giovedì 18 ottobre 2012

Il sonno della Regione. - di Marco Travaglio - Il F.Q. 18/10/2012



Gli italiani, si sa, sono nati per soffrire.
Uno su tre chiede aiuto alla Caritas, uno
su cinque non arriva a fine mese, tre giovani

su tre sono disoccupati, 4 milioni sono precari.
E ora devono pure attendere fino a chissà
quando per sapere se il Pd chiederà o no a
Massimo D’Alema, la Volpe del Tavoliere, di
sacrificarsi ancora una volta per noi e abbassarsi
a tornare in Parlamento. Ma si può
vivere così, senza un minimo di certezza? Per
fortuna, in tanta precarietà, qualche punto
fermo rimane. Beppe Pisanu, deputato dal
lontano 1972, annuncia che si ricandida (non
dice con chi, ma qualcuno che lo mette in lista
si trova) perché “una famiglia sarda detiene il
record della longevità in Italia e io, politico
sardo, voglio battere quello della longevità
politica”. A spese nostre, s’intende. La lieta
novella è stata comunicata alla presentazione
del libro di Ciriaco De Mita (che, fra Italia ed
Europa, è parlamentare dal 1963), dal titolo
decisamente minaccioso: La storia non è finita.
E le minacce dilagano, se è vero che Formigoni,
che salta da una poltrona all’altra dal
1984, si ripresenterà alle regionali lombarde
magari con una lista Forza Forchettoni, con
l’aggiunta di una lista Sgarbi, altro nome di
cui si sentiva la mancanza. Un genio. Del resto,
nel 1993, intervistato dal sottoscritto per il
Giornale di Montanelli al Meeting di Rimini, il
capo romano di Cl, monsignor Giacomo Tantardini,
ebbe a definire il Celeste “l’uomo politico
più stupido del mondo” (aveva appena
presentato una nuova corrente Dc in società
con Vittorio Sbardella, in arte Squalo, noto
per i sigari alla Al Capone ma soprattutto per
la collezione di avvisi di garanzia). Infatti, nella
Prima Repubblica, Robertino era solo uno
dei 14 vicepresidenti del Parlamento europeo,
mentre nella Seconda è stato governatore di
Lombardia per 17 anni. Il sonno della Regione
genera mostri. È questa la principale
differenza fra Prima e Seconda Repubblica:
non tanto il livello di corruzione, visto che si
ruba anche più di prima, quanto il livello di
demenza, un’epidemia.
L’on. Antonio Mazzocchi del Pdl, questore
della Camera firmatario dei bilanci della medesima,
patrocina uno stanziamento di
5.656.000 euro per costruire un nuovo parcheggio
per i deputati davanti a Montecitorio
in quanto – dichiara al Messaggero – trovare
un posto auto in piazza del Parlamento “è
davvero un problema”, si rischiano persino le
multe anche se “i vigili della zona sono molto
cortesi e prima di fare la multa ti chiamano e
ti dicono di spostare la macchina” e di prendere
l’autobus o la metro non se ne parla
perché “non prendiamoci in giro: i mezzi
pubblici non funzionano” e lorsignori ne sanno
qualcosa, visto che allo sfascio del Comune
si dedicano con passione da decenni. Ogni
volta che aprono bocca, si nota distintamente
sullo sfondo una transumanza di 50-100 mila
elettori in fuga verso Grillo, o verso l’a s t e nsionismo.
In piena Tangentopoli i politici di
allora, a parte lui e pochi altri del suo livello,
s’arrabattavano come meglio potevano per
recuperare un minimo di credibilità. Abolirono
l’autorizzazione a procedere per indagare
i parlamentari. E alzarono dal 50% più
uno ai due terzi la maggioranza necessaria per
amnistie e indulti, per impedirsi di cancellare
Tangentopoli col solito colpo di spugna. E
assecondarono i referendum per abolire il finanziamento
pubblico dei partiti e cambiare
la legge elettorale. Oggi, in piena Ladropoli,
non riescono nemmeno a cambiare il Porcellum
e bisogna costringerli con la fiducia
per votare una legge anticorruzione notoriamente
finta, inutile, addirittura favorevole ai
concussori. È proprio una questione di principio,
anzi di etichetta: se passa il concetto che
si deve combattere la corruzione, si crea un
pericoloso precedente.




