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mercoledì 22 marzo 2023

Quando in Ucraina si vendevano i bambini nati o ancora in gestazione, e non era colpa di Putin (V. Volcic)

 

“L’Ucraina ha una legislazione molto flessibile nel campo di medicina riproduttiva. I programmi con ovodonazione e programmi di maternità surrogata sono assolutamente legali e sono regolati dalla legge. Siamo in grado di dare una possibilità per i pazienti, che non possono subire i programmi di ovodonazione o programmi di maternità surrogata nei loro paesi a causa delle limitazioni di legge. La nostra legislazione non limita l’età della maternità. Nel nostro paese c`è la possibilità di rimanere incinta anche all’età di 54 anni se non ci sono controindicazioni per la gravidanza”. Si pubblicizzava così su Internet la Clinica Intersono di Leopoli, una delle tante che prima della guerra attirava in Ucraina coppie (non solo etero) desiderose di un piccolo erede. “Ci siamo specializzati – vantava il centro per la riproduzione assistita – nello svolgimento di cicli di FIV, cicli di donazione con ovuli freschi e vetrificati, crioconservazione degli embrioni e ovociti, la conservazione del tessuto ovarico, e il trattamento di maternità surrogata. Siamo situati nella bella città di Lviv, un grande centro culturale e storico in Ucraina occidentale, con facili collegamenti con le capitali europee attraverso Lviv; s nuovo aeroporto internazionale, ed entro il 70 km di distanza in auto dal confine polacco-ucraino”.

Tutto questo è stato rimosso, insieme alle evidenti infiltrazioni naziste nel regime di Kiev, perchè la scelta atlantista dei governi Draghi e Meloni, con annesso invio di armi che arricchisce le aziende pubbliche e private del settore, e miete vittime innocenti da entrambe le parti, non ammette ragionamenti complessi: il male è tutto da una parte, il bene solo dall’altra. E pazienza se si chiudevano entrambi gli occhi sulla vendita dei bambini nati o ancora in gestazione, le cui mamme e papà naturali erano scelti sui cataloghi (come nella foto).

“L’Ucraina è un paese di origine, transito e destinazione per la tratta di esseri umani dall’inizio degli anni ’90. Uomini, donne e bambini sono oggetto di tratta a scopo di lavoro forzato, accattonaggio, sfruttamento sessuale e di altro tipo. I principali paesi di destinazione degli ucraini oggetto di tratta sono stati la Federazione Russa, la Polonia e la Turchia, nonché il traffico di esseri umani all’interno dell’Ucraina. Il problema è stato aggravato dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022”, denuncia l’Agenzia Americana per lo Sviluppo Internazionale (USAID).

“Anche prima dell’invasione della Russia – specifica USAID nel suo sito – l’Ucraina stava già affrontando un aumento della portata del traffico di esseri umani causato dalla pandemia di COVID-19 e dal continuo sfollamento dall’Ucraina orientale colpita dal conflitto e dalla Crimea occupata. La popolazione è estremamente vulnerabile, un problema gravemente aggravato dall’invasione della Russia e dalla necessità per milioni di persone di lasciare le proprie case per mettersi al sicuro in Ucraina e all’estero. Intermediari/reclutatori del lavoro fraudolenti possono approfittare della guerra per sfruttare persone a rischio.

Prima dell’invasione della Russia nel febbraio 2022, la missione dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) in Ucraina stimava che più di 300.000 ucraini fossero stati vittime della tratta di esseri umani dal 1991. Si stima che 46.000 ucraini siano stati oggetto di tratta nel periodo 2019-2021; 29.000 all’estero e 17.000 in Ucraina. »

Con la trasformazione della guerra civile (iniziata nel 2014) in conflitto Ucraina – Russia, al traffico di bambini si associa quello dei rifugiati. Traffico creatosi nei territori controllati dal governo di Kiev e gestito da ufficiali dell’esercito ucraino e membri del Governo. L’Agenzia per l’Asilo dell’Unione Europea e l’Organizzazione per Cooperazione e sviluppo economico (OCSE) in una inchiesta compiuta dal marzo all’agosto 2022 ha rilevato che il 22% dei rifugiati in Polonia ed Europa sono stati obbligati a pagare di media 363 euro, per poter uscire dai confine ucraini. Il 48% delle vittime hanno subito aggressioni, abusi emotive e minacce fisiche legate al pagamento del pizzo per oltrepassare la frontier polacca. Il 17% è stato soggetto a razzismo e xenofobia, il 11% vittime di frode e sfruttamento finanziario e sessuale. Gli intervistati hanno denunciato corruzione e attività fraudolente nella procedura di richiesta di protezione temporanea in Polonia e altri Paesi UE gestita da intermediari associati all’esercito e al governo ucraino.

Queste estorzioni attuate molto prima del conflitto Ucraina – Russia, rivela uno studio dell’Ufficio Droghe e Crimini delle Nazioni Unite (UNODC). Dal 2014 gli ucraini erano tra le principali nazionalità di migranti irregolarmente soggiornanti, irregolarmente inseriti nei Paesi UE tramite documenti fraudolenti. Informazioni comunicate a Europol nel 2022 indicavano migliaia di casi di contrabbando di carte d’identità, patenti di guida, passaporti ucraini venduti dalle autorità a cittadini non ucraini al fine di poter entrare in Europa. Inoltre vi era una florida tratta di bambini (sopratutto provenienti dal Donbass di origine russa) che venivano rapiti dalle milizie neonaziste per costringerli a lavori forzati e all’accattonaggio nei Paesi dell’Est Europa dove i governi non applicano severamente le misure di controllo migratorio e protezione dei minori previste dalla UE : Polonia, Bulgaria, in primis.

