venerdì 12 aprile 2019

Riace, il sindaco Mimmo Lucano rinviato a giudizio insieme ad altre 25 persone. - Lucio Musolino

Riace, il sindaco Mimmo Lucano rinviato a giudizio insieme ad altre 25 persone

Abuso d'ufficio e concussione i reati contestati al primo cittadino sospeso del Comune calabrese che secondo la Procura, sarebbe il "promotore" di una associazione a delinquere nella gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l’affidamento dei servizi da espletare nell’ambito del Comune di Riace.

Rinviato a giudizio. Dopo sette ore di camera di consiglio, il gup di Locri Amalia Monteleone ha mandato a processo il sindaco “sospeso” di Riace Mimmo Lucano. Il gup non si è espresso, invece, sull’istanza presentata dagli avvocati Antonio Mazzone e Andrea Daqua che nei giorni scorsi avevano chiesto la revoca della misura cautelare per Lucano sottoposto al divieto di dimora nel Comune di Riace. Sarà il Tribunale, quindi, a decidere se Mimmo “u curdu” ha commesso i reati che la Procura di Locri gli contesta nell’inchiesta “Xenia” della Guardia di finanza. Il gup ha rinviato a giudizio anche gli altri 25 imputati alcuni dei quali, secondo gli inquirenti, sarebbero coinvolti in un’associazione a delinquere ai danno dello Stato per la gestione dei fondi destinati all’accoglienza.
Le accuse più pesanti, infatti, riguardano proprio i soldi arrivati a Riace per i migranti. Lucano sarà processato per abuso d’ufficio e concussione, ma anche perché, secondo la Procura, sarebbe il promotore dell’associazione a delinquere che avrebbe avuto lo scopo di commettere “un numero indeterminato di delitti (contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica e il patrimonio), così orientando l’esercizio della funzione pubblica del ministero dell’Interno e della prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l’affidamento dei servizi da espletare nell’ambito del Comune di Riace”.
Su questo capo d’imputazione il gip, che a ottobre dispose i domiciliari nei suoi confronti (poi trasformati nel divieto di dimora dal Tribunale del Riesame), aveva sottolineato come il sindaco non ha avesse intascato un euro dei fondi per l’accoglienza. Lucano, inoltre, deve rispondere anche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (l’unico reato per il quale è ancora sottoposto a misura cautelare) e di alcune irregolarità nell’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti a due cooperative che raccoglievano l’immondizia con due asinelli. Quest’ultima accusa e le esigenze cautelari sono state annullate con rinvio dalla Cassazione secondo la quale mancano indizi di “comportamenti” fraudolenti che il sindaco sospeso di Riace avrebbe “materialmente posto in essere”. Per la Suprema Corte, infatti, è la legge che consente “l’affidamento diretto di appalti” in favore delle cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”.
Inoltre, secondo la Procura di Locri e la Guardia di finanza, Tesfahun Lemlem (coimputata nel processo “Xenia” e anche lei rinviata a giudizio) insieme a Lucano avrebbe orchestrato un finto matrimonio con un uomo che sarebbe in realtà suo fratello. L’obiettivo, stando all’impianto accusatorio, era di permettere all’uomo di venire in Italia dall’Etiopia. Progetto che non è stato portato a termine in quanto il soggetto è stato arrestato in Africa perché trovato in possesso di documenti falsi. A proposito dei matrimoni fittizi, annullando la misura cautelare per Tesfahun Lemlem, la Cassazione ha stabilito che Lucano era “pienamente consapevole dell’illegalità di alcune sue condotte finalizzate ad ‘aiutare’ extracomunitari” ma che le avrebbe commesse “probabilmente per finalità moralmente apprezzabili”.
Le accuse nei confronti di Lucano e degli altri imputati hanno retto al termine dell’udienza preliminare. Adesso il sindaco “sospeso” dovrà attendere il 18 aprile,  data in cui è fissata l’udienza davanti al Tribunale del Riesame di Reggio Calabria. L’unica speranza rimasta a Lucano di affrontare il processo da uomo libero. Con il rinvio a giudizio di oggi, infatti, sono ripartiti i termini di custodia cautelare che tra pochi giorni sarebbero scaduti. L’inizio del processo è previsto per l’11 giugno.

