduti per l’Europa. Durante quel periodo è mancata una voce forte italiana a Bruxelles, oggi stiamo riflettendo su come approfondire la collaborazione perché crediamo molto nella forza di questo governo Letta”.

giovedì 3 gennaio 2013

Direzione nazionale antimafia, ridate quel posto a Caselli. - Benny Calasanzio Borsellino


Dopo lo “spostamento” di ruolo di Pietro Grasso da procuratore nazionale antimafia a candidato del Partito Democratico alle prossime elezioni politiche (“il Pd è la mia casa”, e gente come Vladimiro Crisafulli il suo coinquilino), si è aperta la corsa alla successione del magistrato palermitano che era stato giudice a latere nel maxiprocesso a cosa nostra istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E si fanno già i primi nomi: dai più affascinanti ma che francamente hanno poche possibilità, come Ilda Boccassini e Roberto Scarpinato, a quelli più probabili, come Franco Roberti e Roberto Alfonso.
Durante la conferenza stampa in cui ha annunciato la sua candidaturaAntonio Ingroia ha provato a ristabilire una verità troppo spesso dimenticata: nel 2005, dopo la fine dell’incarico di Pier Luigi Vigna, il magistrato destinato a ricoprire la funzione di procuratore nazionale antimafia, a parere di molti, era Giancarlo Caselli. Il decreto legge del 20 novembre 1991, convertito il 20 gennaio successivo, all’art. 6 prevedeva infatti che “alla Direzione è preposto un magistrato avente qualifica non inferiore a quella di magistrato di Cassazione (Caselli lo era dal 1991, Nda), scelto tra coloro che hanno svolto anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni, funzioni di pubblico ministero o giudice istruttore, sulla base di specifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organizzata. L’anzianità nel ruolo può essere valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali”.
Dal 15 gennaio del 1993, giorno dell’arresto di Totò Riina, fino al 1999 Caselli era stato procuratore capo a Palermo dando il via ad un’irripetibile stagione interrotta proprio dall’arrivo di Pietro Grasso, considerato, anche da molti magistrati di quella procura, un “normalizzatore”.
Ma il provvidenziale governo Berlusconi, grazie all’emendamento firmato dall’ex An Luigi Bobbio presentato nell’ambito della controriforma dell’ordinamento giudiziario, cancellò per sempre la possibilità che il canuto magistrato piemontese sedesse su quella poltrona. L’emendamento indicava infatti come tetto massimo per l’assegnazione degli incarichi direttivi l’età di 66 anni ed escludeva coloro che non potevano garantire quattro anni di presenza prima dell’età pensionabile. Mancava solo che ci fosse scritto che erano esclusi dalla “gara” tutti quelli che avevano un cognome che iniziasse con “C” e finisse con “aselli”. Anche se sembra (ed effettivamente era) una legge contra personam, che doveva far pagare a Caselli le sue indagini sui rapporti mafia politica, in testa il processo Andreotti, Piero Grasso accettò l’incarico senza fare una piega. Mors tua vita mea.
Nessuna sorpresa, dunque, quando nel maggio scorso, a pochi giorni dal ventesimo anniversario della strage di Capaci, Grasso fece la memorabile e blasfema dichiarazione: “darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia”. E per forza (Italia): senza Silvio e gli altri sventurati il buon Grasso mai sarebbe riuscito a diventare procuratore nazionale, sovrastato per esperienza, coraggio e carisma dal buon Caselli.
Per queste ragioni, dopo lo scippo del 2005, sarebbe giusto e soprattutto necessario, vista la carriera e le capacità unanimemente riconosciute a Giancarlo Caselli, che quel posto venga oggi assegnato, o meglio, ridato a lui.

lunedì 10 dicembre 2012

Elezioni, Berlusconi a Monti: “Il tempo dei tecnici è finito”. Aut aut alla Lega.