Affianco alle agenzie ucraine che, come abbiamo documentato in apertura, ingaggiavano giovani donne ucraine di famiglie poverissime per affittae l’utero per la maternità surrogata commerciale, florido era il traffico illegale di neonati nel contesto di adozioni illegali.
Nel 2015 le autorità giudiziarie ucraine cercarono di interrompere questi traffici tramite la collaborazione dell’Europol per poi disinteressarsene causa pressioni di importanti ufficiali e politici ultra nazionalisti e neonazisti che controllavano i network criminali. Questi network usavano alla luce del sole applicazioni di messaggistica e avvisi sui social media (in particolare Viber, Telegram e Facebook) senza che il governo intervenisse o i social (americani) oscurassero gli account. L’Organizzazione per la sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE) registrarono enormi picchi di ricerche online in più lingue con contenuti espliciti per attirare la domanda di servizi sessuali di donne e ragazze minori ucraine. Almeno il 12% di questi contenuti avevano palesi caratteristiche di pedofilia.

Nonostante le indagini e le prove raccolte, nessun intervento serio o mandato di arresto è stato attuato dall’Unione Europeo né tanto meno dalla CPI, nonostante che si tratti di evidenti crimini contro l’umanità, in quanto Stati Uniti e NATO avevano già deciso che l’Ucraina doveva essere il cavallo di Troia per limitare (e se possibili distruggere) la Russia. Le testimonianze raccolte dalla popolazione ucraina di etnia russa e non nel Dombass rivelano che fin dalla guerra civile (2014 – 2021) le autorità delle Repubbliche indipendenti inviavano i bambini in Russia per sottrarli a questi crimini. Un ruolo che dal febbraio 2022 è svolto anche dall’esercito russo. Maria Alekseyevna Leopoli-Belov, Commissario per i diritti dei bambini presso l’Ufficio del Presidente della Federazione Russa, fin dal 2015 ha svolto un ruolo cruciale per salvare i bambini ucraini del Donbass. Ora la CPI (sotto pressione di USA e NATO) la accusa di crimini di guerra e di deportazione illegale di bambini. Il suo complice sarebbe Vladimir Vladimirovich Putin…

https://www.farodiroma.it/quando-in-ucraina-si-vendevano-i-bambini-nati-o-ancora-in-gestazione-e-non-era-colpa-di-putin-v-volcic/


venerdì 15 aprile 2022

Sauditi, Egitto e Qatar: vendiamo ancora armi agli “amici” macellai. - Giacomo Salvini

 

NON SOLO UCRAINA - La relazione annuale. Bilancio industria bellica nazionale: restano scambi di forniture con i Paesi che violano i diritti umani.

L’Italia nel 2021 ha continuato a vendere armi al regime dell’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, entrambi autori di stragi in Yemen, per un totale di 103 milioni di euro. Il dato è contenuto nella relazione annuale sulla “esportazione, importazione e transito di armi” inviata dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Parlamento lo scorso 5 aprile. Un documento di oltre 1.600 pagine, previsto dalla legge 185 del 1990, in cui è contenuto il volume di affari relativi all’export e all’import di armi in Italia relativo all’anno 2021, prima quindi dello scoppio della guerra in Ucraina.
Il 29 gennaio 2021 il governo Conte aveva deciso di revocare le licenze in essere e quelle future con Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, in seguito alla risoluzione approvata dal Parlamento il 22 dicembre 2020: con quell’atto le Camere bloccavano l’export di “bombe aeree e missili” verso Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti (in gran parte autorizzati dal governo Renzi) che utilizzavano quelle armi per colpire i ribelli Houthi in Yemen causando la morte di migliaia di civili. Dopo la revoca, costata all’Italia 328 milioni, il governo Draghi ha autorizzato nuovi contratti nel 2021 con Arabia Saudita (47,2 milioni) e Emirati Arabi Uniti (56,1). Senza formalmente violare la revoca, esportando armi consentite: se abbiamo esportato pistole, componenti e apparecchi elettronici negli Emirati, al regime di Mohammed bin Salman l’Italia ha venduto armi che rientrano nell’ampia categoria “004” che comprende “bombe, siluri, razzi, missili”. Contattato dal Fatto, il ministero degli Esteri non ha fornito dettagli specifici sulla fornitura. “E chi ci dice che queste bombe e missili italiani non vengano utilizzato dai sauditi nel conflitto in Yemen?” chiede Giorgio Beretta, della Rete Pace e Disarmo.

Nel 2021 il valore dei movimenti di armi è cresciuto fino a 5,3 miliardi (nel 2020 era stato di 4,8): 4,66 di esportazioni (4,65 un anno fa) e 679 milioni di importazioni rispetto ai 179 del 2020. Diminuisce invece il valore delle autorizzazioni individuali relative all’export: lo scorso anno era di 3,65 miliardi, il dato più basso degli ultimi sette anni. Ma il calo è relativo perché è paragonato al triennio 2015-2017 quando i governi Renzi e Gentiloni hanno autorizzato maxi-commesse che hanno fatto lievitare il valore delle esportazioni di armi per 7,9 miliardi nel 2015, 14,6 nel 2016 e 9,5 nel 2017. Il record era stato raggiunto sei anni fa quando la metà del valore di esportazioni riguardava una commessa di 28 Eurofighter della Leonardo al Kuwait. “Il calo di oggi è fisiologico perché la nostra industria degli armamenti è limitata – spiega Beretta – a fronte di alte commesse tra il 2015 e il 2018 oggi ci sono meno ordinativi”. A pesare è stato anche il biennio della pandemia. Per la prima volta nel 2021 l’esportazione di armi finisce per la maggior parte nei Paesi Ue-Nato (52,1%) contro un restante 47,9% a tutti gli altri. Un terzo delle esportazioni è concentrato nei Paesi Nato e il 26% tra Africa Settentrionale e Medio Oriente.