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Nuova sferzata di Beppe Grillo: "In Sicilia treni da Terzo mondo".


sicilia-grillo-messina_10102012
Beppe Grillo continua il suo tour siciliano per sostenere il candidato del Movimento Cinque Stelle, Giancarlo Cancelleri. Oggi, come previsto, il ‘Comizio Train-Ante’ da un convoglio ferroviario partito da Scordia, in provincia di Catania.
“Rivedere in toto il sistema dei trasporti in Sicilia. È assurdo che la Regione abbia finanziato il trasporto su gomma dimenticando letteralmente il sistema ferroviario che al momento è da terzo mondo. Ventidue ore per andare da Ragusa a Palermo è oggi improponibile”, ha detto il leader di M5S
Scordia è la città che aveva fatto delle arance il traino della sua economia, ed oggi così non è più per via di scelte sconsiderate dei governi nazionali e locali – ha sottolineato invece Giancarlo Cancelleri- le arance adesso vanno al macero e l’economia muore. Scordia- conclude  - è il simbolo di una Sicilia stroncata dal capitalismo dilagante e dalla mancata assunzione di responsabilità della politica che sino ad oggi ha governato l’Isola”.
Tornando ai trasporti, questi, sono stati spunto per un altro intervento del candidato per il Movimento 5 Stelle Cancelleri: “Puntiamo sul progressivo miglioramento delle tratte ferroviarie con recupero delle linee ferrate attraverso un preciso piano regionale dei trasporti che prevede lo spostamento del trasporto dalla gomma alla rotaia, piano che prevede inoltre severe procedure di verifica da parte della Regione in tema di erogazione di contributi ed ancora l’implementazione di piste ciclabili e di mezzi ad energia pulita sfruttando il car o il bike sharing come avviene già in molti paesi europei”.
Il Comizio Train-ante si è concluso alla stazione di Vizzini alle ore 15.00, sempre sulla tratta Catania, Caltagirone.

Reggio Emilia, Gruppo Marcegaglia in crisi. 260 operai rischiano il posto. - Annalisa Dall'Oca


Reggio Emilia, Gruppo Marcegaglia in crisi. 260 operai rischiano il posto


Problemi di liquidità, bilanci in perdita, riduzione dei turni di lavoro: l’azienda siderurgica valuta la dismissione delle emiliano romagnole Oto Mills e Oto Lift Trucks, della mantovana Oto Steel e della vicentina Oto Automation. La Fiom: "C'è preoccupazione, non ci raccontano tutta la verità e ci offrono solo la fregatura del salario d'ingresso".

