sabato 28 gennaio 2017

Vorrei....

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Vorrei che l'"Unità" e il "corsera (corriere della serva) parlassero dei finanziamenti che Buzzi ha elargito a Marino per la sua campagna elettorale; 
delle responsabilità della famiglia Boschi nella vicenda di banca Etruria; 
dei problemi economici di Tiziano Renzi, ...
Mi pare che anche Renzi abbia agevolato la scalata di amici in ranghi governativi o centri di potere, come anche la stessa Boschi, Alfano e tanti altri; 
il codice penale va applicato anche nel loro caso se si tratta di vicende simili a quelle che riguardano la Raggi.

Ma siamo in Italia, dove nulla è come dovrebbe essere e a pagare sono sempre quelli che non si prostrano al potere costituito (e non costituente). 
Siamo una stelletta degli Usa, ma non abbiamo nessuna voce in capitolo, non veniamo chiamati a votare i loro rappresentanti, siamo solo chiamati a rispettare le regole che ci impongono indirettamente servendosi di persone poco rispettabili: i nostri governanti.

Cetta 

Ma davvero la Russia di Putin ha deciso di legalizzare la violenza domestica?


russiaduma

Siamo tornati nella guerra fredda? Così sembra osservando la campagna di disinformazione contro la Russia che vediamo su tutti i media occidentali, di destra e di “sinistra”, statali e privati che non fanno altro che copia-incollare le news senza alcuna verifica o approfondimento e anzi banalizzando tutto per mera propaganda.

L’ultima ‘fake news’ è che la tirannica Russia “depenalizza le violenze domestiche”. In pratica “si potranno liberamente picchiare mogli e figli”. E’ ovvio che così non è, ma ormai si è abituati a credere alla propaganda di guerra dell’UE e degli USA contro la Russia che ci si casca senza pensare che le informazioni non sono mai neutrali politicamente.
Nella sua conferenza stampa del 23 dicembre scorso che potete leggere qui il presidente russo Vladimir Putin ha affermato chiaramente: “Non dobbiamo schiaffeggiare i bambini e giustificarlo sulla base di alcune vecchie tradizioni (…)”. Eppure è lui il mostro che promuoverebbe la violenza domestica. In realtà la proposta di revisione della legge che chiede maggiore lassismo circa le punizioni corporali in famiglia non arriva da Putin ma da un gruppo di genitori spalleggiati dalla Chiesa Cristiano-Ortodossa.
In pratica la Duma di Stato, cioè il parlamento russo, aveva votato una legge durissima contro le violenze domestiche: chi in famiglia alzava le mani veniva severamente punito con l’incarcerazione fino a due anni. Il problema è che le pene previste erano superiori a quelle inflitte a chi avrebbe commesso lo stesso reato fuori casa. In alcuni casi un genitore che sgridava suo figlio con uno schiaffo veniva arrestato senza troppi complimenti. Mentre se il bambino veniva schiaffeggiato dal vicino di casa, quest’ultimo se la cavava in pratica solo con una multa.
E’ quindi stato approvato un emendamento – promosso fra l’altro da una deputata donna – che equipara le pene: il marito che picchia sua moglie o il padre che tira una sberla al figlio subirà ora la stessa condanna di chi dà un pugno per strada alla moglie di un altro. Lo stesso varrà per chi maltratta un bambino. La legge russa dice ora che chi picchia una persona per la prima volta senza provocare lesioni dovrà pagare una multa di 30mila rubli e prestare un lavoro forzato di “pubblica utilità” per sei mesi. In caso di recidiva la multa sale a 40mila rubli e oltre ai lavori forzati va preso in considerazione l’arresto per tre mesi. Qualora invece il maltrattamento comporti lesioni alla vittima, il colpevole sarà condannato penalmente. Si può essere d’accordo o meno con questa riforma, certamente però non si tratta di “depenalizzare” alcunché!

Brexit: maxi dimostrazione contro uscita dall'Ue il 25 marzo.

Il Big Ben © EPA


Prevista una 'marcia sul Parlamento', si punta ad almeno 750mila manifestanti.