E ora?

E ora?

Dopo aver trascorso 2.487 giorni nell'ambasciata dell'Ecuador a LondraJulian Assange è stato arrestato. Revocato il suo asilo politico, gli agenti britannici hanno prelevato il fondatore di Wikileaks per portarlo alla stazione centrale di Scotland Yard. Il 47enne rischia ora l'estradizione negli Stati Uniti, dove potrebbe essere condannato a 5 anni di carcere. Portato fuori di peso dall'edificio e spinto dentro un furgone mentre gridava "il Regno Unito deve resistere", capelli e barba lunga, è apparso invecchiato e provato. 

Assange, cittadino australiano, sta ricevendo l'assistenza consolare ma non riceverà alcun "trattamento speciale", ha detto il primo ministro Scott Morrison. Il ministro degli Affari esteri australiano, Marise Payne, si legge sul Guardian, ha fatto sapere che i funzionari sono stati informati che la Gran Bretagna non accetterebbe l'estradizione se un individuo dovesse affrontare la pena di morte a cui "l'Australia è completamente contraria.

Come hanno spiegato i legali di Assange, l'arresto è avvenuto "in relazione a una richiesta di estradizione degli Stati Uniti" che dal canto loro hanno confermato di aver chiesto al Regno Unito l'estradizione di Julian Assange "in relazione all'accusa federale di aver partecipato ad un complotto per accesso abusivo in una rete informatica". Secondo quanto si legge negli atti dei procuratori federali, datati 8 marzo ma finora secretati, il 47enne è accusato di aver "aiutato Chelsea Manning, ex analista dell'intelligence militare, ad entrare nei computer protetti da password del dipartimento della Difesa collegati al Siprnet, la rete del governo americano usata per documenti e comunicazioni classificate". Per Assange è dunque stata richiesta l'estradizione per reati informatici e non per spionaggio. Nell'atto di accusa si sottolinea che Assange ha avuto un ruolo "nella più ampia sottrazione di materiale classificato della storia degli Stati Uniti".

"Deve rispondere per quello che ha fatto", ha commentato l'ex candidata presidenziale democratica degli Stati Uniti Hillary Clinton. Il sito web fondato dal giornalista australiano ha pubblicato le email dal Partito democratico, hackerato dal governo russo, che sono state dannose per la Clinton durante le elezioni presidenziali del 2016. "È chiaro dall'accusa che è venuta fuori, che l'arresto riguarda l'assistenza all'hackeraggio di un computer militare per rubare informazioni dal governo degli Stati Uniti", ha detto Clinton. "Aspetterò e vedrò cosa succederà, ma deve rispondere per quello che ha fatto", ha sottolineato l'ex segretario di Stato.
Nell'atto di accusa dei procuratori distrettuali di Alexandria, Virginia - il tribunale più vicino al Pentagono - si afferma che Assange ha "incoraggiato in modo attivo" Manning a consegnare materiale top secret. E quando l'analista dei servizi segreti militari gli disse di aver consegnato a Wikileaks tutti i file che aveva rubato, Assange avrebbe risposto: "Occhi curiosi non rimangono mai a secco nella mia esperienza". Una ricostruzione in contrasto con quanto affermato da Manning che durante il suo processo disse di aver inviato di sua iniziativa i documenti rubati a Wikileaks e che nessuno del sito di Assange le aveva mai chiesto di dare altre informazioni. Ma i procuratori presentarono copie di conversazioni in chat tra Manning ed Assange sostenendo quindi che i due avevano collaborato.
"Non so nulla di Wikileaks, non è una cosa che mi interessa e so che è qualcosa che ha a che fare con Julian Assange", è stata la risposta di Donald Trump ai giornalisti nello Studio Ovale che gli chiedevano se amasse ancora Wikileaks. Trump twittò 'I love Wikileaks' quando, nell'ottobre del 2016, il sito pubblicò le mail compromettenti su Hillary Clinton. "Vedremo quello che succede con Assange, non so molto di lui, non è la questione della mia vita" ha detto ancora il presidente Usa dimostrando disinteresse per la vicenda dell'estradizione richiesta dagli Usa che, ha sottolineato, è una questione su cui dovrà decidere l'attorney general William Barr.