Prima la disputa sul salario d’ingresso e poi la possibile cessione di quattro stabilimenti, due dei quali in provincia di Reggio Emilia. C’è di nuovo aria di tempesta, oltre che di crisi, all’interno del Gruppo Marcegaglia, tra la dirigenza del colosso siderurgico e le tute blu della Fiom, che hanno appreso, “leggendo un settimanale economico, l’intenzione, da parte dell’azienda, di avviare la cessione del ramo aziendale Engineering”.
Una vendita che l’azienda sta valutando, avviando un mandato esplorativo per sondare il mercato, e che potrebbe riguardare le emiliano romagnole Oto Millse Oto Lift Trucks, la mantovana Oto Steel e la vicentina Oto Automation. Più di 260 lavoratori coinvolti, tra interni e esterni, “che devono essere tutelati, ma di cui non conosciamo la sorte – spiega Mirco Rota, segretario generale Fiom Cgil Lombardia e responsabile sindacale dei rapporti con il gruppo Marcegaglia .– L’azienda non ci ha ancora fatto sapere nulla, né tanto meno ci ha informati a giugno, durante l’ultimo incontro sulla situazione produttiva degli stabilimenti, anzi avevano annunciato 50 nuove assunzioni. A questo punto, ovviamente, siamo preoccupati per le centinaia di persone coinvolte da questo progetto”.
Preoccupazione che, tuttavia, non ha ricevuto alcun riscontro. “Alle nostre continue richieste – ricorda Rota – inoltrate non appena siamo venuti a parte di questa intenzione, la dirigenza ha risposto convocando una riunione di appena cinque minuti con i lavoratori, durante la quale non ha assolutamente smentito la notizia, limitandosi a offrire qualche rassicurazione”.
Poche parole che non hanno saputo tranquillizzare nè gli operai, nè tantomeno la Fiom, che già da un anno a questa parte segnala a gran voce la crisi che il gigante dell’acciaio sta vivendo e che, inevitabilmente, “ricade sulle spalle dei lavoratori”. Problemi di liquidità, bilanci in perdita, riduzione dei turni di lavoro per gli operai di diversi stabilimenti, da Mantova a Ravenna. “Quello che abbiamo rilevato è un sensibile indebolimento industriale – racconta Rota – ma l’unica soluzione che l’azienda ci ha fornito è l’introduzione del salario d’ingresso. Un vero e proprio ricatto che, tra l’altro, invece di portare alle assunzioni promesse, all’ampliamento di alcuni stabilimenti, ha ridotto esclusivamente i diritti dei lavoratori”.
Nello stabilimento di Contino, a Mantova, per esempio, il salario d’ingresso per i nuovi dipendenti “che l’azienda ci ha imposto – chiarisce Rota – doveva, in cambio, garantire 20 assunzioni e l’allargamento dello stabilimento”. Ma le assunzioni sono state solo sei, e nell’incontro che si è svolto oggi, l’azienda ha chiesto di porre le basi per un accordo “che metta a casa in ferie i lavoratori, perchè i magazzini sono pieni e non si può continuare a produrre a ritmo normale”. Ma non solo. “Addirittura, ai lavoratori hanno detto che se non hanno più ferie, devono rimanere a casa comunque, recupereranno quando ci sarà lavoro”. Insomma, una cassa integrazione senza il ricorso agli ammortizzatori sociali finanziati dallo Stato. “Con i soldi dei lavoratori” tuona Rota.
Per questo, sulla cessione che negli uffici del Gruppo Marcegaglia è già nell’aria, le tute blu vogliono mettere le mani avanti. “Il 29 ottobre abbiamo un incontro con l’azienda per capire quali saranno le prospettive di tutto il gruppo – spiega la Fiom – ma a fronte di questa notizia è necessario, prima ancora dell’incontro di fine mese, che Marcegaglia dia un’informazione precisa alle organizzazioni sindacali rispetto al settore Engineering, perché gli elementi di preoccupazione sono parecchi ed è necessario che sia fatta chiarezza”.
L’amara pillola della riduzione di stipendio per i nuovi assunti nel gruppo, il salario d’ingresso appunto, del resto, non è ancora stata digerita dai sindacati. Tutt’altro. “La notizia della possibile cessione conferma di fatto che l’idea di introdurre il salario di ingresso da parte dell’azienda non risolve i problemi industriali e di mercato”.
A gettare acqua sul fuoco, però, ci pensa Enrico Giuliani, direttore generale del Gruppo Oto, che sulla questione chiarisce: “la vendita non è affatto assicurata”. Anche se l’intenzione c’è. Del resto è per questo che si avvia un mandato esplorativo. Un procedimento che serve a sondare il mercato, per capire quali realtà potrebbero essere interessate all’acquisto e a quale prezzo. Solitamente, il mandato esplorativo viene attuato dalle imprese in crisi che cercano di vendere, ma su questo punto Giuliani è chiarissimo: “non siamo in difficoltà – specifica – l’azienda è solida e non abbiamo necessariamente bisogno di vendere gli stabilimenti”. Se la cessione industriale ci sarà, “avverrà per portare un valore aggiunto alla nostra produzione”. E non risparmia una stoccata alle tute blu. “Non abbiamo informato i sindacati perchè non abbiamo ancora firmato nessun contratto, dunque, siccome non è insolito che altre realtà internazionali si interessino a noi, è capitato spesso in questi anni, non c’erano novità da comunicare”.
“Io credo – conclude Giuliani, a rassicurare i 260 operai interessati dalla possibile cessione – che se siamo stati additati a livello internazionale, se tanti partner e competitor sono interessati a noi, è per perseguire il made in Italy, garanzia di qualità nell’engineering e nella produzione, e non per smantellarlo”. 
E a rimetterci sono sempre i lavoratori, quelli che mettono le loro forza lavoro per portare avanti un'azienda.
I Marcegaglia di certo non ci rimettono nulla, anzi ci guadagnano, con i loro 17 conti segreti all'estero.