Il gruppo anti-Brexit Unite for Europe sta organizzando per il prossimo 25 marzo a Londra quella che promette di essere una tra le più grandi proteste di piazza che il Regno Unito abbia mai visto nella sua storia: l'iniziativa prevede una 'marcia sul Parlamento' e gli organizzatori puntano a raggiungere un'affluenza di almeno 750mila persone, riporta il quotidiano britannico The Guardian.

    L'iniziativa e' prevista per l'ultimo fine settimana prima della scadenza imposta dalla premier Theresa May per avviare il processo che porterà all'uscita del Regno Unito dall'Ue. "Non ci illudiamo che la marcia possa fermare l'articolo 50 - ha detto Peter French, un esponente di Unite for Europe -. Si tratta di dimostrare la forza delle opinioni contro la Brexit".

    La dimostrazione contro la guerra in Iraq nel 2003, con 750mila persone secondo la polizia e fino a due milioni secondo gli organizzatori, e' finora la più grande tenuta nella storia recente del Paese.


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E' una nuova moda quella di manifestare contro il volere della maggior parte della popolazione? 
Mi pare che al referendum hanno votato per l'uscita dalla UE, hanno cambiato idea?
In USA dimostrano contro Trump vincitore alle elezioni;
in Italia, dopo il referendum contrario al cambiamento della Costituzione, hanno messo al governo un tizio che non è altri che un sosia del precedente e che sta continuando a fare ciò che aveva cominciato il suo predecessore. 
Non contiamo più nulla?
Se non contiamo più nulla perchè ci fanno andare a votare?
E la Consulta, un organo di stato che dovrebbe far rispettare la Costituzione, la stessa che sedicenti servi del potere costituito volevano cambiare, perchè ha dichiarato che il premio di maggioranza è legittimo se, invece, è quanto di più illegittimo si possa concepire?
Perchè si da la possibilità ai capolista di presentarsi anche in 10 circoscrizioni?
Mi rifiuto di accettare queste regole confuse, raffazzonate, che danno luogo a varie interpretazioni a seconda dei casi.
Le leggi debbono essere chiare e semplici e non debbono prestarsi alle libere interpretazioni.
Siamo seri!!!!!

Cetta.

venerdì 27 gennaio 2017

Paesi isolati, da Svizzera per liberarli.

 © ANSA

Volontari e frese dal Canton Ticino a Castelli e Pietracamela.