Tra i principali clienti dell’Italia ci sono Paesi governati da dittatori sanguinari e guerrafondai: il primo è il regime del Qatar, accusato di legami con l’estremismo islamico, a cui abbiamo venduto bombe, missili, munizioni, software per 813,5 milioni. Tra i primi 15 Paesi a cui vendiamo armi ci sono Pakistan, Filippine e Malaysia, mentre l’Egitto di Al Sisi passa dal primo al diciottesimo posto in graduatoria, da 991 milioni nel 2020 ai 35 del 2021. Sono quattro i player italiani che rappresentano il 76% del mercato: Leonardo con il 43,5%, Iveco Defence Vehicles (23,5%) che fa riferimento al gruppo Exor della famiglia Agnelli-Elkann, Mbda Italia (5,2%) e Ge.Avio (3,9%).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/15/sauditi-egitto-e-qatar-vendiamo-ancora-armi-agli-amici-macellai/6560603/

mercoledì 31 marzo 2021

Gran record di bombe dove arriva il bomba. - Tommaso Rodano e Gianni Rosini

 

Corsi e ricorsi. I frequenti viaggi del senatore tra Africa e Paesi del Golfo dove è schizzato il commercio di armamenti sotto il suo governo: da 2,1 nel 2013 a 14,6 miliardi nel 2016.

Matteo Renzi viaggia come se non avesse mai lasciato Palazzo Chigi. La sua carriera da conferenziere attinge al network di rapporti coltivati negli anni da premier. Le aree visitate nell’ultimo periodo, Africa e Golfo Persico, sono le stesse in cui il suo governo ha costruito un record storico in uno specifico settore: l’export di armi. “In tre anni, dal 2014 al 2016, il suo esecutivo ha sestuplicato le autorizzazioni per esportazioni di armamenti”, spiega Giorgio Beretta, analista dell’osservatorio Opal. L’Italia è passata dai 2,1 miliardi di euro del 2013 ai 14,6 miliardi del 2016. Le cifre riguardano tutto il mondo, ma la crescita è concentrata nelle due aree citate: Golfo Persico e Africa Subsahariana.

Africa. I numeri elaborati da Beretta mostrano una tendenza cristallina: negli anni di Renzi, in parallelo alle numerose visite del premier ai leader del continente, le esportazioni di armi verso gli Stati africani sono aumentate in modo esponenziale. Le aziende italiane hanno fatto affari in Etiopia, Congo, Nigeria e Angola, ma il record è in Kenya (dove il senatore ha programmato uno dei prossimi viaggi). Il traffico in direzione Nairobi è iniziato nel 2015 per poi esplodere nel 2017, l’anno in cui l’Italia ha consegnato al governo kenyota tre aerei da trasporto tattico C-27J Spartan prodotti dalla Alenia (per oltre 160 milioni di euro), tre elicotteri AW-109 per impiego militare di Agusta-Westland (44 milioni di euro), 1.500 fucili d’assalto Arx-200 e mille pistole mitragliatrici Mx4 fabbricate dalla Beretta (3,7 milioni di euro). Al governo c’era Gentiloni, ma le autorizzazioni per questi tre grandi contratti risalgono tutte all’anno precedente, l’ultimo di Renzi a Palazzo Chigi.

Qatar. I flussi verso il Golfo Persico sono ancora più consistenti. Nel 2014, la ricca monarchia qatariota era al centro del dibattito internazionale per le accuse di sostegno ai gruppi dell’Isis in Siria – protagonisti di crimini brutali anche contro civili e occidentali – per rovesciare il regime di Assad. Il canale con Doha viene aperto dalla visita del 2014 dell’ex vice ministro degli Esteri, Lapo Pistelli: “Il Qatar non è solo un attore imprescindibile per la stabilizzazione della regione – dichiara –, ma anche un Paese molto ricco, dove è più che opportuno esplorare ogni possibilità di collaborazione”. Nello stesso periodo, nel Paese è volata anche la ministra della Difesa, Roberta Pinotti. A gennaio 2016, l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani viene ricevuto a Roma da Renzi e dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nemmeno sei mesi dopo, a metà giugno, la ministra Pinotti e il suo omologo, Khalid bin Muhammad al Attiyah, siglano il Memorandum per la cooperazione nel settore navale, con la Difesa qatariota che firma anche un contratto con Fincantieri e Mbda per la fornitura di cinque navi militari per circa 5,3 miliardi di euro. L’accordo farà schizzare il valore delle autorizzazioni del 2017 verso il Qatar a oltre 4,2 miliardi e quelle del 2018 a oltre 1,9 miliardi di euro (nel 2015 erano appena 35 milioni, nel 2016 invece 341).

Arabia Saudita. Il commercio di armi è fiorente anche verso l’Arabia Saudita, il Paese del “Nuovo Rinascimento” e di Mohammad bin Salman, “amico” di Renzi e mandante dell’omicidio Khashoggi secondo la Cia. La vetta è nel 2016, con il via libera al famigerato export di bombe prodotte dalla Rwm di Domusnovas verso Riyad, protagonista nel sanguinoso conflitto nello Yemen. L’accordo prevede l’esportazione di circa 20mila bombe Mk80 per un valore di 411 milioni di euro: è la maggiore commessa italiana per munizionamento pesante dal dopoguerra. Come suggerisce il numero di licenza MAE45560 l’autorizzazione è del 2014. L’affare arriva dopo una serie di intensi incontri sull’asse Roma-Riyad: nel 2015 il ministro degli Esteri Adel al Jubeir è in Italia, a novembre dello stesso anno Renzi vola nella Capitale saudita per incontrare, tra gli altri, re Salman e l’allora vice principe ereditario Mohammad bin Salman, a ottobre 2016 a Riyad arriva invece Pinotti. L’export di bombe verso l’Arabia Saudita è stato sospeso nell’estate del 2019 e revocato definitivamente nel gennaio 2021.