Elezioni, Berlusconi a Monti: “Il tempo dei tecnici è finito”. Aut aut alla Lega


Il Cavaliere sfida il Professore: "Il mio governo migliore del suo". Dopo il vertice nella residenza milanese il Pdl sembra intenzionato a dare la Lombardia al Carroccio in cambio dell'appoggio a livello nazionale. Intanto si pensa a volti nuovi per le liste elettorali e alla strategia anti Grillo.

“Il tempo dei tecnici è finito, noi durante il nostro governo siamo stati migliori di questo”. E ancora, nessuna sorpresa per l’annuncio di dimissioni dato dal permier Mario Monti dopo lo sfilamento del Pdl dalla maggioranza: “Sorpreso? No, pensavamo che fosse doveroso un comportamento siffatto”. Silvio Berlusconi si tuffa in piena campagna elettorale parlando con i giornalisti fuori da una pizzeria di Milano (ironia della sorte, in via Vincenzo Monti), dove ha cenato dopo il vertice del Pdl sulle regionali lombarde nella villa di via Rovani. L’attacco al professore e al suo esecutivo è netto e fa capire i toni che Berlusconi utilizzerà nei prossimi mesi.
“Noi abbiamo tenuto fede agli impegni. Cambia poco perché abbiamo l’anticipo di un voto di un mese, un mese e mezzo”, ha continuato il Cavaliere, assicurando che il breve lasso di tempo che separa il paese dal voto è più che sufficiente per battere il Pd di Bersani: “Penso di sì, sono più giovane politicamente di Bersani, Casini” e di altri politici del centrosinistra “e sono assistito dal migliore giovane che c’è in campo, Angelino Alfano“.
Non manca l’apertura allo sfidante del leader del Pd alle primarie – “Se Renzi volesse venire con noi, sappia che ai liberali tengo sempre la porta aperta” – ma soprattutto è chiara l’impronta anti-europeista che Berlusconi intende imprimere alla competizione elettorale: “Non si può continuare con queste politiche germano-centriche in ossequio all’Europa“. In conclusione, i leader del Pdl ha affermato di confidare “nel buon senso degli italiani – cui cercherò di spiegare andando nel prossimo mese in tv che il voto frammentato rende il Paese ingovernabile“.
Il ritorno al passato si completa con la riedizione dell’alleanza con il Carroccio: “Mai venuta meno l’alleanza con la Lega. Un ragionamento che l’ex presidente del Consiglio ha fatto anche con il vertice lombardo del partito riunito per oltre quattro ore in via Rovani, storica residenza milanese del Cavaliere. Un incontro definito “molto costruttivo” dall’ex capo del governo che tra i vari argomenti ha discusso appunto con i suoi dirigenti del futuro della Lombardia e dell’ipotesi di un accordo con la Lega.
Elezioni in Lombardia. L’idea che il Pdl appoggi la candidatura di Roberto Maroni va bene al Cavaliere che però, come contropartita, chiede un impegno del Carroccio a siglare un’intesa a livello nazionale. “Prima di parlare di candidato in Lombardia, bisogna parlare di contesto nazionale. Anche noi abbiamo i nostri candidati”. E per questo “per noi è prioritario che la Lega esprima la sua posizione in un quadro nazionale” fa sapere, a termine della riunione, il coordinatore lombardo del Pdl Mario Mantovani. Per la poltrona del Pirellone l’ipotesi è infatti quella di un ticket di due ex ministri: il segretario della Lega Nord Roberto Maroni e di Mariastella Gelmini. Quello che è certo è il duo Maroni-Gelmini non piace al presidente uscente della Lombardia, Roberto Formigoni, che prima di entrare spiegava: “Preferisco Coppi-Bartali”. Perché per il Celeste il candidato giusto era Gabriele Albertini (che oggi in una intervista ha fatto sapere che non rinnoverà la tessera del Pdl, ndr). Il governatore ha sempre dichiarato la sua preferenza per la candidatura alla presidenza della Lombardia dell’ex sindaco di Milano, ma oggi questa candidatura potrebbe essere tramontata. Certo è che “si sono prese decisioni importanti” .