ANSA) - CASTELLI (TERAMO), 25 GEN - Cinquanta persone fra autisti e pompieri, otto frese trasportate su sei camion appositamente allestiti, generatori di corrente, pale da neve e viveri: una macchina della solidarietà che si è mossa dalla Svizzera, per la precisione dal Canton Ticino, e in poche ore ha raggiunto, nell'Abruzzo martoriato dalla nevicata della settimana scorsa e dal terremoto, prima la patria della ceramica, Castelli, poi la vicina Pietracamela, nel Teramano, isolate da metri di neve e senza energia elettrica
"'Ci sono cumuli di neve fino a 4 metri'. Abbiamo fatto presente a uno dei volontari coinvolti, che da undici anni lavora sul Passo del San Gottardo, e lui ha risposto 'ma io sposto anche cumuli di 10, che problema c'è?". A raccontare all'ANSA com'è nato in poche ore, grazie al tam tam sulla rete, il 'Convoglio solidarietà Ticino in Abruzzo' è Danilo Cau, sardo di nascita, titolare di una piccola ditta di trasporti nella valle locarnese. 
Dieci gli autotrasportatori, compresi lui e Joe Palmieri, che si sono messi a disposizione facendosi carico di spese di carburante e pedaggi autostradali. "Non sono mai stato in Abruzzo, ma per noi lavorare in mezzo alla neve è normale. Quando mi ha chiamato Joe, abituato a lavorare a 1500 metri di quota su strade a rischio slavina, e mi ha detto che la notte pensava all'emergenza in Abruzzo, non ci ho pensato due volte". Il primo di tre convogli è partito il 21 all'alba, sta rientrando in queste ore in Svizzera. 
"Ci siamo organizzati in poche ore. Abbiamo utilizzato tutti mezzi di scorta, per non lasciare sguarnito il nostro territorio - racconta Cau che dalla sua azienda ha coordinato le operazioni - alle 12 di giovedì 19 eravamo pronti con 11 persone e quattro veicoli (due camion, uno per trasporto eccezionale che ha portato una fresa per sgombero neve più grande, un furgone della protezione civile locale e un fuoristrada con spazzaneve), ma abbiamo atteso il pomeriggio del 20 per avere il via libera dalla dogana, dopo un'ordinanza del Comune di Castelli che autorizzava il nostro ingresso in Italia per aiuti a seguito di calamità naturale. 
Siamo partiti alle 5 del 21, arrivati alle 18 a Isola del Gran Sasso, un'ora dopo eravamo operativi". "Sul posto ci siamo resi conto che l'emergenza era stata determinata dalla disorganizzazione - osserva Cau - solo nella notte fra lunedì e martedì, sempre per tempi burocratici, è potuto partire il secondo convoglio che ha operato con frese cingolate a Pietracamela e Prati di Tivo e, completato lo sgombero della neve, dovrebbe ripartire domani; il terzo convoglio è all'opera da stamattina". Quale sarebbe stato il costo di un'operazione simile, se ci fosse stato un committente? La stima è circa 30mila euro, considerando le spese vive, l'ammortamento dei mezzi e le giornate di lavoro. Domattina partiranno dalla valle locarnese due furgoni con cibo per animali. Era già pronto il quarto convoglio. "Non servirà - fa sapere Cau - mi hanno chiamato da Arsita che era sotto 4 metri di neve ma ora pare la situazione sia migliorata". "L'operazione - comunica Danilo a tutti i suoi sostenitori su Facebook - invece di circa due giorni si è conclusa in mezza giornata. Quindi l'intervento volge verso la conclusione e Joe e banda sono già in viaggio verso il Ticino. Grazie veramente a tutti per questo successo, anche quelli che non sono partiti, ma che si sono messi a disposizione!". (ANSA)