Kuwait. L’11 settembre 2015 – pochi mesi dopo una visita di Pinotti nell’emirato –, Renzi riceve a Roma il primo ministro della monarchia, Jaber Mubarak al Hamad al Sabah. In quei giorni viene anche firmato un accordo intergovernativo che porterà, il 5 aprile 2016, all’intesa tra Finmeccanica e Kuwait City per la fornitura di 28 caccia Eurofighter Typhoon. Un affare da oltre 7 miliardi di euro.

IlFattoQuotidiano

martedì 15 settembre 2020

Il piano dei commercialisti. Vendere la sede di via Bellerio per salvarla dal sequestro. Gli arrestati legati al Carroccio temevano azioni legali sull’immobile per l’inchiesta sui 49 milioni spariti. - Davide Manlio Ruffolo

 


Più passa il tempo e più l’inchiesta sulla compravendita dell’immobile di Cormano appare legata a doppio filo alle vicende della Lega. Nonostante le smentite che provengono dal Carroccio, con il Capitano che alla deflagrazione dello scandalo si è affrettato a dire di non conoscere i tre commercialisti indagati salvo fare marcia indietro nei giorni scorsi, le carte sembrano raccontare una storia ben diversa tanto che è emersa anche l’intenzione – poi conclusasi in un nulla di fatto – di vendere la sede del partito. A rivelarlo ai pubblici ministeri della Procura di Milano, coordinati dal procuratore Francesco Greco, è stato Luca Sostegni, ritenuto il prestanome dei commercialisti in orbita leghista, secondo cui “volevano vendere la sede della Lega di via Bellerio”.

La frase, contenuta nel terzo interrogatorio a carico dell’indagato effettuato il 29 luglio scorso, è di quelle da far tremare i polsi perché la cessione, a suo dire, sarebbe dovuta avvenire sul modello della compravendita di Cormano. A riprova di ciò il fatto che i registi di quest’operazione, avviata su indicazione dei vertici del Carroccio, sono stati ancora una volta i commercialisti Michele Scillieri e Alberto Di Rubba. Come fatto mettere nero su bianco da Sostegni, “Michele (Scillieri, ndr) si vantava delle amicizie che aveva con Di Rubba e altri esponenti locali della Lega, tanto da avere ricevuto un incarico per cercare di vendere la sede della Lega di via Bellerio”.

Ma è sulle presunte motivazioni dietro a questa possibile compravendita che la situazione si fa calda. Già perché l’indagato, il quale collabora con i magistrati, ha detto di “ricordare che c’era fretta di concludere l’operazione, perché trattandosi di un immobile di proprietà della Lega Nord, si correva il rischio di sequestro della procura di Genova, in relazione alle indagini per la truffa sui rimborsi elettorali”, ossia quella relativa ai 49 milioni di euro spariti nel nulla e frutto di una truffa allo Stato.

IL SOPRALLUOGO. Difficile credere che si tratti di pure millanterie. Sostegni, infatti, ha ben delineato l’intera vicenda della mancata cessione della sede della Lega su cui ora si accende il faro della magistratura che condurrà i necessari accertamenti. A ben vedere, infatti, l’operazione non era stata solo ipotizzata ma, seppur alle fasi preliminari, era già iniziata. Come fatto mettere a verbale, Sostegni racconta di aver accompagnato Scillieri e l’architetto Federico Arnaboldi per effettuare il sopralluogo in via Bellerio. Proprio qui, rivela, “è venuto a prenderci Di Rubba che ci ha portato dentro dove si è parlato della volumetria e della somma che si sperava realizzare”.

L’intenzione era di vendere a un ipermercato ma, viste le ingenti dimensioni dell’area, si pensava che “una parte potesse essere adibita a supermercato e il resto poteva ospitare degli appartamenti”. Terminato il sopralluogo “ci siamo lasciati con l’intenzione di riagiornarci” e quindi di far passare del tempo. Peccato che le cose non siano andate come immaginato dagli indagati perché, prima che il discorso sulla vendita potesse ripartire, è intervenuta la procura di Genova che ha disposto il sequestro della sede e quindi, conclude il verbale Sostegni, “non se n’è fatto più nulla”.

https://www.lanotiziagiornale.it/il-piano-dei-commercialisti-vendere-la-sede-di-via-bellerio-per-salvarla-dal-sequestro-gli-arrestati-legati-al-carroccio-temevano-azioni-legali/

lunedì 17 agosto 2020

Dall’inizio dell’epidemia i Nas hanno oscurano 36 siti web che vendevano farmaci vietati e pubblicizzati come curativi anti-Covid. I dati dell’attività operativa dei Carabinieri.