Per B. Monti avrebbe solo il 13% delle preferenze. Lega a parte, l’ex capo del governo attende che il premier faccia la sua mossa e dica apertamente se intende candidarsi o meno. E pensare – è il ragionamento – che sono stato il primo ad indicare Monti come la persona giusta per metter insieme tutti i moderati mettendo bene in chiaro al Professore che avrebbe potuto godere del mio appoggio. Ora – prosegue ancora l’ex capo con i suoi uomini più fidati – Monti decide di schierarsi e siglare un accordo solo con una parte politica. Il Cavaliere sa bene che il rapporto con il Professore è ormai irrecuperabile. Berlusconi ne avrebbe parlato anche con Gianni Letta che oggi lo ha informato di un colloquio avuto con il Capo dello Stato a margine del concerto di Natale al Quirinale. Il presidente della Repubblica avrebbe espresso le sue valutazioni sulla decisione assunta dal Cavaliere di sfiduciare il governo accelerando la fine di una legislatura ormai arrivata agli sgoccioli. In attesa di capire le mosse di Monti, il Cavaliere è convinto che il premier ancora in carica non riscuota successo in quella fetta di elettori a cui guarda il leader del Pdl. Parole che sarebbero supportate da una serie di sondaggi (quelli nuovi arriveranno domani mattina) secondo cui il premier non avrebbe un gradimento significativo, si parla di un 13% massimo. Sondaggi a parte però il capo del governo si prepara alla controffensiva. L’accelerazione sulle legge di stabilità e lo scioglimento della legislatura prima di Natale rafforza l’idea che si vada a votare a febbraio. L’obiettivo del partito è quello di provare a fare il più possibile ostruzionismo in Parlamento per allungare i tempi sperando che si voti il 24-25 febbraio. Il poco tempo a disposizione impone al Cavaliere anche una revisione su come impostare la campagna elettorale che ruoterà intorno al tema delle tasse e al rischio di un aumento nel caso al governo vada il centro sinistra. 
La strategia anti Grillo. L’ex capo del governo ha intenzione di alzare il livello dei toni ed anche l’allarmismo cercando di attrarre quegli elettori pronti a sostenere Grillo, che ancora oggi dal suo blog ha lanciato strali contro Monti e tutti gli altri. L’obiettivo – spiegano i pidiellini – è arrivare prima del Movimento 5 Stelle. Ecco perché l’intenzione è arrivare ad un’intesa con la Lega. Certo, l’idea di ‘consegnare’ al Carroccio anche la Lombardia non piace allo stato maggiore del partito, poco convinto che un’intesa nazionale con i leghisti consenta al Pdl di poter mandare in tilt il Senato. Già perché potrebbe essere quella la strategia da seguire visto il ‘peso’ in termini di elezione di senatori che ha la Lombardia. I sondaggi in questo momento danno il partito del Cavaliere in caduta libera in tutte le Regioni per cui risalire la china è complicato.
Volti nuovi per le liste elettorali. Occhi puntati poi sulla composizione delle liste elettorali. Raccontano che l’ex capo del governo sia intenzionato a fare ‘piazza pulita’ rinnovando con una serie di volti nuovi. Tra cui non ci sarà quello di Flavio Briatore che su Twitter ha ribadito che non si candiderà e che voterà turandosi il naso. L’idea di dare vita ad un partito che assomigli nei fatti ad un nuova Forza Italia potrebbe portare una parte degli ex An a lasciare il Pdl. Nel vertice Ignazio La Russa, a quanto raccontano i presenti, avrebbe esposto l’idea a Berlusconi che non si sarebbe detto contrario: “Ditemi quello che volete fare – avrebbe replicato il Cavaliere – se pensate che divisi si possa recuperare consenso io non metto ostacoli”.

lunedì 12 novembre 2012

Un anno di governo Monti. Un anno senza B. Quel che c’è e quel che manca.