Ora ci divertiamo. - Marco Travaglio

Virginia Raggi Marra

Evviva evviva! 
Da 23 anni, da quando B. scese in campo, martelliamo la classe politica perché proibisca duramente per legge i conflitti d’interessi. E ora scopriamo che non c’è bisogno di leggi: il conflitto d’interessi è già severamente punito. E sul piano penale. È infatti per non aver impedito il conflitto d’interessi di Raffaele Marra, capo del Personale che seguiva i concorsi e le promozioni dei dirigenti comunali, compreso il fratello Renato, che Virginia Raggi è indagata con lui per abuso d’ufficio: lui per aver violato il Codice deontologico dei dipendenti comunali, lei il Regolamento di Roma Capitale. Abuso che, per l’accusa, si trascina dietro anche un falso: infatti la sindaca dichiarò all’Anticorruzione di aver deciso in totale autonomia di promuovere Renato Marra da dirigente dei vigili (fascia 1) a capo della Direzione Turismo (fascia 3), per risarcirlo della rinuncia alla sua vera aspirazione – il comando della Polizia municipale (fascia 5) – ed evitare un suo ricorso al Tar per l’ingiusta esclusione. E questa sarebbe una bugia, perché Raffaele avrebbe avuto un ruolo attivo nella nomina di Renato.
Al momento, cos’abbia fatto davvero Raffaele e dunque se la sindaca abbia abusato del suo ufficio e mentito oppure no, non lo sa nessuno. La Raggi ripete di aver deciso la promozione di Renato con l’assessore al Commercio Meloni, che aveva apprezzato il lavoro del dirigente nei blitz contro l’abusivismo commerciale. Vedremo se, nell’interrogatorio del 30 gennaio, riuscirà a convincere i pm. Nella famosa chat del quartetto Raggi-Frongia-Romeo-Raffaele Marra, non c’è nulla che confermi né smentisca la versione della sindaca. Che, a quanto risulta, si limitò a chiedere al suo capo del Personale quali fossero le procedure previste dalla legge e quale aumento di stipendio comportasse la promozione del fratello. In ogni caso, quando l’Anac di Cantone ha girato il rapporto alla Procura di Roma, questa non poteva far altro che aprire un fascicolo, iscrivere la Raggi (e Marra) sul registro e convocarla con invito a comparire per interrogarla. Ma il risultato è che, per la prima volta a memoria d’uomo, almeno su un politico di peso, il conflitto d’interessi innesca un processo penale. Splendida notizia: se il nuovo rito capitolino dovesse contagiare le altre Procure, si salverebbero in pochi. Resta il rammarico che la nuova giurisprudenza, inaugurata in esclusiva mondiale da Raggi e Marra, sia stata scoperta solo ora. Bastava un mese di anticipo, e la stessa Procura avrebbe faticato a chiedere l’archiviazione per Gianluca Gemelli.
Cioè il compagno lobbista della ministra Federica Guidi, che reclamava e otteneva emendamenti à la carte dal governo dell’amata. Anzi, in base al lodo Raggi-Marra, avrebbe dovuto indagare pure l’ex ministra. E pure Maria Elena Boschi, per tutti i Consigli dei ministri cui ha partecipato per discutere di banche, fra cui l’Etruria già vicepresieduta da suo padre. Se poi, Dio non voglia, il vento di Roma dovesse soffiare fino a Milano, il sindaco Sala – oltreché per le false dichiarazioni con ville e società dimenticate e per il taroccamento della principale gara d’appalto di Expo – verrebbe ipso facto inquisito per aver promosso assessore al Bilancio non il parente di un collaboratore, ma direttamente il suo socio in affari. Idem l’ex ministra Cancellieri, per le telefonate – ritenute non penalmente rilevanti perché “solo” in conflitto d’interessi – in cui perorava la scarcerazione della figlia di Ligresti, datore di lavoro di suo figlio. Quella di Napoli dovrebbe procedere a pie’ fermo su Vincenzo De Luca, governatore della Campania che tratta i fondi regionali al Comune di Salerno con l’assessore al Bilancio Roberto De Luca, suo figlio. E quella di Bologna dovrebbe rivedere il caso dell’ex governatore Vasco Errani, ora commissario al terremoto, la cui giunta finanziò con un milione la coop del fratello per una cantina sociale mai nata. Ma dovrebbe mobilitarsi, e alla svelta, anche la Procura di Firenze, per i possibili conflitti d’interessi fra papà Renzi e il premier Renzi e fra l’allora sindaco Matteo e l’amico Marco Carrai, che mentre gli metteva a disposizione un appartamento gratis in centro città, ne veniva nominato capo di Firenze Parcheggi e Aeroporti Firenze.
Siccome, poi, nel caso Raggi-Marra c’è di mezzo l’Anac, la Procura di Roma ha l’occasione di proseguirne l’opera occupandosi dell’ad Rai Antonio Campo Dall’Orto, a proposito degli 11 dirigenti esterni ingaggiati a peso d’oro senza job posting fra gli interni: a cominciare da quel capolavoro di conflitto d’interessi chiamato Genséric Cantournet, nuovo capo della Security fatto selezionare da Cdo a una società di provata indipendenza: quella di suo padre. Ma, volendo, ci sarebbe pure la spiacevole vicenda di Alessandro Alfano, fratello del ministro Angelino, assunto come dirigente dalle Poste e pagato 200 mila euro l’anno per non firmare un solo atto. Per non parlare di B., che dal 1994 al 2011 legiferò e decretò decine di volte per i suoi processi e le sue aziende: prima che scatti la prescrizione, si fa in tempo a dargli l’ergastolo. E noi che, malfidati, eravamo rassegnati a considerare queste vicende eticamente imbarazzanti, ma penalmente irrilevanti per vuoto normativo. Ora che invece il conflitto d’interessi diventa reato per Raggi e Marra, siccome la legge è uguale per tutti, ci divertiremo un mondo. O no?
Ps. Ieri, c.v.d., la Consulta ha stabilito che Renzi e la sua maggioranza (la stessa di Gentiloni) non hanno violato un codice deontologico o un regolamento comunale: hanno calpestato la Costituzione due volte in una sola legge. Chissà oggi lo sdegno dei giornaloni e dei telegiornaloni. 