Carabinieri Nas

Il Nucleo Anti Sofisticazione dei Carabinieri, anche in collaborazione con Europol e Interpol, dall’inizio dell’emergenza coronavirus ha sequestrato oltre un milione di dispositivi medici e igienizzanti e oscurato 36 siti web che vendevano farmaci vietati e pubblicizzati come curativi anti-Covid. Sono alcuni dei dati resi noti dall’Arma a Ferragosto. Proseguono i controlli presso le strutture ricettive per anziani e disabili. I Nas hanno ricevuto 370 deleghe d’indagine dall’Autorità giudiziaria per verificare l’applicazione delle misure igieniche di prevenzione. Inoltre, di loro iniziativa hanno effettuato circa 500 ispezioni, segnalando alle autorità sanitarie e amministrative 118 strutture per le carenze organizzative rilevate.
Inoltre, nel quadro delle disposizioni di prevenzione sanitaria riguardanti le attività produttive, il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, in collaborazione con i Reparti dell’Organizzazione territoriale ha già ispezionato circa 2 milioni di attività commerciali e aziende, verificando il rispetto delle misure di sicurezza sui luoghi di lavoro, anche in vista della piena ripresa produttiva. La fase della ripresa economica rappresenta un’occasione anche per le organizzazioni criminali che puntano al riciclaggio dei proventi illeciti, specie quelli provenienti dal narcotraffico.
Nella provincia di Milano, l’11 giugno i Carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 22 persone, per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ed estorsione, documentandone l’operatività della locale di ‘ndrangheta di Seregno (MI). Inoltre, il 6 luglio, un’ulteriore operazione ha condotto in carcere 17 persone ritenute responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, appartenenti alla cosca “Barbaro Papalia” di Plati’ (RC), che operavano nell’hinteland milanese.
Sul fronte del contrasto al terrorismo internazionale, grazie alle informazioni provenienti anche dai 13 Teatri operativi all’estero in cui sono presenti assetti dell’Arma – dal Kosovo all’Iraq, dall’Afghanistan al Libano – 170 stranieri sono stati segnalati al Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo per l’emissione di provvedimenti di inammissibilità in area Schengen.
Un ulteriore impegno si registra sul fronte del controllo dei flussi migratori verso l’Italia. Nel 2020 sono stati oltre 1.800 i migranti rintracciati su tutto il territorio nazionale dai Reparti Carabinieri. Inoltre, l’Arma, al momento, impiega quasi 500 unita’ per la vigilanza ai Centri per immigrati. In particolare, a Lampedusa, i 23 Carabinieri in servizio – unico presidio di polizia sull’isola e posto di polizia di frontiera – sono impegnati nelle attività di rintraccio e gestione degli sbarchi, coadiuvati dalle 80 unita’ dei Battaglioni e Reggimenti Carabinieri.

sabato 1 agosto 2020

Borsa italiana sul mercato, ipotesi di cordate 'nazionali'. - Vittoria Vimercati

Borsa italiana sul mercato, ipotesi di cordate 'nazionali'


Da gennaio ha perso circa 100 miliardi di capitalizzazione per colpa del Covid19, ma è ancora un 'asset' da 530 miliardi di euro, circa il 30% del Pil italiano. Sarà per questo che in Italia le banche d'affari si stanno muovendo sulla Borsa di Milano già da diversi mesi, preparando piani e valutazioni sul prezzo. Da quando, cioè, era chiaro che la maxi-operazione Lse-Refinitiv, da 27 miliardi di euro, avrebbe avuto un impatto su Piazza Affari e Mts. Entrambe sono controllate dal London Stock Exchange e sono tra i beni considerati alienabili per sminare eventuali problemi Antitrust.

Da ieri, sono ufficiali le "discussioni esplorative" del Lse, che attenderebbe offerte non vincolanti già a settembre-ottobre, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore. Sicuramente si farà avanti Euronext, il gruppo che controlla diverse piazze finanziarie europee - Parigi, Amsterdam, Lisbona, per citarne alcune - e che già a inizio anno era uscito allo scoperto manifestando l'interesse per Milano a Londra.
Trascorsi alcuni mesi e ascoltate le banche di investimento, il Governo avrebbe ben chiara la posta in gioco, soprattutto sul fronte Mts, il mercato all'ingrosso dei Titoli di Stato, fondamentale per le emissioni dei bond del Tesoro. Secondo le indiscrezioni, Borsa italiana insieme a Mts potrebbe valere dai tre ai quattro miliardi di euro, ed è tra le società considerate strategiche dall'Esecutivo, nell'elenco di quelle da tutelare con la disciplina del Golden Power.
Per questo, dalla Lega al Movimento 5 Stelle, si sono già alzate voci di avvertimento per sensibilizzare il Governo a preparare un'offerta o alternative valide a una cessione che passi sopra la testa del Paese.
Le opzioni sono due: che intervenga direttamente lo Stato, con il Mef, ipotesi altamente improbabile, oppure che si formi una cordata di banche e istituzioni finanziarie, capitanate da un soggetto pubblico come la Cdp o il Fondo strategico, che presenti un'offerta.
L'ipotesi darebbe forza negoziale all'Italia e potrebbe consentire in futuro una cessione di Borsa, con condizioni più favorevoli, ai grandi gruppi internazionali che controllano i listini. Oppure un'ipo, una quotazione della stessa Borsa. Per ora, sottolineano fonti vicine alla Cassa, non c'è nulla sul tavolo. Una risoluzione in questo senso è stata depositata dal Movimento 5 Stelle in Commissione Finanze alla Camera. L'obiettivo sarebbe coinvolgere Cdp e assicurare che ci siano "sufficienti garanzie a tutela dell’interesse nazionale nella prospettiva di Borsa Italiana". I tempi, a negoziati iniziati, sono molto stretti e oggi ne sono tutti più consapevoli.

sabato 18 luglio 2020

“I soldi, altrimenti racconto tutto” Il ricatto al contabile filo-leghista - Valeria Pacelli