L'arresto ha provocato un acceso dibattito. Da una parte c'è il governo che difende l'arresto prova che "nessuno è al di sopra della legge". Comparso in un tribunale di Londra, il 47enne australiano è stato dichiarato colpevole di aver infranto i termini della libertà condizionale, poiché non si è consegnato alle autorità britanniche per un mandato del 2010 legato alle accuse di violenza sessuale in Svezia, che sono state successivamente ritirate. Ma i gruppi laburisti e delle libertà civili hanno condannato la richiesta di estradizione degli Stati Uniti. L'avvocato di Assange, Jennifer Robinson, ha dichiarato che l'arresto del suo cliente è un "pericoloso precedente". L'ex analista della Nsa americana Edward Snowden ha definito l'arresto un "momento buio per la libertà di stampa". "Le immagini dell'ambasciatore dell'Ecuador che invita la polizia segreta britannica all'interno dell'ambasciata per trascinare fuori dall'edificio un giornalista vincitore di premi finiranno nei libri di storia. I critici di Assange possono anche rallegrarsi, ma questo è un momento buio per la libertà di stampa", ha scritto Snowden in un tweet. 


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Allarme su alcuni antibiotici, scatta il ritiro.

Allarme su alcuni antibiotici, scatta il ritiro

Allerta dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) su alcuni antibiotici di uso comune. L'ente regolatorio ha diffuso nuove e importanti informazioni di sicurezza sui medicinali contenenti fluorochinoloni (ciprofloxacina, levofloxacina, moxifloxacina, pefloxacina, prulifloxacina, rufloxacina, norfloxacina, lomefloxacina): "Sono state segnalate" infatti "reazioni avverse invalidanti, di lunga durata e potenzialmente permanenti, principalmente a carico del sistema muscoloscheletrico e del sistema nervoso. Di conseguenza, sono stati rivalutati i benefici e i rischi di tutti gli antibiotici chinolonici e fluorochinolonici e le loro indicazioni nei Paesi dell'Ue. I medicinali contenenti cinoxacina, flumechina, acido nalidixico e acido pipemidico verranno ritirati dal commercio", annuncia l'Aifa.

In una comunicazione rivolta ai medici, l'Agenzia indica di "non prescrivere questi medicinali per il trattamento di infezioni non gravi o autolimitanti (quali faringite, tonsillite e bronchite acuta); per la prevenzione della diarrea del viaggiatore o delle infezioni ricorrenti delle vie urinarie inferiori; per infezioni non batteriche, per esempio la prostatite non batterica (cronica); per le infezioni da lievi a moderate (incluse la cistite non complicata, l'esacerbazione acuta della bronchite cronica e della broncopneumopatia cronica ostruttiva, la rinosinusite batterica acuta e l'otite media acuta), a meno che altri antibiotici comunemente raccomandati per queste infezioni siano ritenuti inappropriati; ai pazienti che in passato abbiano manifestato reazioni avverse gravi a un antibiotico chinolonico o fluorochinolonico".

"Prescriva questi medicinali con particolare prudenza - consiglia ancora l'ente regolatorio italiano ai medici italiani - agli anziani, ai pazienti con compromissione renale, ai pazienti sottoposti a trapianto d'organo solido e a quelli trattati contemporaneamente con corticosteroidi, poiché il rischio di tendinite e rottura di tendine indotte dai fluorochinoloni può essere maggiore in questi pazienti. Dev'essere evitato - evidenzia infine l'Aifa - l'uso concomitante di corticosteroidi con fluorochinoloni". E' necessario, avvertono ancora i camici bianchi, informare "i pazienti di interrompere il trattamento ai primi segni di reazione avversa grave quale tendinite e rottura del tendine, dolore muscolare, debolezza muscolare, dolore articolare, gonfiore articolare, neuropatia periferica ed effetti a carico del sistema nervoso centrale, e di consultare il proprio medico per ulteriori consigli".

