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mercoledì 14 febbraio 2024

Rilevati per la prima volta i filamenti di materia oscura della ragnatela cosmica.

 

Rilevati i filamenti di materia oscura.

Rilevati filamenti di materia oscura! Gli scienziati hanno finalmente ottenuto un importante traguardo nello studio dell’Universo: per la prima volta, sono stati individuati direttamente i filamenti di materia oscura che compongono la ragnatela cosmica.

Utilizzatto il Fenomeno del Weak Lensing.

Per compiere questa importante scoperta, un team di ricerca dell’Università di Yonsei ha sfruttato il fenomeno del weak lensing, che consiste nell’utilizzare la deformazione dello spaziotempo causata dalla forte gravità di ammassi e superammassi galattici.

Rilevamento dei Filamenti di Materia Oscura.

Utilizzando il telescopio giapponese Subaru, il team ha concentrato la propria ricerca sull’ammasso della Chioma, situato a 321 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione della Chioma di Berenice. Qui, hanno individuato le estremità terminali dei filamenti di materia oscura che circondano l’ammasso, estesi per milioni di anni luce e noti come filamenti intracluster (ICF, Intra-Cluster Filaments).

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Il Significato della Scoperta.

Questa scoperta rivoluzionaria fornisce nuove prove osservative per testare le teorie sull’evoluzione cosmica e sulla sua struttura su larga scala.

Importanza dell’Ammasso della Chioma.

L’ammasso della Chioma, uno dei più grandi e luminosi del cielo notturno, è stato scelto per questa ricerca in quanto contiene oltre 1000 galassie ed è ricco di materia oscura. Fin dai primi studi condotti su questo ammasso negli anni ’30, è stato evidente che la sua massa non poteva essere spiegata solo dalla materia visibile, suggerendo l’esistenza della materia oscura.

Implicazioni del Rilevamento dei Filamenti.

La scoperta dei filamenti intracluster fornisce sostegno al modello cosmologico attuale e apre la strada a nuove metodologie per lo studio e l’analisi degli ammassi di galassie.

Collegamento con la Struttura su Larga Scala dell’Universo.

L’allineamento dei filamenti rilevati nell’ammasso della Chioma con quelli su larga scala suggerisce un collegamento diretto tra la struttura dell’Universo e la formazione degli ammassi di galassie.

Contributo alla Comprensione della Materia Oscura.

Complessivamente, questa scoperta contribuisce in modo significativo alla comprensione della distribuzione e delle proprietà della materia oscura nell’Universo, aprendo nuove prospettive per la ricerca futura in questo campo affascinante.

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Implicazioni per la Ricerca Futura.

I risultati di questo studio aprono nuove prospettive per la ricerca futura sull’Universo e sulla materia oscura. La possibilità di individuare direttamente i filamenti di materia oscura nella ragnatela cosmica fornisce agli scienziati una preziosa base per approfondire la comprensione della struttura e dell’evoluzione dell’Universo.

Nuovi Approcci di Studio.

L’identificazione dei filamenti intracluster nell’ammasso della Chioma suggerisce nuovi approcci di studio per esplorare la distribuzione e le proprietà della materia oscura. Questi approcci potrebbero includere l’utilizzo di tecnologie avanzate e telescopi sempre più potenti per esaminare altri ammassi di galassie e confermare la presenza dei filamenti di materia oscura.

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Conferma dei Modelli Cosmologici.

La scoperta dei filamenti di materia oscura all’interno dell’ammasso della Chioma fornisce ulteriori conferme ai modelli cosmologici attuali. Questi modelli prevedono l’esistenza di una vasta rete di filamenti che connettono gli ammassi di galassie, e la loro individuazione diretta contribuisce a consolidare la nostra comprensione dell’Universo.

Nuove Domande da Esplorare.

Allo stesso tempo, questa scoperta solleva nuove domande e sfide da esplorare. Gli scienziati potrebbero cercare di comprendere meglio la natura e le proprietà della materia oscura, nonché il suo ruolo nella formazione e nell’evoluzione delle strutture cosmiche su larga scala.

In conclusione, il rilevamento dei filamenti di materia oscura nella ragnatela cosmica rappresenta un importante passo avanti nella nostra comprensione dell’Universo. Questa scoperta apre nuove prospettive per la ricerca astronomica e cosmologica, e promette di fornire risposte fondamentali su alcuni dei misteri più profondi dell’Universo.

https://www.universo7p.it/rilevati-per-la-prima-volta-i-filamenti-di-materia-oscura-della-ragnatela-cosmica/spazio/

martedì 10 ottobre 2023

Fragilità cosmica. - Filippo Bonaventura

 

Basta veramente niente. La parete di un vaso sanguigno che cede, un grumo di cellule che si riproduce in modo incontrollato. Una caduta da un’altezza sufficiente, un virus microscopico. Siamo fragili.