“I soldi, altrimenti racconto tutto” Il ricatto al contabile filo-leghista

“Io non dico nulla, (…) hanno cercato di contattarmi in mille e io non ho mai detto nulla però se voi vi comportate così eh, io non posso fare altro, che devo fare?”. Luca Sostegni – uno degli indagati dell’inchiesta della Procura di Milano sulla compravendita dell’edificio di Cormano, sede della Lombardia Film Commission – era tornato dal Brasile a caccia di soldi. Rientrato in Italia e fermato tre giorni fa, secondo gli investigatori, chiedeva denaro in cambio del silenzio sulla vicenda dell’immobile alle porte di Milano. Era “sempre più pressante” con Michele Scillieri, commercialista nel cui studio nel 2017 è stato domiciliato il movimento “Lega per Salvini premier”. Scillieri è un altro indagato, accusato di peculato e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Per gli stessi reati sono stati iscritti anche Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, ex revisori contabili della Lega il primo al Senato, il secondo alla Camera. I tre, Di Rubba, Scillieri e Manzoni, secondo le accuse sono coloro che concepiscono l’operazione immobiliare della Lombardia Film Commission. L’immobile di Cormano viene venduto per 800 mila euro alla Fondazione dalla Immobiliare Andromeda, società di cui lo stesso Scillieri viene ritenuto amministratore di fatto. Quello stesso immobile però, poco prima, l’Andromeda lo aveva acquistato a metà del prezzo (400 mila euro) da un’altra società, la Paloschi Srl, di cui era liquidatore Sostegni che era dunque a conoscenza dell’operazione. Adesso Sostegni è indagato per peculato ed estorsione. Per le accuse, ha minacciato di parlarne ai giornalisti.
Scrivono i pm nel decreto di fermo: Sostegni “si sentiva (…) defraudato di quanto gli sarebbe spettato per la gestione della ‘vicenda Paloschi’, avendo ricevuto – a suo dire – ‘appena’ 20 mila euro (…); reclamava perlomeno altri 30 mila euro, posto che gliene sarebbero stati promessi 50 mila”. Ed è al telefono con Scillieri che Sostegni dice: “Io innesco una serie di situazioni che io non lo so dove si va a finire perché poi da questa si va alle cantine, le cantine si va al capannone, dal capannone si va alla Fondazione, dalla Fondazione si va alla Fidirev, si va ai versamenti, si va a tutto, io per 30 mila euro non so (…) se vale la pena far tutto sto casino”. Sostegni, trovato con 5 mila euro in contanti al momento del fermo, sarà interrogato oggi dal gip.
Intanto ieri gli investigatori hanno acquisito documenti sia alla Lombardia Film Commission che alla fiduciaria Fidirev. Sull’acquisto dell’immobile da parte della Fondazione, i pm scrivono: “Le indagini di polizia giudiziaria hanno dimostrato che tanto insensato è l’acquisto, quanto cospicui sono stati i ritorni per chi l’ha deciso e attuato; il che prova la reale natura dell’operazione, la sua effettiva finalità: il ‘drenaggio’ di risorse che la Regione Lombardia aveva già destinato alla Fondazione e di cui Di Rubba era presidente; ed infatti Di Rubba e il suo ‘socio’ Manzoni beneficeranno della quota maggiore”. Non ci sono, al momento, prove del passaggio dei fondi alla Lega.
Secondo la Procura, però, l’operazione genera qualche imbarazzo. Scrivono i magistrati: “Anche Giuseppe Farinotti (estraneo alle indagini, ndr) che subentra a Di Rubba nella carica di Presidente della Fondazione mostra imbarazzo rispetto all’acquisto dell’immobile di Cormano, di cui siglerà il definitivo”. “…Una roba brutta (…) – dice Farinotti al telefono – la prima azione che ho fatto… è stata quella di comprare l’immobile per 800 mila euro quando dietro c’era un pregresso antipatico”. Per i magistrati “evidentemente Farinotti non si sente rassicurato neppure dalla perizia dell’architetto Federico Arnaboldi”. “Ed ha le sue buone ragioni – concludono i pm – posto che il tecnico nominato per valutare l’immobile esercita nei medesimi locali di Scillieri”.
Sull’operazione solleva dei dubbi anche il Comune di Milano. “Cerca di fugarli – è scritto nelle carte – Alessio Gennari, componente dell’organismo di vigilanza della Fondazione, il quale nel rispondere a un consigliere comunale si arrampica sugli specchi per giustificare il pagamento dell’intero importo del prezzo dell’immobile in sede di preliminare”. Dalle indagini della Finanza, concludono i magistrati, emerge che “l’avvocato Gennari è legato da rapporti patrimoniali con società di cui Manzoni e Di Rubba sono amministratori/liquidatori/soci”.

venerdì 5 ottobre 2018

L'ex deputato regionale con 300 mila euro nella scatola delle scarpe.

L'ex deputato regionale con 300 mila euro nella scatola delle scarpe

Inchiesta "Diplomat" della Procura di Agrigento: 110 indagati per la compravendita di diplomi, tra essi anche Gaetano Cani, parlamentare nella scorsa legislatura. Coinvolte quattro scuole "private": la Pirandello di Licata, la Pirandello e la Volta di Canicattì e San Marco di Acireale.

Sono, complessivamente, 110 gli indagati, fra dirigenti scolastici, insegnanti e personale di segreteria: tutti pubblici ufficiali in servizio nelle scuole. Uno dei principali indagati è l’ex deputato regionale, nonché dirigente scolastico, Gaetano Cani, di Canicattì al quale sono stati trovati e sequestrati - in una scatola di scarpe custodita nella sua abitazione - 300 mila euro in contanti.