A livello europeo già l'Agenzia Ema si era occupata nei mesi scorsi di approfondire i rischi legati a questi antibiotici, dando indicazioni alle autorità dei singoli Paesi che, come nel caso dell'Aifa, stanno prendendo appropriate misure nelle varie nazioni. L'Ema cita anche possibili problemi di depressione, insonnia, disturbi della vista e di altri sensi, in chi assume questi farmaci. "Sono stati segnalati soltanto pochi casi di queste reazioni avverse invalidanti e potenzialmente permanenti - precisa l'Ema - ma è verosimile una sotto-segnalazione. A causa della gravità di tali reazioni in soggetti fino ad allora sani, la decisione di prescrivere chinoloni e fluorochinoloni deve essere presa dopo un'attenta valutazione dei benefici e dei rischi in ogni singolo caso".
"E' positivo che l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) abbia diramato una nota informativa ai medici su questi antibiotici, che danno grossi problemi di salute - commenta all'AdnKronos Salute Silvio Garattini, farmacologo fondatore e presidente dell'Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano - Questo era già noto da tempo, ma l'informazione non deve mai cessare di circolare, altrimenti è difficile che la pratica medica possa essere efficace nell'evitare reazioni gravi".
Secondo l'ultimo rapporto Osmed dell'Aifa, i fluorochinoloni sono la classe di antibiotici più usata in Italia dopo penicilline e cefalosporine di terza generazione, con una spesa annua pro capite di 2 euro. Ma, avverte l'esperto, "bisogna utilizzarli con grande attenzione: solo per i casi gravi e/o che non rispondono ad altre terapie antibiotiche. Ed è necessario che l'informazione su questi prodotti continui a circolare perché deve arrivare a tutti i medici. In questo modo, inoltre, chiunque si trova in terapia attualmente potrà chiedere al proprio medico curante informazioni aggiornate ed efficaci".

Gli einstein pidioti assatanati di soldi. - Tommaso Merlo



Soldi, soldi, soldi. È questa la ventata d’aria fresca che soffia nel buco nero ex comunista. 
È questa la linea degli einstein pidioti guidati dal genio zingaroide. 
Intascarsi soldi. 
Nostri ovviamente. 
Come sempre. 
E cioè alzare gli stipendi ai parlamentari giusto di un paio di millini di euro al mese e finanziamento pubblico ai partiti à gogo in modo da ripagare i debiti della carcassa del partito. 
Che gli ex comunisti avessero perso il senso della vergogna si sapeva da mo’, ma qui stiamo andando oltre ogni immaginazione. Siamo alle caste che incarognite per la propria marginalità arrivano al punto di fronteggiare il popolo. Gli ex comunisti si sono intascati per decenni valanghe di soldi pubblici senza fiatare. Dicevano di occuparsi dei lavoratori e degli ultimi e nel frattempo accumulavano abnormi fortune personali. Sia per stipendi e privilegi da nababbi, sia per le loro infinite carriere che terminavano soltanto quando il Padreterno riteneva che potesse bastare. Vestiti di sartoria, attici in centro e ville al mare, barche e Rolex luccicanti da scorrazzare in giro per il mondo. Ricchi, flaccidi e soprattutto dannatamente presuntuosi al punto da fregarsene perfino quando – soprattutto per colpa loro – gli italiani sono finiti in disgrazia. Scoppiata la crisi, dilagate le povertà, gli ex comunisti non hanno rinunciato neanche ad un euro di tasca propria ed anzi, le loro prebende aumentavano sempre di più. Ingordigia ma soprattutto glaciale insensibilità. Sia umana che politica. E se non bastassero le spallucce, mentre loro sguazzavano nell’oro, si sono perfino accaniti contro i poveri cristi per risollevare le sorti dell’economia. Massacrando i loro diritti e spolpandoli fino all’osso. È dovuta scoppiare una rivoluzione per farli smettere di succhiare soldi pubblici e perseguitare i più deboli. 
È dovuto spuntare il Movimento 5 Stelle che da quando è nato non taglia certo a caso gli stipendi dei suoi parlamentari e che tra i suoi primi provvedimenti al governo non ha certo tagliato a caso vitalizi e prensioni d’oro. Sobrietà, giustizia, decoro, responsabilità. Valori che gli ex comunisti hanno calpestato per decenni e che oggi – nonostante siano un vago buco nero – si ostinano a calpestare. Votando addirittura contro il Reddito di Cittadinanza e facendo giochetti sporchi sul salario minimo. Alla faccia della fu sinistra. Ma questo c’era da aspettarselo, robaccia tipica della vecchia partitocrazia. Gli ex comunisti odiano un Movimento che gli ha sbattuto in faccia le loro ipocrisie. Quello che lascia invece allibiti è vedere gli einstein pidioti guidati dal genio zingaroide spingersi addirittura a proporre di alzare gli stipendi ai parlamentari e reintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti. Oggi. In piena rivolta populista, mentre la crisi imperversa e lo stato fatica a curarne le ferite. Davvero oltre ogni immaginazione. Come se le caste ex comuniste, rimaste senza poltrone e senza senso, avvelenate dalla perdita di potere e di status, si scagliassero contro il popolo e sfidassero la sua volontà. E oggi come allora. Sotto sotto. Solo perché assatanati di soldi.