Se sopravviviamo è solo perché ci troviamo su questo minuscolo strato che chiamiamo “biosfera”, per il quale la selezione naturale e altri processi ci hanno altamente adattati. In qualunque altro punto del cosmo moriremmo quasi istantaneamente. Ci piace pensare che l’universo sia disegnato apposta per noi, ma l’universo è fatto di 400 milioni di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di km3 pronti a ucciderci all’istante, eccezion fatta per la superficie di un minuscolo sassolino sospeso nel vuoto, che un giorno verrà inghiottito dalla sua stessa stella madre.

Siamo come una matita in equilibrio sulla sua punta: un istante e tac, ci ritroviamo orizzontali e lì rimaniamo. Quando un astronomo dice «Betelgeuse esploderà tra poco» intende «entro il prossimo milione di anni». È vero che gli astronomi parlano in un modo tutto loro, ma è vero anche che i nostri tempi-scala sono ridicoli rispetto a quelli cosmici. Duriamo talmente poco che ci sembra di vivere in un universo immobile nonostante tutto sfrecci a milioni di km/h come tante schegge impazzite. Siamo come esserini che vivono per un nanosecondo in una cascata e non si accorgono nemmeno che l’acqua si sta muovendo.

Siamo apparentemente anche l’unica specie su questo pianeta a rendersi conto di tutto questo. Nessun altro con cui parlarne se non tra noi. Abbiamo anche provato a inviare messaggi nello spazio, senza mai ricevere risposta. Doppia spunta blu cosmica. Anzi, peggio: non sappiamo nemmeno se qualcuno ci sia, là fuori, in grado di ascoltarci.

Eppure ci piace disegnare linee immaginarie sulle mappe. Abbiamo il 99,9% del nostro genoma in comune con quello di qualunque altro essere umano. Se fossimo libri, la differenza tra me e te sarebbe di appena una lettera per pagina. Questa è la differenza tra chi odia e chi è odiato, tra chi ama e chi è amato. La verità è che siamo tutti vivi per miracolo, fragili come fibre di vetro e soli come cani sotto la pioggia. Ci piace disegnarle, quelle linee, ma sappiamo anche che sono immaginarie. Siamo tutti prodotti dell’eterno riciclo degli atomi nell’universo.

A partire dai quark la forza attrattiva nucleare ha generato i nuclei atomici. A partire dai nuclei atomici la forza attrattiva elettromagnetica ha generato gli atomi. A partire dagli atomi la forza attrattiva gravitazionale ha generato le stelle e i pianeti. Su questo pianeta ci siamo noi, e a partire da noi un’altra forza attrattiva, che però non sta nei libri di fisica, genera tutto ciò che di buono può venire dalla nostra specie.

https://www.chpdb.it/2022/03/17/fragilita-cosmica/

venerdì 28 agosto 2020

Pronto il catalogo che racconta la storia di 90.000 galassie.


La distribuzione nel cielo delle 90.000 galassie osservate grazie al telescopio Lamost. (fonte: N. R. Napolitano/R. Li) © Ansa





























La distribuzione nel cielo delle 90.000 galassie osservate grazie al telescopio Lamost. (fonte: N. R. Napolitano/R. Li).

Utile per lo studio della misteriosa materia oscura.

Pronto il catalogo cosmico che ricostruisce la storia di 90.000 galassie grazie al movimento delle loro stelle. Utile per lo studio della misteriosa materia oscura che forma circa un quarto del cosmo, il catalogo è pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society dal gruppo internazionale di astronomi, coordinato da Nicola Napolitano, dell’Università cinese Sun Yat-sen di Zhuhai. Tra gli autori anche i ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).
Le galassie identificate nel catalogo si trovano nell’emisfero Nord e sono distanti fino a 5 miliardi di anni luce dal Sistema Solare. Si tratta, spiegano gli esperti, del “primo catalogo della distribuzione delle velocità delle stelle all’interno di decine di migliaia di galassie”. Lo studio è basato sui dati raccolti dal telescopio cinese Lamost (Large sky Area Multi-Object Fiber Spectroscopic Telescope).
Questi risultati, spiega Napolitano, potranno “fornire informazioni importanti sulla struttura ed evoluzione delle galassie e sul loro contenuto di materia oscura. Se esiste la materia oscura, allora le stelle devono muoversi più velocemente per bilanciare l’attrazione gravitazionale generata da questa componente misteriosa del cosmo. Conoscere questa informazione per un elevato numero di galassie - conclude l’astrofisico - è fondamentale per studiarle con un occhio unico”.

giovedì 4 giugno 2020

Un pianeta abitabile a soli quattro anni luce di distanza? - Robert Krcmar

ESO/ M. Kornmesser-Rappresentazione della superficie del pianeta Proxima b in orbita attorno alla nana rossa Proxima Centauri, la stella più vicina al Sistema Solare.