O no?

mercoledì 25 gennaio 2017

Silvio Berlusconi, chiusa indagine stralcio Publitalia: verso il processo per frode fiscale e appropriazione indebita.

Silvio Berlusconi, chiusa indagine stralcio Publitalia: verso il processo per frode fiscale e appropriazione indebita

La Procura contesta all'ex premier di aver "assicurato" la "corresponsione da parte di Publitalia" di "un vitalizio" per un totale di oltre 12 milioni di euro a due suoi amici, Alberto Bianchi, amministratore di una società di intermediazione pubblicitaria, e Romano Luzi, titolare di un’altra società, con un presunto giro di false fatture.

I guai giudiziari di Silvio Berlusconi non finiscono mai. L’ex premier e leader di Forza Italia, che nei giorni scorsi si è detto pronto a discutere la legge elettorale (e proprio oggi la Consulta ha deciso sull’Italicum) rischia un altro processo a Milano. Le accuse contestate all’ex Cavaliere sono frode fiscale e appropriazione indebita e gli arrivano da uno stralcio dell’inchiesta della Procura nella quale Fulvio Pravadelli, ex amministratore delegato ed ex vicepresidente di Publitalia, la concessionaria di pubblicità del gruppo Mediaset, ha già chiesto di patteggiare un anno. Patteggiamento su cui il giudice Natalia Imarisio deciderà domani. Pravadelli ha già risarcito con 18 milioni di euro il Fisco.
I pm Giordano Baggio e Mauro Clerici hanno chiuso nei giorni scorsi il nuovo filone a carico dell’ex premier, come anticipato oggi dal Corriere della Sera in vista della richiesta di rinvio a giudizio che dovrà essere valutata da un gup. La Procura contesta a Berlusconi di aver “assicurato” la “corresponsione da parte di Publitalia” di “un vitalizio” per un totale di oltre 12 milioni di euro a due suoi amici, Alberto Bianchi, amministratore di una società di intermediazione pubblicitaria, e Romano Luzi, titolare di un’altra società, con un presunto giro di false fatture. Domani altri due indagati, intanto, proveranno a patteggiare: Luca Vitiello (un anno e mezzo), amministratore di una delle società che avrebbe emesso le false fatture e Bianchi. Quest’ultimo dovrà comparire davanti al giudice Luigi Gargiulo: per questo patteggiamento la Procura non ha dato il suo assenso.
Alla fine dello scorso luglio, infatti, la Procura di Milano aveva chiuso le indagini a carico di Pravadelli e altre sette persone. Tra loro anche Alberto Maria Salvatore Bianchi, amico di vecchia data del leader di Forza Italia e titolare della società milanese New Pubbligest e presunto mediatore. Secondo l’ipotesi della Procura, Publitalia, tra il 2008 e il 2013 e con l’ok di Pravadelli, avrebbe pagato, con un meccanismo di false fatture emesse dalla società di Bianchi, provvigioni per operazioni inesistenti al presunto mediatore, che svolgeva l’attività di promotore per spazi pubblicitari. Nelle scorse settimane, poi, si era saputo che la Procura sarebbe stata intenzionata a chiedere l’archiviazione per lo stralcio dell’indagine che coinvolge l’ex premier, ma poi gli inquirenti hanno deciso di notificare l’avviso di chiusura indagini a Berlusconi in vista della richiesta di processo.
Col presunto giro di fatture false e con i soldi che sarebbero usciti dalle casse di Publitalia, Berlusconi, indagato in qualità di “fondatore del gruppo Fininvest”, avrebbe “determinato” Pravadelli (è indagato con lui in concorso nei due reati) per far ottenere il pagamento di oltre 6,6 milioni di euro a Bianchi e di circa 5,8 milioni a Luzi. I fatti contestati all’ex premier vanno dall’inizio del 2009 al 2013.