https://infosannio.wordpress.com/2019/04/11/gli-einstein-pidioti-assatanati-di-soldi/?fbclid=IwAR2XsFHvd3AoqVCC40bY4ELmumKSeZrPzl25F7KWDpXjh14gPi0sDrdFqok

giovedì 11 aprile 2019

Tangenti per il Mose di Venezia, i grandi accusatori patteggiano.

Tangenti per il Mose di Venezia, i grandi accusatori patteggiano
Piergiorgio Baita

Risultati immagini per Claudia Minutillo
Claudia Minutillo e Giancarlo Galan

Tra loro l'ex ad di Mantovani, Baita. Il Gup ha disposto confische per circa 24 milioni. In una prima fase dell'inchiesta avevano raccontato il sistema di mazzette che girava attorno alla costruzione dell'infrastruttura.

VENEZIA - I grandi accusatori della vicenda Mose, tra i quali Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo, indagati a loro volta principalmente per corruzione, hanno patteggiato oggi la pena concordata con i Pm Stefano Buccini e Stefano Ancillotto davanti al Gup Gilberto Stigliano.

A patteggiare sono stati Piergiorgio Baita (ex amministratore delegato della Mantovani), Claudia Minutillo (imprenditrice, ex segretaria di Giancarlo Galan), Mirco Voltazza, Nicolò Buson e Pio Savioli. I primi tre, che dovevano rispondere di corruzione e frode fiscale, hanno patteggiato 2 anni, mentre Buson e Savioli, quest'ultimo solo per reati fiscali, hanno chiuso la vicenda giudiziaria con un anno e 8 mesi. Per tutti, riferiscono i legali, la pena è stata sospesa.
Il Gup ha disposto confische per circa 24 milioni, per la maggior parte a carico di Baita e Buson, per i ruoli che avevano in Mantovani. Un primo tentativo di patteggiamento era fallito perché Baita e Buson (ex direttore finanziario di Mantovani) non avevano dimostrato la possibilità di saldare le richieste economiche.

Gli indagati, in una prima fase dell'inchiesta sul Mose, condotta dai Pm Buccini e Ancillotto, avevano raccontato il sistema di tangenti che ruotava attorno al Mose. Da lì era nata l'operazione che aveva portato nell'estate 2014 all'arresto di 35 persone, tra le quali l'ex governatore Galan, l'ex assessore regionale Renato Chisso, l'ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni.


https://www.repubblica.it/cronaca/2019/02/28/news/mose_venezia_patteggiano-220377914/?ref=drac-1

Mose, con le tangenti di Galan appartamenti di lusso a Dubai. Sequestrati 12,3 milioni di euro.

Tangenti Mose, sequestrato il tesoro di Giancarlo Galan

Coinvolti due commercialisti che facevano da prestanome per conti in Svizzera.

ROMA. Le tangenti che arrivavano dal Mose finivano su conti svizzeri. Un sequestro di 12,3 milioni di euro è stato eseguito dalla Polizia economico finanziaria di Venezia, su ordine del Gip di Venezia, nell'ambito di un'indagine per riciclaggio internazionale ed esercizio abusivo dell'attività finanziaria, riguardante il reinvestimento all'estero delle tangenti incassate dall'ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan.