GINEVRA - La stella più vicina al sistema solare, Proxima Centauri, è accompagnata da un pianeta simile alla Terra. Sul quale si potrebbe trovare dell'acqua in forma liquida, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics e ripreso in un comunicato rilasciato ieri dall'Università di Ginevra (UNIGE).
La scoperta è stata resa possibile grazie a delle misurazioni della velocità radiale di precisione senza precedenti, effettuate con ESPRESSO (Echelle SPectrograph for Rocky Exoplanet and Stable Spectroscopic Observations), il più accurato spettrografo svizzero attualmente in funzione, installato sul "Very Large Telescope" in Cile.
Proxima b, che è situato nella fascia abitabile della propria stella, è stato rilevato per la prima volta quattro anni fa utilizzando un vecchio spettrografo, HARPS, anch'esso sviluppato dal team di Ginevra.
Misure migliori - «Eravamo già molto soddisfatti delle prestazioni dello spettrografo HARPS, che negli ultimi 17 anni è stato responsabile della scoperta di centinaia di esopianeti», ha detto Francesco Pepe, Professore del Dipartimento di Astronomia dell'UNIGE e responsabile di ESPRESSO.
«Siamo però molto lieti che ESPRESSO possa produrre delle misure ancora più precise. È una ricompensa gratificante per il lavoro di squadra che dura da quasi dieci anni», ha aggiunto il ricercatore, citato nel comunicato stampa. «Confermare Proxima b è stato un compito importante», ha dichiarato invece Alejandro Suarez Mascareño, autore principale della pubblicazione: «È uno dei pianeti più interessanti conosciuti nelle vicinanze del sole».
E per quanto riguarda la vita? - «ESPRESSO ha permesso di misurare la massa di questo pianeta con precisione», ha detto Michel Mayor, Premio Nobel per la Fisica 2019 e mente dietro a tutti gli strumenti di tipo ESPRESSO.
Sebbene sia circa 20 volte più vicina alla sua stella di quanto la Terra sia vicina al Sole, Proxima b riceve un'energia comparabile a quella che riceve la Terra, in modo che la temperatura alla sua superficie possa permettere all'acqua, se c'è, di essere in forma liquida in alcuni punti e quindi di ospitare forme di vita.
Detto questo, la stella Proxima Centauri è una stella rossa, attiva, che bombarda il suo pianeta con i raggi X: Proxima b riceve infatti circa 400 volte più raggi X della Terra. «Ma c'è un'atmosfera che protegge il pianeta da questi raggi? E se una tale atmosfera esiste, contiene gli elementi chimici favorevoli allo sviluppo della vita (ossigeno, per esempio)? E da quanto tempo esistono queste condizioni favorevoli?», sono ora le domande che circolano tra i ricercatori, tra cui anche Christophe Lovis, responsabile delle prestazioni scientifiche e dell'elaborazione dei dati.
«Affronteremo tutte queste questioni con l'aiuto di futuri strumenti che costruiremo appositamente per rilevare la luce emessa da Proxima b, e con lo spettrografo HIRES, che sarà installato sul futuro gigantesco telescopio ELT da 39 metri che l'European Southern Observatory (ESO) sta costruendo in Cile», ha aggiunto lo scienziato.
Una possibile sorpresa - Nel frattempo, la precisione delle misurazioni di ESPRESSO potrebbe portare a un'altra sorpresa.
Il team ha infatti trovato nei dati indicazioni di un secondo segnale, la cui causa non è stata definitivamente stabilita. «Se questo segnale fosse di origine planetaria, questo possibile altro pianeta, che accompagna Proxima b, avrebbe una massa inferiore a un terzo della massa della Terra e diventerebbe così il più piccolo pianeta mai scoperto con il metodo della velocità radiale», ha concluso Francesco Pepe.

https://www.tio.ch/dal-mondo/attualita/1440344/proxima-pianeta-espresso-anni-distanza?fbclid=IwAR0R_pvhTAQBJaeichjrgJlVxx4Q4bCNUP5CYytPevnRlLtAgxrSeU4iufQ

venerdì 22 luglio 2016

Scoperta una matrioska cosmica.