Quattro le scuole paritarie che «vendevano» diplomi: l'istituto Pirandello di Licata, il Pirandello di Canicattì, l'Alessandro Volta di Canicattì, tutti nell’Agrigentino, e l'istituto San Marco di Acireale. Ventidue i diplomi taroccati.
I risultati dell’inchiesta «Diplomat» sono stati illustrati dal procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio e dai pm Simona Faga e Paola Vetro insieme al colonnello Giorgio Salerno, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Ragusa (città da dove era partita l’indagine per il coinvolgimento di una scuola di Ispica) e al maggiore delle Fiamme gialle Luigi De Gregorio.
«Siamo in presenza di una vera e propria organizzazione a delinquere dove ognuno aveva un ruolo ben preciso nella vendita dei diplomi. Gli alunni e i loro genitori, al momento, non sono indagati. Nella lista dei 110, a cui stiamo notificando l’avviso di chiusura dell’inchiesta, ci sono pubblici ufficiali in servizio nelle scuole. Si tratta di insegnanti, dirigenti scolastici e personale di segreteria», ha detto Patronaggio.
«Studenti e genitori - ha aggiunto - sono stati interrogati come persone informate dei fatti ma è chiaro che sapevano di avere beneficiato di lezioni false, di esami truccati e altro. Quindi la loro posizione è al vaglio».
«L'attività scolastica - hanno spiegato il colonnello della Gdf Salerno e il maggiore De Gregorio - era del tutto fittizia: niente lezioni e niente interrogazioni. Risultava solo sulla carta perché gli studenti pagavano consistenti quote di iscrizione. Quando si doveva fare i conti con le commissioni di esami esterne, si faceva in modo di risolvere la questione comunicando prima le domande e dando in anticipo i temi delle prove scritte. Tutto avveniva con grande sfrontatezza».
I reati contestati ai 110 indagati sono, a vario titolo, l'associazione per delinquere, il falso commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico, la rivelazione del segreto di ufficio e l’abuso di ufficio.
L’inchiesta è partita da una segnalazione-denuncia. «E' stata raccolta una preliminare segnalazione che ci ha indotti ad indagare - ha spiegato Salerno -. C'era una struttura che permetteva di costruire un percorso scolastico falso: dagli esami mai sostenuti fino ad inquinare anche la prova di maturità fornendo anticipatamente il tema svolto ai candidati». Secondo quanto emerso sarebbero state gestite anche le prove orali degli esami di maturità con delle tesine costruite a tavolino.

Fonte www.lasicilia.it del 04 10 2018

martedì 6 giugno 2017

Per Alitalia 32 manifestazioni di interesse, c’è anche Ryanair. - Andrea Gagliardi e Giorgio Pogliotti

Risultati immagini per alitalia

"Sono 32 le manifestazioni di interesse acquisite». Lo ha affermato il commissario straordinario di Alitalia, Stefano Paleari, a margine della presentazione del rapporto Enac 2016. «Abbiamo iniziato questa mattina ad aprire le buste dal notaio. I lavori sono appena iniziati» ha aggiunto Paleari spiegando, alla domanda se siano tutte offerte che rispondono ai requisiti, che «sono 32 manifestazioni che stiamo aprendo, valutando e classificando». Non tutte però avrebbero solidi requisiti di sostenibilità e il numero iniziale si potrebbe alla fine ridurre. Ryanair è uscita allo scoperto dichiarando ad Askanews di aver inviato una manifestazione di interesse per l'ex compagnia di bandiera, confermando però di non essere interessata ad acquisire il vettore. Una notizia non commentata da Paleari, che ha tagliato corto: «Sto andando nello studio del notaio, non so altro».

Numero manifestazioni interesse oltre le attese.
Come anticipato dal Sole 24 Ore, sono dunque una trentina di manifestazioni di interesse non vincolanti arrivate presso lo studio del notaio Nicola Atlante . Un risultato questo del primo step della gara - anche se le proposte non sono ancora vincolanti e la strada è ancora lunga- accolto con sollievo da governo, commissari e addetti ai lavori, considerando che fino a qualche settimana fa si paventava il rischio che nessuno si presentasse, a causa delle condizioni in cui versa la compagnia che dallo scorso 2 maggio è in amministrazione straordinaria. Il numero delle manifestazioni di interesse arrivate per Alitalia è «un risultato oltre le aspettative», ha confermato oggi il presidente dell’Enac, Vito Riggio, che ha aggiunto: «Magari ci fosse una grande compagnia europea che vuole prendere Alitalia, ma penso che, europea o no, ci vuole un rilancio forte».


L’interesse di Delta e dei big del settore.
C'è grande attesa per conoscere in dettaglio i nomi dei mittenti. Ma per ora non c’è nulla di ufficiale dal momento che i commissari hanno assunto un vincolo di riservatezza. Per tutta la giornata di ieri sono circolati diversi nomi di possibili acquirenti : da Delta (che ha fatto sapere che «continua a monitorare i progressi di Alitalia da quando è entrata nel processo di amministrazione straordinaria») a big del settore, come le cinesi Hainan Airlines Air China, a Air France, British Airways e Turkish Airlines, fino a Etihad Airways che ha dichiarato di essere «aperta ad esplorare tutte le opzioni per mantenere e potenzialmente rafforzare i legami» con Alitalia. Lufthansa sembrerebbe, invece, confermare l’intenzione di volersi sfilare. Si sono invece già sfilate nei giorni scorsi alcune low costRyanair, che ha detto chiaramente di non essere interessata ad acquistare Alitalia, e anche Norwegianairlines, che ha assicurato che non avrebbe presentato un'offerta.


Data room senza informazioni sensibili.
L’avviso pubblicato lo scorso 17 maggio prevede tre opzioni: la ristrutturazione della compagnia, la vendita in blocco o la vendita dei beni e contratti (il cosiddetto “spezzatino”). Commissari e governo propendono per le prime due soluzioni. Verso metà giugno dovrebbe essere aperta la data room per 4/6 settimane, ma non conterrà informazioni sensibili, per non avvantaggiare i competitor di Alitalia. Questo perché trattandosi ancora della prima fase della gara, con manifestazioni senza alcun vincolo, è possibile che anche dei concorrenti di Alitalia non seriamente interessati si siano fatti avanti, per impossessarsi di informazioni riservate. Ai soggetti che saranno ammessi sarà consentito, nel corso della procedura di gara, costituire o modificare cordate – anche unendosi a gruppi che non abbiano manifestato interesse.