Elicottero 118 precipita tra L'Aquila e Campo Felice, morte le sei persone a bordo tra cui due soccorritori del Rigopiano.


Resti dell'elicottero

Lo schianto dopo aver prelevato uno sciatore rimasto ferito sulla pista, morto anche lui assieme alle altre 5 persone a bordo. Lo sciatore era Ettore Palanca, 50 anni di Roma.

Un elicottero del 118 è precipitato nell'aquilano, tra il capoluogo e Campo FeliceMorte le sei persone a bordo.
Sul velivolo c'erano anche un medico e un infermiere, comunica l'Asl dell' Aquila. Del personale d'equipaggio del velivolo precipitato facevano parte il pilota, un tecnico e un operatore del soccorso alpino. A bordo anche lo sciatore rimasto ferito sulla pista, prelevato dal velivolo per essere trasportato all'ospedale di L'Aquila. 
Questi i nomi delle vittime: Walter Bucci, 57 anni, medico rianimatore del 118 Asl dell'Aquila, Davide De Carolis, tecnico dell'elisoccorso del soccorso alpino e consigliere comunale di Santo Stefano di Sessanio (L'Aquila), Giuseppe Serpetti, infermiere, Mario Matrella, verricellista, Gianmarco Zavoli, pilota. L'elicottero stava trasportando Ettore Palanca, 50 anni, di Roma, maitre dell'Hotel Cavaliere Hilton, che si era fatto male sciando, procurandosi la frattura di tibia e perone. Bucci, De Carolis e Serpetti sono aquilani, Matrella è pugliese, e Zavoli è emiliano. 
Walter Bucci e Davide De Carolis, due dei tre operatori del Soccorso alpino nazionale morti nell'incidente di elicottero nell'Aquilano, avevano partecipato nei giorni scorsi alle operazioni di soccorso all'hotel Rigopiano. E' quanto si apprende da fonti del Soccorso alpino. Bucci, medico rianimatore, aveva lavorato due giorni tra le macerie dell'albergo, mentre De Carolis, tecnico dell'elisoccorso, avrebbe lasciato la zona del Pescarese solo ieri.
"L'elicottero è stato fatto intervenire perché lo sciatore aveva delle fratture importanti agli arti. Il pilota dell'elicottero ha ritenuto che ci fossero le condizioni di sicurezza ed è atterrato". Così all'ANSA Andrea Lallini, gestore dell'impianti sciistici di Campo Felice. 
I due gatti delle nevi usati per recuperare i corpi delle sei persone che erano a bordo sono ridiscesi sulla piana. Le salme sono state caricate sulle ambulanze e trasportate all'ospedale dell'Aquila.. 
Volava in una zona con una fitta coltre di nebbia e nuvole basse e sarebbe precipitato da un'altezza di 600 metri. L'impatto dell'elicottero contro il Monte Cefalone è stato terribile. Secondo quanto spiegato dai Carabinieri Forestali in quota c'è una pendenza vicina al 100% e il suolo è inclinato di 45 gradi.
Cominceranno in mattinata le attività tecniche dei Carabinieri nell'ambito dell'inchiesta della procura della Repubblica sullo schianto dell'elicottero del 118 in zona Campo Felice. Probabile una nuova salita in quota degli investigatori per accertamenti sul velivolo, con l'obiettivo principale di recuperare la cosiddetta 'scatola nera' che non è stata ancora prelevata, dando priorità al recupero dei corpi delle sei vittime. Le operazioni sono state svolte anche dai Carabinieri forestali. Il sostituto procuratore Simonetta Ciccarelli, titolare del fascicolo, sta preparando le deleghe di indagine. La zona, per quanto impervia, è formalmente sotto sequestro e viene presidiata dalla strada, la statale 696, da una 'gazzella' dei militari. 
Una scena terrificante quella che si sono trovati davanti i soccorritori giunti sul luogo dello schianto dell'elicottero del 118 sulle montagne di Campo Felice. La coda dell'elicottero e poi la fusoliera del velivolo sono praticamente disintegrate. I resti si trovano in una zona abbastanza in alto rispetto alla piana. Intorno una spessa coltre di neve.