Rappresentazione artistica della matrioska cosmica. I tre dischi concentrici sono stati prodotti dall'esplosione di una supernova (fonte: Gabriel Pérez/SMM, IAC)
Rappresentazione artistica della matrioska cosmica. I tre dischi concentrici sono stati prodotti dall'esplosione di una supernova 
(fonte: Gabriel Pérez/SMM, IAC)


Ha 3 gusci concentrici, generati dall'esplosione di una supernova.


Scoperta una matrioska cosmica: è fatta di tre enormi bolle concentriche create dal materiale espulso dall'esplosione di una supernova. A scoprire questa spettacolare struttura è stato un gruppo di ricerca dell'Istituto di Astrofisica delle Canarie, con uno studio pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. E' un risultato che potrà dare importanti nuove informazioni per capire come le stelle, dopo la morte, disperdano i loro materiali nelle galassie.

Quando giungono nella fase finale della loro esistenza, le grandi stelle (con una massa di almeno una decina di volte quella del Sole) esplodono in modo molto violento, emettendo grandi quantità di radiazioni e scagliando nello spazio i materiali di che le costituiscono. I gas e le polveri espulsi creano una sorta di guscio che si espande nello spazio e gli elementi che lo compongono finiscono per andare ad alimentare la formazione di nuove stelle. 

Puntando uno dei grandi telescopi dell'osservatorio delle Canarie verso la galassia M33 e usando un particolare software per il riconoscimento di eventuali gas interstellari in espansione, i ricercatori spagnoli hanno scoperto per la prima volta un guscio 'triplo'. I dati mostrano la presenza di 3 distinti fronti costituiti dai materiali espulsi dalla stella. Secondo i ricercatori non si tratterebbe di 3 esplosioni distinte, ma di una sola i cui materiali sono 'scivolati' dividendosi in 3 sfere concentriche. 

Il diametro dei gusci va dai pochi anni luce del più piccolo ai circa 1.000 del più grande. A 'scomporre' il guscio iniziale sarebbe stata l'interazione tra i gas e le polveri con la rarefatta e sfuggente materia che permea le galassie, il cosiddetto mezzo interstellare, e la scoperta dei ricercatori spagnoli potrebbe aiutare a capire proprio la sua composizione e come interagisca con i materiali espulsi dalle stelle.


http://www.ansa.it/scienza/notizie/ragazzi/primopiano/2016/07/22/scoperta-una-matrioska-cosmica_2d722e09-a29a-4a6d-a8a6-e37f4983793f.html

sabato 7 giugno 2014

L'antichissimo pianeta "abitabile" della porta accanto.



Su uno degli antichissimi pianeti che ruotano attorno alla stella di Kapteyn, ad appena 13 anni luce da noi, potrebbe esserci acqua liquida, e non solo. Strappata dalla Via Lattea dall'ammasso globulare di cui è originaria, Kapteyn appartiene a una delle prime generazioni stellari dell'universo e i suoi due pianeti hanno oltre 11 miliardi di anni: un lasso di tempo che secondo i ricercatori potrebbe aver dato alla vita diverse possibilità di svilupparsi.

Due vecchissimi pianeti, uno dei quali potrebbe ospitare acqua liquida e forse forme di vita, sono stati identificati attorno a una piccola stella dalla veneranda età di quasi 12 miliardi di anni, la stella di Kapteyn, che per singolari vicende si trova ad appena 13 anni luce di distanza dal Sole. La scoperta è di un gruppo di astronomi della Queen Mary University of London (QMUL) che firmano un articolo in corso di pubblicazione su “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (MNRAS)” (qui il preprint). 

Dai dati raccolti grazie agli spettrometri ad alta precisione HIRES del Keck Observatory a Mauna Kea, nelle Hawaii, e del PFS dell'osservatorio Magellan/Las Campanas, in Cile, i ricercatori hanno stabilito che il pianeta Kapetyn b è almeno cinque volte più massiccio della Terra e compie una rotazione completa intorno alla stella ogni 48 giorni, lungo un'orbita che si trova nella cosiddetta zona abitabile, ossia a una distanza dalla stella che permette la presenza di acqua allo stato liquido, condizione indispensabile per lo sviluppo di forme di vita.