Trecentosessantacinque giorni per rimettere in piedi un Paese in crisi posson bastare? Non solo economia per far fronte all’emergenza, ma anche lacrime per i pensionati, studenti sfigati, e precari choosy. Il bilancio dei tecnici è cominciato in trend positivo: non potevano fare peggio del governo che li aveva preceduti. Ma hanno rispettato le attese o deluso i cittadini? Lo abbiamo chiesto a cinque autorevoli commentatori, tutti d’accordo sulla necessità di ridimensionare le altissime aspettative della vigilia.   
In cambio di rigore e sacrifici, il governo tecnico non ha saputo dare all’Italia ciò di cui aveva bisogno. “Insoddisfacente” la spending review, “fumo negli occhi” la legge anti-corruzione, “inefficace” la lotta all’evasione, “eccessivo” l’aumento delle tasse, “timide” le liberalizzazioni, “nessuna strategia” per l’offerta né per l’industria, “dimenticati” ambiente e cultura, per non parlare della scuola e dell’università.
Un rendiconto molto misero per un esecutivo che, nella continua ricerca dell’equilibrio di una strana maggioranza, non ha avuto il coraggio di cambiare direzione dopo una stagione politica durata 18 anni. Infatti l’11/11/11 non sarà ricordato solo per l’eccezionale ripetizione numerica, ma anche per l’addio di Silvio Berlusconi. L’ufficialità arrivò il giorno dopo. E domani, cosa ci attende?
Dite la vostra nei commenti
SANDRO TRENTO
È ora di tornare alla politica Poche luci, molte ombre
UN ANNO FA eravamo in piena emergenza, l’Italia era sul punto di una grave crisi finanziaria. Il governo Monti ha avuto il merito di rassicurare i mercati con manovre finanziarie molto robuste, con impegni chiari sul pareggio di bilancio e con alcune riforme. La riforma delle pensioni ha definitivamente risolto il problema degli equilibri previdenziali. Il giudizio è positivo anche sulla recente riduzione del numero di province. Ma molti sono i dubbi sull’azione di governo nel suo insieme: il risanamento è stato realizzato con un eccessivo aumento delle tasse e questo ha avuto un profondo effetto recessivo. La riforma del mercato del lavoro è stata gestita malissimo e il risultato è deludente. Scarsa la lotta all’evasione e assente quelle ai costi eccessivi della politica. Liberalizzazioni timide sulle professioni ma nessun coraggio sui monopoli delle reti. Poca attenzione per l’industria e in generale nessuna strategia per l’offerta. Poca attenzione per la giustizia sociale. Zero su scuola e università. È ora di tornare alla politica.
ROBERTA DE MONTICELLI
Ci sono più privilegi di prima quando diceva di volerli abolire
DODICI MESI FA salendo al Quirinale Mario Monti disse: “C’è un lavoro enorme da fare. Bisogna abolire i privilegi”. “Privilegi” è davvero un eufemismo per dire l’enorme dissipazione di denaro pubblico in corruzione, malversazione, abusi, distruzione di risorse, talenti, speranze e futuro; per dire la politica come rapina e non come governo. “Privilegi” è parola povera per dire il sistema di privilegi criminali che ha sostituito il sistema della competizione liberale, eppure quella frase evocava un’idea di giustizia. Cosa ne rimane oggi? Una legge anti-corruzione falsa e inutile, una proposta di legge di semplificazione che neppure Berlusconi avrebbe osato, tanto brutalmente abolisce gli ultimi vincoli alla cementificazione e due enormi buchi tecnici là dove i danni restano irreversibili: la distruzione dell’ambiente, che è distruzione della nostra salute e quella del patrimonio culturale che è distruzione del futuro dei nostri figli.
 
