Adesso si può - Gli aiuti slittano di nuovo, ma gli allarmi svaniscono. Appelli, ristoratori disperati e rivolte su stampa e tv sono solo un ricordo.
I collegamenti strappalacrime di Barbara D’Urso con i ristoratori “senza aiuti”, “lasciati soli” e con “solo le mance per pagare le bollette” da Milano a Palermo, da Bari a Trento, sono improvvisamente spariti. La marcetta su Roma dello chef stellato Gianfranco Vissani con ristoratori al seguito per protestare contro il governo Conte che sta “uccidendo i ristoratori” e le sue “mancette” è solo un lontano ricordo. Per non parlare dei giornali che, durante la crisi aperta da Matteo Renzi, prendevano in prestito l’allarme del Mattino del 1980 durante il terremoto dell’Irpinia per chiedere alla politica di “fare presto” e approvare subito il decreto Ristori 5 per aiutare le attività – dai ristoranti ai bar agli impianti sciistici – che avevano dovuto chiudere a gennaio. Adesso però tutti gli allarmi, gli sos e le manifestazioni dei ristoratori (con tanto di assembramenti in piazza Montecitorio con l’hashtag #ioapro sostenuto da Matteo Salvini) sono scomparsi dai giornali e dalle televisioni. Ora non c’è più il governo Conte ma, da quattro settimane, a Palazzo Chigi siedono “i migliori” di Mario Draghi. E quindi l’urgenza per approvare il decreto, ribattezzato “Sostegno”, da 32 miliardi, tutto d’un colpo non c’è più: il provvedimento è slittato di un’altra settimana mentre i tecnici del Tesoro stanno ancora cercando una quadra su fisco, sanità, vaccini e lavoro. I ristori alle attività valgono circa 5 miliardi ma non arriveranno subito: gli imprenditori dovranno aspettare almeno un mese. E allora è utile ricordare tutti coloro che fino a poche settimane fa attaccavano il governo per aver “lasciato soli” i lavoratori e oggi, invece, tacciono.
Il primo a lanciare l’allarme a inizio gennaio era stato proprio Matteo Renzi che dopo aver fatto dimettere le due ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti dal governo Conte, aveva dichiarato: “Votiamo subito lo scostamento di Bilancio e il decreto Ristori” (17 gennaio). Lo scostamento da 32 miliardi era stato approvato il 20 gennaio dal Senato ma del decreto Ristori non s’è più saputo niente. Stesse parole, a metà gennaio, della ormai ex ministra Teresa Bellanova: “Approviamo subito Ristori e Recovery”. Niente di fatto ancora: un governo dimissionario non poteva certo approvare un decreto politicamente così importante come quello degli aiuti alle attività economiche rimaste chiuse. Per non parlare di Salvini e della Lega che dall’opposizione bombardavano tutti i giorni i giallorosa per il mancato arrivo degli aiuti: “Conte, sui ristori non prendere per i fondelli gli italiani” diceva in un video su Facebook il leader del Carroccio dopo aver ascoltato le comunicazioni dell’ex premier alla Camera in piena crisi di governo. E ancora “rimborsi siano certi” (16 gennaio) e “subito rimborsi proporzionati alle perdite subite” (18 gennaio). Anche Silvio Berlusconi l’11 gennaio sul Giornale chiedeva al governo di “fare presto”: “Mentre ci sono vergognosi giochi di palazzo, il Paese è bloccato”. La prima grana del governo Draghi, sostenuto anche da Lega e Forza Italia, è stata proprio la mancata riapertura degli impianti sciistici prevista per il 15 febbraio e poi rimandata a data da destinarsi. Dopo quella decisione, la Lega era tornata a bomba: “Subito i ristori” chiedevano in coro i ministri del Carroccio, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia. Il 22 febbraio, poi, Salvini non poteva mancare alla manifestazione #Ioapro dei ristoratori in protesta con la decisione di non riaprire i locali anche la sera e il giorno dopo andava dicendo: “Ristori subito e accelerazione sul piano vaccinale”. Niente da fare.
Anche i giornali per mesi hanno usato fiumi di inchiostro sul blocco dei Ristori mentre oggi che il governo Draghi sta ritardando nell’approvare il decreto, il tema è scomparso. Basta recuperare i giornali di un mese e mezzo fa: “Le chiusure accelerano ma i ristori frenano” (Sole 24 Ore, 9.1), “Ristori e fondi Ue al palo. Mancano i soldi per ripartire e i pochi rimasti li butta Conte” (Libero, 20.1), “Ristori, Recovery, sfratti. Dieci giorni di stallo e il Paese resta al buio” (Il Giornale, 24.1), “Ristori a rischio per la crisi” (Il Messaggero, 25.1), “Fate presto. Dal Recovery Plan ai ristori l’agenda economica è appesa alla crisi” (Linkiesta, 27.1), “L’Italia non ce la fa più. L’urlo delle imprese: ‘fate presto!’ (La Stampa, 28.1). Oggi Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe, attacca: “Tra crisi di governo e ritardi sul decreto si sono buttati due mesi – dice al Fatto – è così che si rompe il rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini”.