Le indagini hanno consentito di accertare che tra il 2008 ed il 2015 due commercialisti padovani avevano garantito, tramite il loro studio professionale, l'intestazione fiduciaria di quote di una società veneziana, che dalle indagini sul Mose era risultata essere di fatto riconducibile all'ex ministro ed ex governatore del Veneto Giancarlo Galan. I professionisti avevano messo inoltre a disposizione conti correnti in territorio svizzero, intestati a società di Panama e delle Bahamas e gestiti da due fiduciari, le cui somme sono state  trasferite su un conto corrente presso una banca di Zagabria, intestato alla moglie di un terzo professionista del medesimo studio padovano.

Le ulteriori investigazioni e l'esecuzione di una rogatoria in Svizzera hanno permesso di accertare che il ricorso all'interposizione di società in paesi off-shore era stato utilizzato dai professionisti esteri su larga scala per consentire a numerosi imprenditori veneti di riciclare ingenti somme proventi dell'evasione fiscale realizzata nel tempo. Nel corso della perquisizione presso gli uffici di una società fiduciaria elvetica, è stata infatti sequestrata una lista contenente i nomi di numerose società italiane che avevano affidato la gestione dei capitali derivanti dal "nero" ai professionisti svizzeri, i quali, pur non avendo i requisiti per l'esercizio dell'attività finanziaria in Italia, li avevano raccolti  su conti esteri intestati a società olandesi, svizzere, rumene, di Panama, Curacao e delle Bahamas, una delle quali aperta tramite lo studio Mossak & Fonseca, emerso nell'ambito dei c.d. "Panama Papers".

In un secondo tempo le somme sono rientrate nella disponibilità degli imprenditori italiani che le hanno utilizzate per comprare  appartamenti di lusso a Dubai e in fabbricati industriali in Veneto. I sequestri sono in corso di esecuzione riguardano disponibilità finanziarie detenute presso banche venete, 2 imprese e quote di società e 14 immobili in Veneto e Sardegna.


https://www.repubblica.it/cronaca/2019/04/11/news/galan_riciclaggio-223778428/

La telefonata a Fazio contro l’invito a Di Maio.




Il Fatto Quotidiano racconta oggi che dietro l’ospitata di domenica sera di Luigi Di Maio da Fabio Fazio c’è un retroscena curioso, che parte da una telefonata ricevuta dal conduttore per cercare di dissuaderlo dall’invitare il leader M5S:

A non essere tanto normale è invece una telefonata partita dai piani alti di Viale Mazzini qualche giorno prima, tra venerdì e sabato, proprio a Fazio e anche al direttore del Tg1 Carboni, dopo che è stata resa nota la scaletta del programma. Un colloquio in cui un alto dirigente Rai, come riportava ieri anche il sito Dagospia, avrebbe tentato di convincere il conduttore a declinare l’invito al ministro del Lavoro.
Una conversazione dove si è fatto notare se fosse proprio il caso, a un mese e mezzo dalle Europee, di avere ospite Di Maio e se, nel caso, si fosse pensato a un riequilibrio nella settimana successiva con un ospite leghista. E, dato che Salvini da Fazio non ci va, se non fosse il caso comunque di evitare l’ospitata di Di Maio. Non una telefonata di censura, nemmeno un ordine perentorio, ma una sorta di moral suasion anche assai educata.
Secondo il Fatto il dirigente che si è mosso è Fabrizio Ferragni, capo delle relazioni istituzionali, vicino al presidente Foa:
Nella nuova Rai gialloverde, infatti,di lui si dice che sia molto apprezzato dalla Lega e dal presidente Marcello Foa. Quando Foa ha un impegno istituzionale, spesso ad accompagnarlo c’è Ferragni. Ed è farina del sacco di Foa la decisione di spacchettare la comunicazione, con la conferma di Ferragni. Con chi non aveva buoni rapporti, invece, è Mario Orfeo, di cui era vicedirettore al Tg1. E quando quest’ultimo passa alla direzione generale, gli preferisce, come suo successore, Andrea Montanari.
 https://theworldnews.net/it-news/la-telefonata-a-fazio-contro-l-invito-a-di-maio