mercoledì 17 ottobre 2012

Regali in cambio di prescrizioni di ormoni ai bambini, 67 medici indagati.


Regali in cambio di prescrizioni di ormoni ai bambini, 67 medici indagati


I camici bianchi sono accusati di aver ricevuto da 12 informatori scientifici della Sandoz somme di denaro, viaggi all’estero e oggetti di valore per equivalenti 500mila euro. Il prossimo passo è verificare se le prescrizioni hanno recato danno alla salute dei piccoli pazienti.

Regali in cambio di prescrizione di farmaci, nello specifico ormoni per la crescita destinati ai bimbi. Questo l’intreccio tra una azienda farmaceutica, la Sandoz, e 67 medici specialisti – soprattutto endocrinologi e nefrologi di strutture pubbliche e private – sparsi in tutta Italia, che sono finiti nella rete nei Nas. Circa 300 carabinieri del Nucleo operativo a tutela della salute e dei Comandi provinciali di 15 regioni stanno eseguendo in queste ore 77 perquisizioni a carico dei 67 medici indagati. 
I camici bianchi sono accusati di aver ricevuto, attraverso una organizzazione di informatori scientifici (12 persone) di una azienda farmaceutica somme di denaro, viaggi all’estero e oggetti di valore. L’indagine, condotta dal Nas di Bologna, è partita circa 2 anni fa ed è coordinata dalle Procure di Rimini e Busto Arsizio (Varese). Gli specialisti avrebbero intascato l’equivalente di circa 500mila euro per migliaia di prescrizione contestate. I reati ipotizzati sono quelli di truffa al Servizio sanitario nazionale, comparaggioassociazione a delinquere finalizzata alla corruzione e falso.
L’indagine ha portato alla scoperta dell’esistenza di una “collaudata organizzazione” che per incrementare le vendite di alcune tipologie di farmaci destinati ai bambini per curare i disturbi della crescita, dava o comunque prometteva somme di denaro, viaggi di piacere all’estero, oggetti di valore ed altro, a medici di strutture ospedaliere pubbliche e private, giustificandole con falsa documentazione, che indicava come il denaro fosse frutto di attività di consulenza, un contributo a congressi e seminari, o a viaggi per partecipare a meeting e seminari. 
“Non è la prima e, temo, non sarà l’ultima indagine di questo tipo – ha ammesso nel corso di una conferenza stampa il colonnello Antonio Diomeda, vicecomandante dei Nas – ma lo scenario che ne emerge stavolta è particolarmente allarmante. E’ un rapporto delittuoso e perverso quello che si era stabilito tra gli informatori scientifici e i medici, teso a favorire il consumo di alcuni farmaci biosimilari in cambio di somme di denaro (poi fatte passare per compensi di consulenze e studi, elargizioni ad associazioni onlus, rimborsi spese di congressi e convention, ndr), di viaggi in Italia e all’estero per i medici e i loro familiari e di oggetti quali gioielli e personal computer“.
Gli informatori scientifici sollecitavano i medici indagati ad aumentare le prescrizioni con l’inserimento in terapia di nuovi piccoli pazienti a cui venivano somministrati due tipi di farmaci innovativi a base di ormoni. I professionisti coinvolti sono specialisti in nefrologia, endocrinologia e pediatria e in alcune circostanze non esitavano a chiedere somme superiori con i dirigenti dell’industria che si premuravano di incontrarli personalmente. Il prossimo passo per i Nas, ha spiegato il tenente colonnello Giovanni Capasso, “è quello di verificare se queste prescrizioni hanno in qualche modo recato danno alla salute dei bambini”.