Entro ottobre le offerte vincolanti.
Il passaggio successivo prevede che i commissari straordinari invieranno la Lettera di procedura ai soggetti in possesso dei requisiti e della competenza richiesta. L’obiettivo dei commissari è di avere le offerte non vincolanti a fine luglio, per poi valutare un'eventuale gara per arrivare alle offerte vincolanti ad ottobre.


Il dossier sui risparmi e sul piano industriale.
Parallelamente al dossier della vendita, i commissari intanto lavorano sui risparmi (dopo i 100 milioni già ottenuti dai contratti derivati per il carburante, ora sul tavolo ci sono quelli sui leasing degli aerei) e sulla messa a punto del piano industriale che, ha spiegato qualche giorno fa in un'intervista Paleari, verrà presentato entro fine luglio e si baserà su due assi: differenziazione ed efficientamento. Lavori in corso anche sul fronte del costo del personale, con un doppio appuntamento in settimana: mercoledì infatti dovrebbe svolgersi l'incontro al Ministero del lavoro sulla procedura per la cigs aperta dai commissari con un impatto pari al costo di 1.358 dipendenti (in una prima fase sono interessati 190 piloti e 340 assistenti di volo e in 828 tra il personale di terra). I commissari si sono impegnati ad anticipare il trattamento base di Cigs e, insieme all'Inps, cercheranno di accelerare l'operatività del Fondo integrativo di settore che garantisce fino all'80% della retribuzione ai lavoratori di Alitalia, in aggiunta ai 1.167 euro del trattamento base di Cig. Giovedì azienda e sindacati inizieranno invece il confronto per il rinnovo del contratto di settore.


La spinta sui ricavi.
Ma per rendere la compagnia realmente appetibile per i nuovi acquirenti, il taglio dei sovraccosti che gravano sui bilanci aziendali deve essere accompagnato dalla crescita dei ricavi. L'attività dei commissari è proiettata oltre l’estate: i voli diretti fra Roma e Los Angeles saranno estesi alla stagione invernale (finora erano garantiti solo fra aprile e ottobre), con tre voli alla settimana. È stato rafforzato l'accordo commerciale con Aerolineas Argentinas in codesharing sulle rotte Italia-Argentina e su 75 destinazioni in prosecuzione. Mentre è atteso per settembre il decollo del B777-300Er con 382 posti sulla rotta per Buenos Aires, per incrementare del 13% l'offerta dei posti. Dal prossimo autunno, inoltre, partono i collegamenti diretti per le Maldive con il volo da Roma a Malè. Il vero banco di prova per la tenuta dei ricavi è rappresentato dall'andamento della stagione autunnale.


http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-06-06/alitalia-acquisite-32-manifestazioni-d-interesse--103715.shtml?uuid=AEdKGVZB


Riferite a cosa?
L'Alitalia, ex nostro fiore all'occhiello, è ora alla mercè di chiunque voglia comprarla, anche se, per quello che ci è costata fino ad oggi, dovrebbe essere di noi italiani. Ma, come succede spesso da un po' di tempo a questa parte, a noi italiani vengono spalmati i debiti, al governo-asso-piglia-tutto, i ricavi della vendita.
Vedi anche Fiat.
I governi che si sono succeduti da un trentennio a questa parte ci hanno fatto perdere pezzi importanti dell'economia; più che inefficienti li definirei deficienti. 🙄😡

mercoledì 19 dicembre 2012

Instagram fa marcia indietro: non venderà le foto degli utenti.


Instagram

Di fronte alle proteste degli utenti per le nuove regole sulla privacy e alla possibilità di vendere le foto della community alla pubblicità, Instagram fa una marcia indietro. ''Modificheremo parti delle nuove regole per spiegare meglio cosa succederà alle vostre foto e faremo di più per rispondere ai vostri dubbi ed eliminare la confusione'', spiega sul blog della società Kevin Systrom, co-fondatore dell'app-social network da 100 milioni di utenti di proprietà di Facebook. 

Proprio ieri Instagram aveva annunciato nuove regole sulla privacy e sui termini di servizio a partire dal 16 gennaio, tra cui un maggiore interscambio del database degli utenti con la casa madre Facebook e i suoi affiliati; ma soprattutto, la novità che aveva scatenato le proteste della community era la possibilità di usare gli scatti postati per ''contenuti sponsorizzati, a pagamento o promozioni'', ovviamente senza compenso.
 "Allarme! A tutti coloro che sono su Instagram, rileggete le nuove condizioni di utilizzazione. Le vostre foto corrono rischi", scrive su Twitter @ElvisLewela da Nairobi, in Kenya. "Amo Instagram, ma queste nuove condizioni di utilizzazione sono ridicole", afferma @Danbo12, dal Regno Unito. Altri hanno annunciato di voler chiudere il loro account, come @Katelyn13Hill, che vive in Canada: "Bye, bye Instagram, non voglio essere utilizzato come spot senza il mio permesso".
''Non vogliamo vendere le vostre foto o usare per le pubblicita''', spiega chiaramente Systrom sul blog aggiungendo che ''nulla è cambiato sul controllo che gli utenti hanno delle foto'' e che ''gli utenti hanno la proprietà degli scatti e Instagram non la reclamera'''. 

Infine, Systrom si rivolge alla community di Instagram: ''Sono grato per il vostro feedback. Dobbiamo essere chiari sui cambiamenti che mettiamo in atto, è una nostra responsabilità nei confronti della community. Uno dei motivi per cui queste regole non entrano in vigore da subito, ma tra 30 giorni, è che volevano tutti potessero sollevare dei dubbi. Grazie perchè ci aiutate a rendere Instagram una community di cui tutti possiamo essere orgogliosi''.