Volava basso e piano, c'era molta nebbia non si vedeva a pochi metri, seguiva la strada mentre andava verso la stazione di Campo Felice dal valico della Crocetta. Quando è tornato indietro ho prestato attenzione poi ho sentito un botto, un forte rumore, penso l' impatto con la montagna. Il motore ha continuato a girare per un minuto poi non ho sentito più nulla. E ho chiamato subito il 118". Questo il racconto di Loris Fucetola, istruttore di fondo, che ha dato l'allarme dopo lo schianto dell'elicottero.
"L'elicottero si è schiantato in località Monte Cefalone, non lontano dalla piana di Campo Felice. Era intervenuto nella zona degli impianti per un normale soccorso dopo un incidente sciistico e probabilmente aveva già svolto l'intervento e stava tornando indietro", afferma l'ingegnere Marco Cordeschi, esperto consulente del Comune dell'Aquila nell'ambito della Commissione Valanghe, che si trova in questo momento in quota.
"Ci vorrà tempo a capire la dinamica dell'incidente ma possiamo ipotizzare che lo schianto sia avvenuto a causa della nebbia perché questo è un itinerario conosciuto. Nei giorni scorsi, durante le operazioni per l'emergenza maltempo, anche i mezzi dell'Aeronautica guidati da piloti molto esperti hanno avuto qualche difficoltà in questo punto. Siamo sotto choc perché conosciamo tutti gli operatori che erano a bordo". 
Magistrato vuole immagini, drone in azione - Il magistrato titolare dell'inchiesta sullo schianto dell'elicottero del 118, Simonetta Ciccarelli, ha dato ordine di acquisire quanto più possibile immagini del relitto e del luogo dell'incidente. Una squadra di tre vigili del Fuoco è partita a piedi avvicinandosi e cercherà di far partire un drone munito di telecamera e a farlo avvicinare ai rottami. Ci sono dei dubbi che si possa portare a termine l'operazione con successo a causa delle forti raffiche di vento che imperversano sulla zona, e anche per la nebbia. 
L'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo ha aperto un'inchiesta sulla vicenda.  L'Agenzia - che ha competenza specifica sugli incidenti aerei - ha già disposto l'invio di un proprio ispettore sul luogo dell'incidente.
L'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv) - è scritto in una nota - "ha aperto un'inchiesta di sicurezza sull'incidente che, oggi 24 gennaio, intorno alle 12.15 locali, ha coinvolto l'elicottero AW139 marche EC-KJT, in prossimità del Laghetto di Campo Felice, in provincia dell'Aquila". L'elicottero, "con sei persone a bordo, stava rientrando dopo aver soccorso una persona infortunata". L'Agenzia - conclude la nota - ha disposto l'invio di un team investigativo nella zona dell'evento, resa decisamente impervia anche dalle condizioni meteorologiche avverse".
I resti del velivolo saranno vigilati dalle forze dell'ordine. Le condizioni meteorologiche difficili, con la fitta nebbia, vento e neve, non hanno per ora permesso di esaminare a fondo l'elicottero precipitato per fare ipotesi sulle possibili cause dell'incidente. Ad indagare sono i carabinieri del comando provinciale dell'Aquila.
Mattarella: 'Sacrificio di uomini generosi' - Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso il suo profondo dolore per le sei vittime dell'elicottero del 118 precipitato oggi in Abruzzo, "una terra ancora una volta colpita dalla sofferenza e che vede il sacrificio di suoi uomini impegnati generosamente in missione di soccorso". Mattarella - informa un comunicato del Quirinale - ha formulato sentimenti di vicinanza e partecipazione, a nome di tutti gli italiani, alle famiglie delle vittime, agli operatori del 118 e del Soccorso Alpino.