Fiorito, Berlusconi sapeva. In una lettera la denuncia un mese prima del caso.- Marco Lillo


Fiorito, Berlusconi sapeva. In una lettera la denuncia un mese prima del caso


E' il 6 agosto quando il nuovo capogruppo Pdl in Regione Lazio, Francesco Battistoni, anticipa tutti gli abusi sui fondi in una lettera protocollata al Cavaliere, ad Alfano e a Verdini. La profezia: "Stabilità della giunta a rischio". Ma nessuno ha risposto fino all'inchiesta della magistratura.

Silvio Berlusconi sapeva tutto sui soldi rubati da Franco Fiorito al partito e non ha preso alcun provvedimento per più di un mese. Già il 6 agosto del 2012, quasi quaranta giorni prima dell’esplosione del caso, il capo del suo gruppo in consiglio regionale,Francesco Battistoni, scriveva al Cavaliere per segnalargli le spese pazze, i bonifici all’estero sui conti personali e i prelievi in contanti dai fondi del gruppo, alimentati con i soldi dei contribuenti. L’ex premier non era il solo a sapere. Anche il segretario del Pdl Angelino Alfano e il coordinatore, Denis Verdini, hanno ricevuto la lettera sulla razzia di soldi pubblici in seno al Pdl laziale. Eppure né il leader né il segretario né il coordinatore del Pdl hanno preso le opportune iniziative politiche e giudiziarie. Anzi. Dopo l’esplosione del caso Fiorito, il 20 settembre, sarà Battistoni a essere destituito da capogruppo.
Le lettere che il Fatto pubblica oggi sono state scritte e protocollate il 6 agosto 2012. Il 24 luglio il consigliere regionale viterbese in quota Forza Italia era riuscito a diventare presidente del gruppo scalzando il ciociaro aennino Fiorito. Appena insediato Battistoni prende in mano la contabilità bancaria scoprendo lo scenario inquietante che dilagherà sulle cronache solo molto tempo dopo. Il capogruppo non porta le carte in Procura ma scrive ai suoi capi: “Caro presidente”, è l’incipit preveggente che apre la lettera diretta a Berlusconi “sono costretto, con estremo dispiacere, a portarvi a conoscenza di una situazione che è talmente grave da poter minare, in maniera pesante, sia la stabilità della Regione Lazio che la credibilità del nostro partito (…) l’esame, ancorché superficiale della documentazione relativa ai conti correnti ha evidenziato una serie di ‘anomalie‘ tali che mi ha immediatamente indotto a nominare dei consulenti al fine di poter esaminare a fondo tali riscontri e consigliarmi sulle scelte consequenziali. Nel frattempo, nonostante i ripetuti solleciti, non sono ancora riuscito a ottenere alcuna documentazione e l’on. Fiorito, oltre a disertare le riunioni di gruppo, assume di essere stato defraudato e addirittura accusa colleghi, peraltro sulla stampa, di poca chiarezza sui conti! La situazione è sconfortante! Al contrario delle sue asserzioni, dai primi riscontri contabili emergono anomalie gravissime dovute a pagamenti ‘non in linea’ con le finalità istituzionali e politiche delle somme dallo stesso amministrate, come acquisti di autovetturesoggiorni lussuosi ingiustifìcabili, prelievi in contante, uso disinvolto di carte ricaricabili e da ultimo, ma non per ultimo, bonifìci personali su conti esteri”.
Battistoni denuncia l’uso dei fondi “non in linea” con le finalità pubbliche, ma descrive soprattutto i bonifici dal conto italiano del gruppo (con finalità pubbliche) al conto straniero (e privato) di Fiorito. In quella lettera protocollata e con tutta probabilità giunta a destinazione, Battistoni mette nero su bianco l’accusa che porterà Fiorito in carcere. Secondo i pm romani proprio lo spostamento dei fondi all’estero sui conti privati configurerebbe il reato di peculato. Il capogruppo in carica ha in mano la contabilità quando scrive con toni poco dubitativi: “Il riscontro che dovremo effettuare nei prossimi giorni potrà soltanto confermare, se non aggravare, gli indizi di una gestione poco chiara e illegittima dei detti fondi, tale da indurmi a prendere decisioni molto gravi nei confronti dello stesso on. Fiorito”. Battistoni chiede anche a Berlusconi di intervenire: “Credo non sia più tollerabile la presenza del collega nel nostro gruppo e nel partito (…) riservandomi comunque di illustrarVi, non appena possibile, le complete risultanze delle analisi dei miei consulenti”. Battistoni chiude con fiducia: “Certo di un Vostro immediato e concreto intervento, rimango in attesa per fornire tutti chiarimenti del caso”.
 Il 27 agosto il capogruppo scrive anche al collegio dei probiviri del Pdl, perché prenda provvedimenti contro Fiorito, segnalando anche la Bmw X5 acquistata in leasing con i soldi del partito. Per giorni non accade nulla poi il caso esplode. Non per merito dei leader del Pdl, bensì per l’esuberanza di Fiorito che accusa a sua volta Battistoni di spese allegre per viaggi e cene. Solo a quel punto arriva la denuncia del capogruppo contro Fiorito: a Viterbo per diffamazione, non a Roma per peculato. Pochi giorni dopo Battistoni, mai indagato, è costretto a dimettersi dal diktat della Polverini, poi travolta anche lei dallo scandalo. Di queste tre lettere non si è saputo mai nulla. Abbiamo provato a contattare Battistoni per chiedergli se Berlusconi, Alfano e Verdini le abbiano ricevute e quali provvedimenti abbiano adottato. Il consigliere, raggiunto tramite il figlio che risponde al suo telefonino, ha evitato di rispondere.