Il secondo pianeta, Kapteyn c, che è sette volte più più massiccio della Terra, ha invece un periodo di rotazione di 121 giorni e riceve dalla sua stella appena il dieci per cento della radiazione che il nostro pianeta riceve dal Sole: appare quindi troppo freddo per conservare acqua allo stato liquido. 

L'ipotesi che Kapetyn b possa ospitare o aver ospitato forme di vita è considerata particolarmente plausibile dai ricercatori sulla base della storia di Kapteyn e dell'età dei pianeti, circa 2,5 volte quella delle Terra. 


L'antichissimo pianeta "abitabile" della porta accanto
La stella di Kapteyn e i suoi pianeti provengono da una galassia nana che in tempi remoti si è fusa con Via Lattea. (Cortesia Victor H. Robles/James S. Bullocks/Miguel Rocha)
La stella di Kapteyn - una nana rossa scoperta nel XIX secolo dall'astronomo olandese Jacobus Kapteyn - è infatti nata all'interno di un'antica piccola galassia, Omega Centauri, che nel corso della sua storia è stata assorbita e parzialmente dissolta dalla Via Lattea, e che ora forma un ammasso globulare a 16.000 anni luce dalla Terra, costituito da centinaia di migliaia di astri risalenti alle prime generazioni stellari. Kapteyn è una delle stelle strappate da questa piccola galassia, che nella sua deriva ha finito per trovarsi nelle vicinanze del nostro Sole.

L'età dei pianeti che possono ruotare intorno a queste antiche stelle, e a Kapteyn in particolare, è stimata intorno agli 11,5 miliardi di anni, appena due miliardi dopo il big bang. “Questo ci fa interrogare su quale tipo di vita potrebbe essersi evoluta su quei pianeti in un arco di tempo così lungo”, ha detto Guillem Anglada-Escude, primo firmatario dell'articolo.

“La scoperta è davvero eccitante – ha commentato Richard Nelson, direttore dell'Istituto di astronomia della QMUL, non coinvolto nella ricerca – perché fa pensare che grazie a osservatori spaziali come PLATO, nei prossimi anni potranno essere trovati molti altri mondi potenzialmente abitabili attorno a stelle vicine alla Terra.”


http://www.lescienze.it/news/2014/06/05/news/antico_pianeta_abitabile_stella_kapteyn_deriva_galassia_nana-2170732/

giovedì 20 settembre 2012

Scoperta la galassia più antica. - Chiara Arnone


BOLOGNA, 20 SETTEMBRE - All’interno di un ammasso di galassie chiamato MACS1149+2223 gli scienziati dell’Istituto nazionale di astrofisica hanno scoperto una galassia antichissima che permetterebbe di spiegare le prime fasi della vita dell’Universo.
Secondo gli scienziati, si sarebbe formata 460 milioni di anni dopo il Big Bang. Distante 13,5 miliardi di anni luce da noi, la galassia potrebbe incoraggiare gli astrofisici a svelare i segreti dell’Età oscura dell’Universo, una fase in cui il cosmo era avvolto da una nebbia di idrogeno neutro, diradatasi con la formazione delle prime stelle.
‘Quella presentata nel nostro lavoro è la più convincente osservazione di una galassia a distanze così elevate (circa 13,2 miliardi di anni luce) fatta fino ad oggi’ afferma Mario Nonino dell’Osservatorio astronomico di Trieste che con Massimo Meneghetti, ha coordinato la ricerca: ‘La scoperta di una galassia, che sulla base delle nostre osservazioni è stata scorta quando l’universo è verso la fine dalla cosiddetta Cosmic Dark Age, mostra come l’approccio di sfruttare l’amplificazione degli ammassi sia estremamente efficiente per osservare l’universo primordiale’.
Grazie alle teorie di Einstein sappiamo che la traiettoria dei fotoni, le particelle di cui è composta la luce, vengano deviate dalla massa dei corpi celesti. Un raggio di luce fa una curva quando incontra un oggetto abbastanza grosso da avere un campo gravitazionale.
L’ammasso in cui è stata trovata la galassia è di 2,5 milardi di volte più grande di quella del sole, dunque, abbastanza per deviare e amplificare la luce prodotta dalla galassia. Questo effetto di lente gravitazionale ha permesso ai telescopi spaziali Hubble e Spitzer di percepire la luce della galassia e di fotografarla.
La ricerca, maturata nell’ambito del progetto internazionale ‘Clash Cluster Lensing And Supernova survey with Hubble’ verrà pubblicata dal prossimo numero di Nature.