OLIVIERO BEHA
Un mito per il passato, un buco nero per il futuro
IL MAGGIOR MERITO del governo Monti dopo un anno è ancora quello di aver rilevato un esecutivo che ci ha ridotti in questo stato, con la complicità complessiva della classe politica. Ma purtroppo anche il maggior demerito del medesimo coincide con il merito: per risollevare l’umore della truppa italiana nel suo disperante “rompete le righe”, infatti, siamo sempre costretti a riandare al Berlusca e ai suoi affini, iniquamente sparsi per le lande parlamentari. Con quelli saremmo ulteriormente precipitati, con i tecnici simuliamo un po’ di resistenza alla crisi. Però resta il nodo centrale: la situazione economica è ancora fallimentare, l’effetto-precipizio ha colpito i più deboli, la voce-lavoro è tremenda, quella pensioni tra “esodati” e “ricongiunti” mette affanno o spavento addirittura ecc. E niente dà il segno di un’inversione di tendenza reale, di ideali e valori, quindi culturale, quindi politica. Vedi la crisi della scuola e dell’Università, cioè il nostro domani. Lo spread profondo è quello, ma sembra essere fuori dall’orizzonte di Monti&co. Quindi Monti è un mito per il passato, una pezza a colori per il presente, un buco nero per il futuro.
 
MARCO POLITI
Ha salvato l’Italia dal baratro, ma i precari sono abbandonati
MONTI HA SALVATO l’Italia dal baratro finanziario e ha ridato credibilità internazionale al Paese. La maggioranza degli italiani lo avverte istintivamente. L’opinione pubblica giudica allo stesso tempo la traiettoria del governo tecnico. Circa i costi del salvataggio, il premier si è dimostrato singolarmente reticente nel chiamare a pagare i boss delle slot-machine, la Chiesa, i possessori di conti correnti nascosti in Svizzera e in altri paradisi fiscali. Nessun motivo di razionalità economica giustifica ritardi e omissioni di questo tipo. Infine resta negletta la riforma numero 1 di cui ha bisogno la società italiana: l’abbattimento delle norme che alimentano il lavoro precario di milioni di giovani e – purtroppo – anche meno giovani. Da Grillo a Renzi, da Casini a Bersani, ad Alfano tutti guardano altrove. Ma il premier è oggi responsabile nel far finta di credere che il problema sia stato risolto dalla riformetta Fornero. È sul piano sociale che Monti rivela di non avere la tempra di un riformatore. Con questo precariato non ripartiranno neanche i consumi. Perciò non c’è nessuna agenda-Monti da idolatrare.
 
BRUNO TINTI
Partito cavallo, arrivato asino I risultati hanno deluso
PARTITA de caballo llegada de burro. Così dicono gli spagnoli. L’inizio fu folgorante: “Vi comunico che, per mia scelta personale, non riceverò alcun stipendio per la mia funzione di presidente del Consiglio”. E poi l’Italia, di nuovo e dopo tanto tempo, accolta nel consesso internazionale. Lo stesso Monti, serenamente autorevole, che ricorda a Sarkozy e a Merkel che, sì, l’Italia farà i compiti a casa ma proprio lui, qualche tempo prima, aveva avviato, come Commissario europeo, una procedura di infrazione contro la Germania per le stesse colpe che i due rimproveravano all’Italia. E ancora il salvataggio dalla bancarotta; con lacrime e sangue, certo; ma cosa ci si poteva aspettare dopo 30 anni di clientelismo e corruzione? Poi e arrivata la spending review: 30 province appena e le altre ancora lì a sprecare soldi e assicurare clienti alla politica; e 30 tribunali su più di 100 che avrebbero dovuto esser soppressi. Un incidente di percorso? Ma no, è arrivata la nuova legge sulla corruzione. Fumo negli occhi: reati finti, prescrizione garantita, niente falso in bilancio e auto riciclaggio. Giudizio complessivo? A coda di topo (che comincia grossa e finisce fina fina).