A Palermo arriva l’Ecobank: vaucher per la spesa, in cambio di spazzatura.


L'iniziativa del Comune operativa entro la fine dell'anno. In strada verranno installati dei contenitori in cui sarà possibile inserire bottiglie o lattine ricevendo un buono spesa.

PALERMO - Voucher per la spesa in cambio della spazzatura. E' questa la proposta che il Comune di Palermo lancia in città e che entro la fine dell'anno sarà operativa nel capoluogo. Una strategia adottata dall'assessore all'Ambiente Giuseppe Barbera che mira ad incentivare le cifre delle raccolta differenziata in città. Nella zona del centro e nei punti più commerciali sarà realizzata un'Ecobank. 

CONTENITORI - Lungo le strade verranno installati dei contenitori a prova di vandali qui sarà possibile inserire bottiglie in plastica o lattine in alluminio ricevendo un buono spesa. Un'iniziativa all'insegna della collaborazione con i cittadini e con i così detti centri commerciali naturali che mette in moto un circolo virtuoso: promuovere il commercio facendo un servizio al territorio. Un utile strumento che sostituirà il sistema della raccolta porta a porta in quei quartieri in cui il progetto ancora non è partito.

INCENDIO DI BELLOLAMPO - Al palo dopo l'incendio di Bellolampo il progetto Palermo Differenzia step 2: Mondello, Partanna, zona Addaura, Bandita e zona Uditore. Zone che presto dovrebbero essere raggiunte dal servizio come assicura l'assessore Barbera che prevede “entro la fine dell'anno” il coinvolgimento nel progetto di questi quartieri. Ad oggi nelle zone coperte dal progetto, ormai iniziato circa due anni fa, c'è una buona risposta da parte dei cittadini, che fa parlare di una percentuale di riscontro positivo che si aggira intorno al 60%.

DIFFERENZIATA - Non mancano però zone in cui la raccolta stenta a decollare sopratutto nei quartieri più periferici della città. Ed è qui che il Comune punta la sua attenzione per portare avanti delle “novità” in delle aree della città dove ancora si continua ad abbandonare la spazzatura in strada o dove seppur serviti dal porta a porta si preferisce per non differenziare buttare la spazzatura nella prima area cassonetti disponibile.

Auto blu a Papa, indagati 7 militari della Finanza: “Fate tutto quello che vi chiede”.


Il deputato che usa l'autoblu per portare i figli in piscina


Tra gli avvisi di garanzia spicca quello al generale Poletti, vicedirettore dell'Aisi. Le ipotesi di reato vanno dal peculato al falso. Le vetture di servizio erano utilizzate per accompagnare la moglie del parlamentare al mare, i figli in piscina o a giocare a calcetto o l'amica ucraina in giro per Ischia.

La procura di Napoli ha emesso sette avvisi di garanzia nei confronti di altrettanti ufficiali dellaGuardia di Finanza nell’ambito di un’inchiesta sulle auto delle Fiamme Gialle messe a disposizione del parlamentare del Pdl Alfonso Papa. I provvedimenti sono stati presi dal pm Henry John Woodcock e le ipotesi vanno dal peculato al falso ideologico e falso commesso da pubblico ufficiale.
Nell’inchiesta risultano indagati lo stesso Papa e la moglie Tiziana Rodà. Inviti a presentarsi sono stati emessi nei confronti degli ufficiali della Finanza che hanno ricevuto gli “avvisi”: Ernesto Mottola,Alfonso TucciniFernando CapezzutoPaolo Poletti e Giovanni Mainolfi. Sono indagati inoltre i sottufficiali Santolo Federico e Andrea Grimaldi. Al centro dell’inchiesta l’impiego di auto e uomini “per scopi privati e estranei a quelli di istituto ovvero espressione di attività istituzionale”. Il generale Poletti (all’epoca dei fatti colonnello) è l’ex capo di stato maggiore delle Fiamme gialle ed è l’attuale vicedirettore dell’Aisi, il servizio segreto che si occupa di sicurezza interna. ”Da oggi in poi fate tutto quello che vi chiede il dottor Papa” avrebbe detto il generale Poletti al brigadiere Grimaldi, uno dei due militari incaricati di accompagnare il parlamentare del Pdl, i suoi familiari e le sue amiche. Al momento di consegnare al brigadiere l’auto destinata a Papa, una Mercedes 320 SE, l’alto ufficiale gli avrebbe detto: “Vedi che macchinone? Questa macchina dimostra come il Corpo ci tiene per il dottor Papa. Cercate di farci fare bella figura e da oggi in poi fate tutto ciò che vi chiede il dottor Papa. State attenti e cercate di rigare dritto”.
I fatti al centro dell’indagine si riferiscono a un arco di tempo che va dal febbraio 2002 al febbraio 2011. Gli ufficiali indagati avrebbero disposto indebitamente il servizio di accompagnamento per Papa (magistrato in servizio fino al 2001 alla procura di Napoli, dal 2001 al 2008 distaccato al ministero della Giustizia e dal 2008 deputato eletto nelle liste del Pdl). E ciò “senza che ne avesse alcun titolo”, espletando inoltre “sovente e in modo non saltuario il servizio di accompagnamento di componenti della famiglia di Papa nonché delle amiche dello stesso, in luoghi e per fini esclusivamente privati”. Le indagini sono condotte dalle stesse Fiamme gialle.
Autovetture e militari della Finanza sono stati usati tra l’altro, secondo l’ipotesi di accusa, per accompagnare Papa e la sua famiglia alla casa al mare, in provincia di Latina, tra il 2005 e il 2008; per accompagnare la moglie del parlamentare, che è avvocato, a Roma e nei Tribunali in cui andava per motivi di lavoro, come Napoli e Santa Maria Capua Vetere (Caserta); per accompagnare i due figli della coppia a scuola, in piscina o a giocare a calcetto; per accompagnare Ludmyla Spornik, amica ucraina di Papa, a Ischia, in giro per Roma o all’aeroporto di Fiumicino. Gli itinerari e le date in cui le vetture e il personale della Guardia di Finanza sono stati messi a disposizione del parlamentare sono ricostruiti nell’invito a comparire notificato agli indagati.